Videogiochi > Life Is Strange
Segui la storia  |       
Autore: Viking86    01/03/2021    1 recensioni
Rachel è entrata nella vita di Chloe nel suo momento più buio. Chloe è entrata in quella di Rachel giusto in tempo per sostenerla quando il suo mondo è crollato. Il loro rapporto è forte, intenso, forgiato nel fuoco della sofferenza e potrebbe davvero salvare entrambe, o condannarle. Rachel è stato l'angelo di Chloe, ma anche il suo diavolo, così come Chloe è stata l'ancora di salvezza per Rachel e il suo più grande limite.
Life is Strange: Untold racconta la storia di Chloe e Rachel a partire dalla morte di William fino agli eventi di Life is Strange. Inizia subito dopo gli eventi di Before the Storm (con salti temporali indietro e avanti), ma ho fatto un lavoro di adattamento perché tutto corrispondesse il più possibile al canone originale.
Immersa nel contesto vitale di Arcadia Bay, la storia racconterà com'è nato il loro rapporto, come si è sviluppato e come la città e il mondo intorno a loro (sotto forma di coincidenze e altri personaggi, alcuni dei quali originali) abbia condotto a ciò che sappiamo (Dark Room).
Rachel e Chloe hanno avuto scelta o era destino?
Necessario aver giocato a BtS e LiS per poter cogliere i riferimenti (e i cambiamenti rispetto a BtS)
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Chloe Price, Mark Jefferson, Nathan Prescott, Rachel Amber
Note: Lemon, Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Found somebody to mend you

 
"B-beh... tutti perdono le cose che amano" concluse Chloe,
i suoi occhi che minacciavano di riempirsi di nuovo di lacrime
mentre sprofondava la faccia nella spalla di suo padre,
le palpebre incapaci di rimanere aperte.

"È vero", ha ammesso papà.
“Ma tutti scoprono anche cose nuove da amare."

All Wounds - Destiny Smasher
 
BAM! BAM! BAM!
"Chloe!!"
Una voce baritona urtò le orecchie di Chloe, ancora immerse nel sonno.
Avvolta casualmente dalle lenzuola, strisciò con la testa sotto il cuscino cercando di soffocare i suoni del mondo esterno e ritrovare quelli del suo sogno.
Il calore del corpo di suo padre contro il viso.
La sua voce dolce e ferma al tempo stesso...
BAM! BAM! BAM! BAM!
"In piedi soldato! Non costringermi a entrare!"
"Mmmpfhhh..." piagnucolò Chloe gettando goffamente via il cuscino. Lo sentì urtare contro qualcosa che cadde.
"Chloe?!" David non voleva demordere.
La ragazza si spostò su un fianco come una foca sonnolenta e mise a fuoco la sveglia.
6.33
"Ma porca putthhhnnn..... non sono neanche le sette!!"
"Entro cinque minuti ti voglio di sotto per colazione o ti butto giù dal letto!"
BAM!
L'ultimo colpo sulla porta fu una sottolineatura.
Come dire "cazzo quanto faccio sul serio!"
 
"Vaffanculo cazzo..." Chloe si strofinò selvaggiamente gli occhi.
Ormai era definitivamente sveglia. Suo padre era una presenza ricorrente nei suoi sogni, che erano cambiati a quasi un anno dalla sua morte. Non li ricordava mai bene, purtroppo svanivano in fretta quando il mondo reale bussava rudemente alla porta. Rimanevano solo flash, frammenti di ricordi o di eventi mai realmente accaduti.
La luce filtrava dalle finestre e lambiva il suo letto.
Era stata molto furba a spostarlo in quella posizione, mai più l'alba molesta l'avrebbe svegliata prima del tempo!
Già... ora ci pensa David...
6.36
Merda!
Sapeva che quando David prometteva qualcosa, la faceva. Soprattutto quando era qualcosa di molesto nei suoi confronti. Aveva ancora due minuti per mettersi dei pantaloni, pisciare e scendere...
Ma come Cristodiddio Joyce poteva davvero stare con uno così??
Chloe aveva deciso che sua madre aveva totalmente perso la testa, era così triste e disperata che si era gettata fra le braccia del primo che le desse attenzione. Il primo e anche il peggiore... con i suoi terrori notturni di merda e le stronzate sulla disciplina e...
6.37
CAZZOCAZZOCAZZO!
Chloe balzò giù dal letto e con rapidità inaudita si infilò i primi pantaloni che trovò a portata di mano, una tuta grigia e puzzolente che NON aveva messo da lavare... chissene frega!
Si voltò verso il mobile accanto al letto, fissando lo sguardo sulla foto che vi aveva attaccato.
"Scusate Pà e Max... oggi non posso salutarvi come si deve..." bisbigliò mentre si avvicinava alla porta, saltellando su un piede mentre infilava il secondo calzino di Super Mario.
Quanto cazzo ero nerd?!
Aprì la porta, lasciandola volutamente socchiusa per segnalare che si era alzata e si gettò in bagno.
Chiuse la porta giusto in tempo, perché i passi pesanti di David sulle scale non si fecero attendere.
"Chloe?!"
"Sono al cesso cazzo! Vuoi venire a controllare??"
"Linguaggio! Vedi di fare in fretta, sei già in ritardo!"
"Semmai sono in anticipo! Grazie a te! La mia sveglia è puntata alle 7 per Dio!"
SBAM!!!
Il colpo, che fece vibrare la porta del bagno, colse Chloe alla sprovvista facendola indietreggiare. Tutti i peli del corpo si drizzarono, un brivido di freddo le percorse la schiena, i sensi si acuirono e le gambe si attivarono. A che serve il caffè quando hai David?
"Ho detto, linguaggio! Fa in fretta, tua madre non ha tutto il giorno da dedicarti!"
"Al contrario di te che non hai un cazzo di lavoro giusto?"
Silenzio.
Chloe rimase come sospesa.
Forse l'aveva di nuovo spinto oltre? Avrebbe avuto un'altra delle sue reazioni estreme di cui poi si sarebbe scusato come se risolvesse tutto?
Dall'altro lato della porta l'uomo prese un profondissimo respiro.
"Fai.In.Fretta!"
I passi si allontanarono di corsa accompagnati da un ringhio sordo...
Chloe sospirò di sollievo.
Si voltò verso lo specchio massaggiandosi la fronte, con il cuore che le batteva in gola. Notò distrattamente i suoi occhi arrossati e cerchiati di viola, i capelli anarchici e i segni delle lenzuola che le attraversavano ancora il viso come cicatrici di guerra.
Ora il caffè le serviva per calmarsi...
 
-
 
Quando Chloe scese trovò Joyce che rigirava il bacon in padella. Il viso era fin troppo serio. Ovviamente David era tornato giù imbufalito, le aveva raccontato qualche stronzata sul suo comportamento e ora mamma ce l'aveva con lei.
Tipico.
Ormai era così.
"'Giorno!"
"La colazione è pronta..." disse freddamente Joyce.
Eccola lì... mamma passivo-aggressiva dell’anno!
David era seduto al tavolo nel posto che aveva usurpato, con il giornale davanti, una penna nella mano destra e una tazza di caffè nella sinistra. Alzò la testa quando Chloe si palesò nella stanza, ma non le rivolse nemmeno uno sguardo e tornò subito a farsi assorbire dagli annunci di lavoro. Non poi molti ad Arcadia Bay...
"Grazie..." rispose Chloe a sua madre mentre si versava del caffè nella tazza che aveva decorato da bambina. Ci aveva disegnato un ritratto di Bongo…
Joyce non disse altro e si limitò a porgerle il piatto.
Chloe lo prese. No, quell'atteggiamento non lo sopportava:
"C'è qualche problema?" disse cercando di non alzare subito il tono.
Joyce si voltò verso di lei e i suoi occhi azzurri la congelarono. Il viso di Joyce sapeva esprimere così tanta dolcezza, amorevolezza, calore... tanto quanto sapeva trasformarsi in fredda e durissima pietra.
"Visto che me lo chiedi..." il suo tono basso e calmo aumentava l'effetto "...il tuo atteggiamento verso David non va. Dovresti scusarti con lui per ciò che gli hai detto poco fa."
"Come volevasi dimostrare..." Chloe alzò gli occhi al cielo e se ne andò ad ampie falcate verso il tavolo, raccogliendo un paio di posate lungo il tragitto.
"Il patto era che lui avrebbe cercato di migliorare e tu non l'avresti più provocato. Direi che hai violato il patto. Di nuovo..." proseguì Joyce, piantandosi di fronte a sua figlia con le braccia sui fianchi, in piedi dall'altro capo del tavolo, accanto a David, che faceva il vago continuando le sue ricerche sul giornale.
"Si beh... del resto è sempre colpa mia no? Mein Fürer qui non sbaglia mai..." fece un cenno del capo verso David prima di infilarsi in bocca un'abbondante forchettata di uova e bacon.
"David sa quando sbaglia e almeno fa qualcosa per migliorarsi. Spero che, visto che sei al secondo anno, ci proverai anche tu."
"Oh giusto... la scuola..."
"Si, ricordi? Non ti sei chiesta perché David ti ha svegliata prima oggi?"
"Cos'è credevate che mi sarei scordata di alzarmi? Ho puntato la sveglia alle 7 apposta... Cazzo Mà, davvero?!" e Chloe si incazzò sul serio. Le posate caddero sul piatto, ancora per metà pieno di cibo.
"Non finisci?"
"Mi è passata la fame..." disse la ragazza allontanandosi a testa bassa come un toro.
"Chloe!" la voce di Joyce la inseguì, ma Chloe era già in camera sua.
Sbatté la porta alle sue spalle.
Prese la cartella già pronta dalla sera prima e ci infilò dentro il suo kit con l'erba, le cartine e i filtri. Appena si fosse allontanata abbastanza da casa ne avrebbe avuto bisogno. Poi passò al guardaroba. Si levò quei pantaloni sudici e la maglietta della notte. Aveva bisogno di un look incazzato quel giorno. Aveva dormito poco, non si ricordava più il bel sogno che aveva fatto e David di merda le aveva già rotto le ovaie con la complicità di Joyce. Fanculo!
Maglietta nera dei Sepultura.
Che cazzo!
Pantaloni neri con strappi strategici sulle ginocchia e un teschio ricamato su una chiappa.
Così chi mi guarda il culo saprà cosa lo aspetta se ci prova...
Anfibi neri e logori che aveva indossato a lungo e ormai odoravano di morte, ma non le importava. La morte era un po' quello che voleva comunicare in fondo.
Si diede una sommaria rassettata ai capelli allo specchio e fu pronta ad andare.
Esitò.
Il cappello pirata e la benda.
Quella giornata di un milione di anni fa.
I ricordi si infiltravano sempre nella mente insidiosi e subdoli…
"Tu sei una su un milione Chloe Price..." disse Max, con benda e bandana, affacciata dalla finestra della soffitta.
Chloe la guardò dal cortile, cappello in testa, una cazzuola in pugno come fosse una spada…
“Cosa?”
Max sorrise
“Sono solo fortunata che tu sia la mia migliore amica! Tutto qui…”

 
E poi papà è morto… e tu te ne sei andata!
Scosse la testa.
Fanculo!
FANCULO HO DETTO!

Girò rumorosamente i tacchi e scese le scale sbattendo di nuovo la porta della sua camera.
Raggiunse l'ingresso.
"Dove vai?" chiese Joyce alle sue spalle, seduta al tavolo in salotto di fronte a David.
"Secondo te?? A scuola. Grazie al tuo ragazzo oggi arriverò in anticipo..."
Uscì furiosamente senza voltarsi.
Decise che sarebbe andata a piedi.
Era sicura che non avrebbe trovato nessuno della cricca skater a quell'ora, inoltre aveva ancora fame! Di solito non rinunciava mai alla colazione di Joyce, ma quel giorno...
Il fatto che sua madre stesse sempre dalla sua parte la mandava fuori di testa. Non aveva senso, era una cosa che non poteva accettare. Non poteva sopportare.
Fame!
Forse era colpa di quello stupido cappello e della benda, ma si sentiva sentimentale.
Non si diresse a scuola, ma verso l'Arcadia Bay Ave, dove le gambe l'avrebbero condotta alla sua vera meta.
 
-
 
CHIUSURA ATTIVITA'
 
Era proprio un giorno di merda...
Chloe se ne stava immobile davanti a quel cartello, sotto l'insegna di quello che era stato uno dei covi di Capitan Bluebeard e Long Max Silver. Il Pacific Steve's Famous Crab, con l'insegna spenta nella penombra dell'alba. Il logo a forma di granchio, privo di luce, sembrava triste quanto Chloe. In effetti era qualche mese che non passava da Steve. Il locale era una bassa struttura ottagonale, bianca e azzurra, che conteneva cucina, magazzino e bancone. Alle spalle una scala dava l’accesso alla spiaggia e la riva dell’oceano distava poche decine di metri, di fronte la strada principale, con tutto il suo via vai. Steve, sua moglie Ada e talvolta anche il fratello Brad si affacciavano per servire i clienti, che sedevano all'aperto su un piazzale di lastre in granito, su sedie e tavolini metallici, protetti da ombrelloni sia che piovesse sia che splendesse il sole. Qui per molto tempo erano stati partoriti piani di saccheggi e si erano compiuti lauti festeggiamenti dopo che le avventure erano concluse e il tesoro recuperato! Max adorava le frittelle di mais, Chloe andava pazza per i gamberoni. Amava mangiarli con le mani, rimuovere grezzamente l'esoscheletro, le zampette e le varie parti non commestibili. La faceva sentire così... pirata!
E anche questo non c'era più...
Andato.
Finito.
Chiuso.
Doveva essere una cosa abbastanza recente, comunque, perché all'interno dei vetri sporchi vedeva ancora il bancone, la cassa e altri scatoloni. Gli ombrelloni e i tavoli invece erano già stati portati via chissà dove.
Un altro foglio era attaccato sul vetro appena sotto il cartello di chiusura.
Chloe si avvicinò per leggere...
 
Fanculo...
Troppi tecnicismi...
Il succo era che Steve era fallito e la Fondazione Prescott aveva comprato l'attività per liquidarla. Prescott, gli stessi che le pagavano la borsa di studio alla Blackwell. A quanto pare diversificavano molto i loro affari. Chloe si chiedeva con sincera curiosità come facessero i ricchi ad essere così ricchi. Di sicuro non lavorando. Probabilmente ci nascevano e non facevano altro che comprare e rivendere cose costruite da altri con sudore e passione...
Eeeee fanculo anche a Steve, ai Prescott e al fatto che erano ormai le 7.14 e non aveva ancora fatto colazione!
Il Two Whales no... non le andava di rivedere sua madre, che probabilmente stava uscendo di casa in quel momento...
Vabbè...
Si sarebbe accontentata della Caffetteria della scuola. O magari no? Magari poteva salire su un pullman a caso e vedere dove la portava, o mangiare qualcosa di buono a Up All Nite Donuts e scappare senza pagare, o andare direttamente al supermercato e rubare un pacchetto di brioche o qualcosa del genere.
Poteva fare quello che le pareva.
No...
Per qualche motivo non le sembrava giusto saltare il primo giorno di scuola.
Un residuo della vecchia Chloe…
In passato dovevano esserci stati dei buoni motivi per pensarla così.
Niente che la riguardasse più, ormai!
Con un sospiro esausto e un'alzata di occhi al cielo, voltò le spalle per l'ultima volta a Steve's Famous Crab e fece rotta per la Blackwell, con gli auricolari che le sparavano una canzone punk a caso nelle orecchie…
 
-
 
Blackhell
Trovarsi di nuovo in quel posto era... strano.
Non poté evitare di ricordare il primo giorno di scuola dell’anno precedente. Tutto era diverso, suo padre era ancora vivo, Max era ancora ad Arcadia Bay. Allora era così felice di frequentare quella cazzo di scuola, di tornare a casa e poter raccontare a suo padre e alla sua migliore amica cosa aveva fatto, visto e imparato.
Mancavano esattamente 25 giorni a…
 
Chloe arrivò a piedi dal viale, decisamente aveva camminato già troppo per i suoi standard, i piedi in quelle scarpacce anfibie morivano di caldo, annegati nel sudore e torturati da misteriosi spigoli interni. Però, almeno, Chloe aveva avuto modo di calmarsi. Tre sigarette lungo il tragitto avevano aiutato.
Ed ora il campus era davanti a lei, pieno di facce vecchie e nuove.
Non era più una matricola e questo era già un bene.
Forse non le avrebbero rotto i coglioni come l'anno precedente. Andare a scuola era già una tortura anche senza gli altri studenti. Salì la breve scalinata e rivide il vecchio bronzeo Jeremiah che la fissava disgustato, come anche una lontana Marisa Rogers, le cui antenne da stronza si drizzarono al suo avvicinarsi. Chloe le restituì lo sguardo con sfida e si leccò lascivamente le labbra con un ghigno provocante. Marisa alzò gli occhi al cielo e tornò a ignorarla. Chloe rise fra sé.
Il fuoco si combatte col fuoco.
"Hey Chloe!"
La ragazza sobbalzò sentendo una voce alle sue spalle, più vicina di quel che si aspettasse. O di quanto fosse educato.
"Eliot! Cazzo..." Chloe si voltò e si trovò a pochi centimetri dal ragazzo. Poteva sentire il suo alito mattutino di caffè. Si allontanò di un metro e mezzo "Merda, Coso... vuoi farmi morire?" si strinse una mano sul petto.
Eliot lanciò uno sguardo insistente a quella mano, o alle tette intorno ad essa:
"Scusa!" si grattò la testa e distolse lo sguardo con un sorriso imbarazzato "Heh! Non pensavo di vederti così presto a scuola!"
"Sai... il mattino ha l'oro in bocca e quel genere di merda, giusto?" sghignazzò Chloe "E comunque per te è facile visto che vivi alla Blackwell!"
"Ehm... Giusto!" Eliot indossò quello che sembrava proprio un sorriso di circostanza.
"Tutto ok amico?" chiese Chloe.
"Si si! Tutto ok! Sono solo... felice di vederti!" Lo sguardo di Eliot imperversava caoticamente ovunque intorno a lui. Era così teneramente impacciato.
"Aaawwwww..." Chloe congiunse le mani al petto e si piegò in avanti come di fronte a un cucciolo smarrito "Sei così dolce!" caricò fortemente il tono.
"Hai già fatto colazione?" chiese Eliot con le guance rosse.
"No cazzo! Muoio di fame! Stavo puntando alla Caffetteria!"
"Ti va di farla insieme?" propose il ragazzo distogliendo ancora lo sguardo.
"Non l'hai già fatta?"
"Come lo sai??" chiese lui stupefatto.
"Sai di caffè!"
"Oh! Ah... si... certo! Ho preso un caffè alle macchinette!" si giustificò "Però anch'io muoio di fame!"
"Beh, allora sembrerebbe che i nostri obiettivi coincidano questa mattina!" disse Chloe con tono piratesco.
Eliot ricambiò con un sorriso.
 
-
 
Il panorama umano della Blackwell era sempre lo stesso e la Caffetteria era il luogo ideale per vederlo. Chloe non la frequentava spesso se poteva evitarlo, di sicuro mai al mattino. A pranzo si prendeva un panino e usciva per mangiarlo sola da qualche parte. A quell'ora la maggior parte dei presenti era composto da quelli che vivevano al dormitorio Prescott, altro gentile dono degli aspiranti padroni della città. Chloe vedeva solo tanti ragazzini viziati che vivevano su un altro pianeta.
Marisa con le sue due lacchè K. e S. sempre al seguito. C'erano sicuramente individui più meschini e Chloe ne aveva avvistati alcuni nelle classi superiori. I modelli di vita di Marisa probabilmente, per fortuna troppo superiori per accorgersi di lei o decidere di infastidirla. Marisa era sempre seduta allo stesso tavolo, come se fosse sua proprietà. Esattamente il genere di cazzate liceali da cui Chloe si teneva alla larga. Il tavolo degli sportivi, dei nerd, dei fighi, dei ricchi, dei poveri, del vaffanculo...
Prestava poca o nulla attenzione alle chiacchiere di Eliot. Si lasciava invece invadere dall'aroma del suo caffè che le riaccendeva i neuroni e dal gusto chimicamente dolce dei pancake, palesemente fatti con un impasto pronto. Merda ma con tutti i soldi che la Blackwell prendeva in rette e donazioni potevano almeno assumere un cuoco che cucinasse davvero! Beh, i carboidrati erano carboidrati.
"...quest'anno poi abbiamo anche la classe di Storia Americana!" concluse Eliot.
"Mh-hm..." annuì Chloe guardando altrove.
"Così potremo studiare insieme no? Come l'anno scorso!" proseguì Eliot, chiaramente in cerca di una reazione più... partecipe.
"S-si amico, è fantastico!" tentò Chloe.
Eliot strinse gli occhi e si fece serio.
"Non hai ascoltato una parola vero?"
Chloe sbarrò gli occhi e tese i lati della bocca, colta in fallo. Poi scoppiò a ridere.
"Scusa Coso! Fammi un riassunto." stavolta si sforzò di ascoltare.
"Ho detto che quest'anno ho fatto in modo di avere tutti i corsi base nella tua stessa classe!" ripeté Eliot con nuovo entusiasmo.
"Oh... Wow!" disse Chloe con una nota di stupore. Eliot ci teneva davvero a passare più tempo possibile con lei! La cosa la inquietava un po’, ma era sempre così quando riceveva quel tipo di attenzioni e ormai si era convinta di essere lei ad avere qualcosa che non andava. L’espressione di Chloe doveva rispecchiare la sua confusione, visto che Eliot la fissava con un misto di delusione e aspettativa nello sguardo.
"Così potremo studiare insieme come l'anno scorso, vero?" chiese Eliot, titubante.
"Eliot... mi conosci. Sai che odio studiare..." sbuffò Chloe riempiendosi poi la bocca con il caffè.
"Non è vero Chloe, una volta ti piaceva. E sei intelligente, più di tutti i manichini qui dentro!" si infervorò.
"Cavolo... grazie!"
"So che ne hai passate tante, ma voglio che tu sappia che ci sarò sempre per te."
"Lo so Eliot..." Chloe tentò di adattarsi al tono serio che la conversazione stava prendendo "... me l'hai detto tante volte. Lo apprezzo davvero, però..."
"Tienilo solo presente ok?" La interruppe.
Chloe si zittì, prese una forchettata di pancake e annuì.
 
In quel momento si levò un gridolino acuto dall'ingresso della Caffetteria. Tutti, Chloe compresa si voltarono. Una ragazza dai capelli lunghi e castani vestita con un maglione grigio e una gonna tartan arancione a righe verdi, faceva le feste ad un'altra ragazza ben più nota. Capelli biondi, maglietta dei Green Day, Jeans scuri strappati qui e là, camicia di flanella rossa, orecchini di piume blu.
“Rachel Amber…” disse Eliot vagamente sprezzante.
Le due si abbracciarono, Rachel presentò all’altra un ragazzo biondo vestito da fighetto e poi cominciarono a chiacchierare, camminando verso il bancone della Caffetteria.
“La conosci?” chiese Chloe a bocca piena.
“No!” si affrettò Eliot “E… tu?”
Chloe scrollò le spalle: “Nah… perché dovrei?”
“Già… Miss Perfettina del cazzo, vero?” commentò Eliot
Chloe non rispose, lo sguardo era ancora su Rachel, che a intervalli regolari faceva soste ai vari tavoli per salutare qualcuno, inclusa Marisa Rogers. Chloe era stranamente incuriosita. Rachel l’anno prima era diventata piuttosto famosa per essere una matricola, ma la cosa era facile da spiegare quando hai il papà Procuratore e talvolta vieni citata sui giornali della città e della Contea. Miss Perfettina Amber, quella che usciva coi ragazzi più grandi, coi voti alti e tutto il pedigree. Sembrava uguale agli altri, forse ancora più “uguale”, eppure qualcosa non tornava. Al contrario di Marisa, Rachel non sembrava mai guardare gli altri dall'alto in basso. Non che Chloe ci avesse mai avuto a che fare, quindi boh! E poi le aveva visto indossare diverse magliette interessanti, come quella dei Green Day di quel giorno, ma anche degli Iron Maiden, dei Clash, dei Pink Floyd... insomma... o era una poser o aveva ottimi gusti musicali.
Era sorprendente quante informazioni scoprì di avere su di lei.
Certo, molte gliele aveva fornite Justin, che da buon fattone allupato non mancava di avere una buona parola per ogni ragazza della Blackwell, Chloe compresa. Quando era fatto parlava sempre a macchinetta.
Era anche sorprendente che le fregasse qualcosa di quella tipa…
Sperava di essere ormai diventata immune al fascino artificioso di quel genere di persone. Invece sembrava proprio che dovesse lavorarci ancora un po’. All’inizio era Marisa ad averla attratta. Quando ormai sapeva che Max se ne sarebbe andata, Chloe voleva trovare una nuova amica. Forse erano i capelli scuri, come quelli di Max, o quel suo modo di fare riservato e un po’ raffinato, anche quello che le ricordava Max. Certo non i vestiti e il modo di parlare, era pur sempre un’altra persona! Chloe si era fatta attrarre… e Marisa si era rivelata un’arpia. Chloe si era illusa, come quando aveva creduto che Max non l’avrebbe mai lasciata… e poi l’aveva fatto. Pensava che anche suo padre ci sarebbe sempre stato, che non l’avrebbe mai abbandonata…
"Chloe?"
La voce di Eliot la recuperò dagli abissi siderali in cui la sua mente si era perduta. Forse le canne avevano bruciato un neurone o due anche a lei!
"Si! Ci sono!"
"Andiamo in classe?" Eliot era già in piedi con il vassoio in mano, pronto a restituirlo nell'apposito spazio al bancone. Per la verità erano due vassoi! Senza che lei se ne accorgesse aveva smobilitato anche il suo.
"Oh...ehm... si! Grazie per... il vassoio!" balbettò Chloe.
Lui sorrise.
"Di niente!" e andò a riporli.
Chloe lanciò un'altra occhiata in direzione di Rachel e del suo tavolo cui ora erano seduti altri personaggi a lei ignoti. No, fanculo. Non ci sarebbe più cascata.
Le persone ci sono, finché non se ne vanno.
Fingono di interessarsi, finché non lo fanno più.
Tutti mentono, nessuna eccezione…
A volte non sanno neanche di farlo, ma lo fanno.

Chloe fece spallucce.
Quando Eliot tornò, si recò di malavoglia alla prima lezione di Matematica dell'anno.
 
**********************
 
Il risveglio di Rachel quel 3 settembre fu pacifico.
Il viaggio con Ruth e gli altri in North California l'aveva ritemprata abbastanza da tornare a scuola con la carica e la presenza di spirito necessarie. Rose la accompagnò come sempre, anche se Rachel meditava di dirle finalmente che preferiva andare con lo scuolabus. Già era Miss Perfettina, vederla arrivare in Volvo tutte le mattine rischiava di alimentare troppo quella maschera, che seppur utile, non doveva diventare troppo ingombrante. Benché lo fosse già.
Durante il viaggio, ricevette un messaggio:
 
Nathan
  • Ciao! Sono vicino alla scalinata. Quella piccola che dà sul marciapiede giusto?
 
Le dita di Rachel corsero sui pulsanti del cellulare:
 
Rachel
  • Giusto! La tua guida sta arrivando resisti! ;-)
 
E infatti il ragazzo era lì. Aveva una camicia azzurra, pantaloni del completo blu, la giacca avvolta intorno all'avambraccio e uno zaino in vera pelle sulle spalle. Pettinatissimo, ordinatissimo.
Rachel provò un moto di tenerezza. Anche per un luogo come la Blackwell quel vestiario era davvero troppo... formale!
Rachel salutò sua madre, che notò Nathan.
"Buongiorno signora Amber!"
"Prenditi cura di mia figlia!"
Rachel diede una facciata al palmo della mano.
"Ehm... c-certo!" balbettò lui.
Rose ridacchiò fra sé e tra altri saluti e controsaluti ripartì.
 
