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Autore: arabesquessence    02/03/2021    0 recensioni
Capitolo IV.
Clelia e Luciano iniziano la ricerca della nuova casa in cui vivere e visitano un appartamento in vendita. Sarà un successo o un clamoroso buco nell'acqua?
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'La nuova vita dei Cattegaris'
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“Dante ha una figlia, Marzia, che è la mamma di Giovanni, il ragazzo che ci aiuta con la libreria, e Sofia. Hai presente la bambina con i boccoli rossi e le lentiggini che va al catechismo con Carlo, no? Ecco lei è Sofia. Comunque ti stavo dicevo, il signor Dante sa che stiamo cercando casa e ieri mi ha informata che nel palazzo in cui abita sua figlia Marzia col marito e i figli si è liberato un appartamento. Hai capito ora?” Clelia pareva esasperata. Non sarebbe riuscita a ripeterlo una volta in più senza inciampare nelle parole nemmeno volendo.
“Certo che ho capito. Fino a Dante. Poi mi sono perso.”
“E dove? Nella selva oscura?” Clelia inarcò un sopracciglio e scrollò la testa sconsolata.
Il ragioniere ridacchiò. Trovava divertente farla spazientire di tanto in tanto.
“Quindi è lì che stiamo andando così di fretta? Cioè, non nella selva oscura. A vedere la casa intendo.” Era a malapena riuscito a finire il panino che aveva ordinato, prima che la donna lo trascinasse fuori dalla caffetteria.
Quel giorno avevano entrambi il pomeriggio libero e, dopo che Luciano era passato a prenderla al lavoro per pranzare insieme, Clelia aveva insistito per andare a vedere la casa che Dante, il proprietario della libreria in cui aveva trovato lavoro da quasi un paio di settimane ormai, le aveva suggerito.
Clelia strinse saldamente i manici della borsetta e prese a braccetto Luciano costringendolo ad affrettare il passo. Alla quarta traversa costeggiante il centro storico che imboccarono, i piedi iniziavano ad essere doloranti per via dei tacchi ma non le importava. Era troppo emozionata per prestare attenzione a questi dettagli. E il ragioniere se ne accorse. Risplendeva più del tiepido sole pomeridiano di inizio marzo e l’aria le sferzava il viso rendendo più rosee le guance e più lucidi e brillanti i suoi meravigliosi occhi verdi, simili a giada liquida.
“Il posto dovrebbe essere questo.” Annunciò controllando per l’ennesima volta l’indirizzo che aveva segnato in agenda.
Davanti a loro si stagliava un elegante palazzo storico con i terrazzini bianchi in muratura decorati da colonnine sui quali erano apposti vasi di fiori e che ricordavano lo stile degli edifici parigini.
Accanto al portone in legno, era collocato il citofono rifinito in ottone che riportava i cognomi dei residenti in targhette dai caratteri corsivi. Clelia premette uno dei bottoncini, corrispondente alla portineria. La voce squillante di un uomo rispose dall’altra parte dell’apparecchio.
“Sì?”
“Buon pomeriggio, siamo qui per vedere l’appartamento in vendita.” Esordì Clelia.
“Voi siete i signori?”
“Cattaneo.” rispose prontamente Luciano.
Ci fu qualche istante di silenzio. Il portiere molto probabilmente stava scorrendo l’agenda con gli appuntamenti della giornata. “Sì eccovi qua. Cattaneo segnati per le 14,00. Prego, entrate.” Esordì infine seguito dallo scatto del portone che si apriva.
 
 
 
“I proprietari non saranno in città fino alla prossima settimana quindi il giro della casa ve lo faccio fare io.” L’ascensore del palazzo raggiunse il sesto piano e le porte si spalancarono. “Per qualsiasi cosa potete rivolgervi a me. L’appartamento è già arredato e quasi completamente accessoriato, i Fontana hanno ereditato una residenza di famiglia e nel trasloco non hanno voluto portare via quasi nulla. Naturalmente, se deciderete di procedere con l’acquisto, ogni futura modifica sarà a vostra discrezione.” Precisò mentre li conduceva sul pianerottolo. Armeggiò con la chiave nella toppa e aprì la porta. “Prego.” Con un gesto cortese della mano li invitò ad entrare per primi.
