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Autore: dracosapple    02/03/2021    2 recensioni
La vita nelle campagne del Kansas scorre tranquilla e monotona per tutti, anche per il giovane Dean a cui non dispiace affatto essere un semplice ragazzo di campagna, gli va bene così, non pretende nulla di diverso per sé stesso, anche se vive negandosi la libertà per non deludere la sua famiglia.
Il destino però, anche se in modo crudele, certe volte presenta l'occasione di ricominciare, perché la vita è una sola, anche quando sembra distrutta e non resta altro da fare che rimettere insieme i pezzi.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessuna stagione
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Capitolo 6: Boys Don’t Cry1
 
New York, New York, 11 febbraio 1989

 
Guardandosi allo specchio dell’armadio della sua stanza si chiese perché l’aveva fatto. Per quale maledettissimo motivo aveva invitato Cas al concerto?
E soprattutto, perché Cas aveva accettato?
Non gli sembrava proprio il tipo da musica rock, se avesse dovuto pensare a quale genere ascoltava Cas sicuramente l’avrebbe associato a della musica classica, Beethoven, Mozart…cose così.
Di certo non a potenti riff di chitarra e voci graffiate che cantavano quanto fosse bello bere e scopare ragazze nel backstage.
Si passò una mano tra i capelli, doveva tagliarli, erano diventati un po’ troppo lunghi e gli ricadevano di continuo sulla fronte. Aveva ancora quelle schifosissime occhiaie che nonostante tutto non riuscivano a mortificare la sua bellezza, le sue iridi verdi risaltavano ancora di più.
Sbuffò mentre si sistemava la maglia dei The Who e controllava l’orologio. Era ancora presto, se fossero partiti di lì a un’ora sarebbero arrivati in orario e non avrebbe dovuto sorbirsi le lamentele di Sam sul fatto che fosse sempre in ritardo.
Lui non era in ritardo, era il traffico che lo sabotava. Non era abituato a guidare Baby su quelle strade, a volte erano così trafficate che rimaneva bloccato per mezz’ore intere oppure doveva procedere a passo d’uomo, ma non aveva intenzione di prendere la metropolitana.
Uscì dalla sua stanza e si gettò sul divano in attesa di Castiel mentre Charlie mangiava cinese in cucina e Adam cercava di non bruciare un toast.
-Dove vai?- gli domandò il più giovane dell’appartamento raggiungendolo in soggiorno.
-Mio fratello mi ha chiesto di uscire, c’è un concerto al The Ritz-
-Fico! Posso venire?-
-No, sei troppo piccolo- replicò Dean pigramente.
-Ho diciannove anni- ribatté Adam.
-Non ventuno, non puoi comprare da bere, ergo sei piccolo. E poi vado con Cas-
Adam sgranò gli occhi. –Come hai fatto a convincerlo?-
-Gliel’ho chiesto e basta- rispose Dean alzando le spalle.
-Sì ma ha accettato-
-Magari Dean gli sta più simpatico di te- intervenne Charlie. –Sei peggio di una zanzara, è normale che ti odi. Anche io ti odio-
-Non mi odi. Mi adori- disse Adam con un sorriso ironico.
Charlie alzò gli occhi al cielo e poi spostò lo sguardo verso Dean sorridendo.
-Che c’è?- domandò lui.
-Niente- rispose la ragazza con un sorriso sornione. A volte Charlie lo guardava come se sapesse, anche se Dean era certo di non aver mai fatto trasparire nulla. Cercava sempre di essere il più vago possibile riguardo sé stesso.
Accese la tv in attesa di Castiel, sullo schermo iniziò a scorrere il notiziario. Una donna stava parlando del fatto che avevano ritrovato il corpo di un ragazzo nel Missouri, era stato gettato in un canale con la faccia quasi del tutto spaccata e le indagini avevano rivelato che era probabile che si trattasse di una aggressione a sfondo omofobo.
Dean osservò il viso di Charlie, illuminato dalla luce azzurrina del televisore, sul quale si era dipinta un’espressione di puro dolore.
-Chi fa queste cose…è disgustoso. Ognuno dovrebbe essere libero di stare con chi vuole senza rischiare di venire ammazzato- disse Adam a bassa voce.
Sullo schermo comparvero le immagini del ragazzo: doveva avere circa l’età di Dean e avevano scelto una foto in cui aveva un’espressione sorridente, con i capelli castani che gli ricadevano sul viso, e poi la foto del suo corpo martoriato.