"Uffh... scusa. Mia madre è sempre così eccitata dall'idea di accompagnarmi a scuola..." disse Rachel.
Nathan annuì senza replicare. Non aveva idea di cosa dire in effetti...
"Allooooora..." esordì Rachel "...bel vestito!"
"Ti piace?" disse lui ritrovando l’entusiasmo.
"Sssi... voglio dire... è un gran bel completo eh. Ma hai dato un'occhiata in giro?" provò a spiegare Rachel. Nathan sembrava non cogliere il messaggio.
"Nelle scuole in cui sei stato c'era una divisa?" azzardò Rachel.
"Si..." rispose Nathan un po' perplesso.
"Ecco. Si spiega tutto. Qui non c'è, non hai bisogno di essere così formale."
"Magari mi piace essere formale..."
"A NESSUNO piace essere formale. E di sicuro non piace a te!" Rachel sorrise e Nathan si lasciò illuminare.
"Si in effetti è vero..." ammise.
"Non preoccuparti, rimedio subito!" Rachel allungò le mani verso il colletto della camicia ma Nathan fece istintivamente un passo indietro.
"Che vuoi fare?" chiese preoccupato.
"Woah... calma Nate. Volevo solo sistemarti il look..." spiegò Rachel, sorpresa da quel comportamento "Posso?" fece un lento passo in avanti.
“Nathan perché?”
Sudore sulla fronte.
“Perché mi obblighi ad essere severo?”
Cuore che batte sempre più forte.
Sempre più forte.
“Devi impegnarti molto di più Nathan… non vuoi deludermi vero?”
 
Sbatté ripetutamente le palpebre e si ritrovò a fissare il viso perplesso di Rachel.
quel bellissimo viso, con il sole del mattino che rendeva i suoi capelli luminosi…
"S-si... scusami..." disse Nathan abbassando lo sguardo.
"Figurati. Lascia fare a me, ti fidi?"
"S-si!"
"Bene!" Lei sorrise di nuovo.
Le sue dita afferrarono dolcemente il colletto della camicia, Nathan iniziò a sudare e arrossire e pregò che Rachel non se ne accorgesse. Ma se ne accorse e le fece piacere. Slacciò due bottoni, tirò su le ali del colletto e le stropicciò un po' in modo che prendessero una forma più casual. Arrotolò le maniche della camicia e poi gli passò le mani fra i capelli, arruffandoglieli.
"Che cazz..." protestò Nathan.
"Ssssshhh... Sto lavorando!" lo bloccò Rachel. Dopo aver sconvolto la perfetta riga laterale di Nathan, lasciò che i capelli ricadessero secondo il loro naturale andamento e riordinò i ciuffi più ribelli. Quando ebbe finito fece un passo indietro con le braccia spalancate.
"Et voilà!" prese dallo zaino lo specchietto dei trucchi "Guardati!" un sorriso soddisfatto era stampato sul suo volto.
Nathan si guardò riflesso e sorrise compiaciuto a sua volta.
"Così va molto meglio!"
"Sono d'accordo!" convenne Rachel "Ora andiamo. In Caffetteria ci sono degli amici che voglio presentarti!"
Mentre lei si avviava, Nathan rimase fermo. Il suo sguardo percorse Rachel dalla testa ai piedi, percorse tutta la sua forma, seguì l'ondeggiare dei capelli e delle piume blu. Incantato.
Lei si voltò di scatto arrivata in cima e lui con un riflesso tardivo distolse lo sguardo.
Pregò che non l'avesse notato.
"Allora? Stai lì?" chiese Rachel.
Nathan prese un profondo respiro.
"Arrivo..." e la seguì all'interno.
 
In Caffetteria, ricongiungersi con Megan e il gruppetto delle Tardis Night fu bello. Un po' meno per Nathan, che sembrava riuscire a parlare solo per intercessione di Rachel. Provò a presentarlo ad alcuni dei suoi amici. Sperava davvero di poterlo aiutare ad inserirsi in quel nuovo ambiente. Non conosceva ancora bene Nathan, ma aveva capito una cosa fondamentale: aveva una famiglia davvero incasinata. Doveva averne passate tantissime, molte più di quanto dicesse.
La colazione in Caffetteria fu l'occasione per rivangare qualche bel ricordo estivo e rispondere a milioni di domande sul suo viaggio on the road Oregon-California. In tutto questo, a Rachel non sfuggì di essere osservata.
Voltandosi notò Chloe Price dall'altro lato della stanza.
Per un istante i loro sguardi si incrociarono
Rachel fece finta di nulla, ma quel piccolo episodio le rimase in mente.
 
-
 
“Molto bene!” disse Keaton “Sono molto felice che l’anno sia ricominciato e spero abbiate trovato stimolante questo esperimento!”
Dalla sua posizione classica nell’area palco, il professore osservava un’aula molto più piena del solito. Infatti, erano due le classi presenti quel giorno, sia matricole che ragazzi del secondo anno. La lezione era stata pressoché identica alla prima dell’anno precedente, con esercizi introduttivi e il gioco di “Chi mente meglio vince”. Solo che questa volta i nuovi studenti avevano lavorato fianco a fianco con ragazzi più esperti di un anno. Rachel e Nathan avevano lavorato insieme quasi tutto il tempo e lei aveva messo tutta sé stessa nel tentativo di farlo sciogliere un po’. Con scarso successo.
Durante il gioco del mentire, Nathan si era bloccato. Era rimasto paralizzato sulla sedia, davanti a tutti, in silenzio. Annichilito. Rachel si era sentita male per lui e aveva odiato le risatine di qualcuno nell’aula. Tipo Marisa… Keaton aveva tentato di metterlo a suo agio, ma alla fine si era arreso.
“Per le matricole, spero che siate tutti adeguatamente storditi! Il teatro non è per niente facile, ma tutti possono ottenere dei risultati in esso. Bisogna avere pazienza…” fece una pausa e guardò verso Nathan, il cui sguardo era perso da qualche parte nel pavimento “…secondo la mia esperienza, coloro che hanno le resistenze più forti all’inizio, poi dimostrano il talento maggiore!”
Rachel si voltò verso il ragazzo e gli diede una gomitata. L’intento era di sottolineare l’incoraggiamento di Keaton, palesemente rivolto a lui. Nathan le restituì uno sguardo pieno di vergogna e tornò a fissare il pavimento, nella sua posizione gobba.
Rachel non sapeva cosa provasse per lui in quel momento. Pietà? Tristezza? Curiosità?
Non era solo timidezza quella. Era terrore.
Ma di che cosa?
“Spero che i miei studenti del secondo anno vi abbiano aiutati a dovere. Non è un caso che abbia unito le due classi ed eccomi giungere al punto…” Keaton fece alcuni passi sul ‘palco’ sottolineando con la consueta gestualità ogni parola, perfettamente cadenzata “…il tema di quest’anno sarà una delle opere minori del Bardo. Con la professoressa Hoida e il professor Cole ci siamo accordati per un progetto ambizioso. Come sapete, ogni anno le mie classi mettono in scena delle piece teatrali, a volte dei veri e propri spettacoli. Quest’anno sono stati stanziati dei fondi molto generosi per il comparto delle materie artistiche, così la Blackwell ospiterà la sua prima produzione teatrale completamente autonoma!”
Il gruppo di studenti ancora non sembrava cogliere la portata dell’informazione. Nathan sollevò la testa quando Keaton accennò alle donazioni. Evidentemente ne sapeva qualcosa, pensò Rachel.
Sean Prescott colpisce ancora.
“Le due classi qui presenti avranno l’onore di dare vita a questo ambizioso progetto!” annunciò infine Keaton, scatenando esattamente il brusio concitato che si aspettava. Rachel aveva imparato a conoscere il suo professore preferito, notava perfettamente come Keaton impostasse le sue lezioni come delle performance e come godesse nell’ottenere dagli studenti esattamente le reazioni che si aspettava. Rachel aveva tentato fin dall’inizio di coglierlo in fallo, di sorprenderlo, ma sembrava impossibile!
E comunque…
Recitare in una commedia di Shakespeare?!
Lei??
Sentì il cuore accelerare, lo stomaco formicolare felicemente e sorrise così tanto da avere i crampi alle guance.
“Quale commedia??” chiese istintivamente, ponendo fine al brusio senza volerlo e attirandosi addosso lo sguardo di tutti, soprattutto quello irritato di Marisa.
“Hah! Miss Amber! Sospettavo che me l’avresti chiesto per prima!” Keaton la guardò in modo furbo e le ammiccò “Realizzeremo La Tempesta. Si tratta di una commedia piuttosto semplice, non uno di più grandi capolavori di Shakespeare, ma è ottima per un lavoro di gruppo. Ogni settimana del primo semestre le due classi lavoreranno insieme in questo giorno, le altre lezioni della settimana le faremo divise. Inoltre, alcune lezioni di Letteratura con la prof Hoida saranno dedicate specificamente alla Tempesta di Shakespeare, mentre con il prof. Cole affronterete più in dettaglio la progettazione e realizzazione tecnica delle scenografie. Miss Gingrich ne sa qualcosa!”
Steph si trovò per alcuni istanti al centro dell’attenzione, vistosamente imbarazzata.
“Domande?” chiese Keaton.
Diverse mani si alzarono, tra cui una che Rachel avrebbe tagliato.
“Miss Rogers?”
“Non crede che sia un po’… prematuro?” Marisa sembrava piuttosto titubante.
“No!” rispose Keaton senza perdere il suo sorriso indecifrabile.
“Ma… verremo valutati per questo?” aggiunse Marisa.
“Ogni studente verrà valutato a seconda delle sue prestazioni durante tutto l’anno e nel test finale, che riguarderà il suo ruolo nella Tempesta, qualunque esso sia. Esattamente come l’anno scorso Miss Rogers. Sei preoccupata?”
“No! Intendevo che forse per delle matricole potrebbe essere troppo no? Non sono stati tutti in grado di fare l’esercizio del mentire…” mentre parlava non distolse lo sguardo dal professore, ma Nathan si sentì comunque osservato.
“Che problemi hai Marisa?” sbottò Rachel.
Calò il silenzio.
“Scusami?” Marisa si voltò verso di lei facendo ondeggiare il caschetto moro.
“Hai capito bene… l’anno scorso neanche tu eri un granché, eppure sei migliorata. Perché devi giudicare qualcuno che lo fa per la prima volta?” Rachel cercò di tenersi calma, ma sentiva già il sangue migrarle al viso. Nathan fissò su di lei uno sguardo incredulo.
“Io almeno ho parlato la prima volta. Oggi qualcuno non è riuscito nemmeno a rispondere alle domande…”
“Quanto puoi essere…” Rachel stava per partire alla carica, ma Keaton alzò una mano e schioccò ripetutamente le dita catturando l’attenzione di tutti.
“Miss Rogers. Miss Amber.” Il suo tono pacato e saldo fu come una secchiata d’acqua su un falò “Non vi ho insegnato nulla? Nel teatro prendiamo le nostre emozioni e diamo loro la forma che vogliamo, non il contrario!” il tono era basso ma molto, molto fermo “Ciascuno ha i suoi tempi e le sue inclinazioni. Non importa da dove si parte, importa quanta strada si percorre. Inoltre, l’unico che ha diritto di giudizio sul lavoro degli altri in questa classe sono io, tranne quando specifico TEMPORANEAMENTE in modo diverso. Chiaro?”
“Chiaro…” dissero più o meno all’unisono Marisa e Rachel, senza che i loro sguardi smettessero di lanciarsi saette.
La campanella infine suonò e tutti balzarono in piedi pronti a cambiarsi e dileguarsi alla prossima lezione. Mentre Keaton dava ultime frettolose indicazioni, perfettamente conscio che nessuno o quasi vi avrebbe prestato attenzione, Rachel si voltò verso Nathan.
Sparito.
Lo cercò con lo sguardo, ma trovò invece Marisa.
“Trovo molto dolce che tu difenda il piccolo Prescott…” gli occhi azzurri erano glaciali. Quelle iridi sarebbero state davvero meravigliose se non fossero state piene di livore gratuito.
“E io trovo meschino che tu lo attacchi velatamente davanti a tutti. Ti ha fatto qualcosa di male per caso?” Reagì Rachel, in modo molto controllato.
“No. Ma è una matricola, deve capire come funziona da queste parti, anche se si chiama Prescott. Suo padre probabilmente sarebbe d’accordo con me!” sibilò Marisa.
“Devono averti trattata davvero male da piccola…” commentò Rachel guardando Marisa con pietà.
“Forse ti avevo giudicata male Amber. Del resto avrei dovuto capire che qualcosa non andava, tutte quelle magliette di band di merda… non sai neanche cos’è la vera musica!”
“Pfff… disse quella convinta che Paganini sia una catena di ristoranti italiani…” Sghignazzò Rachel, indecisa se provare pena o fastidio.
“Uno a zero per me…” gongolò Marisa.
“Se così ti piace…” Rachel le sorrise e le fece cenno di andare.
E Marisa obbedì, ritirandosi impettita.
“Ma che cazzo…” disse Steph raggiungendo il fianco di Rachel “E’ stata crudele…”
“La solita MariSuck Rogers… hai visto che fine ha fatto Nathan per caso?”
“Si, è schizzato dietro il separé dei maschi appena è suonata la campana.” Indicò l’ampio fondale nero in fondo all’aula dietro il quale si cambiavano i maschi, dal lato opposto rispetto alla stanza dei camerini riservata alle ragazze “Siete amici?” aggiunse.
“L’idea è quella.” lo sguardo di Rachel era pieno di preoccupazione.
“Gli passerà. Il teatro è difficile, non so come facciate tu e gli altri! Io mi trovo molto più a mio agio dietro le quinte!” Steph tentò di alleggerire e Rachel la assecondò.
“Lo so! Potrei dire che sei la migliore, ma sarebbe conflitto di interessi visto che hai curato il mio monologo dell’anno scorso!”
“Pfft… Sono la costumista e scenografa personale della prima della classe, quindi sono la migliore anch’io. Per osmosi!”
“Mi sembra sensato!” ridacchiò Rachel.
“Ehm…” le due ragazze si voltarono, incontrando lo sguardo filtrato dal paio di lenti rotonde di Kelly. La ragazza aveva i capelli castani raccolti in una crocchia, una frangetta curata e una maglietta verde pastello con disegnata Evinrude, la libellula di Bianca e Bernie.
“Mi dispiace…” continuò Kelly “Marisa fa la stronza a volte.” l’imbarazzo sul suo viso era evidente.
“Si lo fa…” confermò Steph.
“Beh… lei… non sempre lo fa apposta. Avrei voluto parlare con Nathan ma è corso via…” continuò Kelly prendendo un po’ di coraggio.
“È andato a cambiarsi” disse Rachel “Quello di Marisa è stato un colpo basso, ma a scuola ci si fa l’abitudine. Tu ed io lo sappiamo no?” sorrise alla ragazza, con cui aveva condiviso qualche pigiama party e dei pomeriggi di shopping insieme a Sarah e Marisa. I loro discorsi erano sempre stati molto superficiali e comunque, Kelly non era mai venuta a parlarle in assenza di Marisa. Prima di quel momento.
“Non trovi fantastico il progetto di quest’anno?” Kelly cambiò di colpo argomento e il suo tono si alzò di due tacche, riempiendosi di gioia.
Steph la fissò con curiosità, inarcò un sopracciglio e sorrise lanciando uno sguardo a Rachel.
“Totalmente spettacolare! Io AMO Shakespeare! Ho la sua opera completa e l’ho letta tutta! È dall’anno scorso che speravo di recitarne una un giorno… ed ecco fatto!”
“Già… Keaton è un grande. Chissà che ruoli avremo!” continuò Kelly.
“Non ce ne sono molti nella Tempesta in effetti! Prevedo un bagno di sangue…” commentò Steph.
“Conosci La Tempesta?” Rachel la guardò con ammirazione.
“Beh… sì! Ti stupisce?”
“Non ti facevo un’amante di Shakespeare.” Rachel si salvò in corner.
“Se ami il fantasy ami Shakespeare, almeno un pochino. Macbeth... Sogno di una notte di mezz’estate… e la Tempesta per esempio!” spiegò Steph ostentando la sua preparazione con una punta di spocchia intenzionale.
“Sono colpita!” ammise Rachel.
“Anch’io adoro Sogno di una Notte di Mezz’estate!” esclamò Kelly “Le atmosfere fantastiche sono le mie preferite!”
“Allora in te c’è una nerd latente!” commentò Steph.
“Non saprei…” disse la ragazza sistemandosi gli occhiali tondi.
“E’ un lungo e faticoso percorso… non tutti ce la fanno!” scherzò Steph. Le tre ragazze scoppiarono a ridere.
“Kelly?” la voce di Marisa colse la ragazza alla sprovvista, che parve gelarsi sul posto. Svestita la tuta griffata per la lezione di Keaton, la ragazza era tornata nel suo dolcevita bianco, con gonna nera, collant scuri e un paio di scarponcini di Chanel.
“Si?”
“Che combini? Non ti sei ancora cambiata!”
“Beh… c’era un sacco di gente. Aspettavo si liberasse un po’ di posto…” si giustificò mestamente Kelly, con imbarazzato stupore di Rachel e Steph.
“Uffh… io devo andare ad Algebra ora. Non posso aspettarti.” E si incamminò senza voltarsi. Lo sguardo di Kelly era tra lo stupito e il deluso. Poi un lampo di risolutezza la attraversò e fece spallucce.
“Beh, mi andrò a cambiare… ci vediamo più tardi!” disse Kelly prima di incamminarsi verso i camerini.
Anche Steph la seguì di lì a poco e Rachel rimase sola. Voleva parlare con Nathan, che ancora non si era fatto vedere. I ragazzi si cambiavano rumorosamente. Erano usciti quasi tutti, ma di Nathan nemmeno l’ombra. E Rachel era stata attenta.
“Miss Amber? Non hai lezione?” chiese Keaton mentre radunava le ultime cose dalla cattedra, vedendola ancora lì mentre gli studenti a poco a poco lasciavano l’aula.
“Si, ma ho ancora tempo…”
Fu allora che Nathan emerse da dietro il separé. Capo chino, zaino in spalla, vestiti messi disordinatamente, schiena curva in basso come il suo viso. Ad ampie falcate la superò senza nemmeno guardarla.
“Nate?” lo chiamò lei stupita.
La risposta fu una specie di ringhio
“Aspetta!” ma lui accelerò ed in pochi attimi fu fuori dalla porta. Rachel rimase lì a fissare l’uscio, confusa. Keaton le si affiancò.
“Ragazzo singolare.” Commentò il professore.
“Si!” convenne lei.
“Non angustiarti Miss Amber. Ognuno ha i suoi demoni. Il teatro offre l’occasione di affrontarli e sottometterli. Un po’ come fa Prospero nella Tempesta.”
“Ma Prospero è un mago e sa come fare. Lui no…” commentò Rachel.
“Vero. Ma è anche vero che né tu né io possiamo combattere i demoni di qualcun altro. Possiamo essere di supporto, ma prima o poi ciascuno deve affrontarli da solo.”
Rachel si voltò constatando che il tono grave di Keaton si rifletteva sul suo volto, incredibilmente serio e intenso. Benché fosse un uomo avvezzo alla teatralità in ogni cosa, questa volta non c’erano filtri.
“Ora ti conviene davvero cambiarti, o farai tardi a lezione. Se così dovesse accadere inventati una buona scusa, ma senza tirarmi in mezzo!” Keaton le ammiccò mentre si dirigeva verso la porta.
“Va bene…” sorrise Rachel.
 
-
 
Rachel
  • Nate
  • Nathan?
  • Stai bene?
 
Nessuna risposta. Passarono il resto della mattinata, il pranzo in Caffetteria e parte del pomeriggio.
Niente.
Infine, durante Letteratura del XX secolo, il suo cellulare vibrò.
Nathan
  • Allenamenti football
 
Rachel tirò un sospiro di sollievo e una parte di lei si rilassò. Non sapeva di preciso perché, ma era preoccupata. Si sentiva responsabile per aver convinto Nathan a frequentare il Drama Club e vedere Marisa punzecchiarlo…
Si, la faceva sentire in colpa.
E voleva rimediare.
Al termine della lezione, l’ultima della giornata, Rachel fece rotta per il campo dei Bigfoot, dall’altro lato della strada rispetto alla Blackwell. L’allenamento si protraeva sempre oltre le lezioni per un’ora circa, cosa che aveva imparato l’anno precedente frequentando Drew North durante le uscite con Armond e gli altri della cricca. Aveva anche assistito a diverse partite insieme al suo ex. Si sistemò sugli spalti, mentre i Bigfoot si stavano ancora allenando sul campo e le matricole sulla pista di atletica venivano schiacciate dalla preparazione atletica del coach Edwards, come di consueto. Rachel individuò Drew sul campo, ma lui non la notò, concentrato com’era. Infine, vide anche Nathan. Non fu così difficile, bastò ascoltare le urla di Edwards:
“Cristo Prescott! Sei già spompato?! Non farmi incazzare, vedi di muovere quel culo secco o ti ammazzo di piegamenti e squat!”
Nathan arrancava sulla pista di atletica, il Coach lo pungolava come si fa con un bue da soma, mentre le altre matricole lo doppiavano. Le mani di Rachel raggiunsero istintivamente i suoi capelli in un moto di disperazione. Osservò Nathan dare fondo a ogni sua energia, in un lago di sudore. Notò alcuni dei Bigfoot sul campo controllare le matricole e lanciare loro grida di scherno. Ovviamente, quello più in difficoltà aveva diritto a un carico maggiore di prese per il culo.
Rachel osservò quello spettacolo spiacevole fino alla fine, finché Coach Edwards non mandò tutti sotto la doccia.
 
Rachel
  • Sono sulle gradinate.
  • Appena ti sei cambiato mi trovi lì.
 
Inviò i messaggi, sperando che Nathan li notasse. Li avrebbe mandati prima, ma non lo fece per due motivi. Sapeva che comunque Nathan non li avrebbe letti prima della fine degli allenamenti, ma soprattutto non voleva fargli capire di aver assistito anche a quelle umiliazioni. Nathan era molto, molto suscettibile e permaloso. Dopo il Drama Club non voleva aggiungere altra benzina sul fuoco della sua già scarsa autostima.
 
“Hey…” Dopo un po’, la voce di Nathan distolse Rachel dalle sue faccende. Nell’attesa aveva iniziato a portarsi avanti con i compiti. Era rimasta solo lei sugli spalti, a parte alcune groopies dei Bigfoot.
Rachel alzò lo sguardo e chiuse il compendio di Letteratura. Il viso di Nathan era cupo e ora anche stremato dalla fatica. Gli sorrise con tutto il calore di cui disponeva e gli fece cenno di sedersi accanto a lei, battendo con la mano. Lui obbedì, depositando pesantemente il borsone e di fatto sbattendo il culo sulla gradinata. Emise alcuni soffocati lamenti.
“Ti hanno massacrato vedo!” commentò allegramente Rachel.
“Già…” fu la risposta svogliata.
“Uffh… Nathan…” sbuffò lei, un po’ stanca di quell’atteggiamento “…è stata una giornata terribile vero?”
“Beh… direi di si! Me l’aspettavo del resto.” Commentò lui amaramente.
“Ti va di parlarne?” propose Rachel.
“In parte c’eri, quindi che c’è da dire?” disse lui con fare scontroso.
“Qualunque cosa tu abbia dentro… sempre se ne hai voglia.” Rachel era sul limite. Stava già valutando di alzarsi e andarsene. Voleva essergli amica, ma se il suo aiuto non era gradito aveva posti più comodi e attività più produttive da svolgere che non restare li a…
“Mi dispiace…” disse Nathan. D’improvviso ogni aggressività era svanita dalla sua voce, lasciando il posto al pentimento.
“Di cosa?”
“Di… averti piantata al Drama Club e di non averti risposto…” sembrava un bambino in punizione.
“Accetto le scuse, ma non è quello che intendevo quando ho chiesto se volevi parlare. Che problema c’è Nate?”
“Problema? Uno solo? Beh… il mio cognome per esempio. Te l’avevo detto!”
“Posso capire.” Ammise un po’ amaramente Rachel.
“Tu? Capire??” il tono di Nathan tornò aggressivo, fin troppo. Si alzò in piedi torreggiando su Rachel che lo fissò stupita “Tu sei Miss Perfettina Amber, piaci a tutti cazzo. Si, guarda mi è bastato un giorno in questa scuola per sapere come ti vedono… io sono Nathan Prescott, tutti odiano i Prescott. A parte il Preside, ma solo perché mio padre lo copre di soldi. Fanculo…” cominciò a ciondolare avanti e indietro come un leone in gabbia.
Rachel rimase a fissarlo, sopraffatta dal suo sfogo. Del resto, lei gli aveva chiesto di aprirsi.
“Sembra che tu sia il primo a odiare ‘i Prescott’…” commentò Rachel senza muoversi dalla sua posizione.
Nathan si fermò e la fissò in silenzio.
“Mi sbaglio?” insistette Rachel.
“La domanda è perché tu invece no? Perché tu sei qui a parlarmi eh? Perché mi stai intorno??” la incalzò Nathan.
“Inizio a chiedermelo anch’io!” replicò Rachel. Quella risposta sembrò colpire Nathan, la cui espressione passò di nuovo dall’aggressività al rimorso in una frazione di secondo “Forse sono solo preoccupata per te. È questo che fanno gli amici no? Si preoccupano gli uni degli altri.”
“Siamo amici?” chiese Nathan con un tono di sorpresa vagamente fuori luogo.
“Sei serio?” i neuroni di Rachel iniziavano a fare corto circuito “Ci messaggiamo e usciamo da quasi un anno. Che cazzo di domanda è? Certo che lo siamo, o almeno io sto cercando di esserlo per te. Mentre tu fai di tutto per farmi cambiare idea.” Rachel si sentiva in una posizione incredibilmente sgradevole. Quasi materna. Era l’ultimo ruolo che voleva ricoprire, specialmente con Nathan. Eppure non riusciva a schiodarsi da lì. Non riusciva a lasciare la presa su quel ragazzo. Quegli occhi azzurri, così chiari che in superficie avevano uno scudo di ostilità. Rachel riusciva a vedere oltre, un distante, soffocato, grido d’aiuto. Benché una gran parte di lei volesse semplicemente lasciarlo alla sua autocommiserazione, una parte più grande o semplicemente più forte voleva restare. Voleva rispondere a quel grido disperato.
“Io sono tua amica se vuoi. E puoi parlarmi di quello che senti o che pensi. Se non vuoi farlo me ne farò una ragione, ma se sei così convinto che gli altri ce l’abbiano con te non dovresti sputare sull’unica mano che ti viene tesa…” ancora quel tono materno. Cazzo, Rachel si sentiva completamente posseduta da quel ruolo evocato dall’atteggiamento di Nathan.
Il ragazzo si sedette accanto a lei. Finalmente, parve calmarsi.
“Scusami… sono un coglione…” commentò amaramente lui.
“Quando fai così si! Di solito invece sei un’ottima compagnia.”
“Grazie…” disse lui come se non ci credesse davvero.
Rachel iniziava a sentirsi stanca. Questa interazione prolungata la stava svuotando. Eppure, non poteva ancora lasciarlo.
“Cosa intendevi quando hai detto che mi capisci?” chiese Nathan, il cui tono finalmente sembrava tranquillo.
“Mio padre…” esordì Rachel “Lui… diciamo che l’anno scorso si è comportato in modo molto fastidioso. Da anni in realtà. Mi dice chi devo frequentare, come mi devo comportare. Non lo fa direttamente, ovvio. Offre solo la sua ‘opinione’. Ci tiene a farmi sapere cosa sarebbe una buona idea oppure no. Riguardo a Miss Perfettina Amber… è una sua creazione! Indiretta ovvio. Lui ha solo dovuto rilasciare qualche intervista in cui mi dipingeva come una specie di santa e puff! Ecco fatto! Piano piano mi ha costruito un’immagine pubblica che per qualche motivo ora devo difendere.” Rachel scrollò le spalle. Era la prima volta che diceva queste cose ad alta voce. Era la prima volta che le ammetteva con qualcun altro. Per un momento provò una specie di vertigine.
Come se si fosse rotto un sigillo dentro di lei.
Aveva la completa attenzione di Nathan.
“Quindi…” cercò di recuperare le redini della sua lingua “… posso capire cosa intendi quando parli del peso del proprio cognome.”
“Si.” Disse Nathan “Sembra di sentir parlare di mio padre… soprattutto la parte del farmi sempre sapere cosa ritiene sia meglio per me. Solo che a differenza del tuo, lui mi ordina direttamente le cose e non posso protestare, né esprimere nessuna opinione. Io sono un Prescott, il mio destino è segnato. Lui vuole che lavori alla Fondazione, praticamente il mio futuro è già scritto. Non posso scegliere niente… non posso ribellarmi…” finalmente anche Nathan si aprì “Lui è… un tale stronzo…. Merda quanto lo odio! A volte penso che non gliene freghi un cazzo di me, che mi veda solo come parte del suo business…”
Quell’affermazione in qualche motivo pungolò ferocemente il cuore di Rachel. Colpì un po’ troppo vicino a casa.
“Sono sicura che non è così…” dovette dire. Non poteva lasciare che quell’affermazione passasse liscia.
“Perché?” la domanda di Nathan stavolta era priva di ostilità. Sperava davvero che gli facesse cambiare quella fastidiosa idea.
“Io ricordo un tempo in cui mio padre era diverso.” Disse Rachel “Un tempo in cui il lavoro gli dava meno pressioni. Lui mi voleva bene allora e so che me ne vuole anche adesso. Io lo so, farebbe qualsiasi cosa per me. Ogni tanto, quando è più tranquillo rivedo il papà che ricordo.” Il cuore le batteva forte, gli occhi umidi erano persi in un vuoto malinconico.
Si scostò i capelli dietro l’orecchio destro, sfiorando l’orecchino blu.
Nathan distolse lo sguardo: “Io non ricordo quella versione di mio padre. Non credo ci sia…”
Rachel gli sorrise e gli appoggiò una mano sulla spalla: “Certo che c’è. Solo che in certe persone quel lato è sepolto in profondità.”
“Moooolto in profondità!” sogghignò Nathan.
Rachel sospirò di sollievo.
Era uscito dalla palude!
Forse…
“Finalmente sorridi!” commentò Rachel “Missione compiuta!”
I due ridacchiarono sommessamente.
“Sarà meglio che torniamo a casa entrambi…” disse lui alzandosi faticosamente “Merda… le gambe…” Di colpo tutta l’adrenalina l’aveva abbandonato, lasciando spazio ai dolori post-allenamento. Raccolse con gesti lenti e goffi il borsone e se lo mise a tracolla.
“Come torni?” chiese Rachel.
“Limousine!” commentò lui.
“Pfft… idiota! Potevamo farci un pezzo di strada insieme. Io abito più lontano di te, ma almeno per metà strada avrei compagnia!”
“Se fossi davvero mia amica non mi chiederesti di camminare in questo momento…” commentò amaramente Nathan, ma sorrideva.
“Eeeee ok! Stai diventando melodrammatico comunque.”
Intanto Nathan si era messo a digitare qualcosa sul cellulare: “Ti accompagno io se vuoi.”
“Eh?” Rachel non capì.
“Tra poco mi passano a prendere, ti do un passaggio.”
Rachel sgranò gli occhi: “Sta arrivando davvero una limousine?”
“No. Un’Audi…”
Rachel si diede una manata sulla fronte e scoppiò a ridere: “Ok ok! Accetto il passaggio!”
 
