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Autore: Giovievan    28/02/2021    0 recensioni
Ho impiegato molti anni e fin troppa sofferenza a farmene una ragione ma finalmente l’ho capito: il mio destino non è mai stato quello di essere Perfetto. Io sono nato per essere il padre degli dei. Il mio unico compito, la mia missione, è rendere reale la Leggenda, e ci proverò fino all’ultima goccia del mio sangue.
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Durante l'inverno più rigido che Arcos abbia mai vissuto Cold decide di infrangere la legge arcosiana per generare l'Essere Perfetto, il mutante che secondo la leggenda avrebbe una tale potenza da poter diventare padrone dell'intero Universo.
È così che nonostante le resistenze, in particolare quelle di Cooler, Freezer prende vita possedendo l’immenso potere che Cold sognava di generare da sempre. Ma le cose si fanno più complesse del previsto e lentamente tutto scivola fuori controllo...
Genere: Dark, Introspettivo, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Cooler, Freezer, Re Cold
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Origins: come tutto ebbe inizio'
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6.
Sette giorni


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Una delle cose che più mi sorprende della mia razza è la rapidità con cui gli arcosiani maturano dopo esser nati. Per quelli della mia famiglia, in particolare, la cosa è ancora più evidente.
Poco più di una settimana fa non avevo neanche idea che avrei avuto un figlio a breve. Oggi invece ho Cooler, già perfettamente in grado di muoversi e apprendere. Due giorni dopo la sua nascita, ben prima di quanto necessario a qualunque altro arcosiano, ha già iniziato a camminare, levitare e parlare, anche se ovviamente non conosceva ancora le parole da utilizzare.
Ho deciso di richiedere qualche giorno in più di assenza  dall’Assemblea con la scusa di potermi riprendere del tutto dopo la nascita di Cooler e di poter badare a lui nei primi giorni di vita. La realtà è che dopo il mio risveglio ero già perfettamente in grado di rialzarmi, anzi, mi sentivo totalmente in forze; allo stesso modo non ho avuto alcun bisogno di accudire Cooler, che bada fin troppo bene a se stesso fin da quando l’ho plasmato.
Questi giorni, tuttavia, mi sono stati indispensabili per due motivi: innanzitutto per tener d’occhio mio figlio e il suo potere, che non gli ho ancora chiesto di mostrare, e poi per insegnargli ciò che c’è da imparare.
Innanzitutto ho deciso di parlargli del nostro pianeta. Gli ho raccontato che la città sotterranea sia divisa in cinque quartieri, ognuno sotto il controllo di un clan, e che la pace regna su Arcos da tempo immemore. Gli ho anche detto che oltre questi tunnel c’è molto altro e che presto lo condurrò con me all’esterno per mostrarglielo, e mi è sembrato entusiasta. Ha imparato tutte le parole che ho utilizzato nei miei racconti e, anche se non sa ancora articolare le frasi alla perfezione, ha già iniziato a rispondermi e fare domande.
Tutto ciò, oltre a rendermi estremamente fiero di lui, mi rincuora: ormai è certo che sia un mutante, anche se non so ancora in che misura. Solo i mutanti possono crescere così in fretta.
L’unica cosa che ancora non sa è ciò che dovrò raccontargli oggi: la parte più importante del discorso, quella che lo riguarda in prima persona e che da domani, quando dopo i giorni di riposo che ho richiesto sarò costretto a lasciarlo solo, dovrà avere ben chiara in mente.
Lo vedo entrare nelle mie stanze dopo pochi minuti da quando l’ho fatto chiamare. Piccolo com’è dovrebbe sentirsi molto insicuro, eppure già levita con una fermezza invidiabile.
Quando mi vede seduto sul letto viene a poggiarsi proprio ai miei piedi, alzando il capo per guardarmi negli occhi.
«Mi volevi, padre?»
«Sì» annuisco. Poi sospiro. «Davvero, puoi chiamarmi papà. Non la considero una mancanza di rispetto.»
