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Autore: ChrisAndreini    28/02/2021    1 recensioni
Una figlia di papà rigida e viziata
Un insicuro amante dei film d'autore
Una ragazza abile a non farsi notare
Un caotico fervido sostenitore di diritti LGBT+
Una entusiasta e goffa artista
Un musicista appena arrivato in città
Un laboratorio al quale sono costretti a fare gruppo nonostante le marcate differenze
E una tempesta inaspettata che li colpisce donando loro mistici poteri
Il caos è inevitabile, così come i sentimenti
Genere: Fantasy, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Carrie

 

Una volta finite le lezioni, Noah era davvero stanco, e si era anche fatto pomeriggio inoltrato.

Non aveva ancora avuto occasione di conoscere bene nessuno, ma non se ne lamentava, e sperava che presto sarebbe riuscito a farsi degli amici. Per queste cose non aveva fretta, e poi era abituato a stare da solo, anche se non era una sua scelta, il più delle volte.

Immerso nei suoi cupi pensieri, che comunque erano meno cupi della consapevolezza di essere quasi morto poche ore prima, per poco non andò a sbattere contro una ragazza appostata fuori dall’università, che distribuiva volantini.

-Oh, scusami, ero distratto- si affrettò a fare un passo indietro per non rischiare nuovamente di cadere e far cadere altre persone. Si era messo già abbastanza in ridicolo.

-Non preoccuparti! Per farti perdonare perché non prendi un volantino e senti cosa ho da dire?- lei gli fece un occhiolino, e gli agitò un volantino davanti al viso.

-Certo, perché no- Noah lo prese e si fermò ad ascoltarla.

Dopotutto non aveva fretta, ed era una ragazza piuttosto carina. Capelli castani leggermente mossi, e occhi verdi e magnetici. 

-Sono un membro del consiglio studentesco, e come ogni anno organizziamo la festa di inizio semestre, per tutti coloro che vogliono festeggiare l’università e conoscere nuove persone- spiegò la ragazza, piena di energia.

-Figo- Noah guardò il volantino. La festa sarebbe stata quel weekend, poco lontano dal dormitorio. Sembrava un’ottima occasione per conoscere gente più nelle sue corde.

Non che i membri del laboratorio di Filmmaking gli stessero antipatici, ma insomma… meglio conoscere più persone possibili.

Magari anche meno litigiose e più collaborative.

-Ci sarò sicuramente- promise, sorridendo alla ragazza, che ricambiò, entusiasta.

-Fantastico! È la prima festa che organizzo, e spero sarà straordinaria. Di solito se ne occupa sempre Queenie- la sconosciuta roteò gli occhi, stizzita.

Noah ripensò alla rigida ragazza con cui doveva fare gruppo, e non si trattenne dall’annuire leggermente tra sé. Non si stupiva che fosse incaricata anche delle feste.

E visto quello che aveva sentito su di lei, probabilmente era una fortuna che il suo compito fosse passato ad un’altra persona.

-Buona fortuna, sono sicuro che sarà una festa universitaria stupenda- le sorrise, incoraggiante, e mise con cura il volantino nello zaino.

Alla ragazza iniziarono a brillare gli occhi.

-Sono Carrie… Jenner- si presentò, porgendogli la mano e ignorando altra gente che passava e che sembrava interessata a prendere un volantino, Noah gliela strinse, con un gran sorriso.

-Noah Flores-Mendez- 

-Beh, spero di vederti alla festa, Noah- Carrie gli fece un occhiolino, gli strinse la mano un secondo di più, e tornò a distribuire volantini.

Beh, dai, la giornata si era appena risollevata parecchio. Non capitava tutti i giorni a Noah che una ragazza davvero molto carina flirtasse con lui.

Anzi, era quasi troppo bello per essere vero.

