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Autore: coopercroft    03/03/2021    0 recensioni
Ritrovare un padre dopo anni di abbandono e adozioni, finite spesso male. Sherrinford ha un nome eccentrico, come tutti nella sua singolare famiglia. Un padre chiamato “Ice Man”, una zia Eurus rinchiusa in una fortezza e uno zio detective famoso : Sherlock Holmes. Come potrà adattarsi a vivere con loro? Dopo anni di vita fisicamente disastrosa al limite dell’autodistruzione. Ritrovare un affetto stabile lo aiuterà a superare il dolore e i torti subiti?
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson, Mycroft Holmes, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Martedì, il giorno del ricevimento all’ambasciata, mi preparo mentalmente, mi riposo e prendo accordi telefonici con Anthea. Prima che mi venga a prelevare, John mi scruta con attenzione, mi chiede se sto bene. Sono nervoso, ma sono determinato.

“Sherrinford, metti le medicine in tasca, mi sento più sicuro se le porti con te.”  Annuisco silenzioso.  “Va bene Doc, dà un bacino a Rosie.”  Torno in camera, vado sotto la doccia, mi sbarbo e indosso lo smoking.

Quando ho quasi finito, John mi aggiusta il papillon.

“Sei elegante Sherrinford,  Mycroft sarà orgoglioso di te.” Gli vedo le mani insicure, è preoccupato e un po' mi fa piacere essere nei suoi pensieri.

“John, oggi sarà di tutto, tranne che orgoglioso, visto come mi devo comportare!”

Mi sento parte della famiglia, e ne sono fiero.

Anche lo zio Sherlock mi guarda severo.

“Sii prudente Hayc, Auberton è un serpente.  Sai cosa devi fare.”  Lo rassicuro al meglio che posso.  “Starò attento, è ora che dia una mano a papà.” Sorride compiaciuto si gira per prendere il violino.

Suona un pezzo allegro e mi sento sollevato. Mi aggiusto il cappotto costoso come quello di Mycroft.

Anthea arriva puntuale e dopo un breve saluto alla mia stravagante famiglia, partiamo per la recita del secolo.

La berlina nera ci aspetta, dentro alla guida c’è Albert, mi saluta con un cenno del capo.

Lei non ha aperto bocca, ma sento la tensione tra noi.  Ci sprofondiamo sul sedile, allunga la mano e   mi stringe il polso, ci osserviamo, fa un cenno di intesa col capo.

“Va bene, sono pronto.” Ritorno a guardare la strada, mentre l’auto scivola via lenta.

L’ambasciata ci compare davanti in tutta la sua maestosità, illuminata a giorno.

 Scendiamo, Anthea mi aspetta, io indugio con l’aria insofferente. Poi l’avvicino, la seguo annoiato. Dentro mantengo la calma, ma è solo apparente.

Nella Hall, consegniamo i cappotti al guardaroba, mi aggiusto la manica e tiro il polsino mentre osservo con finta indifferenza il lusso che trasuda da ogni dove.

Anthea è bellissima, fasciata in un abito nero con una scollatura generosa sulla schiena, non mi sforzo a fingere mentre la ammiro strafottente, allungo una mano che evita decisa.

Lo smoking mi rende giustizia, sono elegante e bastardo al punto giusto. Ho accorciato i capelli, con un taglio sobrio. Magro e alto come mio padre, di cui ho acquisito un alone di potere essendo suo figlio, imito il suo portamento e mi riesce bene. 

 Entriamo nella sala, mentre altezzoso vado subito al banchetto a riempirmi il bicchiere.  Anthea è come un’ombra, sempre attenta e abile attrice.

Mi scosta il bicchiere, me lo fa posare, le mando un grugnito mentre tento di liberarmi di lei.

Entra Mycroft, mantiene le giuste distanze, lo saluto con un sorriso beffardo.

Prima che lei possa fermarmi lo raggiungo e mi pianto davanti.