Scuote il capo con decisione.
«Ma di fatto lo è, e io non ti mancherò di rispetto in nessun caso, padre.»
Mi stringo nelle spalle. È la seconda volta che glielo ripeto e già ho voglia di arrendermi: non ho la forza di insistere, non adesso.
Gli faccio un cenno e lui capisce al volo. Si solleva, levitando nell’aria di fronte a me, e si poggia proprio nel palmo della mia mano sinistra, su cui ancora spicca la cicatrice da cui è nato. Torna a guardarmi negli occhi, in attesa; non lo lascerò aspettare a lungo.
«Ti avevo promesso che ti avrei introdotto al mondo con tutti gli onori, ma prima di farlo devo spiegarti tutto. Te la senti? Se vuoi possiamo rimandare di qualche altro giorno.»
«Padre, aspetto questo momento da quando sono nato» mi dice, impaziente. Mi lascio sfuggire un sorriso. Parla come se attendesse da decenni… sette giorni sembrano sempre un’eternità per chi non ha già vissuto trent’anni.
«Così sia, allora.»
Mi metto più comodo sul letto e anche lui si siede a gambe incrociate nel mio palmo. Potrei poggiarlo sul materasso ma non lo farò: mi piace questo contatto e anche lui sembra pensare lo stesso dato che non si è spostato di sua spontanea volontà.
È il momento. Prendo coraggio prima di iniziare.
«Come sai, siamo arcosiani. In particolare tu sei il figlio del Gran Cold, uno dei cinque Capoclan del pianeta Arcos, e fratello di Froze, il mio diretto successore.»
Non mi sfugge che il suo sguardo sprizzi una strana scintilla quando nomino suo fratello, ma non glielo faccio notare. Ciò che ho visto tra loro nei pochi giorni che hanno avuto per conoscersi non mi è affatto piaciuto: sarà un discorso da affrontare a tempo debito con entrambi.
«Questo ti rende potente» continuo. «Ma c’è altro. Io sono un mutante, così come lo era mio padre e come lo è stata la nostra intera famiglia. Anche tu lo sei, questo è certo, ma bisogna stabilire quanto. C’è la possibilità che tu possa essere il mutante supremo, l’Essere Perfetto di cui parla la leggenda. In quel caso, figliolo, diverrai il potente Imperatore di Arcos e dell’Universo intero.»
Mi osserva senza parlare, negli occhi una strana luce: sembra affascinato, ma non capisco se sia rapito da ciò che sto dicendo o da me e dal modo in cui narro. So solo che in questo momento mio figlio pende totalmente dalle mie labbra ed ho la sua completa attenzione: ottimo, perché sarà meglio che si stampi queste parole nel cervello.
«Devo avvertirti, Cooler: nessuno deve sapere tutto questo. Gli arcosiani provano terrore al pensiero di quanto siamo potenti noi mutanti e di come potremmo dominare Arcos, se solo lo volessimo. Quindi dobbiamo tenere nascosta la verità e limitare il nostro potere, così da non insospettirli. È chiaro?»
Annuisce, ma c’è qualcosa che lo rende dubbioso. Si prende qualche attimo per raccogliere le parole e formulare la domanda e mi pento presto di non averlo interrotto prima.
«Mi chiedo: se possiamo dominare Arcos, perché non lo facciamo?»
È una domanda che mi posi anch’io molti anni fa, quando Snow mi fece questo stesso discorso per spiegarmi l’importanza di restare nell’ombra, ma non ebbi mai il coraggio di esternarla a mio padre. Ho dovuto trovare da solo la risposta in tutti gli anni in cui ho potuto rifletterci: non saprò mai se Snow la pensasse come me e quale fosse la sua verità, ma la mia ormai è chiara.
«Perché gli arcosiani sono un popolo di stupidi testardi» rivelo a Cooler. «Quando avranno dinnanzi l’Essere Perfetto in tutta la sua potenza capiranno di non avere speranze e si arrenderanno senza lottare, ma contro dei semplici mutanti come noi possono sperare di vincere unendosi in un unico grande esercito. Non si piegheranno mai a noi se non abbiamo il potere dell’Essere Perfetto.»