*************************
 
"Mi mancherà Steve..." disse Trevor tra un tiro di sigaretta e l'altro.
"Anche a me... i suoi gamberoni spaccavano!" aggiunse Justin, che invece era alle prese con una Lager. Chloe passeggiava al loro fianco, lungo la spiaggia, mentre il sole calava pigramente verso l'orizzonte oceanico alla loro destra. Avrebbero preferito camminare sull'asfalto, così che le loro scarpe non si riempissero di sabbia, ma c'erano ancora troppa luce e troppe persone che avrebbero potuto notare i tre minorenni alle prese con alcolici e tabacco.
"Ieri ci sono passato davanti..." continuò malinconicamente Justin "...c'erano degli operai e una ruspa, l'insegna l'avevano già tolta. Mi sa che lo stanno demolendo..."
"Un'altro pezzo di Arcadia Bay che se ne va..." commentò Chloe, anche lei con in pugno una birra.
"Già..." annuì Trevor concludendo la sigaretta con un ultimo abbondante tiro. Si chinò a spegnere il mozzicone nella sabbia e, quando fu certo che fosse spento, se lo infilò nella tasca dei jeans, a far compagnia agli altri cinque. Da un anno ormai Trevor era entrato nel trip dell'ambientalismo. Non andava in cerca di proseliti, non era il tipo, ma era diventato molto fiscale sulla questione dei rifiuti e del riciclaggio!
"Sembra che tra non molto saluteremo anche il porto..." aggiunse Trevor mentre rovistava nel suo zaino in cerca di un pacchetto di Nachos.
"Cioè?" chiese Chloe.
"Mio padre e mia madre discutono spesso ultimamente. Cercano di essere discreti, ma ci sento bene... sono preoccupati perché l'Arcadia Bay Marine ha problemi economici e forse farà dei tagli al personale. Sono preoccupati che mio padre perda il lavoro... fortunatamente ho una borsa di studio per la Blackwell altrimenti mi dovrebbero ritirare..."
"Sarebbe un vero peccato!" commentò Chloe, sorridendo come contrappunto al tono affranto di Trevor.
"Pffh... ci sono persone che vogliono diplomarsi sai?" sorrise Trevor, lasciandosi estrarre dal tunnel ombroso in cui stava entrando.
"L'istruzione superiore è sopravvalutata..." commentò Chloe prendendo un sorso di birra.
"Ma tu non eri una specie di bimba prodigio?" replicò Trevor.
"Sono ancora un prodigio! I più grandi geni andavano di merda a scuola!"
"Si ma..." si intromise perplesso Justin "...cosa c'entra questo con quello che diceva Trev?"
"Niente... ma la serata è appena iniziata e sta già andando verso la sbornia triste. Non è per questo che esco con voi!" disse Chloe.
"Non è che ti si veda molto di questi tempi!" commentò Justin.
"Eh..." Chloe fece spallucce "Sono una donna molto impegnata!"
Trevor sghignazzò e Justin scrollò a sua volta le spalle.
"Cooooomunque..." proseguì Chloe "...che ne dite di trovare un posto tranquillo e passare alla parte divertente della serata?" diede una gomitata a Justin.
Lui si voltò a fissarla, senza capire.
Chloe alzò gli occhi al cielo.
"Cosa?" chiese Justin voltandosi verso Trevor in cerca di aiuto.
"Rollane una bro!" ordinò l'amico sogghignante.
"Aaaaah... ok ok... si si ce l'ho! Però prima troviamo un posto. Non lo faccio mentre cammino." disse Justin.
Mentre l’ultimo bagliore solare svaniva oltre l'oceano, i tre fecero dietrofront.
Decisero di onorare il Pacific Steve's Famous Crab per l'ultima volta, così lo raggiunsero. Ne era rimasto molto poco ormai. Solo la struttura principale dell'edificio era ancora in piedi. Il piazzale circondato dalle ringhiere di metallo era stato smantellato e l'intera zona era recintata con dei nastri segnaletici. Un cartello vietava l'ingresso.
"Comunque è triste..." commentò Justin.
I tre erano in spiaggia, osservavano il cantiere dal basso. Fino a due settimane prima sarebbe stato possibile raggiungerlo con una rampa di scale che lo collegava direttamente alla spiaggia. Chloe poteva ricordare molti pomeriggi estivi a giocare in riva al mare, alternando merende a base di gamberi e fritti. Quando il mondo era un posto felice…
Ricordi simili attraversarono la mente degli altri due ragazzi. Il cambiamento si manifesta in tutta la sua concretezza quando le fonti dei ricordi d'infanzia spariscono uno ad uno. Luoghi famigliari che diventano estranei, panorami noti che diventano alieni...
"Penso che dovremmo fare un brindisi!" annunciò Trev.
Chloe e Justin furono d'accordo.
“Porgiamo il nostro omaggio al buon vecchio Steve… possa riposare in pace con i suoi famosi granchi!” disse solennemente Trevor.
“Amen fratello!” rispose Justin
"Lo sai che Steve non è morto vero?" chiese Chloe.
"Si ok, ma è il gesto che conta!" spiegò Trev.
“Si cioè… il rispetto per un uomo e il suo locale che ha chiuso!” argomentò Justin.
“Non ha un cazzo di senso ma ok!” sghignazzò Chloe.
I tre alzarono le bottiglie al cielo, versarono un po' di birra sulla sabbia per poi prendere una lunga sorsata.
"E adesso Justin... fa il tuo lavoro!" incalzò Chloe mentre i tre si sistemavano su un gradino di cemento ai piedi del muro in cima al quale si trovava la banchina del lungo mare.
Justin si rimise all'opera con cartine, tabacco e moffo, con Chloe e Trev al suo fianco.
"Chloe... volevo chiederti una cosa..." esordì Trevor.
Lei inarcò un sopracciglio sospettosa.
"Trevor, sei un buon amico, ma non mi piaci in quel modo..."
"Cogliona! Non è quello!" sghignazzò lui.
"Mettevo le mani avanti!" spiegò lei unendosi alle risate.
"Voglio dire... ho sentito una voce su di te..."
"Solo una?"
"No in realtà diverse... tipo che spacci... ma quella so che non è vero altrimenti non scroccheresti sempre a me e Just!" affondò Trevor.
"Ouch! Questo sì che fa male!" ridacchiò Chloe "Scommetto che l'ha detto Marisa..."
"Hai vinto!" Trevor alzò le braccia.
"Dice anche che fai pompini nel cesso della Blackwell e ti fai pagare in droga..." aggiunse Justin mentre finiva di arrotolare la cartina.
"Ha senso..." commentò Chloe "...con i pompini mi procuro la roba e poi la rivendo nel campus! Tutto torna!"
I tre risero.
"Non te ne frega davvero un cazzo che dica queste cose di te?" chiese Trevor.
Chloe fece spallucce.
"Sinceramente... no! Fanculo lei e il suo morbido culetto foderato Gucci o quel cazzo che è... almeno ha smesso di rompermi le palle."
"Comunque non c'è niente di vero..." disse Justin, oscillando fra la domanda e l'affermazione.
"Hai dubbi Just? Nel caso vorresti che te lo succhiassi?"
Justin si bloccò, le sue guance cambiarono colore visibilmente anche nella luce dei lampioni, ormai quasi l'unica fonte di luce. "No! Certo che no!" si affrettò lui.
"Ah ho capito... ti faccio schifo. Sarebbe come farselo leccare da Trevor immagino..." disse lei simulando delusione. Justin ci franò dentro.
"No! Cioè io... intendevo che non ci credo... cioè se tu me lo vol... cioè... sei carina.. io..." Justin iniziava a confondersi.
"Finisci quello che stavi facendo amico!" gli disse Trevor tentando di non soffocare dal ridere.
"Dai cazzo... non mi prendete per il culo!" si lamentò Justin mentre i due ancora si sganasciavano "Ho già preso una D in Algebra... non ci capisco un cazzo con sta matematica di merda. Se continua così dovrò farmi dare ripetizioni..." disse dando la leccata finale alla cartina, sigillando così la canna.
"Scusa, ma è divertente sfotterti! Comunque ti capisco, anch'io odio la matematica..." disse Chloe ricomponendosi a fatica.
"Ricordo qualcosa del genere... Però in terza media sei uscita con una A anche in quello Miss Prodigio!" disse Justin estraendo l'accendino e sistemando la canna tra le labbra.
"Non vuol dire che mi piacesse..."
Zic! Zic!
Il suono dell'accendino, la fiamma che scaturiva da esso e il caldo, intimo suono di carta e tabacco che bruciano. L'aroma muschiato che si sollevava nell'aria fredda della sera. Tutto questo ebbe l'effetto di rilassare Chloe quasi istantaneamente. Vedere Justin che prendeva il primo tiro la riempì di aspettativa. Era per quello che era lì.
La socialità con Trevor e Justin era solo il prezzo che doveva pagare per poter ottenere il suo scopo. Stordimento, oblio. In parte si sentiva orribile per questo, i due skater erano suoi amici. Giusto? O forse no. Poteva ancora definire qualcuno 'amico'? O voleva farlo?
No che non voleva. Voleva solo spegnersi. Smettere di sentire. A volte anche di esistere...
I giorni si erano inoltrati nel cuore di Settembre e lei, giorno dopo giorno, faceva una spunta mentale. Ogni volta che guardava il calendario appeso in cucina. Quando le capitava di leggere la data sul suo cellulare.
Spunta.
Un altro giorno.
Un giorno in meno.
Non poteva fare a meno di percepire quel conto alla rovescia inesorabile.
Mancavano esattamente otto giorni...
 
Finalmente la canna finì tra le sue dita e poi stretta fra le sue labbra.
Il fumo bollente le graffiò la gola, quel dolore cui si era abituata e che ora trovava dolce.
Le tossine le permeavano le vie respiratorie, occupando i suoi polmoni per poi risalire di colpo fino al suo cervello.
Ed eccola lì.
La leggerezza.
La testa che si svuota, riempiendosi di qualcosa di simile all'elio.
I muscoli si rilassano e gli angoli della bocca si sollevano, vincendo la gravità come se di colpo le guance non avessero peso.
Un sorriso ebete le apparve in viso, mentre otteneva ciò che desiderava.
Vuoto.
Nulla.
La mescolanza con la birra velocizzò l'effetto.
"Comunque..." disse lei passando la canna a Trevor "Mi dovevi chiedere qualcosa?"
"Ah si..." disse lui accettando l'offerta e prendendo un lungo tiro "...però è solo curiosità. Non prendertela o altro..."
"Coso! Chiedi! Che è tutta sta prudenza??" sghignazzò Chloe.
"Ok ok... ho sentito che quest'estate sei scappata di casa..."
Lei tornò di colpo seria. Di colpo volle alzarsi e andarsene. O strappargli la canna di mano e prendere un altro lunghissimo tiro. Invece si tappò la bocca con un sorso di birra.
"Davvero??" chiese Justin recuperando la canna da Trevor "Cazzo Chloe! Quanto sei cazzuta?!"
Lei non rispose.
"Scusa... non sono cazzi miei..." disse Trevor.
"Chi te l'ha detto?" chiese lei... di colpo tutto il suo menefreghismo vacillò e si sgretolò.
Certo, era logico che una notizia del genere potesse circolare, soprattutto in una città microbica come Arcadia Bay. Ed era proprio questo uno dei motivi per cui Chloe la odiava... chiunque poteva sapere i cazzi tuoi o interessarsene. Chloe aveva lavorato così duramente, per chiudere fuori gli altri, per escluderli dalla sua vita, la cui merda doveva affrontare da sola. Quando quella merda sfuggiva e diventava di dominio pubblico, però, era spiacevole. Gli altri non dovevano sapere quanto fosse incasinata. Non dovevano!
Se lo sapeva Trevor, chi altri poteva averlo scoperto?
"Ero al Two Whales e ho sentito l'agente Berry che parlava con tua madre..." disse Trev abbassando lo sguardo.
"Fanculo agente Berry... e fanculo mia madre..." bofonchiò Chloe.
"Scusa non te lo dovevo chiedere." concluse Trevor "Dimenticatelo..."
"Non ti preoccupare..." disse lei, ringraziando James Dio che la canna fosse tornata fra le sue mani. Prese una lunga boccata di fumo psicotropo "Comunque sì, è vero..."
Non aveva intenzione di proseguire, ma per qualche ragione sentì il bisogno di aggiungere qualcosa: "Odio questa città. Me ne voglio andare di qui..." come se queste parole spiegassero tutto.
"Dopo il liceo andremo tutti via..." commentò Trev.
"Io non credo..." disse Justin "Mi piace qui!"
"Ti piace la merda?" nemmeno l'erba stava sollevando l'umore di Chloe. Fanculo Trevor che non si fa i cazzi suoi!
"No..." rispose Justin vagamente piccato "Arcadia Bay è casa mia. È un posto semplice, tranquillo, ho tutti i miei amici qui... mi conosci, non ho tutti sti progetti per il College o la carriera. Serate come queste, noi tre soli o anche quando ci sono gli altri. Fumare, bere, andare in skate, cazzeggiare... per me è il massimo. Non mi serve altro... e poi guarda..." indicò con un cenno il mare. Le onde scivolavano pigramente, ritmicamente, l'orizzonte ancora illuminato, mentre nel cielo blu apparivano le prime stelle.
"Cosa?" Chiese Chloe.
"Il mare, la spiaggia... il cielo..." elencò Justin come se tutto fosse perfettamente evidente.
"Sei già fatto amico?" chiese Trevor sghignazzando.
"Un po'... ma non è questo il punto!"
"Mi spiace Coso, non siamo sulla stessa pagina in questo." concluse Chloe "Arcadia Bay è un fottuto buco nero..."
Justin bofonchiò irritato qualcosa di incomprensibile e il trio sprofondò in uno scomodo silenzio.
"Beh..." Trevor tentò di rimediare "Avete visto le matricole?" si sforzò di suonare allegro.
"Di sfuggita..." disse Chloe.
"Ci sono alcune tipe piuttosto carine!" Justin parve rianimarsi.
"Vero? Di anno in anno le ragazze maturano più in fretta! Dimostrano almeno due anni in più! Ne ho vista una che ha due tette…" argomentò Trevor con entusiasmo.
"Scusi Agente... non sapevo che fosse minorenne... è che le ragazze ormai maturano così in fretta!!" disse Chloe simulando la voce di Trevor.
"Siamo minorenni anche noi!" precisò lui ridacchiando.
"Si ok... ma perché puntare alle matricole?"
"Non so... hanno quel fascino 'inesperto'..." spiegò Trev
"Si... e noi siamo degli skater ribelli e navigati..." aggiunse Justin.
"E pervertiti!" disse Chloe.
Scoppiarono a ridere.
Senza accorgersene, Chloe scivolò finalmente nel luogo che voleva raggiungere.
Mentre il cranio le formicolava dall'interno in un placido torpore e la fame chimica iniziava a farsi sentire, ottenne la dose di oblio che stava cercando.
 
-
 
Risate.
Risate si mescolavano al fruscio del vento tra i rami.
"Per mille spingarde Long Max! Vuoi farci scoprire?!" sibilò tra i denti Captain Bluebeard dando un colpo di uncino al suo primo ufficiale.
"Perdonate Cap'n! Non avevo visto quel ramo!" si scusò con voce roca Long Max Silver, accucciandosi di nuovo dietro il cespuglio.
"Devi ripassare le strategie di pedinamento vecchia mia! Lascia guidare il tuo capitano e scopriremo perché la Foresta Oscura è così importante per le giubbe rosse!" annunciò Bluebeard, massaggiandosi la folta barba immaginaria.
"Yahrrrr!" replicò Long Max.
Le due piratesse strisciarono fuori dal loro nascondiglio, percorrendo il sottobosco, aggirando gli ostacoli del terreno con ostentata agilità. Cap'n Bluebeard con la lama stretta fra i denti e l'uncino pronto all'azione, Long Max al suo fianco come un'ombra. Raggiunsero una roccia ricoperta di muschio che dava su una radura. Nascoste dietro il masso spiarono oltre.
"Ahoy... guarda Long Max!" Bluebeard le diede una gomitata "I soldati stanno scavando in quel punto. Possiamo noi farci scappare l'occasione di un facile bottino?" i suoi occhi blu come la sua barba brillavano.
"Certo che no! Ma sono in sovrannumero mio Capitano! Possiamo farcela solo noi due senza il resto della ciurma?" chiese con un velo di dubbio Long Max.
"Abbiamo sconfitto da sole bucanieri ben più feroci di quei quattro damerini in rosso! Avanti Primo Ufficiale! Facciamogli vedere di che pasta siamo fatte!"
"Ahrrrrr!!" ringhiò Long Max.
Le due piratesse invasero la radura brandendo le loro sciabole. Le guardie della marina inglese furono colte di sorpresa e quando si accorsero dalla minaccia fu troppo tardi! Molti furono i caduti, alcuni furono lasciati scappare perché raccontassero l'accaduto e diffondessero la leggenda di Captain Bluebeard e Long Max Silver.
Le due piratesse si sedettero contro il tronco secolare di una quercia, riprendendo fiato dopo lo scontro.
"Sei stata incredibile Long Max! Grazie di avermi guardato le spalle!" disse Cap'n Bluebeard lanciando uno sguardo felice alla sua compagna.
"Sempre mio Capitano!"
Di colpo una voce lontana le raggiunse, facendole sobbalzare.
"Max! Chloe! Dove siete?!"
"Cazzo..." sussurrò Chloe "Che ore sono?!" chiese improvvisamente in ansia.
"Ehm..." Max prese il suo cellulare dalla tasca "le... 12.48!!! Merda è tardissimo!"
"Dove siete bucanieri da strapazzo?! Il pranzo è pronto!" gridò William da qualche parte oltre la visuale.
"Max!" Una voce più profonda seguì quella di William.
"Si papà!" rispose immediatamente Max scattando quasi sull'attenti.
"Avevamo detto di non allontanarvi troppo!" la voce era calda, ma ferma.
"Arriviamo Pops!" replicò Chloe che si alzò a sua volta.
Ci fu un momento di silenzio, seguito da alcune risate e commenti fra i due uomini che Max e Chloe non furono in grado di udire. Le ragazze si erano allontanate un po’ più del previsto nel bosco che circondava l'Arcadia Bay Camping, ma non così tanto da essere fuori portata. Era il 4 luglio 2006 e le famiglie Price e Caulfield avevano deciso di festeggiare insieme, con una bella grigliata in mezzo al verde. Ovviamente Max e Chloe erano svanite subito nella macchia, lasciando William e Ryan a occuparsi di braci e bistecche, mentre Joyce e Vanessa apparecchiavano la tavola.
Max e Chloe si diressero con calma verso il loro campo.
"Beh anche i pirati hanno bisogno di riempirsi lo stomaco..." commentò Max "Senti che profumo!"
"Oh si... voglio dire... Yahrrrr!" esclamò Chloe
"Non esci mai dal personaggio?" scherzò Max sghignazzando.
"Magari il mio personaggio è Chloe Price e la mia vera identità è Cap'n Bluebeard!" commentò Chloe con sguardo furbo.
Max la fissò con occhi stretti e indagatori.
"Mi scatti una foto con gli occhi?" chiese Chloe.
Max distolse lo sguardo imbarazzata e fece spallucce. Chloe le diede uno spintone che la fece sbandare qualche passo più in là.
"Hey!" protestò Max.
"Eravamo d'accordo! Uno spintone ogni volta che mostri insicurezza sulla fotografia!" disse Chloe severamente.
"Ma non ho nemmeno la macchina con me adesso..." Max si imbronciò.
"Me l'hai detto tu che i fotografi non hanno bisogno della macchina per scattare. Avanti! Fammi un foto-sguardo!" Chloe assunse una posa fiera e impugnò un'immaginaria bottiglia di Rum.
Chloe portò la bottiglia alla bocca.
 
Prese un lunghissimo sorso di birra, finché si ritrovò a bere aria.
La bottiglia era vuota e non se n'era accorta.
"Fanculo!" la lasciò cadere a terra, continuando a camminare nel bosco ormai quasi totalmente avvolto dall'oscurità. Il sole stava tramontando alle sue spalle, mentre percorreva il sentiero che l'avrebbe condotta all'Arcadia Bay Camping. Aveva una meta precisa in quel giorno di merda che stava vivendo e che, fortunatamente, volgeva al termine.
Rovistò nello zaino che normalmente conteneva libri di scuola, ma quel giorno trasportava birre rubate al supermercato e alcune patatine comprate per non dare nell'occhio. In una tasca c'era anche una canna pronta, per quando fosse arrivata alla sua meta.
Non era andata a scuola. Non gliene fotteva più un cazzo.
Il countdown era finito...
Era passato ufficialmente un anno.
Un
Fottuto
Merdoso
Anno
 
Era il 28 settembre, il primo anniversario della morte di William.
 
I passi di Chloe erano incerti dopo una giornata trascorsa a bere, fumare, mangiare e dormire, per poi svegliarsi e ricominciare da capo. E non aveva finito. Il bello doveva ancora venire.
Quella mattina aveva usato i soldi che Joyce le aveva dato per la colazione per procurarsi un po' d'erba da Frank. Non molta, ma abbastanza per una canna. Si sarebbe trattenuta un po' con lui, era da un po' che non passavano del tempo insieme, ma non era solo. Quando una mora più o meno dell'età dello spacciatore era emersa dal camper indossando solo una lunga canottiera da uomo, aveva capito di non essere la benvenuta. Così Chloe era rimasta ai margini della città, dimentica del telefono, ignorando volontariamente chiunque tentasse di contattarla.
Voleva solo sparire.
Voleva l'oblio.
E lo avrebbe avuto!
Qualsiasi cosa per evitare la visita al cimitero che Joyce aveva programmato per loro quel pomeriggio.
Col cazzo che si sarebbe fatta vedere. Con un po' di fortuna, nessuno l'avrebbe mai più rivista. Magari sarebbe stata inghiottita dai boschi, magari si sarebbe sbronzata così tanto da andare in coma.
Magari...
 
Incappò finalmente nell'ingresso del campeggio, al termine di una strada sterrata in salita sufficientemente larga da permettere il transito dei camper. Il passaggio a livello era abbassato, l'orario di arrivo era scaduto da ore. Chloe gettò uno sguardo all'interno. Da lì non riusciva a vedere il punto che solitamente affittavano. Il Camping disponeva di alcune roulotte in posizione fissa che gli ospiti potevano noleggiare, esattamente come avevano fatto i Price e i Caulfield di tanto in tanto. Quasi sempre lo stesso paio di roulotte vicine. Chloe ricordava... a volte troppo.
Più di quello che riteneva plausibile.
I ricordi spesso diventavano invadenti.
Allora Chloe beveva... ma non sempre funzionava.
Anzi, a volte i ricordi diventavano più insistenti con l'alcol.
Come quel fottutissimo giorno...
 
Un pettirosso si posò accanto ai suoi piedi.
La luce del pomeriggio e il calore del sole la avvolgevano.
L'uccellino zampettò un po' intorno a lei, ignorandola alla ricerca di qualcosa tra i fili d'erba, poi spiccò il volo.
"Adoro questi boschi!" Max trotterellava davanti a lei con lo zainetto rosso in spalla.
William camminava con loro, Max e Chloe all’unanimità lo avevano offerto volontario per accompagnarle in una spedizione pomeridiana e dopo la scorpacciata di braciole e costolette, gli era sembrata un'ottima idea per favorire la digestione! In più adorava passare il tempo con quelle due!
Chloe sghignazzò e puntò la Polaroid di suo padre verso l'amica che saltellava qualche metro più avanti.
Click!
Max si bloccò sul posto e si voltò di scatto mentre la foto usciva dalla macchina.
Chloe si fermò e la estrasse, agitandola un po' prima di guardarla e scoppiare a ridere.
"Max lo gnomo di Arcadia Bay!" annunciò passando la foto a William.
"Chloe!!!" si lamentò Max facendo il broncio.
"Non è carino Chloe!" bacchettò William prima di vedere la foto e cominciare a sghignazzare "Però... Max... un po' ha ragione! Sembri un folletto!" tese la foto alla piccola ragazza che infilò le mani in tasca mentre le sue guance prendevano il colore dello zaino.
"Basta prendermi in giro per l'altezza!" protestò "Un giorno crescerò e ti supererò!" puntò il dito contro Chloe avvicinandosi fino a pungolarle il petto.
"Si... credici Max..." la schernì Chloe.
"Vedrai! Bill! Voglio più bistecche... tua figlia mi sfida!" annunciò Max con il tono feroce da Long Max Silver.
"Non sei ancora sazia? Avrai mangiato un maiale intero oggi!"
"Era così buoooono..." commentò sognante.
Il trio percorse lentamente il sottobosco, William si riappropriò della sua macchina e scattò qualche polaroid al sottobosco, provocando la fascinazione che in seguito avrebbe condotto Max ad appassionarsi a quello specifico tipo di fotografie.
Max e Chloe si trovarono a camminare l'una accanto all'altra, avvicinandosi e allontanandosi seguendo i ritmi delle loro conversazioni, abbracciandosi lateralmente e separandosi nella concitazione. Era come se qualcosa tra di loro respirasse. Un respiro calmo, sereno e appagato.
William le fissava incantato e non poté resistere.
Click!
Max non si accorse di nulla, Chloe invece sì e sorrise.
"Dovremmo davvero avere una base comunque..." disse Chloe in tono risolutivo.
"Oh si... il Forte che dobbiamo costruire da tipo... sei anni?" ridacchiò sarcastica Max.
"Cinque anni!" precisò Chloe "E comunque ogni ciurma che si rispetti DEVE avere un cazzo di Forte!"
"Ah-Ehm!" William si schiarì sonoramente la voce alle loro spalle.
Chloe si voltò e incontro il suo sguardo celeste, fisso so di lei in modo eloquente.
"Scusa Pà..."
"A casa devi un dollaro al Barattolo delle Parolacce! Ricordati che ci sono molti intercalari diversi dalla parola con la 'C'..."
"Cavolo? Cappero? Caspiterina?" propose Chloe.
"Per esempio..." assecondò William.
"Acciderbolina, Perdindirindina!" si unì Max.
Chloe la fissò per un istante con sguardo complice e proseguì: "Pofferbaccolina, Cavolicchio, Sorbole..."
William le fissò stupefatto per alcuni momenti mentre si prendevano gioco di lui, poi si unì alle risate.
"Ecco! Esatto! Visto quante alternative?" rimarcò comunque il punto.
"Ok papà!" rispose Chloe "Comunque rimane che ci serve il nostro Forte e..." si guardò intorno "Là! Quell'albero è perfetto!" indicò un grosso abete.
"Dove? L'albero?" chiese Max.
"Non l'albero. Sull'albero!" spiegò Chloe piena di orgoglio.
"Ooooh... mi piace! Ma sarà complesso da costruire..."
"Le sfide non mi spaventano!"
"Ho sentito qualcuno parlare di costruire qualcosa?" le raggiunse William.
"Yahrrrr!" annuì Chloe "A proposito... ci servirà il tuo aiuto!"
"Immaginavo..." sorrise William, con quel suo modo sincero e caloroso che Chloe non avrebbe mai dimenticato.
 
