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Autore: Lisaralin    01/03/2021    3 recensioni
[Pyramid: Il Sogno del Faraone]
Il faraone si prepara per l'ultimo viaggio. Il suo amico dal futuro veglia sul suo sogno.
Piccolo tributo a uno dei videogiochi della mia infanzia.
Genere: Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il Sogno del Faraone


“Questo contenitore per cervelli dovrebbe essere… riempito.”

Con voce cantilenante e gesti misurati, il sacerdote ti porge quella che sembra una banale scodella di terracotta. Vuota. I piccoli occhi scuri dell’uomo, dietro la maschera rituale con le sembianze di sciacallo, sono vivaci e luminosi, e la gentilezza sincera del suo sorriso testimonia il grande onore di cui ti sta rendendo partecipe.
Allunghi le braccia e prendi l’oggetto con una punta di esitazione, sperando che l’altro la scambi per riverenza o timore sacro.
La realtà è che ti senti tremendamente a disagio. L’aria stantia, la penombra del laboratorio e l’odore penetrante di salnitro che ti aggredisce le narici non fanno nulla per migliorare la situazione.
Sai tutto sulla mummificazione dei faraoni, ovviamente. Almeno due esami e un sostanzioso capitolo della tua tesi di laurea riguardavano quell’argomento. Conosci i passaggi nel dettaglio, hai impresso nel cervello il significato profondo di ogni singolo gesto e parola rituale. Ma studiare il procedimento sui libri, nelle asettiche biblioteche marmoree della Sorbonne, non è la stessa cosa che metterlo in pratica in prima persona. Su un cadavere vero.
Sospiri, passi il dito lungo il bordo del contenitore di terracotta più e più volte in un gesto quasi meccanico, per prendere tempo. Il cadavere in questione è in questa stessa stanza. Con la coda dell’occhio ne intravedi la forma rigida e immobile sotto il lenzuolo di lino: distingui le braccia incrociate sul petto e il rettangolo di stoffa che copre pietosamente gli occhi, ormai privi della scintilla della vita.
Non riesci a voltarti e guardarlo direttamente perché per te quel giovane - giovane secondo i tuoi canoni moderni, perlomeno - non è soltanto il Re dell’Alto e Basso Egitto. È il fratello di Dendara, il ragazzo con cui hai chiacchierato e scherzato, colui che aveva sognato il tuo arrivo nella Valle del Nilo prima ancora che Ra e Anubi ti rapissero dal tuo mondo per affidarti la missione di edificare la sua tomba. Insieme a sua sorella hai sventato una congiura per ucciderlo. Gli hai assicurato anni di regno prospero e libero dalle grinfie della sua perfida reggente, ma quel lasso di tempo, per te che hai viaggiato nel passato sulle ali degli dèi, è trascorso in un battito di ciglia, in un solo sbuffo delle nubi che dipingono il volto sereno di Iside nel cielo al tramonto.
Non lo hai visto regnare. Non sai se sia stato un Faraone giusto o un despota che ha mandato centinaia di schiavi in pasto ai coccodrilli solo per il suo capriccio personale.
Sai solo che, per il breve tempo che gli dèi vi hanno concesso insieme, è stato tuo amico.
Il sacerdote si schiarisce la gola con un discreto colpetto di tosse, e tu capisci di aver tergiversato abbastanza.
Il Figlio del Sole attende che i seguaci preparino il suo corpo, in modo che il suo spirito possa tornare a riposarvi ogni mattina al sorgere del sole.
Appoggi il contenitore sul tavolino accanto alla salma e afferri il bastone sottile che il sacerdote ti indica. Lo stringi nel palmo sudato, sperando di frenare in qualche modo il tremore alla mano. Sulla sommità del bastone è montato un uncino ricurvo, acuminato e scintillante.
Inspiri. Cerchi di scacciare dalla mente il pensiero che i gesti che stai per compiere sarebbero considerati barbarie pura nell’epoca da cui provieni. Ma il tuo amico dal passato ne sarebbe felice, lo sai. Stai compiendo per lui parte di un rituale sacro, antico come il Nilo stesso. Hai innalzato la sua tomba, hai protetto l’onore della sua casata. È soltanto giusto che sia tu a scortarlo a ricongiungersi con il suo padre divino, oltre il velo della vita.
Stringi i denti, socchiudi gli occhi e, con cautela infinita, infili l’uncino nella narice del defunto faraone.
Per distogliere il pensiero dalla massa grigiastra e vischiosa che scivola giù dall’uncino e pian piano riempie il contenitore di terracotta, ti concentri sull’idea che una volta terminato questo ultimo incarico potrai tornare a casa. Potrai fare una doccia con vera acqua corrente e ascoltare musica jazz sorseggiando caffè in uno dei graziosi localini di Montmartre. Startene in panciolle tra i cuscini del divano, senza nessuno scarabeo parlante che ti punzecchia sotto i vestiti per ricordarti che le partite a senet contro il mercante di pietre non si vincono da sole, o che non hai ancora trovato un modo per calare il sarcofago nel suo vano senza far collassare l’intera struttura.
Almeno così Ra e Anubi ti hanno promesso.