Dean si alzò di scatto e corse verso il bagno, gli veniva da vomitare. Spalancò la porta e svuotò il contenuto del suo stomaco nel gabinetto, stava tremando.
-Dean…stai bene?- la voce di Charlie gli giunse come ovattata da fuori la porta. Lui non rispose, non ci riusciva, si sentiva di nuovo la lingua impastata.
Si alzò sulle gambe malferme e si sciacquò il viso con l’acqua gelida, appena alzò lo sguardo sul suo riflesso nello specchio sopra il lavandino si spaventò. Vide di nuovo l’occhio nero, il labbro spaccato, i tagli sanguinanti.
Strinse con forza le mani sul bordo del lavandino respirando profondamente, il suo petto si alzava e si abbassava velocemente mentre sentiva la testa che gli girava e la vista che iniziava ad appannarsi.
Aveva voglia di vomitare di nuovo mentre davanti agli occhi scorrevano di nuovo le immagini di quel ragazzo.
“Potevo essere io, quel ragazzo potevo essere io” pensò.
-Dean, che succede?- si unì la voce di Adam.
-Sto bene- disse finalmente con voce flebile. –Credo di non aver digerito bene il pranzo-
Uscì barcollando dal bagno sotto lo sguardo preoccupato di Adam e Charlie.
-Forse dovresti restare a casa stasera- suggerì il più giovane. –Non hai un bell’aspetto-
-Grazie Adam, ma ho bisogno di uscire, devo prendere aria- replicò debolmente. Si sentiva malissimo, sperava solo che Castiel si sbrigasse così sarebbero potuti uscire in fretta.
Come se avesse udito i suoi pensieri Castiel uscì dalla sua stanza e guardò i tre con aria stranita.
-Che sta succedendo? Dean, non ti senti bene?- domandò con una nota di preoccupazione nella voce e rivolgendo il suo sguardo su Dean.
-Sto benissimo- ripeté il ragazzo notando che Castiel lo stava guardando preoccupato. Aveva gli occhi davvero azzurri e un po’ all’ingiù. –Usciamo- disse poi prendendo un profondo respiro. Aveva bisogno di calmarsi, sentiva ancora il cuore che gli rimbombava nelle orecchie.
Afferrò le chiavi dell’auto e se le cacciò nella tasca della giacca di pelle dirigendosi verso la porta dell’appartamento e sentendo i passi di Castiel dietro di se insieme alle occhiate dei suoi coinquilini.
Forse era stata una reazione esagerata ma non era colpa sua, era stato così improvviso che non era riuscito a controllarlo.
-Cos’è successo?- chiese di nuovo Castiel mentre erano in ascensore.
-Non lo so. Credo di non avere digerito bene il pranzo sai…l’indiano fa questo effetto- rispose accennando un sorriso.
Castiel improvvisamente gli appoggiò una mano sulla spalla e il suo sguardo da indagatore si colmò di dolcezza e comprensione. Il corpo di Dean si rilassò improvvisamente sotto quella stretta. –Dean io non sono molto bravo coi rapporti umani ma se hai bisogno di parlare…-
-Grazie ma sto bene così- lo interruppe mentre le porte dell’ascensore si aprivano.
-C’è qualcosa che non dici a nessuno, che non vuoi dire a nessuno. Perché?-
-Sono affari miei-
-Non c’è niente di male a confidarsi ogni tanto-
-Non sono una ragazzina adolescente okay? Lascia perdere-
Ora ci si metteva anche Castiel a parlare di sentimenti? Non era una ragazza, non parlava di queste cose. Se aveva un problema se lo risolveva da solo e basta, non c’era bisogno di quelle inutili chiacchierate su come stai davvero e cose del genere.
Si sedettero in auto e Dean accese l’autoradio che iniziò a diffondere una canzone già iniziata.
 
“…been to unkind
I tried to laugh about it
Cover it all up with lies
I tried to laugh about it
Hiding the tears in my eyes
‘Cause boys don’t cry
Boys don’t cry”1
 
Mise in moto e guidò in silenzio mentre Robert Smith2 continuava a cantare.
 
“ I would break down at your feet
And beg forgiveness
Plead with you
But I know that it's too late
And now there's nothing I can do”
 
Continuò a guidare lasciando che la canzone finisse e che gliene succedessero altre. Ogni tanto lanciava un’occhiata fugace a Cas sul sedile del passeggero, sembrava rilassato e ogni tanto canticchiava a bassa voce o guardava fuori dal finestrino.
