Anime & Manga > Dai la grande avventura/Dragon Quest
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Autore: whitemushroom    28/02/2021    3 recensioni
Negli scacchi la squadra bianca apre sempre per prima.
Storia partecipante all'undicesimo anniversario del mitico thexiiiorderforum
Prompt:#bianco
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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1CziWOR

Fandom: Dai no Daibouken (meglio conosciuto come "Dragon Quest - La grande avventura di Dai" o "I Cavalieri del Drago")
Genere: Introspettivo, Malinconico, Missing Moments
Rating: giallo
Prompt: bianco
Avvertenze: la storia tratta di personaggi che fino a questo momento sono apparsi soltanto nel manga. Sto fremendo all'idea di poterli vedere nel nuovo adattamento -che consiglio a tutti di vedere perché è davvero molto bello.

The King's Gambit

La magia sfrigola nell’aria, rendendo quasi lattiginoso il colore del cielo. Gli incantamenti nel cuore pulsante del Baan Palace proseguono senza sosta, una rete magica che nessun demone riesce ad ignorare: alcuni attendenti, giovani guardie deputate alla ronda dei piazzali di addestramento, osservano l’aria con un sorriso estatico, ascoltando il riverbero del potere di Sua Eccellenza Baan direttamente nei loro cuori.
Anche Hadler riesce a sentirlo. Il nuovo corpo biologico che gli è stato offerto non è sensibile come l’originale, ma il potere del suo signore gli scivola lungo la pelle come un misterioso pizzicore. Non piacevole come un tempo, ma comunque intrigante.
Intrigante perché il suo sovrano non si è chiuso nelle proprie stanze per attuare un incantesimo di teletrasporto o un rituale di evocazione, ma per dare forma ad un dono per lui, il suo primo generale.
Scivolando attraverso i portici, un passo dopo l’altro tra le ombre delle colonne, Hadler non sa cosa accadrà quando il suo dono sarà completo. Quando i suoi doni saranno completi.
Lungo la balconata delle viverne chinano il capo vedendolo arrivare e prendono il volo, appollaiandosi sulle guglie più alte. È certo di scorgere sotto il portico adiacente lo scintillio che da sempre accompagna gli Occhi di Zaboera e le loro orbite bianche, ma non ha nulla da nascondere allo sguardo scrutatore dell’Arcivescovo Stregone. Quando si appoggia al balcone lancia solo uno sguardo alle proprie mani, ancora tremanti per le parole d’onore conferitegli dal Grande Satana, ed osserva la scena che si dipana sotto i suoi occhi, il motivo per cui si è recato in questo settore del Baan Palace che da più di trecento anni non è di sua competenza.
I soldati di olihargon compiono movimenti precisi, rigidi. Si muovono nell’enorme cortile con estrema coordinazione, simulando combattimenti tra l’uno e l’altro come un unico corpo, mai un braccio o una gamba in una posizione non corretta. Qualcosa in loro gli ricorda la precisione delle armature spettrali del Maegudan, ma i guerrieri di olihargon sono molto più veloci.
Hadler è cresciuto combattendo: non ricorda di aver mai trascorso un decennio senza battersi con i campioni degli esseri umani, si è scontrato con i loro Eroi quando ancora non padroneggiava al massimo la propria magia, solo con la forza del proprio corpo e la fede incrollabile del proprio spirito combattivo. Conosce l’arte della spada come quella del corpo a corpo, e senza falsa modestia sa valutare un guerriero quando ne incontra uno.
I soldati di olihargon sono impeccabili. Ne aveva sentito parlare bene persino da Baran, il che era molto più di un banale apprezzamento. Ne scruta i movimenti, immaginandoli combattere non tra loro, bensì contro eserciti di sordidi esseri umani: parate e fendenti eccellenti, ottimi spostamenti. Un paio simulano un attacco contro un soldato dalle fattezze femminili, e quella scivola con grazia tra i loro attacchi, rompendone lo schema aggressivo prima ancora che possano sfiorarla. Un altro cozza la spada contro lo scudo di un suo compagno, disegnando un arco nell’aria che Hadler potrebbe aver visto solo nelle proprie mani; la forza di quell’attacco potrebbe capovolgere la stazza di un essere umano in armatura completa, almeno questa è la sua idea.