-Allora buona fortuna con la distribuzione di volantini- la salutò, iniziando ad avviarsi verso il dormitorio e chiedendosi se magari sarebbe stato carino da parte sua proporsi di aiutarla. Ma non sapeva neanche esattamente dove fosse la festa, o altre informazioni da dare, non sarebbe stato di grande aiuto, probabilmente.

-Hey, hey, Cathy!!- l’attenzione di Noah venne interrotta quando sentì Carrie chiamare qualcuno che stava uscendo dall’università proprio in quel momento, e si girò, preso da una curiosità che non capì neanche lui.

Sorprendentemente, la persona che la ragazza stava chiamando con tale entusiasmo si rivelò essere Catherine “cognome sconosciuto”, che accennò un sorrisino chiaramente finto, e si avvicinò alla ragazza.

-Carrie…- la assecondò semplicemente, senza neanche salutarla per davvero.

-Quest’anno ho organizzato io la festa d’istituto. Devi venire per forza, dai!- le spinse contro un volantino, e Catherine si ritirò e irrigidì, ma lo prese educatamente.

-Non lo so, vedremo- lo piegò e se lo mise in tasca, già pronta ad andare via. 

Carrie la fermò.

-Dici sempre così e poi non vieni mai da nessuna parte. Dai, ci tengo questa volta. Vieni con Kenny e ti fai degli amici. Ti aiuto a truccarti e vestirti se vuoi- propose, battendo le mani allegra.

-No, tranquilla. Avrai tanto da fare. Ci penserò, davvero, ma sono un po’ impegnata, questo weekend- Noah non aveva mai sentito Catherine dire tante parole di fila. In realtà non credeva fosse possibile.

E se doveva essere onesto, forse sarebbe stato meglio se non avesse parlato proprio. Non era proprio carino da parte sua comportarsi così con una ragazza che sembrava davvero gentile e la trattava parecchio bene.

-Davvero, impegnata a fare cosa?- la provocò Carrie, divertita e con tono eloquente.

Catherine non perse l’espressione impassibile sul volto.

-Cose di famiglia- rispose, alzando le spalle.

-Beh, pensaci, okay? Ti do un volantino anche per Kenneth, sono sicura non voglia perdersi la festa. Dovresti essere un po’ più come tuo cugino- osservò Carrie.

Oh…

Oh!

Ecco perché Catherine e Kenneth sembravano così uniti! Erano cugini.

Si spiegavano alcune cose.

-Sarà felice di partecipare, ne sono certa- Catherine accennò un sorriso, e prese il secondo volantino, che questa volta tenne in mano -Scusa ma ora devo andare. Ci si vede- salutò la ragazza e le diede le spalle senza neanche permetterle di ricambiare il saluto.

-Spero proprio alla festa!- le urlò dietro Carrie, ritornando poi al suo lavoro.

Certo che Catherine era decisamente rude.

Noah non riuscì a trattenersi dal guardarla storto.

E purtroppo, lei incrociò il suo sguardo.

Colto in flagrante, Noah si affrettò a distoglierlo e prendere il telefono per fingere di avere qualcosa da fare e non dare a vedere che aveva sentito tutta la conversazione.

Purtroppo Catherine gli si avvicinò.

-Ehm… hey?- Noah provò a salutarla, lei non ricambiò il saluto.

-Ti consiglio di stare attento, con Carrie- disse solo, prima di dargli le spalle e allontanarsi.

Okay, quella tipa era davvero tanto strana.

E se Noah doveva stare attento a qualcuno, quel qualcuno di certo era lei, non l’amichevole Carrie.

Scrisse un messaggio a sua madre per avvertirla che il primo giorno di università era andato bene, e iniziò a camminare verso il dormitorio, ripensando alle lezioni, ai suoi compagni di avventura, e soprattutto alla tempesta.

Osservò il cielo, confuso. Era limpido e ancora azzurro nonostante si stesse avvicinando il tramonto. Non c’era una nuvola in cielo, e non c’era stata per il resto del giorno, solo quei venti minuti che avevano preceduto la tempesta più breve della storia, e con più fulmini.