La strada si spalancava davanti a loro, illuminata dalle luci dei lampioni, le luci accese dietro le finestre dei palazzi sembravano tanti occhi che li guardavano.
Dean avrebbe voluto dire qualcosa, qualunque cosa, tranne che quello che gli altri volevano che dicesse, pur di rompere quello strano silenzio che era calato tra loro, ma non era un silenzio imbarazzante era in qualche modo confortevole, come se Castiel avesse capito che non era il momento di fare domande.
Dean lo ringraziò mentalmente.
-Cas mi…mi dispiace per essere stato sgarbato prima- ammise con grande sforzo.
-Dispiace a me di averti forzato, è evidente che non sei ancora pronto a parlare. Volevo solo aiutarti ma posso aspettare- rispose l’altro facendo spallucce.
“Winchester, sei un vero idiota” pensò Dean.
Arrivarono davanti al locale un po’ in ritardo per colpa del traffico e trovarono Sam già lì davanti che batteva nervosamente il piede sul suolo e Jessica che sorrise non appena scesero dall’auto.
-Eccoti!- esclamò Sam mentre lanciava un’occhiata interrogativa a Castiel. Si erano visti solo una volta quando Sam era venuto a cena nell’appartamento di Brooklyn e si erano scambiati sì e no dieci parole. –Ciao Castiel, lei è Jessica, la mia ragazza-
Jessica strinse la mano del ragazzo con energia. –Molto piacere! Tu vivi con Dean vero?-
-Sì, siamo coinquilini- rispose Cas con il suo tono pacato.
-Dai muovetevi hanno già iniziato- disse Sam strattonando il fratello maggiore per un braccio.
L’aria dentro il locale era densa e impregnata di odore di alcol e fumo di sigaretta, le persone tutte ammucchiate l’una contro l’altra urlavano e cantavano rivolte verso il palco dove i musicisti stavano suonando delle cover dei Metallica.
Quel posto era dannatamente fico, Dean lo adorava. Proprio in quel momento stava proteggendo il suo drink dai colpi della folla mentre, strizzato tra Sam e Castiel, osservava i poster sbiaditi dei vecchi concerti che si erano tenuti lì: U2, Frank Zappa, Run-DMC, Guns N’ Roses erano solo alcuni dei nomi che riusciva a leggere sulle varie immagini incollate ai muri.
Il viso di Ozzy Osbourne3 lo fissò di rimando dal poster consunto appiccicato su una parete mentre cercava di scorgere altri nomi.
Non era mai stato a un vero concerto, ma gli sarebbe tanto piaciuto, più o meno doveva essere come adesso, in mezzo alla folla di gente sudata, cantando a squarciagola.
-Devo andare al bagno- gli gridò Sam nell’orecchio.
-Sei abbastanza grande per andarci da solo mi pare- urlò Dean di rimando e buttando giù il quinto Jack e cola della serata. O forse era il sesto, non si ricordava molto bene.
Sam sbuffò e lo afferrò per un braccio trascinandolo verso le scale che conducevano al piano inferiore dove c’erano i bagni pubblici.
-Non credevo che tu e Castiel foste così amici- iniziò Sam non appena la musica si fu attutita abbastanza da parlare senza doversi urlare addosso.
-Non siamo così amici, però qualche giorno fa è stato gentile con me e volevo ricambiare il favore- replicò Dean. Stava iniziando a biascicare un po’ le parole, sperava di riuscire a guidare per tornare a casa. Forse aveva bevuto un po’ troppo ma non voleva pensare.
Le immagini di quel ragazzo con la faccia spaccata gli comparivano continuamente davanti agli occhi. Sapeva benissimo cosa rischiava ogni volta, l’aveva saputo dal primo momento.
Si ricordava all’inizio del 1981 quando era iniziata quella nuova malattia, in pazienti per la maggior parte giovani e omosessuali. Ricordava come suo padre aveva dichiarato che quei ragazzi “meritavano di morire, schifosi”. L’AIDS era qualcosa che lo terrorizzava nonostante usasse tutte le precauzioni possibili.
Sapeva di rischiare anche di essere aggredito ma non se n’era mai preoccupato più di tanto perché era consapevole che il suo atteggiamento e il suo aspetto lo rendevano insospettabile, ne aveva sentite di storie di ragazzi massacrati a quel modo, ma adesso, dopo quello che gli era successo, la consapevolezza che sarebbe potuto capitargli gli era caduta addosso come un macigno.