Alzò gli occhi ed eccola lì.
La sua meta.
Il Forte...
Chloe, nel frattempo, aveva estratto il faretto elettrico da escursionismo e l'aveva agganciato alla cintura, così da avere le mani libere per maneggiare la canna, finalmente accesa. I fumi dell'alcol e della marijuana si mescolavano dentro di lei, incasinando la chimica del suo cervello. Per un attimo vide il Forte com'era stato... vide William e Ryan piazzare le travi di legno che avrebbero sostenuto la struttura, poggiare su di esse la struttura di assi di legno che avrebbe costituito la piattaforma di base, assemblare la scala a pioli e trasformare gradualmente quello scheletro ligneo in una casa sull'albero da manuale. A Chloe parve di rivedere sé stessa e Max passar loro gli attrezzi, piantare qualche chiodo, trasportare qualche asse di legno. Chloe ricordò le visite di Joyce e Vanessa per controllare che nessuno si facesse male e consegnare birre fresche agli uomini e limonata alle ragazze.
Ma quello era il passato.
Non esisteva più.
Il fortino era in disuso da più di un anno ormai... l'ultima volta che Chloe e Max ci erano state risaliva a giugno 2008. Nell'oscurità della notte, illuminata solo dal fascio di luce del faretto di Chloe, aveva un che di inquietante e famigliare allo stesso tempo.
La testa di Chloe girava.
Non riusciva a metterlo a fuoco.
Voleva raggiungerlo...
Voleva salire e vedere se era ancora come lo ricordava.
Quello l'aveva costruito con suo padre.
Lui l'aveva toccato, l'aveva realizzato per lei...
Quel Forte l'aveva vissuto con Max, l'avevano decorato, avevano lasciato lì dentro le loro cose contro ogni consiglio dei loro genitori. Nessuno aveva mai rubato le loro riviste o i fumetti, o i pennarelli e i disegni, o le foto che avevano appeso all'interno.
Era il luogo più sicuro del mondo.
Il covo dei Flagelli di Arcadia...
 
Chloe non si accorse che la canna le cadde dalle dita.
Si mosse barcollante verso la scala, quasi franò su di essa.
Non si accorse che alcuni gradini erano rotti.
Con presa malferma si aggrappò alla scala e appoggiò l'anfibio logoro sul primo gradino.
Poi sul secondo...
Il terzo...
Il quarto...
Il quiiiiiiiiin....
No, il quinto non c'era.
Chloe si appoggiò al vuoto.
La gamba si incastrò per un momento tra due pioli, poi il mondo cominciò a ruotare.
TLACRACK!!
Chloe non capì se a spezzarsi fosse stata la sua gamba o uno dei pioli di legno…
Non sentiva dolore, non troppo almeno. Era un buon segno giusto?
Si sentì di colpo così leggera.
Dovevano sentirsi così gli astronauti nello spazio.
Si trovò a sorridere come un'ebete mentre precipitava rovinosamente al suolo.
Batté la nuca e il mondo si oscurò.
La vista già appannata svanì per alcuni secondi, poi tentò di riavviarsi con molta fatica.
Tutto era sfocato, i suoni distanti.
Non riusciva più a muoversi.
A Chloe parve di sentire un corvo gracchiare da qualche parte.
Lontano.
Poi più vicino.
Sentì le sue ali sbattere.
Il ritmico spostamento d'aria contro il suo viso...
 
-
 
Chloe si svegliò.
Per un momento si sentì smarrita, ma poi ricordò.
Era in macchina, dal finestrino abbassato alla sua destra proveniva un fresco vento carico di aromi forestali. William era al posto di guida e canticchiava all'unisono con la radio...
 
Burning the midnight oil again
Sitting out here listening to the wind
I just called to tell you that I miss you my old friend
Burning the midnight oil again
 
Chloe si unì al coro con un sorriso stampato sul volto.
Era con il suo papà.
Tutto andava bene.
Tutto sarebbe andato bene.
Lui era accanto a lei, poteva toccarlo se voleva.
William teneva la mano sinistra sul volante e la destra sul cambio.
Chloe allungò una mano verso l'avambraccio di suo padre e lo accarezzò, lui si voltò verso di lei e le sorrise.
"Tesoro? Tutto bene?" le chiese.
"Si Pà... sto benissimo!" prese un profondo respiro.
Da qualche parte un corvo gracchiò.
"Chloe..." il tono di William si fece più grave.
Lei se ne avvide e lo guardò con curiosità. L'espressione di suo padre era seria, come raramente l'aveva visto nella vita.
"Che succede papà?" chiese preoccupata.
"Chloe... dove hai lasciato la mia bambina?" si voltò e le lanciò uno sguardo triste.
"Co... Di che parlì? Sono qui!" rispose lei.
"Davvero?" chiese lui.
Chloe tacque.
"Dove hai lasciato la mia bambina, Chloe?" il tono era gentile, come sempre, ma amaro.
Le lacrime iniziarono a invadere gli occhi di Chloe.
"Papà io..."
Un corvo gracchiò.
Un clacson suonò...
Chloe vide il camion arrivare a tutta velocità oltre la testa di suo padre.
"Papà attento!"
Troppo tardi
Vetri rotti.
Macchina sotto sopra.
Buio.
 
-
 
Da una radio suonava una canzone rock...
 
Reach out and grab it tight
Don't ever lose your grip
We could be here all night
I won't let go of this
 
Chloe era sdraiata da qualche parte. C'era luce... era giorno? Non aveva voglia di aprire gli occhi... quella semioscurità era piacevole. Il mondo continuava a girare intorno a lei, si sentiva lo stomaco completamente sottosopra ma... vuoto.
 
Hold on
Don't let go
Hold on
Don't let go
 
"Mmmpfhhhhh..." gemette strofinandosi gli occhi e sbadigliando.
Sentì un fruscio e una sedia sfregare contro il pavimento.
Merda... ma dove cazzo si trovava?!
La memoria le tornò tutta insieme, la giornata precedente, la sbronza, la caduta e... la consapevolezza che non era sdraiata nel sottobosco ma in una branda! L'adrenalina invase le sue vene e balzò a sedere.
 
You think they don't come cheap
Cheap things are just no good
I know the price is steep
You know that we both should
 
"Whoa! Fai piano ragazza..." disse un uomo seduto a un paio di metri da lei.
Chloe fece un rapido check-up delle sue condizioni. La tibia sinistra le faceva male ed era fasciata. Ma non era rotta per fortuna! La testa vorticava in cerchio pur restando ferma, si sentiva svuotata di ogni energia pur essendosi appena svegliata. Un sapore orribilmente aspro e stagnante le riempiva la bocca e le narici. Il ben noto aroma del vomito… comunque era ancora viva!
Si guardò intorno rendendosi conto di trovarsi in una specie di piccola baita costituita da un'unica stanza non più grande di venti metri quadri. Dall'altro capo della camera c'era una postazione radio, un tavolino, una macchina del caffè e la porta d'ingresso. Poster con illustrazioni scientifiche di piante e animali erano presenti ovunque, insieme ad una mappa topografica. L'uomo che aveva parlato era un tizio con cappello da cowboy, giacca verde erba e una camicia di flanella rossa sotto di essa. Il viso solcato da una barba nera sfatta.
"Chi cazzo..." biascicò Chloe che ripiombò a letto preda delle vertigini e di un improvviso senso di nausea. Notò solo allora la presenza di un catino accanto al letto.
"Roy Farley, guardia forestale..." si presentò l'uomo "Ti ricordi cos'è successo stanotte?"
"Più o meno..." Chloe si massaggiò la fronte.
"Eri sbronza e svenuta nel bosco, ti stavi vomitando addosso, così ti ho portata qui a riprenderti. Non dovresti mischiare alcol ed erba… per la verità non dovresti né bere né fumare. Cristo, sei una bambina…"
“Non sono una bambina…” biascicò lei.
L'uomo si alzò e si avvicinò al letto. "Guardami..." disse lui e Chloe non aveva la forza di opporsi.
 
Hold on
Don't let go
Hold on
Don't let go
 
Hear me say
Just hold on
 
Roy le puntò una piccola torcia dritta negli occhi per controllare la reazione delle pupille, schioccò le dita repentinamente nei pressi delle sue orecchie e le sentì il polso.
"Mi sembra che ti sia passata...” disse allontanandosi “Ho del caffè se vuoi riprenderti. Hai vomitato così tanto... non credevo che una ragazza potesse contenere tanto schifo!" sghignazzò più tra sé che per coinvolgere Chloe, ancora frastornata dalla situazione.
"I tuoi genitori stanno venendo a prenderti, comunque..." annunciò Roy.
"I miei... genitori?" Chloe non era proprio sicura di essere sveglia.
"Si i tuoi genitori... Il tuo cellulare ha vibrato per tutta la notte, alla fine ho risposto per te al numero 'Mamma'..." spiegò Roy.
Chloe si sentì violata al pensiero che un completo estraneo avesse maneggiato lei e le sue cose... ma d'altronde era esattamente quello che succedeva quando ti sbronzavi tanto da cadere da un albero e svenire. Ed ora il cerchio alla testa iniziava a diventare sempre più stretto... sempre più doloroso... le tempie cominciarono a pulsare a ritmo del suo cuore, dolorosamente.
 
We could be here all night
I won't let go of this
 
Hear me say
Just hold on
 
Chloe si lasciò andare nella branda scomoda, ma ancora calda.
Si... era sveglia... era la realtà.
Era il 29 settembre e si trovava nella cabina di una guardia forestale.
Joyce e David stavano venendo a prenderla...
Un altro giorno di merda.
Non vedeva l'ora di sentirli spiegare quanto erano delusi e infuriati!
E quanto era fottutamente in punizione...
 
-
 
Zik! Zik!
La fiamma dell'accendino che toccava la punta di una sigaretta le provocava sempre una contraddittoria sensazione di appagamento. Il sapore delle sigarette non le era mai piaciuto, ma qualcosa nella gestualità, nella sensazione di calore che penetra bronchi e polmoni, il senso di torpore che immediatamente lambisce l'interno del cranio...
Come calme onde marine sul bagnasciuga.
La giornata di Chloe alla Blackwell continuava lineare come sempre.
Era in punizione ovviamente, le era permesso uscire solo per andare a scuola. Per assicurarsene, David la accompagnava all'andata e al ritorno con quella sua macchina sportiva di merda. Lo strazio sarebbe andato avanti per tutto Ottobre. Non era sicura di poter resistere.
A volte saltava alcune lezioni. Non le importava veramente delle conseguenze. Dopotutto, 'quel giorno' aveva saltato del tutto la scuola e nessuno le aveva detto nulla. O meglio, nessuno alla Blackwell.
Appoggiata al muro, dietro l'angolo fumo del campus, Chloe si intossicava di gusto, fissando il resto della zona dal suo angolo in ombra. Era l'ora di pranzo, quasi tutti erano in Caffetteria, tranne alcuni studenti che sostavano sotto gli alberi o nei pressi dell'entrata ai Dormitori. Conosceva di vista quasi tutti, i nomi di pochissimi.
Una di loro era Steph, stava mangiando esattamente dalla parte opposta rispetto a lei, seduta al tavolo vicino all’ingresso del Dormitorio con altre persone ignote. Conosceva Steph grazie a Justin, il suo portale personale sul gossip della Blackwell. Lui ci aveva provato con lei, solo per scoprire che era gay ed essere gentilmente respinto. Inoltre, di recente le avevano detto che Steph vendeva DVD masterizzati, sia film che videogiochi per PC e console. Chloe decise che questa informazione le sarebbe tornata utile successivamente. In tutto questo aveva scambiato a malapena un saluto con Steph, nonostante condividessero la classe di Disegno dal Vero, Chimica e Inglese. O forse... forse una volta Steph le aveva chiesto in prestito una gomma?
Chloe non ricordava di preciso.
Ricordava solo le cose sbagliate.
Quelle che non voleva…
In quel momento, la sua mente ondeggiava nel flusso di pensieri, senza una meta.
Ammazzava il tempo in attesa che la pausa pranzo finisse, meditando se andare alla lezione pomeridiana di Igiene oppure no.
Perché cazzo esiste una materia chiamata ‘Igiene’ poi…
Di colpo uno dei portoni d'ingresso del campus si aprì.
Ne emerse una ragazza dai capelli biondi e curiosi orecchini di piume blu.
Indossava una camicia rossa a quadri e jeans neri strappati.
Rachel Amber era inconfondibile. Chloe di tanto in tanto si sorprendeva a fissarla da lontano.
Fissare da lontano le persone e in generale la vita stava diventando una sorta di abitudine.
Rachel si guardò intorno e scese i gradini fino a raggiungere il sentiero del campus. Salutò in direzione di Steph e ricevette indietro cenni dall'intero tavolo. Poi si voltò verso Chloe e i loro sguardi si incontrarono. Come il primo giorno di scuola in Caffetteria e per qualche ragione una morsa strinse lo stomaco di Chloe.
Stretta che aumentò quando Rachel si diresse verso di lei.
Ora che la vedeva di fronte notò che la camicia era aperta e mostrava una maglietta dei Foo Fighters.
Non male, ma ne aveva indossate di migliori! Tra tutte le band grunge i Foo Fighters sono la più commerciale. E comunque chissene frega!
Chloe pensò che Rachel stesse solo camminando casualmente nella sua direzione, ma dovette ricredersi quando non svoltò e continuò ad andarle incontro, sfoggiando un caloroso sorriso.
"Ciao!" la salutò.
Chloe inarcò un sopracciglio.
"Ciao?" rispose perplessa e stupita.
"Scusami se ti disturbo ma... posso scroccarti una sigaretta?" chiese Rachel congiungendo le mani e sorridendo imbarazzata.
La domanda colse Chloe alla sprovvista.
Miss Perfettina Amber fumava?
E comunque non aveva qualche amico figo o ricco a cui chiedere?
Comunque, una sigaretta non si rifiuta a nessuno. Chloe non era come quegli stronzi che facevano sempre finta di averle finite quando ne aveva bisogno...
"Certo..." Chloe estrasse dalla tasca il pacchetto e con una scossa fece sporgere una sigaretta che porse a Rachel.
"Grazie! Sei la mia salvatrice!" il sorriso di Rachel era contagioso e per quanto Chloe si volesse opporre, anche le sue labbra si inarcarono in qualcosa di più allegro. Non disse nulla, si limitò a provare stupore quando Rachel estrasse un accendino giallo dalla sua tasca. Quindi fumava davvero, non era una scusa o altro…
Zic! Zic! Zic!
Rachel prese un lungo tiro avido e una voluta di fumo le circondò la testa.
Contrariamente a ciò che Chloe si aspettava, Rachel non se ne andò. Invece, si avvicinò ancora un po' a lei, appartandosi dietro l'angolo. Nel silenzio tra loro, Rachel iniziò a leggere le scritte sul muro intorno al cartello "No Sucking". Le trovò divertenti dato che si lasciò andare ad una risatina allegra.
Chloe si sentiva vagamente a disagio.
Primo, perché Rachel Amber fumava?
Secondo, perché proprio lì con tutti i posti e le persone con cui poteva farlo?
Terzo... ancora… perché rimaneva lì?
"Hai ottimi gusti musicali!" disse Rachel piantandole addosso quegli occhi da gatto.
"Ehm... Eh?" Chloe fu colta alla sprovvista.
"I Rangus... indossi una loro maglietta!" Rachel fece un cenno divertito.
"Ah... oh... Si è vero! Beh, ovviamente spaccano!" concesse Chloe, che ancora non riusciva a mettere a fuoco la situazione. Le persone come Rachel non scambiavano due chiacchiere con quelle come Chloe. Non senza un secondo fine, per sfottere o essere stronzi in qualche modo.
"Conosci i Firewalk?" chiese Rachel, che sembrava non mollare l'osso.
Ma stavolta aveva toccato un tasto...
Chloe amava i Firewalk!
Tra i gruppi undergrownd emergenti erano i suoi preferiti. Glieli aveva fatti conoscere Skip e il loro sound incazzato con testi altamente cazzuti l'avevano conquistata.
La cosa strana era che li conoscesse Rachel!
Chloe inarcò un sopracciglio perplessa e Rachel incrociò le braccia accigliata: "Non li conosci?" sembrava stupita e delusa.
"N-no... cioè... cazzo certo che li conosco. Mi stupisce che li conosca tu!" disse Chloe prendendo un ultimo tiro dalla sigaretta ed estraendone meccanicamente un'altra.
Rachel corrugò la fronte: "Ah sì? È così bizzarro?"
"Beh..." Chloe si grattò la testa. Non sapeva bene come replicare senza sembrare offensiva.
Che cazzo... Miss Perfettina Amber che fuma e conosce i Rangus e i Firewalk?
Tra quanto il cielo sarebbe diventato rosso e sarebbero piovute rane?
"è solo... non me l'aspettavo. Ecco." tentò di rimediare Chloe.
"Non sei l'unica ad avere buoni gusti musicali!" Rachel ammiccò ritrovando il sorriso e riacquistando una postura aperta. Gustava ogni tiro di sigaretta e Chloe si sorprese a fissarle le labbra. Erano lucide così normalmente o aveva messo qualcosa? Ma che cazzo gliene doveva fregare tra l'altro?
Era così impegnata che si perse il complimento.
Rachel ridacchiò.
"Cosa?" chiese Chloe perplessa.
Lei fece spallucce: "Non è un'interrogazione sai? Volevo solo fare due chiacchiere. Fumo sociale sai?"
"Ehm... Mi dispiace. Di solito non faccio molta conversazione..." replicò Chloe.
"Sei una dura! Hai una reputazione da difendere!" la schernì giocosamente Rachel.
"Ovviamente! Inoltre, di solito la gente... del tuo rango non parla con me."
"'Gente del mio rango'?" Rachel sembrava perplessa.
Ecco... Chloe fanculo... stessi zitta ogni tanto!
"Scusa... lascia perdere. È una stronzata."
"No, spiegami..." nel tono di Rachel c'era fermezza, ma apparentemente nessuna offesa.
Chloe la squadrò. Sembrava totalmente rilassata, nessuna minaccia sembrava in arrivo.
Poteva esporsi?
Un pochino?
"Insomma, persone di famiglie ricche e facoltose... di solito non si mescolano con delle 'borse di studio' come me..."
"Si capisco cosa intendi..." il tono di Rachel era pieno di sincera empatia "Le persone sanno essere particolarmente stronze. Soprattutto ad Arcadia Bay..." aggiunse.
"Davvero? Tu che ne sai? Sei Rachel Amber, studentessa modello e figlia del Procuratore..." sputò Chloe in automatico. Se ne pentì immediatamente, ma non poteva impedirselo. I suoi filtri sociali erano difettosi.
Rachel sgranò gli occhi per un momento.
"Tu non mi conosci..." disse quasi ringhiando e Chloe si sentì una completa idiota. Poi di colpo il volto si addolcì "Per ora..."
"Mi dispiace..." disse Chloe, ma quel ‘Per ora...' le rimase impresso.
"Non ti preoccupare. Ho una reputazione, in gran parte costruita da mio padre. Per lui la vita privata è solo un aspetto del lavoro. E comunque, avere buoni voti è sia un modo per farlo contento che un mezzo per andarmene..."
"Andartene?" indagò Chloe.
"Da Arcadia Bay..."
La faccenda diventava sempre più interessante.
E sospetta, ma Chloe voleva saperne di più.
"Odi anche tu questo buco di merda?"
Rachel scoppiò a ridere: " ‘Anche io’?" ah... rispondere alle domande con altre domande...
"Beh, io di sicuro la odio... posto di merda, pieno di pezzi di merda!"
"Dimmi quello che pensi davvero, Chloe!" sghignazzò stupefatta Rachel, cosa che per qualche ragione fece sentire Chloe piuttosto soddisfatta di sé stessa.
"Io... non direi che la odio, ma Arcadia Bay è un microscopico angolo del mondo... c'è così tanto da vedere e da fare là fuori."
"Sembra di sentire Max..." appena le parole sfuggirono dalla bocca Chloe si bloccò e la sua espressione si indurì. Rachel se ne accorse e anche lei si fece di colpo seria.
"Max?" tentò di indagare.
"Lascia perdere..." disse Chloe e Rachel annuì.
Chloe maledisse sé stessa per essersi lasciata sfuggire il nome di Max. Perché cazzo in ogni fottuto momento doveva tornarle in mente? Perché cazzo ogni cosa finiva col ricordargliela. Doveva esserci qualcosa di rotto, fottutamente disfunzionale nel suo cervello! Finì la seconda sigaretta mentre il silenzio tra loro due si protraeva.
In quel momento la campana che segnalava la fine della pausa pranzo risuonò per tutto il campus.
"Che lezione hai adesso?" chiese Rachel.
"Igiene..." sbuffò Chloe "Tu?"
"Laboratorio Teatrale!" il tono di Rachel si riempì nuovamente di entusiasmo.
"Deve essere... divertente?" tentò Chloe.
"Molto di più! Un giorno potresti assistere a una lezione se ti va. Al Prof Keaton non dispiacerà."
"Si beh... non lo so... non capisco niente di teatro..."
"L'arte non va capita, va sentita!"
"Bella frase... chi l'ha detta?"
"Rachel Amber!" disse lei gonfiando il petto. Chloe diede un’occhiata…
"Pfffh..." Chloe si trovò a sghignazzare "Ok Drama Queen!"
Rachel sorrise felice: "Mi piace come soprannome!"
"Posso trovarne altri se vuoi!" si offrì Chloe scatenando di nuovo l'ilarità di Rachel.
"Sei divertente!"
"Sarò qui tutta la settimana..." commentò Chloe.
Rachel rispose con una spinta giocosa contro la spalla sinistra di Chloe. Quel genere di gesto di complicità che non era abituata a ricevere. Non da quando Max era partita. Si sentì contenta e al tempo stesso a disagio.
"Dovremmo rifarlo qualche volta!" disse Rachel.
"Cosa?"
"Passare del tempo insieme."
"Oh..." Chloe distolse lo sguardo confusa e un po' imbarazzata.
Perché Rachel voleva passare del tempo con lei?
Una guerra civile era in atto nella sua mente, un conflitto fra il timore che ci fosse sotto qualcosa di losco e il profondo desiderio di conoscere meglio questa ragazza che sembrava nascondere una personalità ben più complessa di quella che le avevano cucito addosso. Che Chloe stessa le attribuiva…
Rachel sghignazzò: "Tranquilla, senza impegno! A presto!"
E come un folletto Rachel Amber si allontanò.
"A... presto?" replicò Chloe timidamente.
Continuò a fissarla finché non svanì oltre le porte del campus.
Anche gli altri studenti stavano convergendo all'interno. Chloe invece rimase immobile.
Aveva bisogno di un'altra sigaretta!
Non era sicura di quello che era appena successo, avrebbe elaborato meglio con dell'erba, ma tra gli altri provvedimenti messi in atto dal Dick-tator David c'era l'analisi del capello. Le avevano fatto il test antidroga il giorno stesso in cui l’avevano recuperata dalla capanna della Forestale e David aveva promesso di fargliene un altro prima di porre fine alla punizione per assicurarsi che fosse pulita. In caso contrario, avrebbe protratto il lockdown! Il test del capello era impossibile da ingannare, almeno Chloe non sapeva come fare… e a seconda del tipo di test riusciva a individuare tracce di droga a distanza di mesi. Joyce ormai sembrava assecondare ogni sua follia e Chloe non aveva la forza mentale di opporsi. Così fumava quasi due pacchetti di sigarette al giorno per compensare l'assenza di marijuana!
La accese e prese un lungo e soddisfacente tiro...
"Chloe!"
Lei sobbalzò e la sigaretta le cadde a terra.
"Ma porca putt... Skip cazzo! Mi hai fatto prendere un colpo. Mi devi una sigaretta Coso!"
La guardia giurata della Blackwell la fissava da un metro, vagamente divertito e con le braccia conserte.
"Non dovresti fumare, in primo luogo. Ma a parte questo, le lezioni iniziano e devo fare il mio lavoro. Mi spiace!"
"Ok ok... vado!" si incamminò.
Mentre Skip la scortava verso l'ingresso un moto di curiosità la scosse.
"Senti, ma per caso hai consigliato tu i Firewalk a Rachel Amber?"
"Eh??"
"Rachel Amber, sai chi è vero?"
"Ovvio che so chi è... ma che c'entrano i Firewalk?" chiese l'uomo confuso.
"Niente... prima abbiamo parlato e ho scoperto che li conosce..."
"Oh! Interessante! Beh c'è da dire che quella ragazza conosce la sua musica."
"Ma i Firewalk sono undergrownd, li conosci solo se sei nel giro... no?"
"Beh, non glieli ho consigliati io. Una volta le ho prestato un loro CD."
"Capito..." Chloe fece spallucce.
"Che è tutta 'sta curiosità?" Skip strinse gli occhi.
"Cazzi miei!" rispose Chloe con un ghigno.
"Ha! Sempre la solita testa di cazzo! Vai a lezione prima che ti porti da Wells!" minacciò ridendo Skip.
"Tanto per un motivo o l'altro mi ci porterai di nuovo! È il destino!" commentò Chloe varcando la soglia della Blackwell.
 
****************************
 
This is a song about somebody else
So don't worry yourself, worry yourself
The devil's right there right there in the details
And you don't wanna hurt yourself, hurt yourself
Looking too closely
Looking too closely
Oh, no, no, no!
 
Put your arms around somebody else
Don't punish yourself, punish yourself
Truth is like blood underneath your fingernails
And you don't wanna hurt yourself, hurt yourself
Looking too closely
Looking too closely
Oh, no, no, no!
Oh, no, no, no!
 
You don't wanna hurt yourself, hurt yourself
You don't wanna hurt yourself, hurt yourself
Oh, no, no, no!
And I could be wrong about anybody elseSo don't kid yourself, kid yourself
It's you right there, right there in the mirror
And you don't wanna hurt yourself, hurt yourself
Looking too closely
(Mmmm mmmm mmmm)
Looking too closely
 
(Mmmm mmmm mmmm)
Yeaaah
Yeah, yeah, yeah, yeah!
Looking too closely
You don't wanna hurt yourself
You don't wanna hurt yourself, hurt yourself
Looking too closely
(Fink – Looking too close)
 
******************************************
 
"Ancora non ci credo che sei riuscita a trovarli..." esclamò Megan, i grandi occhi azzurri pieni di un'eccitazione rara. Rachel aveva il petto gonfio di soddisfazione, quella dei piani ben riusciti!
"Ho le mie fonti..." che tradotto significava ‘Steph’.
 