Certo, che sfiga essere quasi morto in quel brevissimo lasso di tempo.

Mentre rifletteva sul fatto che in realtà era una fortuna l’essere sopravvissuto, perché lui guardava il bicchiere mezzo pieno di solito, continuava a camminare, sovrappensiero.

E mentre abbassava la testa per controllare dove stesse mettendo i piedi, si rese conto che era a pochissimi istanti dal calpestare una profonda pozza d’acqua, e non c’era assolutamente nulla che potesse fare per interrompere il movimento senza cadere a terra e sporcarsi ancora di più.

Si preparò quindi, infastidito, a sentire l’acqua schizzare da tutte le parti e bagnargli scarpe e calzini, ma non sentì nessuno “splash”, nessuna sensazione bagnata, e alcun fastidio.

Si fermò, confuso, e controllò il piede finito dritto nella pozza d’acqua.

O meglio, nella pozza dove l’acqua si era ritirata attorno al suo piede formando un buco asciutto.

Preso in contropiede (è il caso di dirlo), Noah indietreggiò di qualche passo, confuso, e l’acqua tornò a prendere il suo corso naturale.

Cosa diamine era successo?!

Il ragazzo scosse la testa, e cercò di convincersi che probabilmente era solo molto stanco, dopo le lezioni e la quasi morte.

Era proprio il caso di tornare in camera, farsi una doccia e guardare un video di Black Cat per risollevarsi l’umore.

Adorava quella youtuber, si considerava uno dei suoi più grandi fan, e nonostante il pubblico maggiore fosse composto da ragazzi del liceo, era fiero di considerarsi un “Blackitten” dall’inizio della sua carriera nella piattaforma.

Controllò il telefono sperando che avesse aggiunto un nuovo video, e sorrise tra sé quando notò che qualche minuto prima, puntuale come un orologio svizzero, aveva pubblicato un gameplay di Ace Attorney.

Un video leggero, gli ci voleva proprio dopo una giornata simile.

Dai, magari la serata si poteva ancora recuperare.

 

La serata stava andando malissimo per Queenie.

Beh, in generale la giornata era stata un disastro, a partire dalla divisione in gruppi del professore del laboratorio di Filmmaking.

Ed era tutta colpa di Kenneth! 

E non si riferiva solo al litigio, ma proprio a tutto quanto, dal litigio al rischio di morte, perché Kenneth rovinava sempre tutto, portava sfortuna!

E neanche una cena elegante nel ristorante preferito di Queenie con il suo ragazzo stava riuscendo a migliorarle l’umore.

-Allora, come è andato il primo giorno?- chiese Jack, il suo ragazzo, provando a fare conversazione mentre mangiava la sua proteica bistecca.

Beato lui che poteva mangiare tanto. Queenie era in dieta costante da anni e si era dovuta accontentare di un’insalata. Una buona insalata, per carità, ma avrebbe dato di tutto per mangiare qualcosa di sostanzioso.

Ugh, non doveva pensarci, doveva perdere un chilo e mezzo.

-È andato tutto bene- rispose la ragazza, fissando il proprio piatto e giocherellando con una foglia d’insalata rimasta in un angolo.

L’altra mano stava battendo le dita contro il tavolo nervosamente.

Jack non sembrava molto convinto, ma non indagò oltre.

-Bene… anche a me non è andata male- le disse, continuando a mangiare.

Ci furono parecchi minuti di silenzio, dove Queenie rimase completamente sovrappensiero a battere le dita sul tavolo.

Poi Jack riprese la parola, cercando di sollevare l’atmosfera.

-Allora… pensi che verrai alla festa di inizio anno, questo weekend? Mia sorella è entusiasta dell’organizzazione- le chiese, sorridendo incoraggiante.

Queenie si rabbuiò leggermente.

Per qualche strano motivo, la temperatura nella sala sembrò scendere di qualche grado.