Sam uscì dal bagno riportandolo alla realtà.
-In che senso è stato gentile con te?- domandò al fratello maggiore lavandosi le mani.
-Parlare sai, senza fare troppe domande- biascicò Dean.
Sam gli lanciò un’occhiataccia e poi tornarono insieme nella sala superiore dove la musica li assordò nuovamente e ricevettero un paio di spintoni da un gruppo di ragazzini esaltati e palesemente ubriachi.
-Prendo un altro drink!- esclamò Jessica.
-No, hai bevuto abbastanza- disse Sam togliendole di mano il bicchiere. Dean afferrò il bicchiere dalla mano di Sam e ne mandò giù il contenuto in un sorso solo, poi si diresse verso il bancone. Aveva bisogno di bere, doveva sciogliersi un po’ e smetterla di rincorrere i suoi pensieri, lo faceva stare solo peggio.
-Che ti servo tesoro?- gli chiese la barista posando su di lui uno sguardo lascivo.
-Jack Daniel’s- rispose Dean con voce roca.
La ragazza gli verso il whisky nel bicchiere continuando a guardarlo ammiccante.
-Non sei il mio tipo- disse Dean, l’alcool gli aveva decisamente sciolto la lingua. La giovane barista aggrottò le sopracciglia e rimise il tappo alla bottiglia. –Non ti piacciono le bionde?- chiese scherzosamente.
-Preferisco le more- ribatté il ragazzo prendendo il suo bicchiere e allontanandosi dal bancone sorseggiando il liquido alcolico.
Tornò da Sam, Jessica e Cas. Quest’ultimo non sembrava propriamente a suo agio in mezzo a tutta quella confusione ma lui e Sam sembrava iniziassero ad andare d’accordo infatti Dean riuscì a cogliere uno sprazzo di conversazione su un libro russo o qualcosa del genere.
Tipico di Sam, mettersi a parlare di roba da secchioni mentre era ad un concerto rock. Roteò gli occhi e finì il Jack Daniel’s che era rimasto sul fondo del bicchiere di plastica trasparente.
-Credo- disse dolcemente la voce di Castiel al suo orecchio –che dovrò guidare io la tua macchina al ritorno. Non ci tengo a morire a ventiquattro anni-
Dean rabbrividì sentendo il fiato caldo dell’altro ragazzo sul suo orecchio. –Sì forse…è meglio- fece di rimando.
Sul palco il cantante, ormai ubriaco, stava cantando una versione un po’ stonata di Fade To Black4. La testa gli girava forte adesso, probabilmente era colpa di tutto quell’alcool, pensò mentre indietreggiava per fare spazio a una ragazza che stava correndo verso il bagno probabilmente per vomitare.
Gli bruciavano gli occhi per il troppo fumo nella stanza e stava iniziando a vedere un po’ sfocato.
-Dean! Noi ce ne andiamo!- disse Sam prendendo per mano Jessica. –Fa’ guidare Castiel mi raccomando e telefonami domani mattina!- gridò per sovrastare il potente pestare della batteria unito al riff di chitarra elettrica.
-Okay!- urlò Dean di rimando.
Erano rimasti solo lui e Cas. I corpi strizzati in mezzo ad altri corpi, si muovevano insieme agli altri, appiccicati l’un l’altro. Cas gli sorrideva in lieve imbarazzo, Dean sentiva il suo calore addosso, anche se erano separati dagli strati di stoffa dei vestiti. Deglutì a disagio.
Era da quando aveva visto Chris l’ultima volta che non si trovava così vicino ad un altro uomo, se prima si approcciava ai ragazzi con nonchalance e faccia tosta adesso riusciva a malapena a rivolgergli la parola.
-Dovremmo andare a casa- suggerì Cas mettendo le mani a coppa attorno all’orecchio di Dean per farsi sentire meglio.
Il biondo annuì e iniziarono a farsi spazio sgomitando tra orde di ragazzini ubriachi e ragazze che gli si strusciavano addosso senza alcun tipo di contegno. Gli piaceva quel posto, non c’erano distinzioni di sesso, età o etnia, era un’unica grande massa che si muoveva insieme al ritmo pulsante della musica.
Decise che ci sarebbe tornato quando avrebbe avuto meno pensieri, o forse aveva solo bevuto troppo poco e non era riuscito ad affogarli tutti.