“Padre!” Lo apostrofo ghignando. “Che fai prepari una guerra? O l’ennesimo accordo economico tra Stati?  Hai una vita intensa, tutta lavoro e niente affetti.” Rido toppo forte, troppo sguaiato.

Anthea si para di fianco cercando di proteggerlo. Mycroft è visibilmente imbarazzato, sorpreso dalla mia piazzata.  Auberton entrato poco prima, assiste alla scena.  Un piccolo cenno di intesa passa tra noi tre. Papà si scosta, lo ostacolo ridendo, Anthea mi trascina via, per mettere fine alla sceneggiata.

Le lancio un’occhiata velenosa, allungo un pò troppo la mano sul retro della scollatura scivolando in basso. Tutto tra gli sguardi allibiti degli ospiti.

Lei è brava a dribblare, mi pianta seccata. Inizio a girare annoiato, mi fermo tra un gruppo di gente che chiacchiera e infastidisco chi mi capita sotto.

Intanto seguo Auberton, Anthea è vicino a mio padre che parla fitta mentre tento il primo approccio con lui.

Con il bicchiere in mano lo urto. “Mi scusi.”  Lo guardo fisso. “Forse la conosco, è un collega di mio padre?”

Cerco di pulirlo e faccio di peggio. È seccato e non lo nasconde.  “Ragazzo dovresti tornare tra le braccia di tuo padre o si preoccuperà.” È viscido, e questo mi spinge a continuare. “Chi?   Il pezzo di marmo che ha in mano la Governance?”   Ammicco.   “Non ci tengo. Preferisco stare da solo come ho sempre fatto.”  Appoggio il bicchiere mentre non guarda e ne prendo un altro, non ho bevuto nemmeno un goccio, ma sono l’ubriaco perfetto.

“Sir Auberton, lo sa che per colpa del vecchio Holmes, qualcuno ha tentato di rapirmi? Guardi che bei ricordi mi hanno lasciato in faccia.” Fingo un passo falso e lo urto. “Mi scusi ancora.”  Mi guarda perplesso, incapace di reagire, si chiede dove voglio arrivare.

“Forse abbiamo in comune più di quanto sembri.”  Gli pianto il viso troppo vicino, si scosta.  “Per esempio, so chi è stato a farmi questo. Diciamo non voglio succeda più. Non voglio entrare nelle beghe di potere del mio amato padre.”

 Rimane muto e mi studia. Allora semino il dubbio, gli sibilo secco.

“È stato lei, Sir Auberton, per quel maledetto portatile che tanto desidera.” Ora il gioco è partito, Auberton mi scruta, la mascella talmente stretta che posso sentire i denti stridere. Fa segno di seguirlo.

Andiamo in un posto appartato, mentre mi dà di spalle, metto giù il bicchiere e rapido ne prendo uno vuoto. Siamo sulla porta della terrazza, ha il volto tirato nero di rabbia.

“Non sei chiaro, ragazzo! Come sai queste cose?” Ha la voce incolore come se trattasse con un bambino viziato.

“Perché le ho sentite dal vecchio.” Ora ho la sua attenzione, lo osservo arrogante.

“Via, Sir Auberton non faccia torto alla sua intelligenza!  Chi, se non lei, aspira al posto di Holmes?  E ai codici di accesso di quel portatile, che si porta sempre dietro?” 

Assumo l’aria sfrontata e lo prendo sottobraccio, con una confidenza che mi concede nonostante tutto l’odio che non riesce a nascondere.

“Holmes sa che è stato lei, la vuole incastrare e io voglio entrare nel gioco.  Se ne starà tranquillo e io le porterò il laptop, ma voglio tutte le chiavi di accesso ai conti Holmes.  Il resto se lo può tenere.” Mi avvicino al suo orecchio.”  Sarà travolto dallo scandalo, ma starà zitto, si sente stupidamente in colpa per avermi abbandonato.  Non tradirà il sangue del suo sangue.” 