-Lo so che è entusiasta, sono stata io ad affidarle il compito, dato che ero troppo impegnata con le prove. Tu pensi di andare?- Queenie, chiaramente infastidita dall’aver nominato Carrie, rigirò la domanda.

-Beh, sì. È più per quelli del primo anno ma Carrie ci tiene tanto- rispose il ragazzo, accennando un sorriso.

-Allora immagino che verrò con te, anche per vedere come se l’è cavata- alzò le spalle e diede il suo assenso.

-Ottimo, sarà divertente. A proposito, come vanno le prove?- Jack provò a continuare la conversazione, e finalmente riuscì a strappare un sorriso alla ragazza.

-Bene, lavoriamo in corso d’opera ma le scene più importanti le stiamo già provando. A Natale faremo uno spettacolo meraviglioso- rispose, orgogliosa di sé.

-Sono sicuro che sarà stupendo- la incoraggiò Jack, prendendole la mano che la ragazza si ostinava a battere contro il tavolo.

Il contatto del suo ragazzo, che in teoria avrebbe dovuto farle piacere, fu per Queenie fastidioso, e si trattenne a stento dal ritirarsi.

Ma non poteva esternare quei sentimenti, dato che ci si aspettava da lei che amasse e apprezzasse il proprio ragazzo, con il quale stava insieme dal secondo anno di liceo.

Eppure…

Una chiamata al cellulare le diede la scusa perfetta per ritirare la mano, e la accolse al volo, prendendo il telefono e illuminandosi quasi letteralmente quando vide chi la stesse chiamando.

-È Aria! Ti dispiace se rispondo?- chiese, accettando la chiamata senza neanche aspettare risposta dell’accompagnatore, che in ogni caso avrebbe detto sì, ma che osservò il comportamento della ragazza con un sorriso triste.

-Aria, ciao, come stai?- esordì Queenie con un entusiasmo che non aveva mai mostrato dall’inizio della serata. 

-Stavo provando alcune battute, e cercando di non pensare a quello che è successo oggi… no, ci ho appena ripensato! Devo distrarmi, posso chiederti un consiglio su alcune intonazioni? O sei impegnata?- dall’altra parte della cornetta, Aria era la solita strana e simpatica ragazza.

Lei e Queenie si conoscevano solo da qualche mese, quando Aria era entrata nel gruppo di teatro che frequentava anche Queenie.

Inizialmente non erano andate molto d’accordo, visti i caratteri completamente discordanti, ma con il passare del tempo si erano molto avvicinate, e nessuna delle due avrebbe saputo dire esattamente come.

Ma a Queenie Aria piaceva molto. Era allegra, simpatica, autentica e una delle poche persone che non la giudicavano e additavano come raccomandata solo perché i suoi genitori erano i proprietari del teatro.

Queenie si impegnava davvero in tutto quello che faceva.

E Aria non esitava a chiederle aiuto, dimostrando di stimare davvero il lavoro della compagna. 

-Non sono impegnata, di cosa hai bisogno?- Queenie si mise immediatamente a disposizione, felice della distrazione.

Rimasero per almeno dieci minuti in chiamata, davanti ad un Jack imbarazzato e silenzioso, che cercò di non intromettersi e rispettò i tempi della ragazza, felice del suo essere riuscita a distrarsi e a recuperare il sorriso, ma allo stesso tempo un po’ abbattuto dalla piega che già da parecchio aveva preso la loro relazione.

-Sento già dalla tua voce che sei migliorata tantissimo- Queenie si complimentò con la ragazza non appena finirono la prova.

-Tutto merito della migliore attrice e insegnante di New Malfair- Aria rigirò il complimento, facendo sorridere Queenie a trentadue denti.

-Che adulatrice, guarda che non ho il potere di darti più battute e scene- la prese in giro.

Sentì Aria ridacchiare.

-Peccato, ci ho sperato. Ma scherzi a parte, mi ha fatto davvero piacere parlare con te. Ammetto che ero un po’ turbata per quello che è successo oggi- ammise Aria, sospirando.