Ra e Anubi. Nessuno studio, tirocinio o tour archeologico della Valle dei Re avrebbe potuto prepararti alla vista di due delle più celebri e potenti divinità dell’Antico Egitto che appaiono all’improvviso di fronte ai tuoi occhi increduli, prendendo vita dal marmo antico di millenni.
Un attimo prima gioivi del tuo trionfo, pregustavi il tuo nome a caratteri cubitali sui giornali accanto alla notizia della scoperta di una piramide perduta da millenni tra le sabbie; l’attimo successivo l’angusto passaggio franava dietro le tue spalle, la sabbia ti invadeva il naso e i polmoni e la voce degli dèi balenava ad illuminare le tenebre della tua incoscienza.
È stato in quel momento che hai sentito distintamente il rumore della pergamena della tua laurea in archeologia stracciarsi in mille pezzettini e sparire risucchiata nel vortice di uno sciacquone.
Gli antichi dèi esistono. Gli antichi dèi parlano. Gli antichi dèi hanno scelto te come capomastro della piramide del Faraone.
La litania cantilenante del sacerdote ti distoglie da quei pensieri. Il contenitore per cervelli è ormai pieno, il taglio sul fianco del faraone è stato praticato da uno schiavo prontamente scacciato via per la profanazione che ha osato compiere.
“Come capo imbalsamatore, l’onore è tuo” salmodia il sacerdote, avvolto nella rituale pelle di leopardo. “Nel corpo umano ci sono molti organi importanti. Ciascuno di essi appartiene a un dio. Un solo organo non deve essere tolto: appartiene ad Anubi.”
Un gesto della mano dalle lunghe dita rivela quattro vasi allineati con ordine lungo una mensola. Ciascuno ha il coperchio scolpito nelle fattezze di uno dei quattro figli del dio Horus.
A questo punto, oltre ai palmi delle mani, inizia a sudarti anche la fronte. Il battito del cuore aumenta vertiginosamente. Dal taglio sul cadavere emana un odore che ti fa salire i conati alla bocca.
Stringi le tenaglie, pensando che nessuna conoscenza anatomica che possiedi potrà salvarti dal non sfiorare per sbaglio il cuore mentre frughi nel corpo del faraone alla ricerca degli organi da collocare nei vasi canopi. Il cuore è sacro ad Anubi, l’organo che il dio dei morti collocherà su una bilancia, assieme a una piuma, per giudicare la vita e le opere del defunto.
Hai come l’impressione che Anubi non gradirebbe che tu lo toccassi, o peggio lo rovinassi anche solo per sbaglio.
Ra sarà anche il sommo tra gli dèi, ma ti ha sempre dato l’impressione di un padre benevolo. Un simpatico volatile un po’ attempato, con l’aria saggia e la voce pacata dei racconti attorno al fuoco.
Anubi è tutta un’altra storia. La sua voce profonda sembra esalare dallo stesso regno dei morti, e i suoi occhi di ossidiana ti fissano con la cupidigia di… beh, uno sciacallo. Pronto a ghermire la tua carcassa nel caso dovessi fallire. Non potrai mai dimenticare il brivido che ti ha percorso la schiena ascoltando le prime parole che ti ha rivolto.
“Sfida il passato a tuo rischio. Io sarò qui a giudicare le tue azioni.”
Dentro di te hai sempre avuto la certezza che lui si auguri che tu fallisca.
Motivo in più per non dargli questa soddisfazione, pensi digrignando i denti. Non dopo tutti gli sforzi che hai fatto per arrivare fino a qui. Non dopo aver diretto la costruzione di una delle piramidi più imponenti mai esistite dal livellamento delle fondamenta fino alla posa della cuspide.
Dimostrerò di essere la persona degna del tuo sogno, amico mio.
Stomaco, polmoni, fegato, intestini. In un modo o nell’altro riesci ad estrarli tutti senza sfiorare il prezioso cuore. Quando termini hai il respiro spezzato e il sudore che ti gronda a rivoli sul naso e le tempie, ma i quattro organi vengono collocati correttamente nei vasi canopi e affidati alle quattro divinità che li proteggeranno fino alla fine dei tempi.
Ti appoggi con le mani sul bordo del letto di pietra, rilasciando la tensione accumulata nei muscoli delle spalle. Mentre il sacerdote infila i sacchetti di erbe rituali nella ferita e cosparge la salma di salnitro non riesci a trattenere un sorriso. Allo stesso tempo senti le lacrime pizzicare agli angoli degli occhi e ti passi una mano sul viso, con stupore e meraviglia.
Perché tu conosci il futuro. Sai che quei gesti, quei rituali così vuoti e superstiziosi agli occhi del supponente uomo moderno, non sono inutili. Hai visto la sua tomba - la tua tomba - e sai che resisterà ai millenni, alle tempeste del deserto, alle guerre e alle conquiste, alle generazioni di uomini grandi e piccoli che si succederanno nel fiume inarrestabile del tempo.
Il nome del tuo amico è e rimarrà scolpito per sempre tra le pagine della Storia. E in parte è anche merito tuo.
La tua voce si incrina appena mentre gli sfiori leggermente la guancia fredda con la punta delle dita.
“Buon viaggio, amico. Sarà un onore vigilare sul tuo sogno.”

 
  
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