«Ma siamo comunque potenti» ribatte lui. «Quindi potremmo… potremmo…»
Le sue piccole mani danzano nell’aria tentando di dare una forma ai pensieri, ma ci sono ancora tante parole che non ho potuto insegnargli in questi pochi giorni e quella che cerca dev’essere una di quelle che non ho mai pronunciato. Lotta strenuamente contro se stesso, incespica, ringhia dalla frustrazione. Gli concedo tutto il tempo che gli serve, non abbiamo fretta.
«Non so come dire» prova a spiegarsi. «Siamo più potenti, no? Quindi potremmo…»
Il cuore mi accelera quando intuisco cosa intende.
«Combattere?»
«Combattere, sì, prima. E poi…»
«Vincere e prendere ugualmente il potere.»
Annuisce, anche se non è esattamente ciò che intendeva; me ne accorgo subito quando continuo.
«Questo vorrebbe dire scatenare una guerra su Arcos e dover uccidere molti dei nostri simili.»
Questa frase lo anima d’un tratto di incredibile frenesia, come se avesse finalmente afferrato la parola che continuava a sfuggirgli tra le dita. Il cuore mi si inchioda in petto.
«Ucciderli! Ecco cosa volevo dire. Sì, potremmo uccidere tutti gli stupidi testardi. Siamo abbastanza potenti per farlo, vero?»
«Sì» sono costretto ad ammettere. «Ma io non voglio la guerra, Cooler. Il sangue di Arcos è prezioso e ogni goccia che va sprecata è un peccato mortale nei confronti del nostro pianeta. Inoltre non è così che si diventa davvero potenti, ma questo te lo spiegherò più avanti. Adesso devi solo dirmi che hai capito. Dobbiamo restare nascosti fino al momento opportuno.»
«Quindi non ho alcun potere, giusto?»
«Giusto, per adesso devi fingere di non averne» gli confermo. «Se pensi di riuscirci, domattina ti mostrerò l’esterno e poi ti porterò all’Assemblea del Ministero dei Clan. I Capoclan non vedono l’ora di conoscerti.»
«Sì, per favore!»
Sembra esaltato all’idea. Non vede davvero l’ora di uscire da queste quattro mura e non so davvero come biasimarlo.
«E allora va bene. Adesso vai a prepararti, tra poco iniziamo la nostra lezione.»
Si mette in piedi e abbassa leggermente la testa in segno di saluto, cosa che ha visto fare a Froze e che ha prontamente assimilato; poi si dirige verso la porta, rapido, pronto ad apprendere molte nuove cose sul mondo che lo circonda con tutta la sua curiosità da neonato.
Quello che non è altrettanto pronto, oggi, sono io. Sento il palmo della mano bruciare là dove Cooler era seduto e la testa inizia a giocarmi strani scherzi. Ucciderli, è la parola che continua a rimbombare tra le pareti della mia scatola cranica.
Non avrei voluto insegnargliela in questo modo. Il ricordo dell’arcosiano giustiziato da mio padre ritorna, prepotente; mai prima di allora avevo pensato alla morte come a una soluzione e, anzi, l’orrore che provai al suo cospetto mi ha irrimediabilmente segnato. Cooler, invece, è riuscito a concepire il concetto dell’assassinio ancor prima di saperlo esprimere.
Provo uno strano senso di inquietudine. Il legame che sento con lui è infinitamente più stretto di quello che ho mai provato per Froze e proprio per questo riesco a percepire qualcosa di strano in lui… qualcosa di oscuro che è nato assieme alla sua coscienza, mescolato all’energia che gli scorre nelle vene.
Che sia questa l’essenza dell’Essere Perfetto?
Mi passo una mano sul viso e sospiro: è inutile soffermarmi, adesso. Ha solo una settimana di vita, troppo poco per capire. Forse col tempo mi sarà tutto più chiaro.