Il sorriso di Queenie divenne meno ampio.

-Anche io- ammise infine -Insomma, abbiamo rischiato di morire- la voce le si spezzò, e scosse la testa cercando di non pensarci.

Jack, che era rimasto sovrappensiero a giocare al telefono tutto il tempo (subito dopo aver finito di mangiare), alzò la testa di scatto, sorpreso. Queenie non gli aveva detto nulla della “quasi morte”. Cosa era successo?

-Sai, ti ho chiamato anche per questo. Volevo assicurarmi che stessi bene- le confessò Aria, un po’ incerta.

Queenie sentì una sorta di calore riempirle il petto. Era quasi commossa all’idea che una ragazza come Aria potesse preoccuparsi per lei.

-Ora che mi hai chiamato sto certamente meglio- la rassicurò con un sorrisino impossibile da trattenere.

-Anche io sto meglio dopo averti sentito, potrei parlarti per ore- ribatté la ragazza.

-Anche io…- Queenie iniziò a pensare ad un nuovo argomento di conversazione per prolungare la chiamata, ma alzando la testa notò che teoricamente era ad un appuntamento con Jack, e che il ragazzo era tornato a distrarsi e al momento si rigirava il bicchiere tra le mani e lo fissava in imbarazzo e a disagio.

Sospirò, sentendosi un po’ in colpa.

-…purtroppo però adesso devo andare. Ci vediamo domani a pranzo- si rassegnò a salutare la ragazza, con l’umore che crollava immediatamente.

-Certo! Non vedo l’ora. A domani, Queenie!- Aria la salutò con entusiasmo, e Queenie chiuse la chiamata, e tornò a guardare Jack, che posò il bicchiere e la guardò, aspettando che dicesse qualcosa.

Dopo alcuni secondi di silenzio, Queenie intascò il telefono.

-Era Aria, aveva bisogno di aiuto- spiegò, provando a giustificare il lungo tempo passato al telefono.

-Sì, ho sentito- Jack annuì, poi strinse i denti -Ho anche sentito che oggi hai rischiato di morire- aggiunse poi, assumendo un’espressione seria.

Queenie evitò il suo sguardo.

-Non è successo niente di grave, solo… non preoccuparti- scosse la testa, cercando di surclassare la questione.

-Certo… capisco. Beh, vuoi un dolce?- chiese il ragazzo, assecondando la ragazza ma chiaramente infastidito dal fatto che evitava di parlargli.

Queenie lo guardò eloquente.

-Sono a dieta- gli ricordò.

-Giusto… allora vado a pagare- Jack prese le sue cose e si alzò, lasciando Queenie al tavolo.

La ragazza aspettò qualche secondo prima di iniziare a sistemarsi per uscire, e ricominciò a battere le dita contro il tavolo.

L’atmosfera era tornata gelida e spessa come una lastra di ghiaccio, come purtroppo era fin troppo spesso tra lei e Jack.

A volte, una piccola ma sempre più insistente voce nella mente di Queenie si chiedeva perché stesse ancora con lui, quando era chiaro che non provavano più nulla l’uno per l’altra, e forse non lo avevano mai provato.

Ma la risposta a questi dubbi era chiara: loro dovevano stare insieme. E poi Jack era un bravo ragazzo, perfetto per Queenie, i suoi dubbi erano solo un periodo che sarebbe passato, la loro relazione sarebbe ritornata in auge eccetera eccetera.

Tutte frasi standard che si ripeteva costantemente per convincersi che la sua vita era perfetta, che le scelte dei suoi genitori erano le migliori per lei, e che di certo, decisamente, la sua relazione con Jack era sensata.

Venne violentemente sbalzata via dai suoi pensieri quando si rese conto che le sue dita erano rimaste incastrate in qualcosa, e quando girò la testa, confusa, aspettandosi che magari Jack le aveva appena ripreso la mano, dato che la sensazione era la stessa fredda e indifferente che aveva provato prima, rimase di stucco quando si rese conto che accanto alla sua mano si era formata una lastra abbastanza spessa di ghiaccio che sembrava essere partita dai punti che le sue dita avevano toccato.