L’appartamento constava di una cucina in legno di noce a vista sulla sala da pranzo e sul soggiorno, che catturavano per primi l'occhio dall'entrata. A sinistra, lungo un corridoio, si collocavano tre camere da letto, due bagni, di cui uno con la vasca e l’altro completo di doccia e annessa zona lavanderia. Connessa al soggiorno, invece, vi era un’ampia stanza adibita per metà ad ufficio e per metà ad angolo lettura, con la scrivania dello stesso legno intarsiato della libreria che correva lungo la maggior parte del perimetro, delle sedie ai lati opposti della scrivania, e della sedia a dondolo posta accanto agli scaffali colmi di vecchi volumi ingialliti. Infine vi erano un terrazzino che dal soggiorno si affacciava sulla strada principale e un lungo balcone dalla ringhiera lavorata in ferro battuto, interamente percorribile e che collegava tutte le camere da letto, che dava sul cortile alberato del palazzo.
Il portiere, un uomo sulla sessantina, tanto spilungone quanto esile, si trattenne con loro per una mezz’ora.
“Vi lascio consultarvi con calma. Torno al mio lavoro.” Posò la chiave sul lungo tavolo di mogano della sala da pranzo e infilò nuovamente il cappello della divisa. “Quando avete finito, riportatela giù in portineria.”
Rimasti soli, Clelia abbassò la testa sul tavolo tornando a consultare la planimetria della casa lasciata dal geometra, facendo scorrere il dito sulla carta.
“Ti ho vista particolarmente silenziosa durante tutto il giro. Qualcosa non ti convince?” Il ragioniere cercò di intercettare il suo sguardo.
Clelia esitò prima di ricambiare quel contatto visivo. “Al contrario. Mi piace moltissimo. È elegante, ma non troppo da sembrare un museo. Chi l’ha arredata ha senza dubbio buon gusto. E poi è accogliente, confortevole… riesco ad immaginare di viverci con dei bambini.”
Luciano, che ne era rimasto piacevolmente colpito fin dal primo istante, tirò un sospiro di sollievo. “Speravo che lo dicessi, sai? Credo sia perfetta per noi. Ed è in un’ottima posizione, facilmente raggiungibile dal centro anche con il tram, e poco distante dalla libreria e dalla scuola di Carlo. E anche il prezzo direi che è onesto.”
“Amore, non saprei... Per quanto io mi fidi ciecamente dei tuoi calcoli, è pur sempre una spesa ingente. Dovremmo pensarci per bene, ponderare eventuali altre opzioni. In fondo è solo la prima casa che vediamo…”
Clelia si soffermò ad accarezzare la mensola del caminetto e Luciano visualizzò nella mente la donna leggere in poltrona, sfilarsi i tacchi abbandonandoli sul parquet dopo una giornata di lavoro e accoccolarsi sul divano accanto a lui davanti al fuoco scoppiettante, loro due in vestaglia percorrere avanti e indietro a piedi scalzi il tappeto davanti al camino durante le insonni notti invernali avvicendandosi per cullare tra le braccia una bimba piangente di pochi mesi, nella speranza che quel tepore mescolato al calore umano avrebbero arrestato le sue lacrime.
“Luciano? Mi stai ascoltando?”
Il ragioniere si risveglio dal torpore e il suo sorriso divenne presto contagioso.
Gli angoli della bocca di Clelia si sollevarono notando l’aria sognante dell’uomo. “A cosa pensavi?”
“A cose belle.” Le si avvicinò da dietro per depositarle un bacio sulla guancia sfiorandole con una mano il pancino che cresceva di giorno in giorno iniziando ad essere visibile attraverso il tessuto del vestito. “Ma tu cosa mi stavi dicendo?”
“Pensavo che, essendo nello stesso corridoio, dopo la nostra camera da letto potrebbe esserci la stanza del bambino, o della bambina, e infine quella di Carlo. Così loro starebbero vicini, e noi avremmo sotto controllo la situazione pianti-pasti-cambi notturni.”
Clelia smise di giocherellare con uno dei soprammobili in vetro soffiato sulla mensola del camino e si voltò scrollando il capo. “Sto correndo troppo.”
“Al contrario. Adoro sentirti programmare la nostra vita. E amo vedere come questa casa abbia messo a dura prova anche la sua imperscrutabile razionalità, signorina Calligaris.” Le baciò una mano.