 
 
*  *  *
 
 
Tutti, nel mio quartiere, sapevano che avrei dato vita a un figlio: ovviamente la voce è corsa rapidamente e il mio clan si aspetta di conoscerlo presto. È per questo che ho preparato Cooler alla possibilità di essere osservato da ogni angolo appena metterà piede fuori casa per la prima volta.
Ci avviciniamo alla porta, pronti ad andare, e io lo osservo nel tentativo di capire cosa prova. È in piedi sulla mia spalla, le dita nervosamente arpionate nella mia carne; tiene le braccia incrociate e ha il respiro accelerato. È teso e posso comprendere il motivo.
«Non fare nulla che non ti senti di fare. Ci penso io» lo rassicuro e lui mi guarda facendo un rapido cenno del capo.
Vorrei poter fare di più, ma purtroppo quella di essere il figlio del Capoclan è un’incombenza da cui non può sottrarsi e una scocciatura da cui non posso proteggerlo.
Usciamo di casa senza esitare troppo. Mi lancio nelle strade, raccogliendo i primi inchini e gli sguardi sorpresi di coloro che incontriamo quando mi accorgono che sulla mia spalla c’è qualcosa, anzi, qualcuno.
«Gran Cold.»
«Buona giornata a te.»
Tutti, senza eccezioni, lanciano un’occhiata in direzione di Cooler; quella di alcuni è breve ma la maggior parte di loro gli incolla gli occhi addosso senza staccarli. Li vedo curiosi e incantati come mai prima; sarà per lo strano colore di Cooler, molto diverso dalla pelle chiara di Froze comune a quasi tutti gli arcosiani, o forse perché il nuovo membro del clan è arrivato in modo tanto rapido e inatteso, chi può dirlo.
Alcuni forse discuteranno di quanto sia stata una coincidenza la mia scelta di plasmare un figlio proprio adesso, all’improvviso, alla vigilia della Legge delle Nascite. Finché la cosa non arriva alle mie orecchie sono liberi di sparlare quanto gli pare.
Mi volto a osservarlo: Cooler non sfugge agli sguardi dei cittadini, anzi li ricambia con occhiate nervose e accigliate, ostili. È palese che non sia per niente a proprio agio, per questo continuo per la mia strada senza fermarmi, tra i saluti della mia gente.
«Gran Cold, congratulazioni per la nascita del tuo potente figlio» si inchina un anziano. Gli sorrido.
«Il suo nome è Cooler. Purtroppo non posso presentarvelo ora, ma sarà lieto di fare la vostra conoscenza al più presto. Che sia una lieta giornata.»
Mi innalzo in direzione del tunnel che porta all’esterno; sono ancora lontano dalla piazza centrale ma voglio sfuggire ad altri commenti. Cooler ha afferrato la mia spalla in modo serrato; voglio evitargli ulteriori stress, almeno per adesso. Un giorno sarà pronto a introdursi al clan; ora che è così piccolo credo che il suo silenzio sia più che giustificato.
Non lo interpello finché non mettiamo piede nel tunnel e finalmente siamo soli. Inizio a salire sempre di più, seguendo il cunicolo; man mano che ci avviciniamo all’uscita la luce aumenta, mentre la temperatura cala. Ho visto questo spettacolo migliaia di volte ma l’emozione che provo nel mostrarlo a Cooler non è paragonabile a nessuna di queste, nemmeno a quando io stesso per la prima volta percorsi questa strada.
«Sei pronto? Sarà uno spettacolo incredibile.»
«Sì!»
Qualcosa turba la mia trepidazione: un ricordo nemmeno troppo lontano.
E se non gli piacesse?
Nulla che non abbia già affrontato, mi dico, ma c’è una differenza fondamentale: stavolta rispetto a Froze sento tutto amplificato. L’emozione di condividere con mio figlio la mia gioia più grande, la voglia di fargli scoprire il nostro mondo, la curiosità su cosa avverrà dopo che l’avrà conosciuto. Sono certo che sarebbe molto più forte anche la delusione, se Cooler dovesse rivelarsi poco entusiasta come lo fu Froze, ma mi sento fiducioso.