Ritirò immediatamente la mano, sconvolta, e fissò la lastra di ghiaccio come se venisse dallo spazio.

-Queenie, sei pronta ad uscire?- proprio in quel momento Jack ritornò, e le fece cenno di seguirlo fuori dal locale.

Queenie fu in procinto di indicare il ghiaccio e chiedergli se lo vedesse anche lui, o se fosse normale, o qualsiasi altra cosa, ma si interruppe.

Probabilmente era solo molto stanca, e stressata, e turbata. Non c’era bisogno di scomodare il suo ragazzo.

Prese la giacca, la borsa, e lo raggiunse, pronta a farsi riaccompagnare a casa.

Una bella notte di sonno avrebbe risolto tutto.

 

Qualcuno che non sarebbe riuscito a dormire tanto presto era Kenneth, che era sdraiato sul suo letto e giocava con l’accendino nervosamente, mentre ascoltava Adam spiegargli con attenzione la trama della Corazzata Potemkin.

-E quindi arriviamo alla meravigliosa sequenza della Scalinata di Odessa, possiamo cominciare osservando…- Adam aveva sistemato un proiettore per mostrare il film, bloccarlo e analizzarlo come un professore universitario, ma siccome stoppava ogni due secondi e si perdeva in commenti per almeno dieci minuti, avevano iniziato alle nove di sera ed erano ancora alla scalinata di Odessa alle…

-Adam, è mezzanotte passata, non è che possiamo continuare domani?- chiese Kenneth, che aveva preso appunti come uno studente diligente per circa metà serata ma ormai era quasi addormentato.

Adam si accorse solo in quel momento che il suo unico studente era completamente disattento.

-Ma è la scena più bella…- provò però ad obiettare, guardando l’immagine bloccata con reverenza.

-Appunto perché è la scena più bella è meglio che me la mostri quando sono più sveglio e attento, devo godermela- gli fece notare Kenneth, sbadigliando enfaticamente e stiracchiandosi per mostrare tutto il proprio sonno.

Adam, sospirò, e spense il proiettore con il telecomando, un po’ deluso ma comprensivo.

-Continuiamo domani sera. Ma devi stare attento, perché questo film lo ritroverai in almeno tre esami- Adam iniziò a sistemare gli appunti, e Kenneth sembrò svegliarsi completamente, e si alzò dal letto, per mettersi in pigiama e andare a dormire.

Notando l’improvvisa carica di energia, Adam si abbatté leggermente.

-Sono noioso, vero?- chiese, stringendo al petto i numerosissimi fogli preparati per quella lezione di recupero.

Kenneth si voltò vero di lui, e limitò l’energia, anche se era chiaro che Adam avesse ormai capito che aveva esagerato la stanchezza per concludere la lezione.

-No! Non sei noioso!- provò comunque a rassicurarlo. Adam non sembrò convinto.

-Davvero, sei un ottimo insegnante, il problema sono i film russi. Ejstej non lo sopporto proprio- ammise Kenneth, ributtandosi a faccia in giù sul letto per enfatizzare meglio il concetto.

-Ejzenstejn è un regista pazzesco- obiettò Adam, che adorava i film russi degli anni ’20.

…in realtà Adam adorava tutti i film vecchi. Kenneth non l’avrebbe mai capito.

-Sei unico- ridacchiò, divertito dall’entusiasmo dell’amico, rimettendosi a sedere -Ma sul serio, sei un bravo insegnante, sono io ad essere un pessimo alunno. Preferisco i film più contemporanei, e magari anche un po’ più omosessuali- Kenneth gli fece un occhiolino, e Adam alzò gli occhi al cielo.

-Curiosità, il primissimo bacio in un film è stato tra due uomini- si limitò a dire, per attirare la sua attenzione.