Il sole splendeva caldo e libero in un cielo azzurro completamente sgombro di nubi. L'assenza di foschia e i 25° la rendevano una giornata felicemente inconsueta per l’autunno di Arcadia Bay. Rachel si godeva le carezze dei raggi solari misti alla brezzolina fresca che soffiava dall'oceano, mentre le ragazze percorrevano il lungo viale che dalla Blackwell conduce all’Arcadia Bay Ave. Era l'8 ottobre, il compleanno di Megan. Durante le visite a casa Weaver, Rachel aveva perlustrato disinvoltamente la sua camera in cerca di lacune nelle sue molteplici collezioni. Infine l'aveva trovata! Aveva tampinato Steph perché smuovesse i suoi contatti nerd per procurarle una reliquia dei lontani anni '80: la serie completa a fumetti di Doctor Who, edita dalla Marvel tra il 1984 e l'86. E c'era riuscita. Tre giorni prima Steph aveva avvicinato Rachel con fare losco, in una giornata uggiosa prossima alla pioggia. Cappuccio della felpa tirato su, aveva trascinato Rachel nel vicolo nei pressi del parcheggio della Blackwell e aveva estratto furtivamente una busta plastificata dallo zaino.
"La tua roba..." aveva sussurrato porgendogliela.
Rachel, dapprima sorpresa, l'aveva giocosamente assecondata, dandole i soldi con una stretta di mano disinvolta.
Tutto era finito in grasse risate e una colazione in Caffetteria, durante la quale Steph aveva comunque voluto mantenere il mistero su come si fosse procurata quei ventitre fumetti.
A volte i nerd sembrano spacciatori!
 
Comunque, quel giorno Rachel aveva consegnato la busta a Megan al termine delle lezioni. Si godette ogni cambio di espressione del suo volto. Prima sorpresa, poi curiosità, poi quell'eccitata tensione che accompagna l'attesa mentre Meg apriva la busta ancora sigillata. Infine, gli occhi spalancati, la bocca aperta in una O di felice stupore, gridolini eccitati e balzi di gioia, terminati in un caloroso abbraccio. Le due rimasero strette un minuto abbondante, mentre Meg era tutta un "grazie, grazie, grazie!". Quelle esplosioni di affetto non erano abituali per lei e Rachel fu felice di esserne la causa.
 
"Nemmeno io so da dove provengono quei fumetti! È stato un lavoro super segreto!" continuò Rachel mentre le due ragazze svoltarono a destra sulla Arcadia Bay Ave, proprio di fronte al porto. In quel punto l'odore non era dei migliori, soprattutto perché la strada era sottovento. Rachel e Meg non vollero accelerare, però. Volevano godersi il tragitto a piedi con molta calma fino al Two Whales, dove le attendeva Summer Weaver, la madre di Megan. Quella sera era prevista la festa di compleanno in famiglia, come l’anno precedente, e come ogni volta che la sua famiglia si riuniva, Megan era in tensione. Per questo voleva evitare di pensarci finché non fosse stato inevitabile.
 
"Hai colmato un vuoto esistenziale nella mia collezione. A Natale dovrò inventarmi qualcosa di altrettanto grosso per ripagarti!" esclamò Megan sistemandosi i lunghi capelli bruni smossi dalla brezza.
"E' un regalo Meg, non va ripagato!" puntualizzò Rachel.
"Beh... comunque mi inventerò qualcosa che alimenti le tue ossessioni, come tu alimenti le mie! A proposito... hai sentito che ad aprile arriva la nuova stagione di Doctor Who??"
"Si! Ci sarà un nuovo Dottore."
"Siamo a Undici, ho visto che lo interpreterà Matt Smith! Lo conosci?" disse Megan.
"Sinceramente no. Cioè, so che faccia ha ma non l’ho mai visto recitare." ammise Rachel.
"Secondo me è perfetto per il ruolo!"
"Sarà, a me non convince moltissimo. Ha dei tratti troppo strani. David Tennant era super espressivo, comunicava perfettamente l'eccentricità del Dottore. Smith invece... non lo so. Però in effetti non l'ho visto all’opera quindi facciamo che sospendo il giudizio!" decise Rachel diplomaticamente.
"Neanch’io l’ho mai visto al lavoro e comunque l’attrice sei tu. Però ha dei tratti somatici particolari, ma magari funzionerà proprio per quello. Comunque sono eccitatissima! Finalmente riprenderemo le Tardis Night!"
"Già! Aver finito tutte le serie aveva un po' tolto il senso a quel nome!" scherzò Rachel.
 
Da quando Megan si era trasferita ad Arcadia Bay per la Blackwell, si era sentita spaesata. Passare da Roseburg, una città di oltre ventimila abitanti, ad Arcadia Bay che ne contava circa un migliaio era stato complicato, unito al fatto che si era lasciata alle spalle amici, abitudini e stile di vita. Certo, la Blackwell era parte del suo piano, quello che Meg aveva sempre avuto per la sua vita: diventare una grande scrittrice e girare il mondo. Questo implicava studiare nelle scuole migliori, avere un rendimento alto, frequentare un college facoltoso come Stanford o Berkeley e magari fare carriera nel giornalismo. Tanti grandi autori sono stati giornalisti prima di scrivere il primo libro, come Gabriel García Márquez! Quando i suoi nonni proposero di pagarle gli studi e ospitarla ne fu felice, avrebbe potuto conoscere meglio la sua famiglia, da cui la madre l'aveva sempre tenuta lontana, oltre a seguire i suoi sogni. Così si era ritrovata catapultata in una microscopica cittadina di provincia per frequentare una delle scuole più facoltose dello stato e vivere nell'enorme villa dei Weaver. Non che fosse davvero così grande, ma sempre più dell'appartamento in cui era cresciuta con sua madre. DEGLI appartamenti, per la precisione. Era tutto nuovo, tutto diverso, nonno Stanley e nonna Grace erano gentili con lei, ma anche severi e pretenziosi. Gli studenti della Blackwell sembravano tutti provenienti da un pianeta diverso, quello dei ricchi, su cui Megan era appena atterrata e si sentiva totalmente aliena.
Finché aveva incontrato Rachel.
Lei le era sembrata fin dall'inizio l'anello di congiunzione fra il suo vecchio mondo e quello nuovo. Era di buona famiglia, ma alla mano e per nulla snob. Megan voleva viaggiare per il mondo, benché si fosse sempre accontentata di farlo tramite i libri, mentre Rachel lo faceva davvero! Adorava sentirla parlare dell'Europa, soprattutto dell'Italia. Come lei era una lettrice vorace e gli argomenti di conversazione non mancavano mai. In lei, Meg sentiva di aver trovato un punto fermo, il rapporto solido che le serviva per muoversi in quella realtà che, anche dopo un anno, le rimaneva estranea...
 
"Intanto che aspettiamo aprile, possiamo sempre trasformarle in serate cinema con altri film sci-fi..." propose Megan assumendo un atteggiamento più timido.
"Sarebbe figo! Non so quando potremo però, ottobre sarà un mese infernale. Quest'anno abbiamo un progetto impegnativo con Keaton, faremo un approfondimento su Shakespeare con la Hoida per tutto il mese e dovrò studiare un monologo per il provino di novembre. Probabilmente non avrò tempo se non per studiare e provare..." spiegò Rachel. Megan non poté evitare di provare una certa delusione.
"Beh, possiamo comunque studiare insieme. L'approfondimento su Shakespeare dovrò farlo anch'io..." tentò di nuovo.
"Quello certamente!" sorrise Rachel e Megan si sentì rassicurata.
"E poi tra noi l'esperta di Shakespeare sei tu!" aggiunse Meg
"Sono Rachel Shakamberspeare!" si vantò scostandosi una ciocca di capelli biondi con fare da diva "Comunque, vedo le tue serate cineforum e rilancio con Ballo di Halloween in costume coordinato!" aggiunse Rachel. Megan inarcò un sopracciglio.
"Immagina..." continuò Rachel sottolineando ogni parola con lenti gesti delle mani "Una bella serata, io e te che andiamo insieme, tu vestita dal decimo Doctor Who e io da Rose Tyler!"
"Non saprei Rach... sai che le feste non sono il mio forte..." l'ansia sociale di Megan si presentava solo al pensiero.
"Ma sarai con me. Sarà divertente!" lo sguardo di Rachel era pieno di promesse e sincerità. Megan sorrise e cedette.
"Oooook... ma Doctor Who è un uomo, ha pure i capelli corti, come faccio a vestirmi da lui?"
"Ci penso io a quello. Affidati alla maestra!"
Megan rise e si sentì più tranquilla. Non per la festa, quella la terrorizzava. Ma se Rachel era con lei forse l'avrebbe saputa gestire. Forse!
 
Intanto, mentre i gabbiani strillavano sopra le loro teste, avvistarono due balene blu, segno che erano arrivate a destinazione. Il diner era sottoposto al solito via vai pomeridiano. Davanti all'ingresso, nei pressi del cartello che invitava ad entrare e provare gli “Hamburger più fantastici dell'Oregon”, c'era una donna che fumava. Lunghi capelli neri e ricci, canottiera rosa, camicia a quadri grigi e azzurri, shorts vertiginosi di Jeans.
Rachel non la notò finché non vide Megan accelerare il passo nella sua direzione. Anche la donna si voltò e le andò incontro. Si abbracciarono sorridenti, profondendosi in affettuosi saluti. Rachel si avvicinò e Megan fece le presentazioni:
"Rachel, ti presento mia madre, Summer Weaver!"
"Così tu sei la famosa Rachel Amber. Megan parla un sacco di te!" aggiunse Summer.
"In persona. È un piacere conoscerla, anch'io ho sentito parlare molto di lei!"
"Awwww... dammi del ‘tu’ tesoro!" canticchiò la donna. Il suo atteggiamento era fastidiosamente affettato per i gusti di Rachel. Sembrava così diversa da Megan, che al contrario era sempre composta.
Summer Weaver spostò di nuovo l'attenzione su sua figlia, squadrandola da cima a fondo.
"Certo che ti stai davvero snobizzando parecchio!" commentò. Megan spostò il peso del corpo sull'altra gamba, chinando la testa in imbarazzo.
"Perché?" chiese.
"Sembri tua nonna con quella camicetta e il maglioncino verdino... e la gonna… sai che le fanno anche più in alto delle ginocchia?" una smorfia per nulla celata comparve sul volto di Summer, mentre Megan si rimpiccioliva. Rachel avrebbe voluto intervenire, ma conosceva il rapporto di Megan con sua madre. Si amavano alla follia, ma al tempo stesso tutto era diventato più difficile dopo il trasferimento.
"Ho preso tre giorni di ferie, così avremo tempo per andare a fare shopping! Dobbiamo assolutamente andare a Portland e rifarti il guardaroba, amore!" continuò Summer senza avvedersi del rossore sulle guance della figlia.
"La tua amica ha decisamente più gusto di te! Dovresti prenderla ad esempio! Mi piace la tua maglietta! Aaadoro i System of a Down!" si rivolse distrattamente a Rachel.
Sembrava inarrestabile, finché la vibrazione del cellulare interruppe il flusso di parole.
"Oh... scusate... devo rispondere!" spiegò Summer mentre si allontanava di qualche passo.
Quando fu abbastanza lontana Rachel notò che Megan aveva il volto seppellito nelle mani.
"Hey?"
Megan sospirò, scoprendo il volto paonazzo, su cui gli occhi azzurri risaltavano ancora di più "Scusami..."
"E di cosa? Non esageravi quando dicevi che era una tipa particolare!" scherzò Rachel tentando di alleggerire.
"Già... ma non è cattiva!" Megan mordicchiava il labbro inferiore nervosamente.
"Sicura che va tutto bene?"
"Si..." sospirò ancora Megan "Intendo questo quando ti dico che mamma è gelosa dei nonni. Si sente in difetto perché non può pagarmi gli studi e la infastidisce che siano i suoi genitori a farlo, e ad ospitarmi. Loro sono gentili, ma a volte sembra che mi vogliano modellare a loro immagine. Visto che non hanno potuto farlo con la loro figlia proiettano su di me..."
Rachel la ascoltò con attenzione, i suoi occhi nocciola fissi in quelli azzurri di Meg. Ecco un altro motivo per cui si trovava bene con Rachel. Quando parlavi con lei, sentivi di avere tutta la sua attenzione.
"Mi dispiace..." le sussurrò dolcemente.
Meg scrollò le spalle: "A volte capisco perché mia madre è scappata di casa. Cioè... lei era incinta e tutto, ma dopo un po' che vivi con i miei nonni vorresti solo fare il contrario di quello che si aspettano! Così, solo per il gusto di deluderli..." la voce di Megan ora era simile ad un ringhio sommesso "Forse avrei dovuto seguirti a qualcuna delle tue feste con Armond l'anno scorso..."
Gli occhi di Rachel si illuminarono in modo furbo: "Beh... possiamo sempre rimediare ad Halloween..."
"Cosa intendi?"
"Lascia fare a me" ammiccò Rachel "Siamo adolescenti, trasgredire è la nostra natura!!" concluse cripticamente.
Megan sorrise.
"Allora vedrò di sopravvivere alla serata in famiglia di oggi!"
 
Poco dopo Summer Weaver concluse la telefonata e si riavvicinò alle ragazze. Megan salutò calorosamente Rachel prima di entrare al Two Whales per pranzare con la madre, sperando che avesse esaurito le critiche.
 
-
 
Rachel
  • Hey ciao! Come stai?
Nathan
  • Di merda grazie!
  • Tu?
Rachel
  • Che succede???
Nathan
  • Niente…
Rachel
  • Falla finita e parlami Nate!
Nathan
  • Football.
  • Jake e Taylor mi hanno fottuto il borsone col ricambio di vestiti e l’hanno messo sotto la doccia…
  • Ridevano tutti e io ero lì in mutande…
  • Nemmeno il coach ha fatto niente…
  • Figli di puttana… vorrei solo… prendere l’estintore e darglielo in testa uno per uno a quelle merde!!
  • E vaffanculo anche mio padre che mi obbliga a far parte della squadra…
Rachel
  • È orribile Nate
  • Mi dispiace…
Nathan
  • Non è colpa tua
Rachel
  • La smetteranno
  • Purtroppo il liceo è così ma almeno sai che ci sono persone su cui puoi contare.
Nathan
  • Tipo?
Rachel
  • Tipo me coglione!!
Nathan
  • Lo so!
  • Volevo solo che lo dicessi. XD
Rachel
  • Awwww <3 <3
  • A proposito!
  • Come va il monologo improvvisato per Keaton?
Nathan
  • Scegli sempre gli argomenti giusti!
  • Mio padre vuole che faccia Ferdinando, così sto preparando lui.
Rachel
  • E tu chi vorresti fare?
Nathan
  • Nessuno??
Rachel
  • XD
  • Sii serio!
Nathan
  • Davvero non lo so.
  • Ho appena iniziato
  • Non mi sento pronto per un ruolo qualsiasi
  • Al massimo farei qualcosa di secondo piano… che ne so una comparsa!
Rachel
  • Beh tu mettiti alla prova.
  • Keaton poi ti aiuterà e se non ti ritiene adatto ti darà un ruolo migliore.
  • Di lui puoi fidarti.
Nathan
  • Keaton mi obbligherà a fare Ferdinando perché mio padre vuole così.
Rachel
  • Tuo padre non è Dio Nate
Nathan
  • Ci si avvicina…
Rachel
  • Comunque Ferdinando è un personaggio che può farti scoprire cose interessanti su te stesso
  • Un principe donnaiolo… insomma… potresti essere tu! XD
Nathan
  • Seeeeee certo!
  • Soprattutto donnaiolo!
Rachel
  • Beh… a proposito, chi era quella ragazza carina con cui hai pranzato ieri??? :3
Nathan
  • Chi???
Rachel
  • Lo sai
Nathan
  • Mi stalkeri?
Rachel
  • Lo sai che frequentiamo la stessa scuola e pranziamo nello stesso posto??
Nathan
  • LOL
  • Si chiama Samantha Myers. Strano che non la conosci! Non sei amica di tutti??
Rachel
  • Non deviare!
Nathan
  • XD
  • Frequentiamo alcuni corsi insieme.
  • È simpatica
Rachel
  • Ti faceva gli occhi a cuore!!
Nathan
  • Stronzate!
Rachel
  • Io vedo tutto!!
Nathan
  • Vedi anche me e te a colazione insieme al Two Whales domattina?
Rachel
  • Perché no?
  • Sono in astinenza da waffle!
Nathan
  • Andata!
  • A domani!!
 
-
 
Steph
  • Hola Rach!
Rachel
  • Bonjour Stefy G.
Steph
  • Non so se amare o odiare i nomignoli che usi…
Rachel
  • Ovviamente li ami!
  • Tutto bene??
Steph
  • XD
  • Tutto bene! Mi chiedevo se avessi programmi per Halloween e soprattutto da cosa ti vestirai!
Rachel
  • Io e Megan andremo vestite da Doctor Who e Rose Tyler! Io sarò Rose perché sono bionda!! XD
Steph
  • Oh! Ma è tipo un appuntamento?
Rachel
  • No no.
  • In realtà ho un cavaliere che mi aspetta e il piano è trovarne uno anche per Meg.
  • Non dirglielo però o non riuscirò mai a trascinarla fuori di casa!
Steph
  • Chi è il tuo cavaliere?
Rachel
  • Joel Brown
Steph
  • Sei passata dai nuotatori ai giocatori di basket!
Rachel
  • Mi piacciono alti e muscolosi!
  • Come ogni brava Miss Perfettina del liceo!
Steph
  • XD
  • Non ci credo neanche un po’!
  • Beh pazienza
  • Troverò qualcun'altra!
  • E non dirò nulla a Meg tranquilla
  • Comunque se avete bisogno di aiuto per il costume sai dove trovarmi!
Rachel
  • Certo
  • Grazie Steph!
Steph
  • ^.^
 
-
 
Kelly
  • Ciao Rachel!
Rachel
  • Kel!
  • Come stai?
Kelly
  • Vorrei essere sulla cima di una montagna innevata…
  • Ma sono ad Arcadia Bay a prendere a testate le dispense su Shakespeare!! DX
Rachel
  • Capisco bene
  • Anche se alla montagna preferirei una assolata spiaggia californiana! XD
Kelly
  • LOL
  • In realtà ti ho scritto perché vorrei chiederti aiuto…
Rachel
  • Dimmi tutto!
Kelly
  • Vorrei provare il mio monologo per il ruolo di Ariel…
  • Possiamo vederci così mi dai un parere?
Rachel
  • Sicuro!
  • Anch’io vorrei provare il mio per Miranda e mi serve un parere esterno.
Kelly
  • Fantastico!!
  • Domani pomeriggio dopo scuola?
Rachel
  • Aggiudicato.
  • Ma posso chiederti una cosa?
Kelly
  • Certo!
Rachel
  • Ovviamente sono felice di provare con te, ma perché non l’hai chiesto a Marisa?
  • Va tutto bene?
Kelly
  • In realtà no
  • Abbiamo litigato.
Rachel
  • Mi dispiace
  • Se vuoi parlarne io sono qui.
Kelly
  • Ti ringrazio ma non via sms
  • Magari domani…
Rachel
  • 😊
  • A domani allora!
 
-
 
Rachel
  • Heilà North!
  • Sono due settimane che non ti sento… tutto bene?
Drew
  • Hey Amber
  • Mi spiace ho un po’ di problemi
Rachel
  • Cosa succede?
Drew
  • Non ti preoccupare posso gestirlo
Rachel
  • Drew…
  • Perché fai finta di non potermi dire le cose?
Drew
  • Perché sono perfettamente in grado di cavarmela da solo
Rachel
  • Ok… non voglio disturbarti
Drew
  • No scusa
  • Sono un coglione…
  • Mio padre ha perso il lavoro
Rachel
  • O.O
  • Cosa??? Come??!
Drew
  • La A.B. Marine Corporation è fallita, i Prescott l’hanno rilevata e ora stanno licenziando tutti.
  • Pezzi di merda maledetti!!!
Rachel
  • Cazzo…
  • Mi dispiace così tanto Drew
  • Posso fare qualcosa per aiutarti?
Drew
  • No ma grazie
  • Sono felice che ti interessi ma possiamo gestirla e non voglio che si sappia troppo in giro
  • Quindi per favore tienilo per te
Rachel
  • Certo
  • Perché in realtà di cognome faccio Rogers e il mio vero nome è Marisa…
  • Ovviamente rimarrà tra noi due
  • E puoi parlarmene quando vuoi!
Drew
  • Lo apprezzo
  • Per ora stiamo capendo cosa fare.
  • Probabilmente dovrò trovarmi un lavoretto per aiutare, ma papà sta pensando di ipotecare la casa per pagare le spese mediche di Mikey… l’assicurazione non copre tutto e quindi…
  • Fanculo
Rachel
  • Ho dei soldi da parte
Drew
  • Non dirlo
  • Non voglio la carità
Rachel
  • Allora vedilo come un prestito
Drew
  • Se posso evito anche i debiti
  • Davvero Rachel
  • Va bene così
  • La risolverò
Rachel
  • Ok
 
 
-
 
Appartati in un tavolo d'angolo della Biblioteca della Blackwell, sotto un ampio finestrone che illuminava naturalmente la loro postazione, Rachel e Justin erano chini su libri di Algebra e compiti non finiti. Il ragazzo aveva preso l'ennesima D, Rachel l'aveva sentito lamentarsi sottovoce con Trevor di quanto non ci capisse niente e avesse bisogno di ripetizioni, ma non potevano permettersi un insegnante privato... così era intervenuta.
L'aveva fatto d'istinto, dopotutto aveva A+ in Algebra, non le costava nulla aiutarlo. Inoltre, Rachel sapeva che Justin era amico di Chloe. Magari avrebbe potuto estrapolare qualche informazione su di lei. Dopo il loro incontro nell'area fumo non aveva più veramente parlato con Chloe. Si erano solo scambiate saluti frettolosi nei corridoi, poche chiacchiere volanti in Caffetteria all'ora di pranzo che tuttavia la ragazza punk trascorreva rigorosamente in solitudine da qualche parte in cortile, dove poteva fumare e mangiare senza nessuno intorno. Rachel poteva capirla, ma queste sue abitudini rendevano difficile creare un qualsivoglia legame!
Chloe le piaceva. Aveva un fascino tenebroso e maledetto che trovava meraviglioso, soprattutto, Chloe era l'unica cui sembrava non fregare un cazzo di lei! Rachel era piuttosto sicura che chiunque altro avesse agganciato con la scusa della sigaretta le avrebbe almeno chiesto di scambiarsi i numeri o l'avrebbe cercata in qualche altro modo. Non Chloe.
Perché a Chloe non frega un cazzo di niente e di nessuno!
Rachel voleva superare quella barriera.
Non si poneva il problema del perché.
Forse era una sfida con sé stessa, forse un'infatuazione momentanea.
Non le importava.
Voleva conoscere Chloe Price, sapere cosa si celasse dietro quella faccia scontrosa che indossava quotidianamente. Rachel poteva intuirlo, era solo una maschera. Una corazza per difendersi da un ambiente ostile. Un po' come quella di Miss Perfettina che indossava lei, per non deludere suo padre e avere tutti i vantaggi accademici che quell'atteggiamento le garantiva. Ma nemmeno Rachel era soltanto quello. Era anche una semi-nerd con Megan e Steph, una diva del teatro con Keaton, era stata una grupie con Armond e ora giocava ad esserlo con Joel Brown, almeno fino ad Halloween. Non poteva negare che uscire con Joel le garantiva un modo educato per allontanare le attenzioni di Steph! La ragazza piaceva a Rachel, ma decisamente non nello stesso modo in cui Rachel piaceva a lei!
Tante maschere, a volte troppe per poterle gestire. Eppure, Rachel ci riusciva in qualche modo, pur desiderando potersele togliere tutte.
Si era ripromessa che al Liceo sarebbe stata sé stessa.
A volte non sapeva più cosa questo significasse.
Sempre che l'avesse mai saputo...
 
"Io sti fottuti polinomi non li capisco Rach..." disse Justin mentre la sua testa precipitava sbuffante sul libro aperto.
"Fosse l'ultima cosa che faccio te li farò entrare in testa!" annunciò Rachel.
"I miei neuroni sono bruciati..."
"Naaah... hai solo bisogno di più caffè!" scherzò Rachel.
"Caffeina per contrastare il THC!" commentò lo skater rialzando pesantemente il cranio.
"Forse possiamo aggiungerci un chilo di Twinky!" disse lei meditabonda scatenando le risatine ebeti di Justin. In realtà non aveva fumato per tutto il giorno, era solo un atteggiamento abituale. Essere il fattone del gruppo era la maschera di Justin. Rachel la vedeva distintamente e come per tutte le maschere, sapeva che c'era di più oltre. Infatti, Justin non era stupido. Dalle poche chiacchiere che avevano scambiato era emerso che i suoi problemi riguardavano esclusivamente le materie scientifiche, mentre in quelle artistiche e umanistiche aveva una media di B. Semplicemente, come Rachel, anche Justin era più portato verso la creatività. Si trattava solo di trovare la ricetta giusta per far attecchire i concetti.
 
"Facciamo una pausa dai!" concesse Rachel.
"Grazie! Io ti avevo avvertita che ero un caso disperato..." disse Justin rilassandosi contro lo schienale della sedia.
"Non è così Just. Dobbiamo solo trovare il metodo giusto. Nessuno è una causa persa, siamo solo diversi e non impariamo le cose nello stesso modo."
"Potresti prendere il posto del Prof Terry? Sei molto più gentile e simpatica!"
Rachel scoppiò a ridere "Cazzo lo spero!"
"Andiamo a prenderci quel caffè di cui parlavi..." disse Justin alzandosi.
"E i Twinky. Non scordarti dei Twinky!"
 