La bocca del tunnel inizia ad aprirsi proprio dinnanzi a noi, in lontananza. Mentre ci avviciniamo gli faccio cenno di saltare sulla mia mano e lui non se lo fa ripetere due volte; appena poggia i piedi serro le dita attorno al suo corpo per tenerlo forte pur lasciandogli le braccia libere di muoversi, facendo estrema attenzione a non fargli del male. Lui non si oppone, non mi chiede nemmeno il motivo; questa è solo l’ennesima conferma del fatto che Cooler si fidi di me ciecamente.
L’intensa luce dell’Astro Ghiacciato ci acceca per qualche attimo quando mi lancio attraverso la volta di permafrost mettendo piede all’esterno. Tutto ciò che avverto è una folata gelida e impetuosa che mi travolge: il benvenuto di Arcos al suo più assiduo visitatore.
I primi brividi mi corrono lungo la schiena proprio mentre la vista ritorna, adattandosi all’incredibile luce dell’Astro. La prima cosa che faccio è guardare Cooler: i suoi occhi sono delle piccole fessure attraverso cui le pupille sbirciano, curiose. Anche lui sembra aver sofferto la luce improvvisa ma pian piano si abituerà. Forse non può dire lo stesso del freddo e, soprattutto, del vento: motivo per cui lo tengo ben saldo, così da non costringerlo a sforzarsi nel tentativo di non essere spazzato via.
Non se ne lamenta. Si guarda attorno e, appena riesce, spalanca gli occhi dalla sorpresa; poi si volta verso di me.
Inizio ad avanzare verso un punto preciso: il mio sperone di roccia preferito, quello su cui siedo tutte le mattine. Ora che ho una mano fuori uso ho assolutamente bisogno della coda per tenermi in equilibrio, nel caso il vento si faccia troppo burrascoso.
«Questo è l’esterno» gli racconto. «Quello che ci illumina è l’Astro Ghiacciato: lo chiamiamo così perché la sua luce è gelida e i suoi raggi mantengono l’atmosfera di Arcos attorno ai cinquanta gradi sotto zero. Purtroppo le tempeste di neve sono così violente, soprattutto di notte, che la superficie è sempre stata impossibile da abitare per gli arcosiani. Per questo abbiamo costruito la città nel sottosuolo.»
Cooler ascolta con estremo interesse e appena finisco di parlare torna a guardarsi attorno, incredulo.
«Ti prego padre, lasciami andare. Voglio… voglio…»
Non sa neanche lui cosa vuole o non riesce a esprimersi? Non riesco a capirlo e, in fondo, è irrilevante. Non potrei mai lasciarlo libero di muoversi in questo inferno in tempesta.
«È pericoloso, sei ancora troppo piccolo» nego. «Il vento potrebbe alzarsi da un momento all’altro e trascinarti lontano tra le tempeste, e non me lo perdonerei mai.»
La delusione dipinta sul suo viso mi fa star male ma non ribatte: è abbastanza intelligente da sapere che ho ragione. In ogni caso mi sento in dovere di tirarlo su di morale.
«Ti prometto che verremo qui assieme tutti i giorni e appena diventerai un po’ più grande sarai libero di goderti il panorama quanto vuoi.»
Solo quando sono seduto, la coda ben stretta contro la roccia, riesco a concedere a Cooler una vista migliore su ciò che ci circonda. Lo osservo divorare con lo sguardo l’immensità di Arcos e provo una strana emozione: vengo qui ogni mattina, eppure mi sembra di vedere tutto questo per la prima volta. Né Hailstone né Froze, gli unici che prima di lui ho condotto all’esterno con me, sono mai stati tanto entusiasti di ciò che vedevano. Non ho mai potuto condividere appieno con nessuno la mia immensa passione per questo posto, ma adesso, con Cooler… con lui sarà tutto diverso.