-Davvero?! Ma che figata!- Kenneth tornò pieno di energia e interesse, e Adam ridacchiò.

-Perché non usavano attrici donne agli inizi, un po’ come a teatro- aggiunse, riabbattendolo un po’.

-Il mondo deve cambiare- Kenneth scosse la testa.

-Un passo alla volta- annuì Adam, più mite.

-Lasciamo stare, questi argomenti mi infiammano- Kenneth ricominciò a cambiarsi, Adam distolse subito lo sguardo e si mise a sistemare tutti i fogli nelle cartelline appropriate.

-Prima ho visto Catherine, mi ha dato il volantino della festa d’inizio anno. Vogliamo andarci? È questo weekend- Kenneth cambiò argomento. Adam esitò.

-Non è soprattutto per le matricole?- chiese, incerto.

-Sì, ma è aperta a tutti. Posso tenere fede alla mia parte di accordo- Kenneth gli fece l’occhiolino, e Adam non riuscì a non arrossire.

-Oh, ti prego, sai che ti do ripetizioni gratis!- provò a scoraggiarlo, ma Kenneth era deciso.

-No, non mi piace avere debiti! Tu mi aiuti a studiare, e io ti trovo una ragazza. Era quello l’accordo iniziale, e mi sembravi entusiasta al riguardo- ricordò i termini dell’accordo che avevano stipulato l’anno prima, quando avevano iniziato a fare amicizia.

-Sì, lo ero, ma…- Adam era ancora molto incerto.

-Allora è fatta. Dai, ti troverò una ragazza che ama i film vecchi, la filosofia, e gli occhiali da nerd- gli assicurò, sollevando i pollici per dare l’okay.

Adam sospirò.

-Morirò solo- borbottò tra sé.

-Un po’ di ottimismo, amico- Kenneth fece un aeroplano di carta con il volantino e glielo lanciò addosso. Sperava che Adam lo prendesse, ma aveva una coordinazione occhio mano imbarazzante, e gli finì in testa.

-In mia difesa non mi aspettavo l’attacco- giustificò la sua pessima presa, prendendolo prima che cadesse a terra.

Kenneth rise come un matto, e si mise più comodo sul letto.

Adam iniziò a cambiarsi a sua volta, e poco dopo si posizionò nel letto accanto, accendendo la luce accanto al comodino e prendendo un libro da leggere finché non avesse preso sonno.

Kenneth sbirciò il titolo, e notò che era un saggio su Fritz Lang… un lunghissimo saggio di ottocento pagine.

Sorrise tra sé. Adam era proprio un nerd sul cinema, il suo entusiasmo era ammirevole.

-Domani che lezioni abbiamo?- chiese, per protrarre leggermente la conversazione prima di andare a dormire.

Avevano fatto l’orario insieme per avere sempre compagnia. E poi perché così Kenneth aveva qualcuno che lo aiutasse a studiare perché era pessimo a concentrarsi.

-Abbiamo solo Filosofia teoretica, e a pranzo dobbiamo vederci per capire che cortometraggio fare al Laboratorio di Filmmaking- rispose Adam, distrattamente, aprendo il libro sul regista tedesco e cominciando a leggerlo. 

Kenneth sbuffò.

-Pranzo irritante con la regina di ghiaccio- borbottò, ripensando alla mattinata e iniziando ad infiammarsi. Mise la testa sotto al cuscino, come se nascondendosi dal mondo avrebbe evitato il pranzo del giorno successivo.

Detestava caldamente Queenie.

-Non mi hai ancora detto perché la odi tanto- osservò Adam, sempre senza guardarlo.

-Ho tutti i motivi del mondo. E se anche non li avessi, il mio odio sarebbe comunque giustificato. È un’ipocrita- si irritò Kenneth, stringendo i pugni.

-Ipocrita? Addirittura?!- Adam scosse la testa -Senti, capisco che ti possa stare antipatica, ma puoi provare a seppellire l’ascia di guerra almeno per la scelta del tema, poi magari possiamo dividerci i compiti. Io mi occuperei volentieri del montaggio- provò a proporre Adam.