Castiel gli sfilò delicatamente le chiavi dalla tasca e aspettò che si sedesse sul sedile del passeggero prima di accendere il motore.
-Non faccio guidare a nessuno la mia auto- mormorò Dean appoggiando la testa al finestrino e sentendo il vetro fresco contro la pelle del suo viso. Si sentiva andare a fuoco, forse aveva la febbre o forse era eccitato senza sapere il perché.
-Sta’ tranquillo non la rovinerò- rispose Castiel.
Erano le tre del mattino e la strada era più sgombra di quando erano partiti, c’erano molte meno auto e più taxi, ma il traffico era quasi inesistente e l’asfalto scorreva veloce sotto le ruote dell’Impala.
Dalla radio veniva una voce soffusa che cantava una canzone che Dean non riusciva a capire, voleva solo chiudere gli occhi e dormire ma non poteva, c’era qualcun altro, Cas, alla guida della sua auto e doveva stare all’erta, anche se sentiva tutto il suo corpo avvolto in un piacevole torpore.
Chiuse gli occhi per un istante e vide di nuovo suo padre che lo colpiva al volto e subito dopo il ragazzo del notiziario, quello con la faccia spaccata, solo che non era quel ragazzo, era lui.
Spalancò immediatamente le palpebre e si strofinò gli occhi con le mani cercando di restare sveglio, era abituato ormai, lo faceva tutte le notti per evitare di ritrovarsi quella scena davanti agli occhi, eppure ora era così dannatamente difficile…
Non seppe quanto tempo ci volle per tornare a casa, era troppo comodo rimanere sprofondato nel sedile avvolto da quello strano ma piacevole torpore dato dall’alcool.
Non che non avesse mai bevuto, più volte si era risvegliato senza sapere come e quando fosse tornato a casa dopo una serata con Benny e Garth, un paio di volte si era anche risvegliato nel letto di ragazze sconosciute, ma erano sempre sbronze senza memoria, non come adesso.
Era abbastanza consapevole di quello che stava accadendo, era in macchina con Cas che guidava tranquillo e lo stava riportando a casa e lui aveva bevuto quel tanto che bastava per essere in una sorta di dormiveglia ma non completamente incosciente, quello che bastava per ricordare quello che era successo nelle ore precedenti.
-Okay siamo arrivati- annunciò Castiel spegnendo il motore e scendendo dall’auto.
Dean sbadigliò e cercò di slacciarsi la cintura di sicurezza che non ricordava di avere messo, ma non ci riuscì.
-Cas uh…-
L’altro ragazzo aprì la portiera dal lato passeggero e liberò Dean dalla cintura di sicurezza. Quando si avvicinò a lui Dean inspirò profondamente il suo profumo, nonostante le ore passate in quel locale fumoso Cas sapeva ancora di dopobarba alla menta.
-Ce la fai?- domandò Castiel mentre Dean cercava di alzarsi dal sedile.
-Mmmmm penso di no- gemette il biondo appoggiandosi alla carrozzeria dell’auto per restare in equilibrio. –Odio questa via di mezzo. Di solito o non mi ricordo niente o sono sobrio- ridacchiò. Gesù, era veramente andato.
Questa via di mezzo era davvero peggio di qualunque ubriacatura epocale perché sapeva benissimo quello che stava succedendo attorno a lui ma allo stesso tempo si sentiva come un bambino, non era autosufficiente e non riusciva a smettere di ridere.
-Aspetta ti aiuto-
Castiel passò un braccio attorno alla vita di Dean e lo aiutò a sollevarsi mentre gli metteva l’altro braccio attorno alle spalle. Cas non indossava il suo solito completo con quell’orribile trench beige e la cravatta blu ma un semplice maglione nero e un paio di jeans e stava decisamente molto meglio.
Dean scoppiò a ridere all’improvviso e l’altro lo guardò sorpreso. –Beh effettivamente è una situazione divertente- concesse Castiel prima di iniziare a ridacchiare anche lui.
Entrarono nell’ascensore sempre ridendo, da fuori sembravano semplicemente due amici spensierati e un po’ ubriachi.
Cas aprì la porta con difficoltà perché era troppo impegnato a reggere Dean e a cercare di smettere di ridere. Per cosa ridessero in realtà nessuno dei due lo sapeva, ma era bello, era liberatorio.