Perfetto o imperfetto, sei la scelta migliore che abbia mai fatto, figlio mio.
Non si sforza nemmeno a parlare o commentare: per troppi motivi è improbabile che riesca a descrivere le sue sensazioni. Eppure è chiaro che sia estasiato e voglia vedere di più. Ottimo, perché da domani avremo infinite mattine da trascorrere assieme proprio in questo posto.
Il suo umore è totalmente diverso rispetto a quello di qualche minuto fa e quasi dimentico ciò che è accaduto tra le strade del mio quartiere, ma appena il pensiero mi si affaccia alla mente lo afferro per non dimenticarlo. Voglio davvero discuterne ora.
«Potresti aiutarmi a conoscerti meglio, Cooler?»
Si fa attento.
«Conoscermi?»
«Sì. Capire chi sei, cosa provi. Parlarmi di te.»
Sembra confuso. Capisco tardi che ciò che gli sto chiedendo debba essere molto complicato, dato che probabilmente neanche lui stesso si conosce ancora.
«Posso farti delle domande a cui rispondere» gli dico. «Ad esempio: cos’hai provato poco fa, quando eravamo tra la nostra gente?»
Abbassa lo sguardo.
«Io… avevo paura» ammette. «C’erano troppe persone a guardarmi.»
Come avevo immaginato.
«E poi non capivo» continua.
«Cosa non capivi?»
Fissa gli occhi nei miei e mi chiedo come sia possibile che un esserino così piccolo abbia così tanto potere su di me e sul mio umore. Provo una strana agitazione nel vederlo scuotere leggermente il capo, stringersi nelle spalle.
«Non capisco proprio perché sei così gentile con quegli esseri inferiori.»
Esseri inferiori. So che lo sono, ma non lo avevo mai visti sotto questa prospettiva… non ci avevo mai pensato per più di qualche secondo, ritenendolo un argomento di poco conto.
Perché Cooler continua a essere così… superbo? È la sua natura a renderlo così? Quell’oscurità impigliata a fondo nella sua anima, che emerge sempre più pian piano che mi svela i suoi sentimenti?
La domanda, comunque, richiede una risposta appropriata ed è il momento giusto per affrontare la questione; un’altra cosa fondamentale che mi preme insegnargli subito, l’ennesima risposta che io stesso mi sono dato col tempo.
«Ci sono due modi per comandare: con la brutalità o con la comprensione. Entrambi hanno lo stesso effetto: creano dei sottoposti. Ma ci sono due tipi anche di sottoposti: i servi sottomessi e i sudditi fedeli. La differenza è tutta qui. Un servo sottomesso con la forza proverà rancore e prima o poi ti si rivolterà contro. Un suddito fedele, invece, ti servirà con devozione fino alla fine dei suoi giorni. Ecco perché sono così gentile con loro ed ecco perché dovresti esserlo anche tu, Cooler.»
Spero davvero che abbia recepito il messaggio e che ricordi a lungo queste parole ma non posso esserne certo perché non ribatte, ma semplicemente si volta verso la fonte di un rumore improvviso. In lontananza si sta alzando un tornado; la colonna scura inizia a formarsi, inghiottendo i primi strati di neve e tingendosi lentamente di bianco. Mi sembra pensieroso ma, ancora una volta, non so se non riesca a rispondere per via dei suoi limiti o se non voglia farlo.
Mi sento di continuare.
«Tra poco, all’Assemblea, potrebbero farti delle domande o chiederti di usare l’energia. Se fossi un normale arcosiano saresti ancora troppo piccolo per farlo, quindi non dovrai cadere nella trappola. Per quanto riguarda le domande, so che risponderai come si addice a un essere intelligente come te.»
«Devo fingere» dice. Per un attimo ho la sensazione che questa risposta possa riferirsi al discorso precedente, alla gentilezza che gli ho chiesto di mostrare con i suoi sottoposti. Decido di dargli una risposta universale.