-Io non ho problemi a seppellire l’ascia di guerra, se lei non ha problemi a smettere di provocarmi e guardare tutti dall’alto in basso! Quella piccola figlia di…- Kenneth alzò leggermente la voce.

-Kenneth!- lo riprese Adam, lanciandogli un’occhiata da dietro il libro, e cacciando immediatamente un acuto urlo, che fece sollevare di scatto la testa di Kenneth, ancora sotto il cuscino.

-Cosa c’è?- chiese, sorpreso, ma lo vide immediatamente da solo.

Le sue coperte, infatti, avevano preso fuoco.

-MA CHE?!- Kenneth urlò e cadde dal letto, sorpreso e spaventato. Adam si affrettò a prendere una bottiglietta d’acqua che teneva sempre sul comodino e gettare il contenuto sul letto, mostrando una grande prontezza di riflessi.

Ma non era l’unica cosa che stava andando a fuoco.

Infatti le mani di Kenneth continuavano ad essere circondate da due fuocherelli che sembravano farsi sempre più forti, e sembravano quasi essere generati da lui.

-Ahhh, altra acqua, altra acqua!- urlò contro Adam, che in assenza di acqua prese la coperta ormai spenta e gliela avvolse intorno alle mani sperando di eliminare l’ossigeno e spegnere il fuoco.

-Ma come è successo? Stavi giocando con l’accendino?!- chiese poi, preoccupato a morte, e in tono sempre più acuto.

-Ma certo che no! Avevo la testa sotto il cuscino e mi stavo lamentando di Queenie, non sono così irresponsabile- si lamentò Kenneth, preoccupato quanto lui.

Quando sembrò che l’incendio si fosse spento, Adam tolse con attenzione la coperta dalle mani di Kenneth, che non guardò, temendo di aver perso le mani, dato che non sentiva alcun dolore o bruciatura.

-È tanto grave?- chiese, in un sussurro.

Adam non rispose. Era rimasto a bocca aperta.

-Non farmi preoccupare così! Cosa è successo alle mie mani?!- chiese Kenneth, aprendo lentamente gli occhi, terrorizzato, e restando a bocca aperta a sua volta.

-Ma… come…?- era senza parole, evento abbastanza raro, per lui.

Perché le sue mani, nonostante fossero appena state circondate da grosse e pericolose fiamme, erano perfettamente illese.

Mentre la coperta era un ammasso bruciato informe e nero, le mani di Kenneth erano completamente normali, per niente attaccate, come se fosse ignifugo.

-Kenneth, hai idea di cosa questo significhi?- chiese Adam, sconvolto.

-Sì…- ammise il ragazzo, guardandolo ad occhi sgranati.

-SONO LA REGINA DEI DRAGHI!!! CHE FIGATA!!!- esclamò poi, entusiasta, non capendo minimamente la gravità della situazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Ci sono i Queenie (“se ignoro la cosa andrà via”) e ci sono i Kenneth (“che figo c’ho i poteri”). Voi cosa siete?

Questo capitolo introduce alcuni personaggi e le loro dinamiche, elabora meglio quelli già conosciuti (anche se non tutti, Catherine è ancora strana) e mette le basi di qualcosa di strano che sta succedendo a chi è rimasto coinvolto dalla tempesta.

Conto di fare capitoli abbastanza brevi e tranquilli, questa storia non ha molte pretese, lo dico subito.

Ma spero comunque possa piacervi, perché c’è un certo impegno, almeno nella caratterizzazione dei personaggi.

Per il momento avete qualche commento o osservazione da fare su di loro?

Siamo ancora all’inizi, ma sentitevi liberi di scrivere qualcosa.

Incoraggiamenti a parte, spero che il capitolo vi sia piaciuto, un bacione e alla prossima :-*

 

 

Nel prossimo episodio: Il gruppo si vede per pranzo

   
 
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