“È così ariosa e luminosa…”
Le tende color crema erano tirate e i raggi del sole battevano attraverso le alte vetrate del soggiorno riscaldando l’ambiente. Clelia prese per mano Luciano guidandolo e spalancò la finestra permettendo alla brezza e al sole di filtrare senza ostacoli nella stanza. Uscirono sul terrazzo e la donna inspirò socchiudendo gli occhi. Si sporse leggermente voltandosi ad ammirare le montagne innevate in lontananza in contrasto col cielo azzurro. Provò un senso di pace, come se per un istante il traffico delle strade cittadine, il suono dei clacson, il cigolio delle ruote del tram a contatto con le rotaie, le voci dei passanti, fossero ridotti ad un suono ovattato. Quando la percezione dell’orizzonte, oltre le Alpi, oltre i confini, iniziò a sfumare e si sentì rimpicciolire in un mondo troppo vasto anche solo da immaginare, rabbrividì appena accostando i due lembi del cappotto e stringendosi in esso. Rivolse l’attenzione alla città. Da quell’altezza la visuale di Torino era quasi totale. Scorse la Mole Antonelliana, il campanile del Duomo e, spostando lo sguardo, la Basilica di Superga.
La primavera era nell’aria e il profumo dei gerani nei vasi del terrazzino la inebriavano. Luciano le avvolse un braccio attorno alle spalle. Rimasero in silenzio a godere di quella vista per alcuni minuti finché la fragranza dei fiori non divenne troppo intensa per il delicato equilibrio che la donna aveva instaurato con le nausee.
“Direi che vale la pena dormirci su prima di prendere una decisione. Meglio non affrettare le cose. Con l’arrivo del bambino abbiamo tante spese da affrontare.” Esordì Clelia risoluta mentre richiudeva la vetrata. Sembrò cercare di convincere anche se stessa.
“Hai visto? Abbiamo il giradischi e un pianoforte. Guarda il pianoforte.” Insistette indicando lo strumento a muro rilegato all’angolo accanto alla portafinestra.
Clelia inarcò un sopracciglio. “Ragioniere, sta cercando di corrompermi con un pianoforte? Ha un talento di cui non ero a conoscenza?”
“No, però è scenico, d’impatto. E uno dei nostri figli potrebbe voler imparare a suonarlo.”
“E noi dobbiamo essere previdenti, giusto? Bel tentativo ma ho cresciuto Carlo, le scuse con me non funzionano.”
Luciano finse il broncio, ma la razionalità era sempre stato anche il suo pane quotidiano e, nonostante l’amore per la donna l’avesse fatta vacillare più volte, convenne che quella decisione, prima di compiere un altro passo importante, meritava una riflessione. Però, allo stesso tempo, non ci avrebbe pensato due volte a fermare la casa se Clelia avesse dimostrato uno spiraglio di esitazione nella sua assennata fermezza. Lei si avvolse il foulard intorno al collo per poi stampargli un bacio sulle labbra. “Comunque spiacente, ma il tostapane mi aveva conquistata per primo.” Gli sussurrò all’orecchio.
Il ragioniere la prese per mano e si incamminarono verso la porta. Clelia rivolse un ultimo sguardo all’appartamento prima di richiudersela alle spalle.
Tornarono giù nell’atrio e consegnarono la chiave al portiere ringraziandolo.
“Sapete, fino ad oggi si erano presentate solo giovani coppie, ma hanno reputato l’appartamento troppo grande per le loro esigenze. Siete la prima famiglia con dei bambini che chiede di vedere la casa, la seconda ha in programma una visita domani. Se posso permettermi però, e questo è un consiglio assolutamente disinteressato, vedrei bene lei e la sua signora a vivere in questo palazzo. Non capita tutti i giorni una così bella coppia affiatata, ed elegante aggiungerei.”
Clelia abbozzò un sorriso ma la sua mente era focalizzata su una parte della frase che l’aveva allarmata. Un’altra famiglia in visita domani. E se…
“La casa ci ha conquistati e lei è molto gentile ma io e mia…moglie…” incrociò lo sguardo di Clelia che pareva assorta nei suoi pensieri ma a quella parola si risvegliò all’istante. “…ecco, noi abbiamo pensato fosse giusto riflettere megl-” ma in un impeto la donna gli afferrò la mano quasi stritolandola.
Deglutì prima di emettere tutto d’un fiato poche parole ben precise. “In realtà noi ci abbiamo riflettuto e vorremmo comprarla.”
Luciano si voltò di scatto sgranando gli occhi. “Vogliamo? Davvero?” Il tono di voce risultò leggermente stridulo a causa dell’euforia.
Clelia si lasciò sfuggire una risatina nervosa. “Perché no? In fondo l’hai detto anche tu che è perfetta per noi.”
Il ragioniere si morse un labbro cercando di contenere l’entusiasmo ma, vedendo gli occhi di Clelia brillare per l’emozione, incredula per quello slancio avventato ma per nulla pentita, il suo cuore fece una capriola e non riuscì a trattenere un sorriso. Uno dei suoi più belli e pieni d’amore.
Infine si rivolse al portiere. “Può metterci in contatto con i proprietari?”
   
 
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