«Sì, devi imparare a fingere. Solo così potrai scegliere chi essere agli occhi del mondo, nonostante chi sei davvero.»
Annuisce, finalmente mi sorride. Forse ha capito.
«Anche tu puoi aiutarmi a conoscerti meglio, vero, padre?»
Percepisco questa domanda come invadente e la cosa mi rattrista. Vorrei essere più aperto almeno con Cooler ma ci sono alcune cose di cui non mi sento di parlare, con lui o con nessun altro; sentimenti oscuri che solo Hailstone conosce e solo perché me li ha tirati fuori con la forza. Forse col tempo gli racconterò tutto, chissà, ma dovrà darmi una buona motivazione per farlo.
Comunque la sua non è una domanda che prevede una risposta negativa, quindi ricambio il sorriso.
«Ma certo. Solo non adesso. Tra poco si alzerà la tempesta e l’Assemblea sta per iniziare. Domani avremo più tempo da trascorrere qui.»
«Torneremo anche domani?»
«Se vuoi seguirmi, perché no. Io vengo qui tutte le mattine.»
«Sì, padre, voglio seguirti» afferma con decisione. «Voglio conoscerti davvero. Poi ti racconterò di me, se lo vorrai. Voglio diventare proprio come te!»
«Diventerai anche meglio di me» lo rassicuro. Sciolgo lentamente la coda dalla roccia. «Adesso andiamo, ti aspetta la tua prima prova. Ricorderai ciò che ti ho detto?»
«Sì.»
Ritorniamo sui nostri passi e io mi accorgo di aver dimenticato la mia inquietudine in un attimo. Se anche Cooler avesse un lato oscuro non ne ha colpa e mi occuperò di questo a tempo debito; intanto bisogna porre le basi per tutto ciò che verrà dopo e presentare mio figlio ai Capoclan è il primo passo da compiere. In fondo non vedo l’ora che Hailstone lo conosca, sono certo che sarà un ottimo punto di riferimento per lui.
Eppure, mi ripeto mentre rientro nel tunnel, è assurdo come tutto sia cambiato in così poco tempo. Sette giorni: tanto è bastato a conquistarlo, e a lui a conquistare me.
 



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Prossimo capitolo:
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7/03




Nota dell'autrice:
Ciao ragazzi!
Ancora una volta in extremis (ma sempre in tempo, eheh!) ecco un capitolo appena sfornato per voi. 
So che la storia sta procedendo lentamente ma in questa fase mi preme davvero concentrarmi sulla psicologia dei personaggi e anche collegare la storia di Cold e quella di Cooler (qualcuno ha notato? 3:)
Il rapporto padre-figlio tra Cold e i suoi tre eredi sarà una delle colonne portanti di questa storia, quindi aspettatevi lo stesso approfondimento anche per il fratellino minore! Inoltre adoro il poter mostrare Cooler, che tanto ho descritto e approfondito nella sua storia dedicata, da un punto di vista diverso e soprattutto nei primi momenti della sua vita, così che si possa percepire la crescita che lo porterà a diventare ciò che abbiamo letto in "Cooler: Origins". 
Ovviamente mi manca un sacco scrivere dal suo POV, quindi vi anticipo che presto ci sarà uno spin-off dal punto di vista di un piccolissimo Cooler, e davvero non vedo l'ora di scoprire com'era da piccino e come è cambiato col tempo! Prevedo anche di scrivere altri due spin-off dai POV di Froze (che aspetto di scrivere da letteralmente ANNI) e, perché no, da quello di Freezer. Non vorremmo mai dimenticare da dove tutto è iniziato, vero?
Buona domenica (ormai agli sgoccioli), spero di poter pubblicare un po' prima la prossima settimana. In ogni caso non perdete la speranza: se pubblico così tardi è perché durante il resto del giorno lavoro come una pazza per scrivere/correggere pur di essere in tempo :')
A presto ragazzi!

- Gio

 
   
 
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