-Okay, dovrei fare silenzio ora- bisbigliò Dean mentre continuava a sorridere. Iniziavano anche a fargli male le guance per tutto quel ridere ma non gli importava in quel momento. Era abbracciato a Cas, era ubriaco e per circa cinque minuti non aveva pensato a suo padre, stava facendo progressi.
-Sì, dovremmo stare zitti- rispose Castiel accendendo la luce del salotto. –E tu, adesso ti porto in camera tua!- disse rivolgendosi a Dean che nel frattempo era collassato sul divano.
Il ragazzo dai capelli neri si diresse in cucina dove prese un bicchier d’acqua che poi porse all’amico seduto su quel vecchio divano da quel colore indefinito tra l’ocra e il beige, tutto consunto e rovinato.
-Grazie Cas- gracchiò Dean passandosi una mano fra i capelli chiari.
-Non c’è problema. Anche mio fratello ogni tanto si sbronza- fece l’altro alzando le spalle.
-Non sono sbronzo- replicò Dean con la voce un po’impastata. –Sono ubriaco-
-È la stessa cosa- ribatté Cas ridendo.
-No, non lo è. Credo-
Castiel scosse la testa ridendo. –Dai vieni, ti porto in camera tua-
Riprese Dean per la vita e lo trascinò nella sua stanza barcollando, non era facile camminare con un ragazzo della sua stazza a peso morto addosso. Lo fece cadere malamente sul letto e Dean gemette.
-Scusa- si affrettò a dire Castiel.
Dean chiuse gli occhi per un istante, sentendo tutta la stanza roteare attorno a sé.
Aveva bevuto, aveva bevuto del whisky, in quel momento capì come doveva sentirsi suo padre quando finiva una bottiglia intera e poi crollava sul divano dopo aver sbraitato contro sua moglie e i suoi stessi figli.
Riaprì gli occhi e si tirò su a sedere faticosamente guardando Castiel che era ancora seduto sul suo letto e lo guardava con la testa leggermente inclinata di lato. La stanza stava girando parecchio adesso, anche Cas gli sembrava un po’ sfocato.
-Cas- biasciò allungando una mano verso l’amico davanti a lui. –Vieni più vicino, voglio dirti un segreto-
Castiel sorrise e si avvicinò a Dean. Non era la prima volta che assisteva un amico un po’ sbronzo e conosceva bene i vari "stadi" e sbalzi d'umore dati dall'ubricatura.
-Sai perché sono qui?- disse mentre la sua espressione da rilassata diventava improvvisamente più seria con le sopracciglia aggrottate.
-Mi hai detto che hai litigato con la tua famiglia- rispose pazientemente Castiel.
-No non è solo per quello. È un segreto Cas, non l’ho detto nemmeno a Sammy, però adesso lo dico a te. Perché mi posso fidare di te vero?-
Nonostante Dean cercasse di essere serio a Cas sfuggì lo stesso un sorriso, era buffo vederlo così.
-Certo Dean, te l’ho detto anche prima, puoi fidarti di me- fece Cas avvicinandosi ancora di più a Dean.
-Okay allora. Mio padre voleva farmi sposare con una ragazza- bisbigliò Dean all’orecchio di Castiel, appoggiandogli una mano sulla spalla come aveva fatto con lui in ascensore. –Ma l’ha fatto perché a me non piacciono le ragazze Cas. E mi ha scoperto- continuò con la voce ridotta a un sussurro. –Sono scappato dopo che mi ha pestato. Ti ricordi la mia faccia quando sono arrivato qui per la prima volta?-
Castiel sussultò leggermente e Dean si allontanò dal suo orecchio. L’espressione del ragazzo biondo era…triste, terribilmente triste e Castiel sapeva che non stava mentendo, in vino veritas5.
-Dean io…non so cosa dire, è orribile- mormorò Cas.
-Non dire niente- rispose Dean avvicinandosi a lui e passandogli le braccia attorno al collo. –Non riesco a dirlo a nessuno, l’ho detto solo a te, adesso. Non ho mai pianto perché non posso…-
Il calore dei loro corpi di nuovo così vicini fece rabbrividire leggermente entrambi, si guardarono negli occhi per qualche istante, il blu nel verde, l’oceano nella foresta. Erano così vicini che Castiel poteva contare ogni lentiggine sul viso dell’altro.
Dean si morse un labbro guardando il viso di Cas con quegli occhi un po’ all’ingiù che gli conferivano quell’espressione mista tra il serio e il triste.