Lasciarono sul tavolo in biblioteca solo i libri di testo, portando zaini e oggetti di valore con loro in Caffetteria. Prelevarono entrambi una grossa tazza di caffè e dieci merendine da dividere, ma che Rachel era più che disposta a cedere interamente a Justin. Presero posto ad uno dei molti tavoli liberi.
"Comunque ti ringrazio per l'aiuto. Senza di te non saprei come fare..."
"Non preoccuparti. Lo faccio con piacere!"
"E... bella maglietta!" disse Justin indicandola con un cenno.
"Conosci gli Alice in Chains?" chiese Rachel
"Certo che si! Li preferivo prima che si sciogliessero... il loro sound è sempre cazzuto, ma ho l'impressione che si siano un po' commercializzati... non so... è cambiato qualcosa!" spiegò Justin.
"Beh... è morto Staley... è cambiato parecchio direi!" scherzò Rachel.
"Beh si... però i cantanti non dovrebbero essere così importanti in un gruppo. Cioè, non più di chitarra, basso o batteria. Mi spiego?"
Rachel si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, facendo oscillare la piuma blu: "Credo di sì! Intendi che i cantanti non dovrebbero determinare lo stile di una band più di qualunque altro membro?"
"Esatto! L'hai detto meglio tu!" esclamò Justin entusiasta.
Rachel sorrise per quella reazione. Ecco il vero Justin, non biascicava più le parole, il suo tono era pulitissimo e analizzava le cose in modo lucido! Bastava parlare di qualcosa che amava. Valeva così per tutti probabilmente...
“Buon punto! E qual è la tua canzone preferita?" chiese Rachel.
"Nutshell! Ha quel sound malinconico che mi piace!" disse Justin senza esitazione "Poi in realtà va a periodi, credo che questo sia il periodo Nutshell! E la tua?"
Rachel meditò alcuni istanti: "Non è facile. Non ho canzoni preferite in genere, ma forse sono in un periodo da Down in a Hole..."
"Woah... è tosta come canzone! Cioè... ha un testo..."
"Tetro?" concluse Rachel per lui.
"Decisamente tetro! Non ti facevo così dark!"
"Down in a hole
Feelin' so small
Down in a hole
Losin' my soul
I'd like to fly
But my wings have been so denied"
 
canticchiò Rachel ripetendo il ritornello della canzone.
"Esatto!" annuì Justin
"Mi piace essere sorprendente!" ammiccò Rachel. Sembrò arrivato il momento buono per aprire le indagini: "Anche Chloe era molto sorpresa quando ha scoperto che conosco i Firewalk!"
"Conosci i Firewalk?!"
Rachel scoppiò a ridere: "Ecco appunto!"
"E soprattutto... non sapevo che uscissi con Chloe!" disse Justin, assumendo un altro tono. Quello del gossip!
"Non usciamo. Le ho scroccato una sigaretta e abbiamo fatto due chiacchiere un paio di settimane fa. È stato bello! Non frequento molta gente con cui posso parlare di musica alla pari!" ammiccò Rachel.
"Ma sentila! 'Alla pari'!" sghignazzò Justin "Meno male che non c'è Chloe a sentirti!"
"Perché? È così esperta?"
"Più di me sicuramente! Cazzo dovresti troppo uscire con noi una sera! Voglio assistere ad un duello fra voi due!" Justin era incredibilmente eccitato all'idea.
"Pffth... magari mentre indossiamo solo un bikini in una piscina di fango?!" sghignazzò lei.
"L'hai detto tu! Io non mi oppongo!" Justin si sporse all’indietro sullo schienale della sedia, braccia spalancate con fare innocente.
"Posso immaginare! Però io non so andare in skateboard."
"Ti insegno io. Almeno ricambio per le ripetizioni!"
"Grazie! Che combinate in genere quando uscite?" chiese Rachel.
"Beh... cazzeggiamo... andiamo in skateboard, se c'è brutto tempo prendiamo provviste e andiamo a casa di qualcuno a giocare alla Play o all'XBox. In primavera facciamo dei falò in spiaggia!"
"Provviste?"
"Erba, cibo e birra!" disse lui candidamente, scatenando l'ilarità di Rachel.
"Pensi di corrompermi così facilmente?"
"Lo sei già sorella!" commentò Justin.
"Forse! Beh... penso sia ora di tornare all'Algebra che ne pensi?"
"Noooooooo...." eeeed ecco di nuovo Justin che precipita nel mood biascicante fattone "No no no... servono più Twinkies e caffè!"
"Avanti! Puoi farcela! Altrimenti non potrai insegnarmi ad andare in skateboard!"
Justin sembrò quasi drizzare le orecchie.
"Ok ok... andiamo!"
 
-
 
Rachel uscì dall'ufficio del Preside, dopo aver organizzato la pila di circolari e la corrispondenza che ingombrava la sua scrivania. Da pochi giorni si occupava di questa nuova mansione, relativamente impegnativa, ma divertente a suo modo.
Era cominciato all'inizio di quella settimana, quando Rachel era stata convocata a sorpresa da Wells, il quale le aveva comunicato il suo orgoglio per il suo rendimento, comportamento e attenzione alla comunità scolastica.
"Mi ha molto colpito il fatto che tu abbia deciso di aiutare un compagno in difficoltà a recuperare una materia... Justin Williams giusto?" disse Wells con la sua voce baritona.
"Esatto Signore. Non è una gran cosa. Aveva bisogno di aiuto e gliel'ho dato!" sorrise lei seduta davanti alla scrivania ingombra di documenti. Alle pareti non c'erano quadri, ma alcuni diplomi e riconoscimenti incorniciati, tutti riguardanti le cospicue specializzazioni e riconoscimenti di Raymond Wells. Il resto della stanza era una sorta di archivio strapieno di documenti scolastici, che straripavano letteralmente ovunque.
Il preside si accorse dell'attenzione di Rachel all'aspetto della stanza e proseguì:
“E’ proprio per questo tuo atteggiamento positivo che ti ho convocata. Come vedi abbiamo un problema di... organizzazione!" disse indicando con un vago imbarazzo la stanza.
Rachel annuì con un sorriso comprensivo.
"Non voglio caricarti di ulteriori impegni, ma sei una ragazza sveglia e disponibile e voglio offrirti l'opportunità di arricchire il tuo curriculum con crediti extra e al tempo stesso essere d'aiuto alla comunità Blackwell!"
Rachel trovava insopportabile quel modo di girare intorno al punto del discorso. Suo padre lo faceva in continuazione quando voleva qualcosa da lei... o da chiunque. Wells non era diverso. Evidentemente era una tecnica che insegnavano all'università dei manipolatori. Attese pazientemente che Wells facesse il suo giro e che finalmente arrivasse alla richiesta.
"Vorrei che diventassi la mia assistente personale, vale a dire che ti occupassi di organizzare la documentazione del mio ufficio in modo da sveltire il mio lavoro. Dalla segreteria le comunicazioni mi arrivano in ordine sparso e vengono depositate sulla mia scrivania senza criterio di priorità o rilevanza. Di solito chiedo questo genere di aiuto a studenti Senior, ma nel tuo caso faccio un'eccezione. Perlopiù si tratta di lavoro di archivio e organizzazione. È una grossa responsabilità poiché ti dà accesso al mio ufficio e a documentazioni sensibili. Ma mi fido di te. Inoltre l'impegno sarebbe limitato, dovresti presentarti in segreteria per le nove e solo a volte alle otto."
Ovviamente, Rachel aveva accettato.
Come dire di no?
Rachel raramente diceva no a qualcosa di nuovo e potenzialmente utile o stimolante. Certo, le fecero firmare un documento in cui si impegnava a non divulgare nessuna informazione cui avesse avuto accesso, intenzionalmente o meno, ma questo non le impedì di dare comunque una sbirciata alle circolari che le passavano sotto mano e ai dossier degli studenti!
Naturalmente guardò quello di Chloe.
Scoprì che suo padre era morto il 28 settembre 2008, e intuì immediatamente il motivo della sua assenza lo stesso giorno di quell'anno...
Scoprì che i suoi problemi comportamentali erano cominciati allora, insieme al crollo dei voti.
Scoprì che per un po' aveva frequentato la counselor della scuola, a intermittenza, finché non aveva smesso. Su quel dossier c'era un elenco infinito di segnalazioni, infrazioni e punizioni, con commenti dei professori.
Rachel si sentì in colpa.
Erano informazioni molto personali, avrebbe preferito che fosse Chloe a rivelargliele. Scoprirle in quel modo le parve una violazione... così chiuse il dossier e tentò di cancellare tutto dalla sua memoria.
Non così facile!
Ora capiva molte cose, ad esempio perché Chloe fosse così diffidente verso gli altri.
Era stata bullizzata per un intero anno, finché non aveva cominciato a reagire, passando dalla parte del torto secondo Wells e il resto dei professori. Ma cosa si aspettavano? Una ragazza che ha perso il padre in quel modo non può semplicemente farsene una ragione e andare avanti. Lei stessa, nonostante l'atteggiamento di James, come avrebbe mai potuto sopportare di perderlo? Era suo padre cazzo! Era il suo mondo...
 
Quel giorno uscì dalla segreteria, Wells non era ancora arrivato, ma la signorina Hansen l'aveva gentilmente liberata dall'onere di aspettarlo.
E di colpo l’aveva sentito...
"Lascia stare Nathan!" disse un'acuta voce femminile.
"Sai una cosa Prescott? Ti faccio un favore! Non puoi stare nella squadra e occuparti di questa merda!" questo invece era Drew.
"Sei un bastardo! Ridammelo o ti ammazzo!!" Nathan... che cazzo stava succedendo?
"Sparisci idiota!" Era la voce di Chloe? Sembrava molto incazzata!
"Cosa cazzo mi hai detto?" Replicò Drew!
Rachel si avvicinò al portone della Blackwell e li vide, ai piedi della scala, che si fronteggiavano.
Drew brandiva un quaderno nero, che Rachel riconobbe come il portfolio di Nathan, il quale era lì accanto, atterrito. Chloe era pericolosamente vicina a Drew, faccia a faccia, incurante della mole di muscoli che la stava sfidando. C'era anche quella matricola, Samantha Myers, visibilmente preoccupata.
Rachel sgranò gli occhi, sgomenta e confusa.
"Idiota! Oh scusa! Non sei abituato a parole così lunghe? Non preoccuparti, ci sono gli insegnanti di sostegno..."
Pffh... Chloe sei fantastica, ma non esagerare...
"Stai davvero difendendo Nathan Prescott?"
"Congratulazioni! Sei riuscito a farmi impietosire per lo stronzetto viziato. Questo la dice lunga su quanto sei stronzo!" incalzò Chloe senza smuoversi di un millimetro.
Doveva intervenire? Rachel non aveva assistito all'inizio, ma era piuttosto chiaro che Drew aveva infastidito Nathan in qualche modo, poi Chloe e Samantha erano intervenute. Doveva chiamare Skip? Non lo vedeva in giro...
Cazzo...
"Sei fuori di testa! Vedi di farti i cazzi tuoi!" gridò Drew
"Non hai idea di quanto sia pazza! Continua a provocare e lo scoprirai!"
"Vuoi prenderle?!" Drew si avvicinò allargando le braccia come un orso, aumentando la sua ombra. Chloe, per nulla intimidita si avvicinò a lui di un mezzo passo. I loro volti erano così vicini che potevano toccarsi.
Woah Chloe...
Rachel mise una mano sulla maniglia.
"Vuoi duellare per la tua bromance con Nathan? Sei così innamorato di lui! Avanti, perché non te lo fai qui?!"
Rachel iniziò ad aprire la porta.
Samantha scoppiò a ridere, attirando l'attenzione di Drew.
Rachel si fermò.
"Che cazzo ridi tu?" sbraitò Drew.
"Chloe ti sta facendo il culo!" replicò Samantha divertita.
"Chiudi il becco matricola!"
"Tu chiudi il becco!" sbottò la ragazza, nello stupore generale.
Drew si allontanò da Chloe, trovandosi accerchiato dalle due ragazze e Nathan.
Rachel era indecisa.
Intervenire, non intervenire...
La situazione sembrava essersi disinnescata...
Ma dove cazzo era Skip??
"Fanculo Prescott! Sei fortunato... ti sei fatto difendere da due ragazze! Riprenditi le tue merda di foto!" e gettò a terra il portfolio di Nathan, prima di andarsene imbufalito.
Nathan si chinò a raccogliere il quaderno, mentre Samantha si avvicinò a lui. Di colpo il ragazzo scattò contro Chloe:
"Pensi che abbia bisogno di aiuto?! Da te?? Fatti i cazzi tuoi!!!" strillò istericamente prima di correre via.
Rachel si portò una mano delusa al viso.
Nathan... sai essere un vero idiota...
La situazione sembrava essersi calmata e proprio in quel momento suonò la campanella della prima ora.
Rachel fece alcuni passi indietro, cercando di elaborare ciò che era successo.
Si massaggiò la fronte e lanciò un ultimo sguardo all'esterno, notando che era rimasta solo Chloe e che Skip si era finalmente palesato.
Alla buon'ora!
Si avviò per raggiungerla e darle manforte...
"Miss Amber?"
Lei si voltò...
"Preside Wells!"
"Grazie di avermi aspettato fin adesso, ma non è necessario che arrivi in ritardo alle lezioni!" lui sorrise. Era un tentativo di ironia probabilmente. Rachel regalò una risatina.
"Certo che no! Le auguro una buona giornata!" disse lei cordialmente.
"Altrettanto!"
E Rachel si allontanò e fece rotta verso la classe di Storia Americana.
Ricordò in quel momento che quella classe la condivideva con Chloe...
 
-
 
Come sempre, Chloe era in ritardo ed Eliot era seduto nel banco a sinistra del suo, guardando la porta in attesa come un cagnolino che aspetta il padrone. Ma c’era qualcosa di diverso.
Rachel Amber era seduta nel banco alla destra di Chloe.
Difficile non notarla.
Appena entrata in classe dopo l’alterco con Drew, Chloe aveva incrociato lo sguardo nocciola di Rachel. Aveva una strana luce negli occhi, come una specie di contentezza che non riusciva a giustificare.
Si sarà fatta una scopata!
Eliot si profuse in gesti di saluto verso Chloe, che ricambiò imbarazzata, dirigendosi fino al suo posto.
"Grazie di averci degnati della tua illustre presenza Chloe!" disse il professor Fitzpatrick con le mani sui fianchi, lasciando prendere aria alle ascelle sudate.
"So che le mancherei troppo prof!" lo schernì lei, scatenando un brusio di ilarità nella classe.
Il professore perse la sua baldanza e un'ombra calò sul suo viso: "Vedi di tacere e prendi il libro!" disse sgarbatamente.
"Agli ordini!" bisbigliò Chloe eseguendo.
Lanciò uno sguardo a Rachel, già con libro e quaderno aperti, penna in mano pronta a prendere appunti.
Miss Perfettina Amber mode on.
Mentre Chloe sistemava le sue cose con la voglia di vivere di un bradipo, Eliot si chinò verso di lei. Troppo vicino!
“Come stai?” le chiese con un sorriso.
“Tutto ok!” disse lei tentando di tagliare corto.
“Come mai eri in ritardo? È successo qualcosa?” chiese Eliot, sempre sorridendo. Quel suo strano sorriso di circostanza.
“Coso… sono io. Mi riconosci? Chloe Price?” sibilò lei.
“Chloe!!” il richiamo di Fitzpatrick la fece trasalire “Vuoi fare un altro giro in Presidenza? Un’altra macchia sul tuo curriculum scolastico?”
Lei sbuffò e lanciò un’occhiataccia a Eliot, che si ritirò al suo posto con lo sguardo basso e pentito.
“Scusi scusi… faccio la brava…” rassicurò Chloe tentando di non sembrare strafottente. A Fitzpatrick bastò e ricominciò la spiegazione.
Se il primo anno era stato orientato alle civiltà precolombiane, il secondo era iniziato con la felice scoperta *slash* invasione dell'America da parte di Colombo, con tanto di approfondimenti sul Columbus Day. Quel giorno il Prof Fitzpatrick stava spiegando in dettaglio le origini della festa del Ringraziamento, quando i padri pellegrini calvinisti si trovarono ad affrontare un inverno rigido e un raccolto scarso. Così i nativi giunsero in loro soccorso, portando cibo e sementi che potessero attecchire. In cambio ricevettero Bibbie e coperte al vaiolo!
Breve storia triste!
Per Chloe era l'ennesima prova che fidarsi era da coglioni!
Proprio in quel momento una manina minuta al cui polso era legato un braccialetto azzurro posò furtivamente qualcosa sul suo banco. Chloe si voltò verso il pezzetto di carta ripiegato vicino al suo astuccio e guardò Rachel con espressione interrogativa.
Lei le sorrise e fece un cenno verso il bigliettino.
Chloe fece spallucce e attese che Fitzpatrick non la guardasse per leggere il messaggio.
 
Ho visto come hai difeso Nathan. Mi dispiace che Drew si sia comportato da stronzo... conosco tutti e due e non sono cattive persone.
 
Chloe era confusa.
Strappò un pezzetto di carta dal suo quaderno e scrisse una risposta:
 
Quindi eri nascosta dietro un cespuglio a spiare la scena? Sei una stalker? Perché non sei intervenuta?
 
Glielo passò di straforo e Rachel lo prese immediatamente.
Sembrava ansiosa di vedere la risposta.
La sentì soffiare una risatina soffocata e la guardò scrivere un nuovo bigliettino, prontamente recapitato.
 
Non dietro un cespuglio, stavo uscendo dalla segreteria e vi ho sentiti litigare. Volevo intervenire ma ho visto che avevi tutto sotto controllo, poi è suonata la campanella e ora siamo qui! Comunque sei davvero cazzuta! Non conosco nessuno che reagirebbe così contro Drew.
 
Chloe continuava ad essere confusa.
Non riusciva a capire perché Rachel continuasse a cercarla...
Non che le desse fastidio. Avrebbe voluto, ma ne era quasi… contenta?
Non voleva esserlo!
Non poteva permetterselo!
Con la coda dell’occhio intravide Eliot guardare nella sua direzione. Aveva uno sguardo interrogativo e fece un cenno silenzioso verso Rachel. Chloe fece spallucce e gli sorrise, come a dire “Boh!”
 
Strap!
Scrib scrib...
 
Non è stata una gran cosa. Odio i bulli e con loro funziona solo l'aggressività. Probabilmente me le avrebbe date... e comunque Nathan mi ha mandata a fanculo per averlo difeso e di sicuro daranno la colpa a me quindi... nessuna buona azione rimane impunita.
 
Sentì Rachel sbuffare
 
Non essere così disfattista. Non possono darti la colpa, è evidente quello che è successo!
 
Chloe sorrise amaramente.
Rachel... dolce bimba d'estate... Lo dicevo che non vivi nel mondo reale! Pensò di scriverle.
Optò invece per un:
Ok!
 
Quell'ultimo bigliettino sembrò lasciare interdetta Rachel. I monosillabi sembravano confonderla. Le lanciò uno sguardo indagatore e poi sorrise, strappò un altro lembo di foglio del quaderno, che ormai era ridotto della metà, e scrisse un nuovo messaggio:
 
Ti va di uscire più tardi? Scambiamoci i numeri. Questo è il mio...
 
Chloe rimase a fissare il bigliettino, probabilmente con un'espressione molto simile a quella di Rachel pochi istanti prima.
Era evidentemente una presa per il culo, solo più elaborata. Come Marisa all'inizio che sembrava tutta amica, poi si è trasformata in una puttana. Rachel era sicuramente uguale. Erano tutti uguali...
O magari no?
 
A Chloe venne in mente quella scena del Signore degli Anelli in cui Gollum litiga con sé stesso. Sentiva improvvisamente di poterlo capire. Eliot alla sua destra guardava in avanti, ma si spostava continuamente sulla sedia, come per aggiustare la posizione, sporgendosi sempre un po’ di più verso Chloe. Voleva sbirciare il bigliettino?? Chloe sghignazzò interiormente.
Lanciò uno sguardo a Rachel che stava seguendo la lezione ma era chiaramente protesa verso di lei, in attesa della risposta.
Cosa fare?
 
Qualcuno bussò alla porta.
"Avanti!" disse Prof Fitzpatrick.
Skip varcò la soglia, accolto da alcuni fischi e "Wooop!" che lo fecero scoppiare a ridere. Recuperò subito la serietà.
"Devo portare Chloe Price in presidenza..." disse al professore.
"Ma che sorpresa... sentito Price? Non serve nemmeno che ti ci mandi io!" replicò Fitzpatrick ironicamente.
"Wells ama la mia compagnia... che posso farci? Mi darà dei crediti extra immagino!" commentò Chloe alzandosi e benedicendo quell'imprevisto che l'aveva salvata dal dilemma in cui si stava perdendo.
Lanciò un ultimo sguardo a Rachel nella cui espressione vide qualcosa. Delusione? Preoccupazione?
Le stesse emozioni che vide sul volto di Eliot.
La classe rise alla battuta di Chloe che raggiunse Skip.
In breve, i due si trovarono soli nel corridoio, avviati verso l'atrio.
"Che succede?" chiese Chloe?
"Lo sai che io faccio le consegne e basta..." replicò Skip.
"Non viola i diritti civili questo modo di fare? Tipo, un arrestato non dovrebbe sapere il motivo dell'arresto o merda del genere??"
Skip sghignazzò: "Non sei mica in arresto! E comunque la scuola serve ad abituarti alla violazione dei tuoi diritti, così da grande non protesterai!"
"Come cazzo fa uno come te ad essere il capo della sicurezza in una scuola privata di fricchettoni?!" lo schernì Chloe.
"Sai... Ho prestato servizio nell'esercito. Per fortuna ero nelle comunicazioni e non ho combattuto, ma ho visto come funzionano le cose e ho deciso di mollare. Ma poi quando torni a casa devi pagare l'affitto e quindi... dire che sei stato nell'esercito ti apre qualche porta a volte!" Skip fece spallucce.
"Beh... sono contenta che ci sia uno come te qui, invece di uno stronzo traumatizzato come il fidanzato di mia madre..." commentò acidamente Chloe.
"Tua madre sta con un veterano?" disse Skip stupito.
"Si... una testa di cazzo totale..."
"Ha combattuto?" Skip si era fatto piuttosto serio.
"Si, in Afghanistan mi pare... non ne parla mai e comunque non voglio sapere..."
"Fai bene. Io ho avuto fortuna, ma chi parte per combattere non torna mai tutto intero..."
"Non è una scusa per essere uno stronzo fascista!"
Skip alzò le mani: "Non dico questo. Dico solo che la guerra distrugge le persone."
Chloe fece spallucce. Non aveva nessuna intenzione di proseguire il discorso. Se l’avesse fatto avrebbe rischiato di ammettere che una parte di lei provava pena per David ed era triste per lui. Era un uomo spezzato dalla vita… avrebbe potuto quasi comprenderlo. Ma non voleva! Lui ERA e DOVEVA rimanere lo stronzo usurpatore del posto di suo padre al tavolo e nel letto di sua madre. Il pezzo di merda che voleva imporle disciplina e ordine e che la trattava continuamente a pesci in faccia. Tutte cose vere e incontrovertibili! I problemi di David, la sua vita del cazzo, non dovevano diventare anche i problemi di Chloe. Lui non doveva far parte della sua vita!
Infine, raggiunsero la segreteria e...
Di colpo dei passi concitati echeggiarono alle loro spalle nel corridoio.
Entrambi si voltarono e videro Rachel correre verso di loro.
"Ehm... Rachel che ci fai qui?" chiese Skip, dando voce al pensiero di Chloe.
"So perché Chloe è stata convocata. È per il litigio di stamattina. Io ho assistito e quindi posso dare una testimonianza esterna dell'accaduto!" disse lei.
"Ma non è detto che sia per quello..." disse Skip "Non so nemmeno io perché è convocata..."
"Si che lo sai Skip, tu sei il Capo della Sicurezza. Sai SEMPRE perché gli studenti vengono convocati. Sono l'assistente di Wells, con me non puoi fare il finto tonto..." sorrise compiaciuta Rachel.
"Aaah... è così Skip? Prendi per il culo gli amici?" il tono ironico di Chloe mascherò la sua delusione.
"Non è questo... io..." Skip si grattò la nuca, colto in castagna.
"Me ne ricorderò..." disse Chloe.
Fanculo... poi uno non deve essere diffidente.
Tutti mentono
Nessuna FOTTUTA eccezione!

“Ok… vieni anche tu, ma Fitzpatrick sa che sei qui?” si accertò Skip.
“Certo!” replicò Rachel.
“Mmmh… ok…” appena Skip si voltò Rachel fece l’occhiolino a Chloe. Quel modo di fare era oggettivamente intrigante e comunque… forse avere un’alleata nell’ufficio di Wells per una volta sarebbe stato un bene. Sempre che non fosse un trucco di qualche tipo…
Fottuta paranoia…
Chloe lasciò Skip andare avanti di qualche passo e si avvicinò a Rachel, chinandosi leggermente verso di lei. Aveva un buon profumo… gelsomino?
“Il prof lo sa davvero che sei qui?” bisbigliò Chloe.
Rachel la fissò con un ghigno: “Ovviamente no… gli ho detto che andavo in bagno…” sussurrò lei.
Sempre
Più
Intrigante
 
L'ufficio di Wells era decisamente più ordinato da quando Rachel ci aveva messo mano. Aveva organizzato gli spazi in modo che ogni angolo della stanza fosse deputato ad una specifica funzione: angolo raccoglitori per questioni importanti ma non urgenti, scrivania numero due per le questioni rimandabili o delegabili, scrivania del preside per tutte le questioni urgenti da sbrigare immediatamente. Ovviamente tutto suddiviso per tipologia di documento, dalle comunicazioni interne, alle lettere di genitori, ex alunni e istituzioni, ai report degli insegnanti, e così via. Quando Rachel voleva sapeva essere davvero puntigliosa, ai limiti dell’autismo!
Chloe non era al corrente di tutto questo, ma notò il maggior ordine nell'ufficio di Wells, che era seduto alla sua scrivania con già indosso la faccia da Inquisizione Spagnola. L'espressione si sciolse nello stupore quando vide Rachel al suo fianco.
"Miss Amber? Non sei stata convocata, come mai sei qui?"
"Io..." tentò di spiegare Skip, ma Rachel lo interruppe.
"Ho assistito al litigio per cui ha convocato Chloe e posso fornire una testimonianza dell'accaduto."
"Quindi sai perché siamo qui..." Wells lanciò uno sguardo laser a Skip, che lo evitò fingendo di guardarsi intorno con le mani in tasca.
"Molto bene..." continuò Wells.
"Sedetevi... grazie signor Matthews..."
Skip si ritirò in silenzio e le due ragazze presero posto davanti alla scrivania di Wells.
"Dunque... Miss Price! Ci vediamo un po' più spesso di quanto sarebbe tollerabile." esordì tornando al volto minaccioso.
Chloe sogghignò: "Le nostre conversazioni sono molto più interessanti delle lezioni!"
"Meglio non fare la gradassa Price. Questa volta la situazione è grave. Parliamo di bullismo..."
"Certo!" annuì Chloe, svaccata sulla sedia.
"Ho saputo di quel che è accaduto con Nathan Prescott, comportarsi con violenza verbale o fisica nei riguardi di un altro studente è inaccettabile, così come le minacce di qualsiasi genere!"
"Sono d'accordo!" annuì Chloe, sapendo già dove stava andando la conversazione. Non aveva nemmeno intenzione di combattere. Era rassegnata.
Rachel era ancora zitta, in ascolto.
"Bene! quindi condividerai il mio provvedimento di sospensione nei tuoi riguardi!" affondò Wells, stufo della condiscendenza di Chloe.
Lei fece spallucce.
Rachel la guardò stupefatta. Prima lei, poi Wells.
“Per iniziare ti sospendo tre giorni e voglio un colloquio con tua madre…”
"Forse dovrebbe dire queste cose a Drew, il vero responsabile delle cose di cui sta parlando..." lo interruppe Chloe con un tentativo privo di speranza.
"Drew North ha una situazione particolare, inoltre i testimoni che ho ascoltato dicono che sei stata tu a prendertela con Nathan. Non ho altra scelta che..."
"Mi scusi Preside Wells... ma Chloe ha ragione!" la voce di Rachel zittì Wells, preda dello stupore.
"Cosa?" disse lui.
"Io ho assistito all'intera scena. Drew ha minacciato Nathan e gli ha sottratto il suo portfolio, allora sono intervenute Samantha Myers e Chloe per difenderlo. Drew si è comportato in modo minaccioso con Chloe ma lei lo ha affrontato e alla fine la situazione si è risolta senza danni e senza violenza. Penso che dovrebbe davvero rivedere la sua posizione!" la voce di Rachel forte, salda, imperiosa. Sia Wells che Chloe ne furono stupiti, per motivi totalmente diversi.
E la confusione di Chloe aumentava…
Rachel la stava difendendo davvero?
Certo in effetti aveva detto di essere lì esattamente per quello...
Ma... sul serio?
"Miss Amber sei sicura della tua versione? È in netto contrasto con ciò che ho sentito dal signor North e dal signor Prescott..."
"Pffhahahah... Incredibile!" Chloe scoppiò in una risata amara.
"Price?!" sbottò Wells.
"Prima lo difendo e poi mi accusa... è proprio una merdina... avrei fatto bene a lasciarlo pestare..." Chloe partì a ruota libera, parlando più con sé stessa che con Wells.
"Basta così! Quindi confermi la versione di Rachel?" chiese Wells.
"Si, confermo..." disse Chloe massaggiandosi stancamente gli occhi e la fronte, con un sorriso esausto sul volto.
Wells affondò nello schienale della poltrona, contemplando il da farsi.
Chloe si sentì sfiorare il ginocchio destro e d'istinto si ritrasse. Vide Rachel con la mano protesa verso di lei e il viso sorpreso dalla sua reazione. Chloe comprese...
Rachel voleva solo confortarla.
Rachel era lì per aiutarla. Davvero!
Rachel aveva allungato una mano verso di lei per sostenerla e lei l'aveva respinta.
Non c'era niente di contorto in tutta questa situazione.
Per qualche motivo ignoto, Rachel Amber era al suo fianco nel momento del bisogno.
Non poteva dire lo stesso di nessun'altro da molto tempo...
Si sentì incredibilmente stupida.
Rachel le sorrise, forse lesse sul suo volto tutto quel turbinio di pensieri e sensi di colpa.
"Bene!" sbuffò Wells "Evidentemente la situazione non è limpida come sembrava. Miss Price, sei libera di andare. Miss Amber, rimani ancora un momento..."
Chloe sentì accelerare i battiti.
Che cazzo voleva ora da Rachel?
Esitò, fissando lo sguardo prima su Wells e poi su Rachel.
"Ho bisogno di parlare in privato con Rachel, cortesemente..." incalzò Wells indicando la porta.
"O-ok..." tentennò Chloe.
Rachel le lanciò uno sguardo che sembrava dire "è tutto ok!"
 