Le figure scure si spostano nel cortile come un solo corpo, attraversandolo senza mai rompere lo schema di battaglia che stanno simulando, precisi come pezzi neri lungo una scacchiera.
Perché, in fondo, di pezzi di scacchi si tratta.
“Di tante persone che mi aspettavo, tu sei l’ultima che avrei nominato, parola mia!”
Il pavimento trema leggermente sotto i passi enormi. Hadler continua a fissare ancora per qualche istante il plotone di soldati sotto di lui, comandandosi di non dare al nuovo arrivato la soddisfazione di vederlo voltarsi al suo ingresso.
L’altro attende per qualche istante, poi prosegue la sua marcia verso di lui.
Quando l’enorme stazza di Maximus, il Re Nero, si avvicina così tanto da oscurare persino la luce del sole, Hadler non riesce a trattenere uno sguardo seccato mentre si volta nella direzione del massiccio guerriero di olihargon. “Credo che tu stia dimenticando con chi hai l’onore di parlare, Maximus”.
“Io non dimentico mai nulla!” risponde l’altro, con la voce gracchiante tipica delle creature animate dalla magia stessa. “Sto parlando col membro dell’esercito demoniaco che ha accumulato più sconfitte negli ultimi mesi. Da solo hai rivestito il 77.6% dei fallimenti della nostra armata, e sono stato abbastanza generoso da inserire le defezioni di Crocodyne, Hyunkel e Baran ai fini statistici. E mi sto riferendo soltanto agli scontri contro il piccolo Eroe ed i suoi amici, lasciando fuori tutte le volte che Baran per poco non ti ha trasformato in gelatina. Sei un po’ deludente per essere il futuro Re Bianco, non credi?”
Re Bianco.
Un titolo che suona ancora strano alle sue orecchie.
Il sovrano dei soldati nati dai pezzi bianchi della scacchiera del Grande Satana Baan, le creature che hanno ricevuto il dono della vita dalle mani stesse del sovrano dei demoni. Quindici pezzi scintillanti, dell’olihargon più chiaro della neve d’inverno: i primi ad aprire, sempre.
Quindici soltanto in teoria.
Cinque soli, all’atto pratico. Hadler non potrebbe comandarne uno di più.
“Il Grande Satana mi ha offerto l’onore di questa carica, e sarebbe ben lungi da me rifiutarla, Maximus” mormora, fissando dal basso verso l’alto l’enorme guerriero. Il metallo nero scintilla dando una luce sinistra alla spessa armatura che lo avvolge dal torace ai piedi, ed il demone sostiene con orgoglio lo sguardo della creatura che trasuda magia sin dalla più piccola scheggia del suo essere. Sa che dietro quegli occhi di metallo c’è una mente che calcola ed elabora informazioni più velocemente di tutto il dipartimento dello Yomashidan, e con un sorriso di sfida muove un passo verso di lui. “Ma io combatto da solo”.
Sotto di lui i pezzi della scacchiera nera hanno circondato i dieci guerrieri bianchi, coloro che sono stati scartati.
Pezzi, pedine. Burattini.
Hadler non sa cosa farsene.
Ha rifiutato il comando di qualsiasi corpo d’armata demoniaco per decenni, ed ha accettato soltanto per un diretto ordine del suo sovrano. I cinque pezzi animati soltanto per lui tra poco saranno pronti, e ad essere sinceri il demone non ha idea di come comportarsi, di cosa si aspettino quei burattini da un “re”.
“Sarai anche il generale più forte della famiglia demoniaca, Hadler, ma se non sai sfruttare i pezzi tra le tue dita non sarai nulla più di un pedone per il resto dei tuoi giorni”
Maximus solleva il braccio verso l’alto, diretto agli esseri sotto di lui. Hadler lo osserva, stavolta incuriosito, scrollandosi di dosso per qualche istante l’antipatia congenita che ha per il suo interlocutore. “Un Re è colui che sacrifica i suoi sottoposti per raggiungere la vittoria”
Un suono metallico si diffonde nel momento in cui il gigante schiocca le dita; il demone guarda verso il basso, osservando come i pezzi neri si siano scagliati contro i loro deboli avversari tutti insieme, con un movimento fluido che ricorda una mano che si stringe a pugno.
