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Autore: nothingdrum    01/03/2021    0 recensioni
La storia di un ragazzo in fuga, ambientata tra l'Emilia e Berlino negli anni 80.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Emilio guardava il fumo dei tombini con aria ossessiva, l'aria di qualcuno che sa di star facendo qualcosa di inutile
ma che desidera qualcosa di inaspettato. Faceva freddo a Berlino quella sera, non che fosse una novità, erano ormai 
cinque anni che non sentiva la luce del sole calda sulla pelle. Neanche una volta in quei cinque anni si era mai 
ritrovato a ripensare alla sua terra, la terra da cui portava il nome. "Un reggiano non potrà mai resistere a Berlino
per più di due mesi", gli dicevano, con gli occhi imbevuti di vino nel caldo di una estate che non sembrava finire mai,
i suoi zii. L'ennesima presa in giro di un mondo che non era il suo. Modena, Reggio, Parma. Quei posti erano l'essenza, 
soprattutto in estate, di una ricchezza materiale e pochezza mentale senza precedenti. Emilio vedeva tutto con occhi
diversi: PCI DC PSI, sigle che non volevano dire niente, etichette su etichette per persone tutte uguali tra loro. E
il vino, il mare, l'apparente infinità della linea dell'orizzonte che si stagliava in un tramonto a Rimini erano solo 
un palliativo per una situazione per lui ormai insostenibile. Se ne andò a Berlino, dove non c'era mare, non c'erano
questi biechi tentativi dell'uomo di riconciliarsi con madre natura assaporando il piacere della vita agreste. C'era
lo zeitgeist, c'era il muro. L'uomo nella sua forma più egoistica, egocentrica e irresponsabile. Ciò di cui aveva bisogno.
Per la prima volta nella sua vita aveva messo se stesso al centro, così come tutte le persone in quella città. Un lavoro
onesto in un negozio di dischi, un monolocale al quarto piano che gli permetteva di vedere Berlino Est al suo risveglio, e
sentirsi per la prima volta nella parte giusta del mondo. L'odore della metropolitana gli riempiva i polmoni, così come
le sigarette che fumava appena metteva un piede fuori dal letto. Quella sera però, Emilio osservava il fumo dei tombini. 
Era ormai un bel po' che aspettava, sotto quell'enorme poster: "CCCP Live 1987". Quella sera era la prima volta che ripensava
a Reggio. Questi ragazzi, incazzati neri, che avevano oltrepassato il punk per diventare qualcosa di totalmente nuovo, 
lo avevano colpito sin da quando aveva ricevuto in negozio il primo EP "Ortodossia". Purtroppo non era ancora riuscito a 
vederli live, ma quella sera era pronto. Pronto a rivedere dei compaesani dopo cinque anni. Non che fossero l'archetipo
di emiliano medio, ma la domanda principale era come si sarebbe sentito a veder qualcuno cantare in italiano dopo tanto tempo.
La rabbia che aveva sentito impressa nei loro dischi, sarebbe stata amplificata quando li avrebbe avuti davanti? Oppure avrebbe
solo sofferto di una terribile delusione, così come quella che gli causava tutto ciò che proveniva dalla sua terra natia?
Troppe domande per qualcuno che fissava il vapore. "Hi, do you speak English? Era english? Merda..." Lei era vestita troppo
bene. Troppo bene per essere lì, sia chiaro. Pantaloni neri, molto stretti, e una maglia del PCI rossa come i suoi capelli.
Due occhi troppo grandi per poter essere guardati nello stesso momento, neri come il cielo inquinato della città. 
"Sono italiano, tranquilla." Emilio pronunciò forse le prime parole nella sua lingua madre dell'anno. Faceva sempre strano
tornare alla cantilena italica, dopo giornate passate a parlare tedesco in un modo che, nonostante i cinque anni di pratica, considerava
ancora a dir poco patetico. Un sorriso si spalancò sul volto della ragazza. "Scusami, è che parlo tedesco più o meno come Giulio Cesare"
rispose. Ed Emilio si accorse, dall'accento, che doveva essere delle sue parti. "Comunque volevo chiederti se era qui il concerto dei
CCCP".
"Si. Ma non so a che ora cominceranno, ti consiglio di entrare prima che ti prenda un colpo. Non mi sembra che tu sia molto abituata al
freddo berlinese." Al ragazzo sembrò di parlare come un robot. Il suo lessico italiano diventava sempre più difficile da recuperare, 
e parlare era un procedimento sempre meno automatico da eseguire. "Hai ragione, infatti ora entro, grazie per le sigarette". Emilio 
si accorse solo a misfatto compiuto, con la ragazza che correva verso la fila di persone che attendevano di entrare, che il suo pacchetto
di sigarette era scomparso. Comunque infastidito, decise di andare a comprarsene un altro, piuttosto che andare a discutere con una ragazza
così carina. Era quasi ora. Emilio si mise in fila, e nonostante la testa chiusa sulla giacca, non potè fare a meno di notare quei capelli
rossi entrare poco prima di lui nel locale.
   
 
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