Chloe uscì dalla stanza e chiuse la porta alle sue spalle. Sarebbe rimasta ad origliare, ma la signorina Hansen le lanciò uno sguardo tagliente, così si allontanò. Decise però di appostarsi fuori dalla segreteria.
Fanculo... adesso Wells voleva punire Rachel per averla aiutata?
Non dovette aspettare molto tempo, pochissimi minuti dopo Rachel uscì dall'ufficio e salutò cordialmente. Uscendo incappò in Chloe.
"Oh! Mi hai aspettata!" disse lei sorridente.
"Si! Che cazzo voleva Wells?" chiese con ansia.
"Chiedermi alcuni dettagli in più sulla faccenda. Niente di che..."
"Non mi dici cazzate vero? Non ti ha ripresa perché mi hai aiutata?"
Rachel la guardò stupefatta: "No! Perché avrebbe dovuto?"
"Perché è uno stronzo... qui lo sono tutti... hai visto che voleva darmi la colpa??" Chloe parlava a macchinetta.
"Calmati. La cosa si è risolta. Wells si fida di me altrimenti non sarei la sua assistente..."
"Si... ok..." Chloe prese un profondo respiro e si massaggiò la fronte "Scusa..."
"Non ti preoccupare. Macchinette? Caffè?"
"Una birra sarebbe meglio... ma anche un caffè lurido va benissimo!"
Rachel sghignazzò.
 
Mentre l'ingombrante macchina produceva la sua acqua sporca, Chloe si appartò sul lato ed estrasse un pennarello dalla tasca. Rachel lo notò e istintivamente si guardò intorno per farle da palo. Quando Chloe rimise a posto il pennarello, Rachel andò a vedere il risultato: una caricatura di Drew e Nathan che si baciavano, con tanto di gocce di saliva che colavano tra le loro bocche. Sopra di loro la scritta “Bromance” circondata da nuvolette e cuoricini.
Rachel scoppiò a ridere mentre Chloe ritirava il caffè dalla macchinetta.
"Cosa?"
"Il tuo disegno è spettacolare!" sghignazzò Rachel.
"Grazie..."
"Hai talento!"
"Non direi..."
"Ce l'hai. Non dovresti sottostimarti."
Chloe fece spallucce, guardò il bicchierino di plastica con il caffè e lo porse a Rachel, che restituì un sopracciglio alzato.
"Lascia che ti offra almeno un caffè visto che mi hai salvato il culo." disse Chloe senza incrociare il suo sguardo.
"Grazie! Lo accetto ma non basta per essere pari!" replicò lei prendendo il caffè.
Ecco... lo sapevo...
Arriva il ricatto...

"Che vorresti allora?" sbuffò Chloe.
"Che rispondi al mio ultimo bigliettino..."
"Eh?"
Rachel ridacchiò: "Ti va di uscire più tardi? Ci scambiamo i numeri?"
Sul serio??
Chloe precipitò sulla terra e le ultime nubi di paranoia si dispersero.
"Ah... oh... si ok! Cioè... non posso uscire dopo, sono in punizione, ma possiamo scambiarci i numeri. Si! Totalmente!"
"Perfetto! Beh usciremo un'altra volta... Mi presti il tuo pennarello?"
Chloe la assecondò, quindi Rachel le porse il suo caffè, le afferrò la mano destra e le scrisse il suo numero sul palmo. Dopodiché restituì il pennarello e si riprese il caffè, porgendo la sua mano destra. Chloe la fissò alcuni momenti e sorrise divertita. Le scrisse il numero.
"Ora siamo pari Chloe Price!" ammiccò.
 
-
 
Eliot
  • Ciao Chloe!
Chloe
  • Hey!
Eliot
  • Che voleva Wells da te oggi?
Chloe
  • Fare lo stronzo…
  • Come sempre!
Eliot
  • Qualche dettaglio in più??
Chloe
  • Niente…
  • Oggi Drew faceva lo stronzo con Nathan Prescott e io l’ho difeso
  • Wells voleva dare la colpa a me
  • Se non fosse stato per Rachel che si è imbucata nell’ufficio e ha raccontato la verità mi avrebbe sospesa
Eliot
  • Rachel era con te??
Chloe
  • Yup!
Eliot
  • Ho visto che vi scambiavate bigliettini in classe
  • Che voleva da te?
Chloe
  • Ma niente Coso!!
  • Che hai?
Eliot
  • Nulla
  • Sono preoccupato per te
Chloe
  • Non esserlo
  • Va tutto bene
  • Sto a meraviglia
Eliot
  • Ok
  • Vuoi che passi da te?
  • Un po’ di compagnia durante la punizione?
Chloe
  • No
  • Non preoccuparti Eliot
  • Ma grazie
Eliot
  • Ok!
 
-
 
Rachel
  • Ciao Nate
  • Cos’è successo stamattina?
Nathan
  • Di che parli?
Rachel
  • So di Drew e di Chloe che ti ha difeso
  • Vi ho visti
  • Perché hai dato la colpa a lei?
  • Se non avessi raccontato a Wells la mia versione ora l’avrebbero sospesa.
Nathan
  • Fanculo la prossima volta sta fuori dai piedi
  • Avevo tutto sotto controllo
Rachel
  • Ah sì?
  • Ho visto come avevi in pugno la situazione.
Nathan
  • Tu sei anche amica di quello stronzo
  • Perché non te la prendi con lui??
Rachel
  • Arriverà anche il suo turno.
  • E non me la sto prendendo con te!
  • Voglio solo sapere cos’è successo e perché hai mentito a Wells
Nathan
  • Drew voleva buttare il mio portfolio nella fontana
  • È da giorni che mi sta addosso
  • Mi ha detto di non fare il suo nome o me ne sarei pentito…
  • Mi dispiace non volevo mettere in mezzo nessun’altro
  • Ho pensato che comunque anche Samantha aveva visto tutto e avrebbe detto la verità…
  • Non lo so
  • Mi dispiace
Rachel
  • Ok
  • Non è successo niente, ho parlato con Wells e Chloe non c’è andata di mezzo
  • Ma non mentire su queste cose
Nathan
  • Mi dispiace
Rachel
  • È tutto ok
  • Ora devo prendere a calci in culo Drew
Nathan
  • 😊
 
-
 
Rachel
  • Drew mi spieghi cos’è successo stamattina??
Drew
  • Ciao anche a te!
  • Non so di che parli…
Rachel
  • Si che lo sai!
  • Prima bullizzi Nathan che sai essere un mio amico
  • Poi lo minacci perché incolpi qualcun altro??
  • Che ti succede?
Drew
  • Che ne sai di quello che è successo?
Rachel
  • Ero lì e ho visto tutto.
Drew
  • Lo stronzetto ha parlato…
Rachel
  • PRIMO
  • Lascia stare Nathan
  • SECONDO
  • Sono preoccupata per te
  • Comportarti in questo modo non è da te
Drew
  • Non sai un cazzo di me né di quello che sto passando
  • A volte devi scegliere da che parte stare
  • Vuoi stare dalla parte di Nathan o dalla mia?
Rachel
  • Sei serio?
Drew
  • Serissimo
Rachel
  • Allora fottiti
  • E stai alla larga da Nathan
  • Se recuperi il cervello dal buco del culo sai dove trovarmi e mi aspetto delle scuse
  • Ah… visto che sei stato troppo coniglio per assumerti le tue responsabilità ci ho pensato io a spiegare a Wells come sono andate le cose.
  • Se non l’avessi fatto avresti fatto sospendere ingiustamente una persona che non se lo merita.
  • Riflettici
Drew
  • Sei una stronza…
  • Mi metti pure nei casini…
  • Vaffanculo!!!!
 
-
 
A volte sembra che l'universo abbia un suo strano modo di riportare l'equilibrio nelle cose. Un modo distorto e sadico. Prima ti fa accadere qualcosa che ti rende felice, che ti fa ben sperare nella vita… poi rimedia subito.
Quella mattina, dopo essersi scambiate i numeri, Chloe e Rachel tornarono in classe e ognuna prese la sua strada. Al suono dell'ultima campanella Chloe tornò a casa e salutò freddamente sua madre che era in salotto a leggere una rivista delle sue. Dopo una prolungata pausa sigaretta scese per fare i compiti. Da qualche tempo aveva due scelte, o farli in camera e poi mostrarli una volta finiti, oppure farli davanti a Joyce o David. Quel giorno optò per la seconda e leggermente meno umiliante opzione. Non era facile concentrarsi quel giorno... Rachel continuava a tornarle in mente. Il modo in cui l'aveva difesa davanti a Wells...
Ed ora che si erano scambiate il numero cos'erano? Amiche?
Non riusciva proprio a concentrarsi su Chimica, ma doveva sforzarsi. Nell’ultimo test aveva preso una C e la prof Grant continuava a pungolarla sul fatto che stava sprecando il suo potenziale. Nel suo caso, e solo nel suo, Chloe sapeva che la donna era sinceramente preoccupata per lei. Anche se non faceva differenza…
Joyce verso metà pomeriggio abbandonò il divano per spostarsi in cucina, dove avviò l'elaborata preparazione dello spezzatino... tanto caro a David.
E infine accadde...
Le tue paure si realizzano sempre quando meno te l'aspetti.
Strisciante, quel momento arriva travestito da qualcosa di normale... addirittura positivo.
Come quando David entrò felice in casa portando un mazzo di rose rosse e annunciando di aver finalmente trovato lavoro! Il Center Market di Bay City l'aveva assunto in prova come guardia giurata. Non era ancora un posto sicuro, ma di certo un buon inizio. Chloe non ricordava di averlo mai visto sorridere così, né tanto a lungo. Era inquietante, ma a suo modo una buona cosa. Finalmente avrebbe contribuito alle spese di casa invece di fare il parassita.
E poi tutto precipitò.
Mentre Joyce era voltata cercando un vaso per i fiori e complimentandosi con lui, David frugò nella tasca ed estrasse una scatoletta nera...
Si inginocchiò e quando Joyce finalmente si voltò quasi lasciò cadere il vaso di vetro che stringeva tra le mani.
"Joyce... io... sarei perso senza di te. Mi sei stata accanto... mi hai visto quando nessun'altro lo faceva. Tu mi hai salvato la vita Joyce e io... tu... " la voce di David, così insicura, così rotta, balbettante.
"Si!" disse Joyce con le mani davanti alla bocca e gli occhi pieni di lacrime felici "Si!" ripeté.
"Si??" volle assicurarsi David.
"Si!!"
David si alzò e si avvicinò a lei, con un anello brillante. Le prese delicatamente la mano e infilò l'anello al dito. Si baciarono e si abbracciarono teneramente... mentre Chloe fissava attonita dal tavolo.
Paralizzata...
Impietrita...
Spezzata...
Ancora.
Frammenti di Chloe caddero ovunque, si sbriciolarono nell'impatto, si polverizzarono.
Quindi era così... poco più di un anno dopo la morte di suo padre Joyce si fidanzava.
Con David.
Troppe emozioni si accavallarono dentro Chloe.
Un fuoco di rabbia incandescente salì dai piedi incontrando il ghiaccio nel suo cuore, sublimandolo in gas grigi che le avvolsero la mente. Cominciò a piovere. Venti tempestosi soffiarono, i suoi pensieri convulsi erano come tuoni e lampi, la mescolanza di furia e disperazione produsse un moto rotatorio.
Un tornado...
Chloe balzò in piedi.
Prese il cellulare con gesto automatico e corse verso la porta e indossò le scarpe in fretta e furia.
"Chloe! Che stai facendo?!" chiese Joyce stupefatta.
Lei non rispose.
Aprì la porta.
"Chloe non puoi uscire sei in punizione!" ringhiò David, tornato di colpo al suo solito tono.
Silenzio.
Chloe sparì oltre la soglia sbattendo la porta.
"Chloe! Fermati!!" urlò David.
Chloe corse... corse con tutte le sue forze...
Corse finché le gambe non iniziarono a bruciare, finché il suo sangue divenne acido.
E continuò…
Inciampò... era in discesa e fece un volo di oltre un metro e mezzo, planando sull'asfalto.
I jeans, già strappati nei pressi delle ginocchia, si danneggiarono ulteriormente e alla polvere si mischiò il sangue delle sbucciature. Mani e gomiti non stavano meglio. Nella caduta picchiò anche il seno, da cui esplose un dolore sordo, che si allargò a tutto il braccio sinistro.
Chloe tossì, se ne fregò.
Si rialzò e proseguì.
Raggiunse la spiaggia.
Si trovò davanti all'oceano le cui onde placide lambivano la costa.
Sola.
Il tornado dentro di lei imperversava.
Doveva farlo uscire o l'avrebbe distrutta.
Il suo grido fu di pura furia, pura disperazione.
Si prolungò finché non esaurì l'aria nei polmoni e cadde in ginocchio nella sabbia.
I granelli salati penetrarono nelle ferite e le fecero bruciare ancora di più, ma non le importò.
Ormai non sentiva più nulla.
Cadde in posizione fetale.
Fu allora che il cellulare scivolò fuori dalla sua tasca. Mentre piangeva se ne accorse a malapena. Lo afferrò.
Cinque chiamate senza risposta di Joyce.
Fanculo.
Improvvisamente, un pensiero la attraversò.
Non voleva stare sola.
Non voleva PIÙ stare sola.
Era stufa di essere così...
Pensò a Rachel.
Di tutte le persone che aveva incontrato nell'ultimo anno di merda, lei appariva stranamente diversa. Sembrava che le importasse davvero di lei. Per qualche ragione che ancora le sfuggiva... ma forse... forse poteva fidarsi? Almeno un po'? Almeno abbastanza da potersi sfogare con lei?
Da quanto non parlava più con nessuno?
Parlare davvero, non chiacchierare...
Da quando Max se n'era andata!
E Max non sarebbe più tornata. Mai più.
Come suo padre... come sua madre... anche lei l'aveva abbandonata benché fisicamente presente. Aveva scelto David al suo posto. Era già arrivata a questa conclusione e aveva tentato di scappare… ormai era una certezza.
Allora fanculo... anche Chloe avrebbe scelto qualcun'altro!
Le sue dita digitarono sul vecchio telefono viola, decorato tanto tempo fa da lei e Max...
 
Chloe
  • Ciao! Hai da fare ora?
 
Non si aspettava una risposta... era un tentativo disperato.
Il cellulare vibrò immediatamente.
 
Rachel
  • Hey! Posso liberarmi. Tutto bene?
 
Chloe
  • A meraviglia! Voglio solo cazzeggiare con qualcuno!
 
Rachel
  • XD e hai pensato a me!
 
Chloe bypassò quella notazione con un
  • NO EMOJI!
 
Rachel
  • Perché NO EMOJI?
 
Chloe
  • Sono da sfigati!
 
Rachel
  • Ok! Interessante teoria. Ne discuteremo in dettaglio tra poco. Dove ci vediamo?
 
Chloe era incredula. Una persona che se la chiami risponde subito e se le chiedi di vedersi senza preavviso dice di sì al volo!
 
Chloe
  • Facciamo che ci vediamo davanti al Two Whales tra 10 e poi ci spostiamo?
 
Rachel
  • Perfetto! A tra poco!
 
Chloe chiuse il cellulare e si mise a sedere.
Il cuore rallentò i suoi battiti, i muscoli si rilassarono e le sbucciature... iniziarono a bruciare come puttane!! Le serviva un bagno per darsi una rassettata. Optò per quello del Two Whales...
 
-
 
Quando Rachel raggiunse il Two Whales, trovò una Chloe lacera ad aspettarla. Per quanto si fosse rassettata, aveva le ginocchia lacere e sbucciate, i jeans leggermente insanguinati, così come i gomiti e gli avambracci graffiati. Gli occhi erano vitrei e arrossati. Era chiaro che aveva pianto da poco.
Eppure, Chloe le sorrise. Un sorriso grato che non le aveva mai visto.
Era totalmente, definitivamente successo qualcosa...
"Ciao!" la salutò cercando di regalarle un sorriso caloroso.
"Hey!" Chloe mise le mani in tasca, guardandosi intorno furtivamente "Possiamo allontanarci da qui?"
"Certo... andiamo dove vuoi!"
"Spiaggia..." disse avviandosi per attraversare.
"Ok..." Rachel la seguì.
Effettivamente non si aspettava questo quando aveva accettato di uscire, ma era più che disposta a capire cosa stesse accadendo. Decisamente era riuscita nel suo intento: vedere il volto di Chloe Price oltre la maschera. Qualcosa doveva avergliela spazzata via di forza, forse troppa perché la ragazza potesse reggere.
Attraversarono la strada, superarono il benzinaio e il basso muretto che separava la Arcadia Bay Ave dal lembo di terra che conduceva alla spiaggia. Si trovarono a passeggiare sulla sabbia in un tardo pomeriggio autunnale, con il sole velato che si avviava adagio verso il suo tuffo ad ovest.
"Ho saputo che dai ripetizioni a Justin!" esclamò Chloe tentando di spazzare via le nubi dalla sua mente e creare un clima più disteso. Non era granché abile in queste cose...
"Già! Mi ha raccontato grandi cose sulla tua cultura musicale. Credo vorrebbe vedere una specie di duello tra noi due..."
"Si nel fango forse..." scherzò Chloe.
"Esattamente quello che ho detto io!" Rachel sorrise "Ha detto che sei una grande esperta, sarebbe divertente metterti alla prova!" disse con aria di sfida.
"Non voglio umiliarti..." disse Chloe gonfiando il petto.
"Non accetti le sfide? Non sembra da te!" pungolò Rachel.
"Certo che le accetto, ma quando sono VERE sfide!"
"Woooooooooh! Questo affronto richiede di essere lavato nel sangue!" Rachel fece un passo di lato e spalancò le braccia con falsa aggressività.
Chloe sghignazzò: "O nell'alcol!"
Rachel sorrise: "Perché ne hai?"
"Perché tu bevi??" Chloe sgranò gli occhi.
"Beh... hai scoperto che fumo, che conosco musica punk, metal, grunge e altro... è così sorprendente?"
"La cosa più forte che hai mai bevuto?" Chloe si fermò e la fronteggiò incrociando le braccia, ma cambiando subito postura con una smorfia quando i gomiti ipersensibili sfregarono contro la sua camicia blu a quadri.
"Fammici pensare..." Rachel ripercorse le feste dell'anno precedente con Armond, Drew e il resto della cricca dei 'ragazzi più grandi' "Tequila, con sale e limone... tre shottini in fila"
"Niente male! Fottutamente niente male!" annui Chloe impressionata.
"E' un onore impressionare Chloe Price!" si inchinò Rachel.
"Ma ci crederò quando lo vedrò!" si affrettò ad aggiungere Chloe riprendendo a camminare.
"Oh beh! Sarò felice di dimostrartelo appena mi procurerai una bottiglia di Tequila! E tu invece? La cosa più forte mai bevuta?"
Chloe non dovette pensarci: "Una specie di liquore fatto in casa da Frank... non mi ricordo come l'ha chiamato. Sapeva di lubrificante per freni... penso fosse sui settanta gradi o giù di lì..."
"Chi è Frank?" chiese Rachel.
"Il mio spacciatore!"
Il candore con cui Chloe stava rivelando a Rachel di avere uno spacciatore che le dava anche dei superalcolici fatti in casa era sorprendente. Comunque, qualcosa era decisamente successo durante quella giornata. A scuola Rachel aveva visto incrinarsi la diffidenza di Chloe, ma ora sembrava disperatamente bisognosa di aprirsi con qualcuno. All'inizio pensava di evitare, ma decise di chiedere:
"Chloe... è successo qualcosa? Come ti sei ferita?"
Rachel non sapeva cosa pensare, dopo aver letto il dossier scolastico di Chloe temeva qualcosa di brutto e losco, magari che avesse a che fare con questo Frank o con una situazione famigliare problematica.
Chloe si fermò e si grattò la nuca. Si allontanò, dirigendosi verso il basso muretto che separava la spiaggia dalla strada e vi si sedette. Rachel la seguì e si piazzò accanto a lei. Ebbe un breve attimo di difficoltà, il muro era più alto del previsto e quando riuscì a sedersi si trovò con le gambe a penzoloni.
"Io..."
Rachel attese
"Mia madre si risposa... con un pezzo di merda. Mio padre è morto un anno fa e lei si è già trovata un altro! Le ha fatto la proposta davanti a me. Magari nemmeno si è accorto che ero lì... come se non esistessi. O forse mi ha vista e voleva solo ferirmi. E mia madre ha accettato... senza pensarci..."
Rachel rimase in silenzio, aspettando che Chloe aggiungesse qualcosa. Invece la vide pentirsi di aver aperto bocca: "Lascia perdere. Non so nemmeno perché te lo sto dicendo... non sono cose che ti riguardano alla fine... non te ne importa nulla..."
"Ma se te l’ho chiesto io." chiese Rachel con calma.
"Tu non mi conosci. Avremo parlato dieci minuti nella vita... non so come ho potuto pensare di avere il diritto di farti uscire di casa e buttarti la mia merda addosso..."
"Chloe... ho intuito che qualcosa non andava dai tuoi messaggi. Erano così sbrigativi... Sapevo che c'era qualcosa che ti turbava..."
"E allora che ci fai qui?"
Rachel fece spallucce: "Ho pensato che avessi bisogno di un'amica e se hai chiamato me è perché pensavi potessi essere la persona giusta in questo momento. E se vuoi posso provare ad esserlo."
Chloe sentì gli occhi inumidirsi ma represse le lacrime e ingoiò il groppo che le si stava formando in gola.
 
E se vuoi posso provare ad esserlo...
 
"Parla con me Chloe. Come ti sei fatta quelle ferite?"
"Sono caduta..."
Rachel scosse la testa dubbiosa: "Sul serio?"
Chloe la fissò per un attimo, infine comprese e scoppiò a ridere: "Pffh... non mi ha picchiata nessuno tranquilla. Quando David ha fatto la proposta sono corsa fuori casa, ho corso fino a qui e lungo il tragitto sono inciampata come una cretina..."
Rachel le credette: "Meno male! Cioè... mi dispiace che tu ti sia ferita, ma meglio che non ci sia di mezzo qualcosa di violento. Quindi David è il nome del compagno di tua madre?"
"Fidanzato ormai... si..."
"E' così stronzo?"
Chloe prese un profondo respiro, cercando di radunare le idee.
"E' solo... io credevo che mia madre fosse solo depressa e avesse bisogno di tamponare il suo dolore con qualcuno. Dopo sei mesi dalla morte di mio padre ha portato a casa David... la cosa mi ha ferita, ma pensavo fosse solo una fase. Invece..."
"Mi dispiace..." disse Rachel
"Già... David è un ex-militare, un veterano dell'Afghanistan. È pieno di traumi e come se non bastasse è un arrogante maniaco del controllo. Come cazzo ha fatto mia madre a passare da mio padre a... questo..." Chloe strinse i pugni e proseguì "David non ha nessun rispetto per me, crede che sia un problema da risolvere. E forse... a volte sono un problema..."
"Stronzate..." sbottò Rachel
Chloe drizzò la testa e la fissò: "Cosa?"
"Non sei un problema Chloe... sei una persona!"
Quella frase. Chloe sentì del calore scaturire dal suo petto, riempirle il collo e riscaldarle il viso. Un piacevole tepore la avvolse e per la prima volta dopo quelli che sembravano mille anni, si sentì vista. Si sentì reale.
"Penso che il problema sia David, bisogna colpirlo dove gli fa più male! Avrà qualche punto debole!"
Chloe iniziò ad eccitarsi
"L'unica cosa di cui gli frega ha quattro ruote e un carburatore a quattro tempi!"
Rachel sghignazzò beffarda: "Oddio! Un'auto sportiva??"
"Bah... tanto appena faccio la patente gliela rubo, quindi..."
"Fammi sapere se hai bisogno di una complice!" Rachel sorrise ammiccante.
Chloe glielo restituì, poi continuò:
"Vorrei solo capire come fermarli... mia madre non sa quello che fa..."
Rachel sospirò
"Non credo ci sia molto che puoi fare. Da come ne parli tua madre sembra davvero decisa."
"Ok ma allora che devo fare? Rassegnarmi?"
"Il fatto che tu non possa fermarli non significa che non devi combattere. La Resistenza comincia ora!" Il modo con cui Rachel prendeva il suo dramma e lo ridimensionava in qualcosa che poteva gestire sembrava magico. Alla parola 'Resistenza' ebbe un'immagine di sé stessa nei panni di Han Solo che folgorava con la pistola laser un Jabba The Hutt con i baffi!
Sorrise.
"Avrai bisogno di un nome in codice per il tuo nemico. Ti viene in mente qualcosa?" proseguì Rachel.
"Oh... sfondi una porta aperta!" sghignazzò Chloe "Dick-tator, Sergente Pepper, Stronzobaffo, Fürer, Stronzo Adottivo..."
"Che ne pensi di Trombone?"
"Eh?? Perché?"
"Perché si tromba tua madre ogni sera!"
"Eeewwwwwww!!! Ma che merda!!!" si lamentò Chloe tra le risate.
"Scusa... è terapia d'urto. Una cosa controversa!" replicò Rachel sghignazzando.
"E' questo che stiamo facendo? Terapia?" chiese Chloe.
"Beh, possiamo anche vederla così!"
"Se è così sta funzionando!" ammise Chloe
"Ne sono davvero felice!" disse Rachel con un sorriso, spostando una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Chloe osservò l'ipnotico oscillare degli orecchini blu.
Il sole iniziava a tramontare davanti a loro. In lontananza si udivano alcuni tuoni, ma le nuvole che solcavano Arcadia Bay non sembravano minacciose. Per il momento.
Chloe si alzò in piedi. Rimase così per qualche momento, ondeggiando con il peso da un piede all’altro, con Rachel ancora seduta con i piedi a qualche centimetro da terra, in attesa.
"Grazie..." disse Chloe calorosamente.
"Di niente Chloe. Gli amici servono a questo!"
Amici...
"Adesso tocca a te. Hai qualche questione irrisolta che meriti un po' di terapia?"
Rachel ridacchiò e poi si fece riflessiva con un sospiro.
"Non in questo momento, ma ti terrò presente Doctor Price!"
 
"Doctor Chloenstein!!" chiamò Max dal cortile.
 
Chloe scosse la testa per allontanare quel ricordo...
Sorrise a Rachel.
"Piuttosto... ma oggi non mi hai detto che eri in punizione?" chiese Rachel.
"In effetti è così..."
"Eppure sei qui con me!"
"Sto volutamente ignorando la mia chiappa destra che vibra da mezz'ora..." ammise Chloe.
Rachel scoppiò a ridere.
"Avrei dovuto essere 'liberata' a fine mese... ma probabilmente avrò un prolungamento della pena dopo stasera!"
"Mi dispiace, ma non disperare. Puoi sempre chiamare rinforzi!" Rachel ammiccò.
"Lo terrò presente..."
"Quindi cosa vuoi fare? Vuoi tornare a casa e affrontare l'inevitabile..." Rachel fece una faccia triste e artificiosamente imbronciata "Oppure, visto che ormai sei evasa, vuoi goderti la libertà finché dura??" mutò la sua espressione in un sorriso a trentadue denti.
"Penso proprio la seconda!" rise Chloe.
"Benissimo!” anche Rachel balzò giù dal muretto “Sto morendo di fame e penso che in serate così sia obbligatorio del vero comfort food!" esclamò Rachel trotterellando in avanti.
"Possiamo andare all'ACFC Drive Thru! Cibo da camionisti per veri camionisti. Si dice che l'ingrediente segreto della loro salsa BBQ sia olio per motori!"
Rachel rise di gusto: "Dovresti lavorare in pubblicità lo sai??"
"Grazie lo so! Ho un talento per le vendite!" si vantò Chloe.
"Allora aggiudicato!"
"C'è solo un problema..." disse Chloe.
"Cosa?"
"Non ho un dollaro!" Chloe rivoltò le tasche vuote.
Rachel spalancò le braccia e ridacchiò: "Per stavolta offro io! Non ti ci abituare!"
"Sto solo riscuotendo il debito della sigaretta che mi hai scroccato!"
"Oh! Un hamburger per una sigaretta? Non è troppo?" Rachel incrociò le braccia sogghignando.
"Ci sono gli interessi!"
Rachel sghignazzò:
"Cretina!"
Mentre le due ragazze si allontanavano verso la strada, scavalcando il muretto, un corvo silenzioso planò sopra di loro.
 