Ma dura un istante.
Un lampo di luce investe il campo nel momento stesso in cui i pedoni neri compiono la propria mossa; gli occhi di Hadler intercettano l’esplosione luminosa ai primi albori e si porta il mantello agli occhi, ma Maximus non è così veloce.
Il Re Nero viene investito dal chiarore e la superficie scura del suo corpo prende a riflettere la luce in maniera del tutto innaturale. L’essere di olihargon d’istinto si porta le enormi mani al volto, ma con un verso inarticolato indietreggia di diversi passi, infastidito dal bagliore che continua a farsi sempre più intenso. Le piastrelle della terrazza di spaccano sotto il peso dei suoi piedi e qualcosa sibila accanto alle orecchie del demone, diretto contro il suo interlocutore.
Nella luce che inizia a diradarsi Hadler vede le braccia di Maximus sollevarsi, ricoperte da qualcosa che gli ricorda gli aculei di una bestia, e l’istante successivo la figura massiccia del Re Nero indietreggia ancora fino a piegare il ginocchio sotto i colpi che continuano ad attraversare l’aria; l’intera struttura viene scossa dall’impatto, ma il demone rimane in piedi, abbassando il mantello ed osservando la forma che lentamente emerge dal chiarore.
“Quel pallone gonfiato la sta importunando, mio re?”
Una voce alta, femminile, che supera le grida di Maximus come il suono di un flauto sopra il ruggito di cento bestie. “Non si abbassi a parlare con le pedine nere. Se aprono sempre per seconde, un motivo ci sarà”.
Gli occhi di Hadler volano nel cortile, dove la luce è tornata di colpo normale e le ombre riprendono rapidamente il possesso di ogni contorno: i dieci pezzi bianchi sono ancora intatti, immobili al centro del campo, un paio di pedoni che si rialzano a vicenda protetti dallo scudo di una delle torri. Intorno a loro, divelti a terra, i pezzi neri si contorcono. Aculei di ogni dimensione emergono dalle loro corazze scure, bucate come se non fossero di olihargon ma di semplice legno; la testa di un pedone è stata infilzata all’altezza degli occhi e nemmeno la magia del Grande Satana sembra in grado di animarla. Scudi ed armi sono sparsi per ogni angolo del cortile da allenamento, e gli occhi delle pedine di entrambi gli schieramenti sono fissati sulla figura scintillante in piedi lungo il balcone, più bianca della luce stessa. Con un guizzo ritira il braccio sotto il pesante mantello, e dal corpo di Maximus gli aculei si distaccano con un unico movimento, quasi attratti dalla sagoma della donna.
Una donna di olihargon dallo sguardo strano, incastonato nei riflessi della luce del giorno. Il metallo incantato è stato scolpito lungo la sua forma come un abito pesante e lungo, ma da sotto quelle forme il demone intravede le braccia contratte per l’attacco appena sferrato.
Dal basso le pedine bianche mormorano qualcosa di inarticolato.
“Perdoni l’attesa. Sono accorsa non appena il Grande Satana ha reputato completo il mio risveglio”.
Con un salto scende davanti a lui, ma quando i suoi piedi toccano terra non emette alcun suono. In un inchino leggero della testa gli sorride, per poi rivolgere uno sguardo quasi divertito al Re Nero che cerca di rialzarsi, blaterando cose che le orecchie di Hadler non riescono nemmeno a percepire. “Il mio nome è Albinass. Gli altri quattro stanno arrivando”.
Il demone fissa le deboli pedine bianche disporsi sotto di loro in formazione, quasi come per danzare di nuovo su una scacchiera. E lui, che del gioco degli scacchi non ha mai sopportato nemmeno cinque minuti, si ritrova a fare a quelle strane creature un cenno d’assenso, ricordandosi l’unica regola che il Grande Satana sia mai riuscito a fissargli nella testa.
Il Re è colui che deve sopravvivere.
Ma è la Regina che guida il giocatore alla vittoria.
“Molto bene” sussurra, sentendo qualcosa di vivo nei propri cuori. “Albinass, sei pronta a cambiare il mondo insieme a me?”


6Cap6Wu

Albinass, la Regina Bianca
  
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