Si sporse un po’ in avanti finché i nasi non si sfiorarono e i respiri non si confusero.
-Forse è vero che sono ubriaco però…-mormorò Dean con voce roca.
L’altro inclinò la testa di lato e le labbra dei due ragazzi si toccarono appena. Dean portò la mano sulla nuca del più giovane e lo attirò a sé premendo le proprie labbra contro le sue.
Castiel sobbalzò poi si separò immediatamente mettendo le mani calde sul petto di Dean.
-Ehi!- protestò Dean debolmente.
-Dean, per quanto mi piaccia, e ti giuro che mi piace un sacco, adesso non è il momento okay? Non sei in te-
-Lo so benissimo cosa sto facendo- biascicò Dean.
-Non lo metto in dubbio, ma forse sarebbe meglio aspettare- replicò Castiel pacatamente. –Forse sarebbe meglio che tu dormissi adesso-
-Non ho sonno- mentì Dean. Si sentiva stanchissimo ma non voleva che Cas se ne andasse, voleva che rimanesse lì a tenerlo sveglio per non farlo sprofondare in quegli incubi che lo tormentavano ogni volta che chiudeva gli occhi. –Non posso dormire Cas, io lo vedo…tutte le notti-
Castiel si massaggiò la base del naso. Di certo non si aspettava che la serata avrebbe preso quella piega, si aspettava semplicemente una serata divertente con Dean.
Aveva capito subito che c’era qualcosa in quell’uomo con gli occhi verdi, lo poteva scorgere dietro quell’espressione strafottente e le battute sarcastiche, e adesso eccolo lì, ubriaco e triste che si apriva con lui. D'altronde come sapeva bene "ci sono persone che ci colpiscono fin dal primo sguardo"6 e con Dean era stato esattamente così.
Non sapeva se potevano considerarsi amici, ma neppure estranei perché vivevano insieme.
Cas stesso si era reso conto che da quando c’era Dean aveva più voglia di stare con le altre persone con cui condivideva la casa, lui, che con i rapporti umani era sempre stato una frana, che non sapeva mai cosa dire e passava da un argomento all’altro come un bambino che salta nelle pozzanghere.
Da quando Dean aveva messo piede nell’appartamento di Brooklyn aveva avuto voglia di conoscerlo, di parlare con lui, di instaurare qualcosa…non sapeva bene se volesse quel genere di cosa, non era sicuro di quello che piacesse a Dean.
Beh, prima non ne era sicuro. Adesso ne aveva la prova.
-Quello che vedi non è reale Dean. È solamente un sogno-
-Lo so, ma non voglio vederlo- bisbigliò Dean. Stava lottando con sé stesso per non piangere, anche se sentiva che gli occhi gli bruciavano terribilmente. Era forse la prima volta in vita sua che si mostrava così a qualcuno.
Castiel gli mise di nuovo le mani sul petto e lo spinse delicatamente sulla schiena.
-Dean, adesso cerca di dormire okay? E se vedi tuo padre che ti fa del male, rispondigli. È solo nella tua testa, puoi decidere tu come vanno le cose lì dentro- disse piano Castiel, ma Dean si era già addormentato mentre parlava.
Cas si alzò dal letto dando un’ultima occhiata al giovane uomo che si stava muovendo scompostamente per trovare una posizione.
-Buonanotte Dean, anche se domani non te ne ricorderai- sussurrò chiudendo la porta.
 
 
Spazio autrice: salve a tutt*! Come state? Spero stiate tutti bene anche se questo periodo ci sta veramente mettendo a dura prova.
Alloooora, eccomi qui con un nuovo capitolo! Ci tenevo a ringraziarvi intanto per essere arrivat* fino a qui e poi ovviamente ringrazio chi recensisce o mette questa storia tra le preferite\seguite…insomma, come dico sempre, siete prezios*! E mi raccomando ascoltate le canzoni che inserisco come titoli o sparse qua e là per i capitoli!
Se vi va fatemi sapere che ne pensate! Come al solito, un abbraccio e a presto <3

1Brano dei The Cure del 1980
2Frontman e cantante dei The Cure
3Frontman e cantante dei Black Sabbath
4Brano dei Metallica del 1984
5Detto latino "la verità è nel vino"
6Citazione a Delitto e Castigo di Fedor Dostoevskij, romanzo del 1866. Non dimentichiamoci che il nostro Cas studia letteratura! 

 
  
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