***********************************************
 
Nulla impedirà al sole di sorgere ancora,
nemmeno la notte più buia.
Perché oltre la nera cortina della notte
c’è un’alba che ci aspetta.

Khalil Gibran
 
 
Blackbird singing in the dead of night
Take these broken wings and learn to fly
All your life
You were only waiting for this moment to arise
 
Blackbird singing in the dead of night
Take these sunken eyes and learn to see
All your life
You were only waiting for this moment to be free
 
Blackbird fly
Blackbird fly
Into the light of the dark black night
 
Blackbird fly
Blackbird fly
Into the light of the dark black night
Blackbird singing in the dead of night
Take these broken wings and learn to fly
All your life
You were only waiting for this moment to arise
You were only waiting for this moment to arise
You were only waiting for this moment to arise
(Blackbird – Beatles)
 
*************************************************
 
Come tutte le cittadine di provincia, Arcadia Bay soffre di un complesso di inferiorità. Nutre una radicata invidia verso le grandi città cosmopolite, in pratica qualsiasi comunità che superi i mille abitanti. Non è sempre stato così, alle origini e per moltissimo tempo il suo popolo di pescatori non ha avuto molte pretese oltre il bel tempo, un mare tranquillo e una rete piena di pesci. Poi iniziarono ad arrivare gli uomini d'affari e le cose cambiarono. La mentalità del businessman è progettata per ricondurre ogni cosa al denaro, al profitto, che conduce al potere e al lusso. Così quella che era un'umile comunità di pescatori iniziò ad espandersi, relativamente. Alle semplici e basse abitazioni ammassate nei pressi della spiaggia e dei moli, si aggiunsero 'quartieri altolocati'. Un modo altisonante per definire appezzamenti di terreno disboscati per fare spazio a ville e abitazioni di lusso. Col tempo altri ettari di bosco furono distrutti per far spazio a distretti residenziali, commerciali e turistici. Anche in questo caso si parlava di pochi edifici, le cui luci al neon e architetture squadrate sembravano voler portare un pezzo di globalizzazione ai bifolchi di Arcadia.
È da questo genere di sviluppo che sono nate attività come il ristorante Rue Altimore, frequentato solo da turisti, persone dal cospicuo conto in banca o più di rado gente comune che per una sera voleva sentirsi ricca e raffinata. Oppure il Bean Hip Cafè, un piccolo locale che copiava discretamente il genere di bistrot hipster che si trovavano a Portland o Seattle. Chiunque percorreva la strada che conduce alla Blackwell ci passava davanti, che lo notasse o meno. Il locale aveva una sua storia, era stato costruito circa un decennio dopo l'apertura della Blackwell. Ai tempi il campus non possedeva una Caffetteria, così studenti e professori frequentavano il J. Blackwell Bistrot, come si chiamava allora. Là diventava reale il motto che la Professoressa Grant amava ripetere agli studenti: "La Scienza è Arte e l'Arte è Scienza". Studenti e professori di discipline matematiche e biologia si confrontavano con pittori, scultori, poeti e attori di fronte a bicchieri di vino, bourbon o caffè. Artisti e scienziati passavano da Arcadia Bay solo per frequentare il bistrot e visitare la Blackwell ai suoi tempi d'oro.
Il tempo, si sa, cambia tutto. La Grande Guerra e la Seconda Guerra Mondiale portarono molti giovani americani al fronte piuttosto che a scuola, molti non tornarono a casa o lo fecero completamente cambiati. Il J. Blackwell Bistrot chiuse i battenti e le sue sale furono lasciate a marcire, mentre l'America attraversava anche le guerre in Corea e Vietnam. Solo nel 1982, grazie al finanziamento di Harry Aaron Prescott, il signor Glenn Robertson ebbe le risorse per realizzare il suo sogno: aprire un lounge bar ad Arcadia Bay, con una spiccata vocazione artistica come quelli che frequentava da ragazzo a Seattle, sua città natia.
E così nacque il Bean Hip Cafè, passato per le mani di diverse gestioni, sempre sostenuto dal denaro dei Prescott.
 
Giovedì 5 novembre 2009, Rachel e Nathan, accompagnati dalla madre di lui Carolyn Prescott, si recarono al Bean Hip Cafè per assistere all'inaugurazione di una delle periodiche mostre d'arte che si organizzavano nel locale, per offrire alla provinciale gente di Arcadia Bay uno spaccato di VERA cultura.
Già all’esterno c'era una piccola folla di persone che profumavano di dollari, tutti palesemente NON di Arcadia Bay. Alcuni sorseggiavano vino da calici eleganti, altri fumavano, tutti discutevano di qualcosa di pretenzioso. Superata la barriera umana, Carolyn, Nathan e Rachel oltrepassarono le minimali porte a vetri, accolti da luci soffuse e musica jazz suonata dal vivo. Le pareti, i mobili in finta pelle, i tavolini bassi, i cuscini sui divanetti... tutto era di tonalità scure e calde. Al centro dell'open space c'era il bancone quadrato, tutte le altre pareti ospitavano foto in bianco e nero di grande formato.
"Sei mai stata qui?" chiese Carolyn Prescott a Rachel. La donna era bionda, con capelli accuratamente cotonati, un trucco impeccabile e un abito Versace con motivi squadrati in bianco e nero. Una borsetta di Prada pendeva dal suo braccio destro, troppo piccola per contenere qualcosa in più di cellulare, carte di credito e un ridotto beauty case.
"No, mai signora Prescott." rispose Rachel squadrando la sala e i numerosi presenti. Anche lei si era messa in ghingheri, con un vestito elegante decorato con fiori rossi. Aveva entrambe le sue piume blu alle orecchie e al collo un laccio di cuoio con un dente di squalo. Un pizzico di aggressività nel suo look era obbligatorio.
"Come ti sembra?" chiese la donna.
"Sembra molto elegante! Ci sono passata davanti tante volte ma non pensavo che ad Arcadia Bay esistesse un posto del genere!" Rachel caricò il suo tono di entusiasmo, ma in realtà trovava assurdamente fuori luogo quel posto. Era evidente che il Bean Hip Cafè viveva di turisti e professori della Blackwell. Soprattutto, Rachel si stupiva del fatto che in città chiudessero attività vitali come la A.B. Marine Corporation e non piccole imprese altolocate come quella. Il mondo era in crisi, ma non i ricchi. Loro non andavano mai in crisi!
"Mi fa molto piacere sentirlo!" commentò Carolyne "La nostra famiglia si prende cura di questo posto dalla sua apertura. Conosco personalmente Sergio, il proprietario. Se non fosse così non avremmo mai avuto un posto questa sera!"
"Mamma vorrei far vedere la mostra a Rachel..." si intromise Nathan.
"Oh certo caro! Godetevi la serata, se avete bisogno non esitate a cercarmi!" Carolyn appoggiò una mano sulla spalla del figlio e strinse leggermente. Una specie di gesto affettuoso prima di allontanarsi verso il bancone.
Nathan emise un lungo sospiro di sollievo, quasi contemporaneamente a Rachel.
"Grazie Nate..." disse lei.
"Perdonami... la mia famiglia è un disastro..." commentò lui.
"Non preoccuparti. Non è così male tua madre!" tentò di mediare Rachel.
"Le piace ostentare il potere e la ricchezza della nostra famiglia, esattamente come a mio padre. Sono una coppia perfetta. Lui procura i soldi e lei li spende."
"Una grande squadra!" scherzò Rachel provocando la secca risata di Nathan.
I due si spostarono tra i tavoli fino a raggiungere la prima foto, un ritratto in bianco e nero di una modella vestita di panneggi chiari su un fondale neutro, illuminata da un fascio di luce che creava forti contrasti. Rachel non si intendeva di fotografia, non si era mai interessata a quel mondo, ma amava l'arte in ogni sua forma. Poteva vedere qualcosa di Caravaggesco in quei chiaroscuri, qualcosa di intenso e tormentato nell'espressione apparentemente serafica della ragazza.
"Che ne pensi?" chiese Nathan pieno di aspettativa.
"Mi piace! Sono più abituata ai quadri, ma devo dire che c'è qualcosa di veramente... romantico in questa foto. Romantico in senso 'Sturm und Drang'"
"Vero?!" Nathan era già esaltato "Adoro questo artista... vorrei scattare come lui..."
"Come hai detto che si chiama?"
"Mark Jefferson!"
 
-
 
Nathan e Rachel proseguirono la passeggiata davanti alle foto, incagliandosi di tanto in tanto in alcuni gruppetti di spettatori intenti in accese analisi iconografiche e critiche. La conversazione di Nathan e Rachel, invece, era molto più personale. Per ogni foto Nathan mostrava entusiasticamente a Rachel tutta una serie di dettagli che in parte riusciva a cogliere e in parte erano roba da fotografi, spiegandole come anche lui tentasse di ottenere lo stesso risultato ma senza riuscire. Inoltre, Jefferson sembrava un ritrattista puro, mentre Nathan era più orientato sugli still life e i paesaggi. A sentire lui non era una scelta sua, semplicemente nessuno voleva farsi fotografare da lui.
"Ovviamente puoi esercitarti con me..." gli disse Rachel.
"Davvero??" chiese lui.
"Se vuoi chiedermi qualcosa devi solo farlo Nate, non serve fare tutta la pantomima del 'oh... se solo qualcuno volesse posare per me...'" lo schernì lei dandogli una lieve spinta sulla spalla.
"Ehm... Rachel... poseresti per me?" chiese lui timidamente.
"Ho già detto sì, scemo!" scoppiò a ridere "Ci organizzeremo, non posso prometterti una data con tutta la questione della Tempesta. A proposito! Come va il tuo Ferdinando?"
Lui scrollò le spalle e di colpo il Nathan artistico e felice fu sostituito dal Nathan insicuro e cupo: "Bah... non lo so... continuo a pensare che non faccia per me!"
"Io e Kelly proviamo insieme, vuoi aggregarti? Magari noi vediamo qualcosa che ti sfugge. Si lavora bene con lei!"
"Kelly Davis? L'amica di Marisa?"
"Yup!"
"Si, perché no... "
"Ottimo! Vedrai, ti saremo d'aiut..." Rachel fu interrotta
"Nathan!" la voce di Carolyn Prescott superò quella di Rachel, il TAP TAP dei suoi tacchi invase l'ambiente e la donna si intromise fra i due "Vieni con me! Devo presentarti delle persone! Perdonami Rachel..." disse Carolyn.
"Si figuri signora Prescott!" Rachel digrignò i denti.
"Mamma, ho portato Rachel per stare con noi, non per lasciarla sola mentre mi presenti ai tuoi amici..." Rachel si stupiva sempre nel vedere come Nathan fosse molto più sicuro di sé quando interagiva con sua madre, mentre il solo pronunciare il nome di Sean Prescott lo trasformava in un cagnolino bastonato.
"Oh... giusto! Sono una maleducata. Perdonami ancora Rachel!" canticchiò Carolyn
"Si figuri signora Prescott!" Rachel si sentiva come una bambola parlante, cui se schiacci la pancia dice sempre le stesse cose.
Seguì Nathan e sua madre attraverso la sala, fino ad arrivare nei pressi di un tavolo al quale erano sedute tre persone. Due di loro erano in età genitoriale, un uomo alto e magro dai capelli brizzolati con un dolcevita nero, giacca e una rasatura fresca e impeccabile, accanto a lui una donna dai capelli corti e curatissimi, biondo naturale al contrario di quelli di Carolyn. Vestita anche lei di nero, elegante e minimale, con orecchini quadrati d'oro e un'espressione severa. I due si alzarono in piedi al loro arrivo, la donna invitò la terza commensale, una ragazza più o meno dell'età di Rachel e Nathan, a fare lo stesso.
"Nathan, Rachel, vi presento Matthew ed Eloise Chase, proprietari del famoso Chase Space di Seattle. E loro figlia Victoria."
"Rachel... ?" chiese Matthew quando le strinse la mano.
"Amber!" completò lei.
"Amber come il Procuratore Distrettuale?" chiese Eloise Chase.
"Sono sua figlia."
"Oh, non conosco tuo padre, ma ho incontrato tua madre Rose a Portland l'anno scorso!" disse Eloise "Una donna straordinaria, ero in città per organizzare una retrospettiva sulla fotografia del '900 all'Art Museum e lei era nel direttivo. Lavora ancora lì?"
"Certo! Mi ha raccontato di lei e di come si è trovata bene nella vostra collaborazione!" non era vero niente... Rachel non aveva mai sentito nominare i Chase da nessuno, tantomeno da sua madre. Ma questo è il genere di cose che si dicono in queste occasioni.
"Mi fa piacere. Salutamela!"
"Non mancherò!"
Quando Rachel strinse la mano a Victoria notò come fosse l'esatta copia più giovane di sua madre. La imitava in tutto, vestiario, taglio di capelli e atteggiamento.
“Sapete!” disse Carolyn “Nathan è un fotografo in erba!”
“Mamma per favore…” bofonchiò lui
“Oh davvero?” si interessò Matthew “Che soggetti preferisci?”
Nathan sospirò, preso in trappola: “Still life per lo più. A volte paesaggi…”
“E i tuoi artisti preferiti?” chiese ancora Matthew
“Diane Arbus, ma tra i contemporanei Jefferson.”
“Interessante… ti occupi di Still Life e paesaggi ma i tuoi riferimenti sono ritrattisti…” Matthew si massaggiò il mento con la sua perplessa provocazione.
Nathan fece spallucce.
“Il Chase Space in genere non espone artisti emergenti…” disse Eloise Chase con tono piatto e professionale “Nathan inoltre è troppo giovane e senza visionare il suo portfolio è difficile comprendere il valore artistico del suo lavoro.” Proseguì con estrema freddezza “Tuttavia, tra qualche anno quando avrai più esperienza e le idee più chiare, mandaci il tuo lavoro e poi chissà…”
Nathan annuì con lo sguardo basso, Carolyn parve un po’ delusa. Rachel si sforzò di non darsi una manata in fronte. Anche lei sapeva che non era questo il modo di proporsi né di creare contatti, ma evidentemente la madre di Nathan non aveva molta esperienza in quel genere di cose…
Come era logico aspettarsi, il tavolo si divise in due, da un lato gli adulti e dall'altro i ragazzi. Nathan e Victoria sembravano parlare la stessa lingua e Rachel si limitò ad ascoltare per un po', tentando di seguire il discorso nonostante i tecnicismi fotografici. Dopotutto, a Rachel faceva piacere vedere Nathan così espansivo. Confermava solo la sua opinione che tutti i suoi problemi derivassero dal vivere in un ambiente ostile, lontano dal quale avrebbe potuto sbocciare ed essere felice.
“È strano…” commentò Victoria.
“Lo so, paesaggi e still life non c’entrano niente con Jefferson, ma non sono i soggetti che mi interessano. È l’atmosfera, il chiaroscuro, la luce… vorrei riuscire a imitarlo!” spiegò Nathan.
"Questo lo capisco. Anch'io tento di imitare Jefferson, lo seguo da praticamente sempre. Ho tutte le sue monografie e poi lo abbiamo ospitato al Chase Space due volte." disse Victoria.
"Lo conosci??" chiese Nathan.
"No purtroppo, è un uomo molto impegnato e a parte una comparsa durante le inaugurazioni è sempre in viaggio a fare shooting tra la East e la West Coast... Ma stasera rimedierò!"
"Mark Jefferson è qui?" chiese Rachel tentando di partecipare. Victoria le lanciò uno sguardo altezzoso che diceva 'cosa vuoi stupida Babbana??'.
"No, se ci fosse l'avresti notato..." stilettò la ragazza.
"Ma verrà?" chiese Nathan.
"Sembra faccia sempre così, si fa attendere. O forse è solo in ritardo per il traffico!" il tono di Victoria cambiò radicalmente con Nathan, tornando ad essere gentile e aperto "Ho letto che Jefferson è nato qui ed ha studiato nella vostra scuola..." proseguì includendo Rachel nel discorso in uno slancio di filantropia.
"Esatto!" confermò Nathan.
"Com'è la Blackwell?" chiese Victoria protendendosi in avanti.
"Beh... ehm..." Nathan tentennò e guardò Rachel in cerca di aiuto.
"E' un ambiente molto vario!" lei rispose all'SOS "Anche se è in provincia ospita studenti da mezza America. Anche i professori vengono un po' dappertutto e sono molto preparati. Il Drama Club di cui io e Nate facciamo parte è gestito da Travis Keaton. Lo conosci?"
"No..." ammise Victoria.
"E' un grande attore, ha lavorato a Broadway per quasi tutta la carriera ma ha le radici nel teatro Shakespeariano. Ha partecipato come coreografo, regista e sceneggiatore ad alcune delle più grandi produzioni degli ultimi vent'anni. Poi come professore è meraviglioso, segue gli studenti uno per uno, ha una grande umanità e ci stimola a trovare la passione nel teatro. Da come parlate di Mark Jefferson potrei dire che è il suo equivalente nel teatro." spiegò Rachel e lanciò uno sguardo a Nathan per esortarlo a continuare.
"Si qualcosa del genere..." aggiunse lui "Purtroppo non abbiamo corsi specifici di fotografia. L'unica cosa che si avvicina è il corso di Arti Visive, che include un po' tutto."
"Non avete un Club di Fotografia o roba simile?" si stupì Victoria.
"Purtroppo no!"
"Questo è assurdo... scommetto che quando frequentava Jefferson c'era!" disse Victoria con tono oltraggiato.
"Non saprei! Se non c'è forse è perché non ci sono abbastanza studenti che se ne interessano..." ipotizzò Nathan.
"Potresti crearlo tu!" propose Rachel.
"Io??"
"Si! Sei bravo in quello che fai, hai passione, sono sicura che troveresti subito seguito!"
"Infatti!" la sostenne Victoria "C'è bisogno che qualcuno apra la strada!"
"Non lo so..." e riecco il Nathan pauroso che si ripresenta.
"Pensaci..." disse Rachel "Io credo nel tuo potenziale!" gli accarezzò dolcemente una spalla, cosa che non sfuggì all'occhio indagatore di Victoria. Quella serata per lei era una missione. L’intero viaggio da Seattle era impostato per un semplice obiettivo: creare buoni contatti. Il principale di questi era sicuramente Jefferson, quando si fosse fatto vivo. Avere l’opportunità di mostrare il suo portfolio, che teneva adagiato alla sua sinistra insieme ad un’elegante borsetta nera, era un’occasione da non perdere. C’erano numerosi critici d’arte e altri galleristi con cui avrebbe dovuto parlare quella sera, ma anche Nathan era potenzialmente un buon contatto. Non era nella sua lista, ma era ricco, condivideva la sua passione per la fotografia e sembrava avere una personalità passiva. Giocando sulla passione in comune non sembrava difficile farselo amico. Victoria aveva imparato da sua madre che un buon contatto non sempre rivela subito la sua utilità, a volte bisogna fare un investimento. Nathan sembrava un caso del genere. Conoscere il rampollo di una ricca famiglia, per di più interessato alla fotografia, avrebbe potuto farle certamente comodo, prima o poi.
 
Improvvisamente il brusio della sala calò d'intensità, si levò l'aritmico tintinnio di bicchieri appoggiati sui tavoli, unito ad alcuni isolati CLAP CLAP. Ben presto l'intero locale scrosciò di un applauso e tutti si voltarono verso l'ingresso.
"Victoria!" chiamò Eloise Chase e sua figlia si mise sull'attenti.
Rachel si sporse per vedere cosa stesse accadendo.
Un uomo alto in completo grigio scuro, con camicia bianca portata fuori dai pantaloni e colletto slacciato per dare un tocco di casual, stava varcando la soglia. Il viso incorniciato da una barbetta corta e curata, capelli di media lunghezza volutamente scompigliati e occhiali con una montatura alla moda.
Mark Jefferson era arrivato. Fu accolto da un uomo che era evidentemente il gestore del locale e insieme si avvicinarono alla postazione musicale.
Nathan e la famiglia Chase erano totalmente eccitati, al contrario di Carolyn Prescott, che si stava controllando il trucco distrattamente. Rachel era piuttosto colpita. Questo Jefferson sembrava una rockstar in quel mondo pettinato. I musicisti interruppero la musica jazz e cedettero il microfono all'uomo che aveva accolto Jefferson, che indossava un gilet bruno su una camicia bianca, pantaloni attillati e portava i pochi capelli grigi rimasti in una coda di cavallo.
"Buonasera a tutti!" la voce amplificata si diffuse nel locale e segnalò di fare silenzio "Per chi non è di queste parti mi presento, mi chiamo Sergio Roberts e mi prendo cura di questo modesto locale..."
Applausi falsamente imprevisti, l'uomo si lasciò interrompere, abbassò lo sguardo e mimò un atteggiamento modesto e umile. "Vai Sergio!" gridò qualcuno scatenando risatine.
"Grazie! Come sapete è tradizione del Bean Hip Cafè organizzare esposizioni d'arte, invitando artisti da ogni parte dell'America. Credo fermamente che l'arte non abbia confini e che poterne godere anche in un luogo pacifico e isolato come Arcadia Bay sia un diritto di tutti!" altri applausi.
"Questa sera abbiamo l'onore di ospitare un vero figlio di Arcadia Bay, qualcuno che è nato qui, ha studiato qui e poi ha spiccato il volo, diventando uno dei più importanti fotografi degli anni '90. A mio modestissimo parere non è solo uno dei più grandi artisti d’America, ma di tutto il mondo!”
Jefferson si mantenne di lato durante tutta la presentazione, sorridendo tra sé a ciascuno di quegli elogi.
“Ma ora lascio a lui la parola. Avete già potuto vedere le sue opere qui stasera, ma ora vi racconterà qualcosa personalmente. Ladies and Gentlemen, Mark Jefferson!”
Altri applausi mentre Sergio passava il microfono all’artista, togliendosi dal basso palco su cui si trovava. Jefferson rimase in silenzio qualche momento, col microfono in pugno. Sembrava riflettere su cosa dire, poi iniziò: “Non lo so se sono all’altezza di tutti questi complimenti…”
Ovviamente, pensò Rachel sogghignando fra sé.
“Posso dire che sono felice di tornare nella mia città natale e di trovarmi a pochi passi dalla mia alma mater, la Blackwell. Ho passato momenti indimenticabili in questa città ed è grazie a questa scuola che sono diventato quello che sono.”
Rachel si stava già stufando di tutta questa paccottiglia di circostanza. Diede uno sguardo a Nathan e lo vide completamente ipnotizzato dall’uomo. Come anche Victoria, che pur ascoltando sembrava una centometrista pronta a scattare.
“Cosa posso dire sul mio lavoro? Amo il chiaroscuro, ricerco i forti contrasti di bianco e nero, ma questo è evidente a chiunque abbia gli occhi!” alcune risatine in sala “In tanti nella storia della fotografia hanno usato il bianco e nero pur potendo disporre dei colori, non credo che le mie foto siano particolarmente innovative sul piano tecnico…”
Queste parole attirarono l’attenzione di Rachel. Un artista che sminuisce la portata del suo lavoro? Modestia?
“Quello che mi interessa è indagare la condizione umana ed è per questo che mi servo del ritratto. Il nostro volto porta su di sé i segni della vita, più viviamo e più rimaniamo segnati. Nasciamo puri, intatti e la vita a poco a poco ci logora, un giorno alla volta. L’esperienza ci rende cinici e il mondo di oggi sembra pensato apposta per rubarci l’innocenza il prima possibile…”
Ora aveva la completa attenzione di Rachel.
“Alla società servono persone ciniche, senza sogni, senza valori, senza obiettivi. Ed ecco la corruzione… l’ombra, lo scuro. Ma è solo grazie alla luce della purezza e dell’innocenza se possiamo vedere tutto questo. Finché un po’ di quello sguardo incontaminato sopravvive in noi, allora possiamo vedere le ombre del mondo, riconoscerle e gettare su di esse la nostra luce. Chi ama l’arte, chi si occupa di arte non dovrebbe mai lasciarsi completamente assorbire dalle regole del mondo, dal mercato o dall’inseguire il successo. Un’artista deve mantenere uno sguardo il più possibile innocente e mostrare al mondo la realtà attraverso le sue lenti. Ecco ciò che cerco di fare.”
Mentre Jefferson si concedeva una pausa, Rachel si scoprì ad annuire. Certo, aveva fatto un bel giro di parole per esprimere il suo punto, ma non poteva evitare di condividerlo. Si trovò ad immaginare un possibile incontro fra Mark Jefferson e Travis Keaton. Si sarebbe davvero goduta un dibattito sull’arte tra i due!
“Ora la smetto di parlare e vi lascio a godervi la serata! Grazie ancora a Sergio per l’ospitalità e a voi per il calore e l’interesse! Buona continuazione!” e detto questo appoggiò il microfono al sostegno e lasciò il palco, mentre gli applausi ricominciavano.
Victoria balzò in piedi e si rassettò i capelli. Eloise Chase la squadrò da cima a fondo, le sistemò le spalline del vestito e senza dire una parola annuì.
“Dove vai?” chiese Nathan.
“Vado a parlare con lui!” disse candidamente Victoria.
“Oh…”
“In bocca al lupo!” augurò Rachel con un sorriso.
“Crepi!” disse con voce tremante Victoria, portfolio e borsetta sottobraccio, prima di partire a razzo cercando di superare diverse persone che come lei si dirigevano verso Jefferson.
Rachel lanciò uno sguardo a Nathan, che si era ingobbito e aveva ancorato lo sguardo al pavimento.
“Dovresti andare anche tu Nate…” disse Rachel.
“No… è meglio di no…” replicò lui muovendosi a disagio.
“E’ un’occasione importante. C’è anche Victoria, non sarai solo. Raggiungila!”
“Tu non vieni con me?” chiese speranzoso.
“Nah… a me non serve parlare con lui. Serve a te e Victoria, siete voi i fotografi!” oltre al fatto che non le interessava parlare con Jefferson, Rachel voleva che Nathan facesse un passo importante con le sue gambe, senza usarla come stampella. Fin dall’inizio di quell’anno tentava di scrollarsi di dosso quella sorta di responsabilità materna che lui le suscitava. Non voleva sentirsi così. Voleva solo un amico. Alla pari.
Nathan si rigirò a disagio ancora per un po’, poi prese un profondo respiro e si alzò.
“Ok! Vado!”
“Acchiappalo Tigre!” disse Rachel.
“Frequenti troppi nerd Mary-Rachel…” disse Nathan con un sogghigno.
“Strano detto da uno che ha riconosciuto una citazione di Spiderman!” replicò Rachel.
“Tutti conoscono Spiderman!” Nathan ridacchiò… stava facendo davvero uno sforzo per superare il suo terrore. Infine partì e puntò dritto a Victoria, che si era ricavata uno spazio praticamente sgomitando. Nathan si insinuò tra le persone, sotto lo sguardo di Rachel. Lo vide raggiungere Victoria e insieme, dopo un po’ di attesa, incontrarono Jefferson. Lui sembrava molto disponibile, pronto a concedere un po’ del suo tempo a chiunque lo chiedesse. Rachel ne sapeva qualcosa. Fu felice di vedere Nathan stringergli la mano e parlargli. Rachel sentì che quel giorno, finalmente, Nathan aveva fatto un passo in avanti verso sé stesso, verso la sua vera vocazione.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Life Is Strange / Vai alla pagina dell'autore: Viking86