Vedo Anthea arrivare con il giusto tempismo.

“Eccolo il cane da guardia di papà!  Ci sentiamo più tardi appena me ne libero.”

 Mi fa un gesto di intesa. Auberton si scosta mentre Anthea mi afferra per la manica e mi trascina via. “Sir Auberton spero Sherrinford non L’abbia infastidito, è bravo a perdere tempo in cose inutili.” Fa credere di essere preoccupata per qualcosa che posso avergli detto.

Le metto la mano nel fianco e scivolo dietro.

“Che dice della solerzia di Anthea? Lei è così brava a obbedire a papino. Vero cara?”    Si toglie la mano dalla schiena, mentre ridacchio e lei finge imbarazzo.

 “Come sono devoti i servitori di mio padre? Farebbero di tutto per lui!  Vero Anthea?”  Lei arretra e mi spinge via. Strizzo l’occhio al serpente e me ne vado.

Sono un pò in difficoltà, lei lo sente, mi porta in un posto appartato vicino ai bagni e mi spinge in un ripostiglio.

Mi scruta mentre riprendo fiato. “Stai bene?” 

“Si, tranquilla.” Metto le mani in tasca e stropiccio il blister delle medicine. Non ne ho bisogno, non ora, così le racconto come è andata.  “È parecchio sospettoso, ma sembra che stia abboccando,  ora devo vedere se ci accordiamo.”

“Vorrà qualcosa in cambio, una prova che dici il vero, devi essere bravo a fingere. E a prendere tempo.”

Mi sorride e mi fa una carezza leggera sul viso. “Hai messo tutti in allarme, sono andati da Mycroft a lamentarsi del tuo comportamento oltraggioso.”  

“Povero papà, starà soffrendo, ma spero di consegnargli Auberton come rimborso.”

“Già.” Sospira increspando le labbra. “Ora vediamo di portare a casa la partita.” 

Usciamo guardinghi, ma appena vedo Auberton alla fine del corridoio, la stringo e cerco di baciarla. Anthea è scaltra, dapprima si divincola, poi cede, la tengo con forza e avvicina le sue labbra alle mie.  Peccato, ho promesso a papà di essere un gentleman. Lei così vicina non mi capiterà mai più.

Auberton controlla, sghignazza, alza il bicchiere verso di me approvando la violenza che sto facendo ad una donna.

Maledetto serpente, Anthea sente che mi irrigidisco, mi sussurra all’orecchio. “Non farti prendere dalla rabbia, tienila fuori. Avrai tempo per vendicarti.” Ci stacchiamo mentre lei torna da Mycroft.  Io seguo Auberton. Entra nella stanza degli Arazzi e lo trovo con un tipo al seguito. La sua guardia del corpo.

“Lui è Serge, è fidato.” Lo sguardo cade sul vestito costoso che indossa ma non è armato, non certo stasera.

“Caro Holmes se riesci a portarmi quel laptop, avrai quello che ti spetta. E intanto starai al sicuro da brutti inconvenienti.”  Alzo lo sguardo al cielo.

 “Finalmente qualcuno di intelligente in mezzo a questo parco di mummie! Sta bene, Sir Auberton, quando lo avrò mi farò sentire, ma non credo mi ci vorrà molto, mio padre è piuttosto stupido quando si rapporta con me.”  Ridiamo con voce piena, ma improvvisamente si ferma.

“Però c’è una condizione Holmes, devi dimostrarmi che sei serio, che non stai facendo un triste giochetto a favore di tuo padre.” Ecco quello che Anthea aveva preannunciato, vuole una prova.

“Nella biblioteca c’è una telecamera di sicurezza, trascinaci tuo padre e dagli il benvenuto piazzandogli un bel pugno in faccia. Puoi rompergli le labbra o il naso, vedi tu, ma deve sanguinare e bene.” Mantengo la calma, la cerco nel profondo di me stesso, non deve trasparire l’angoscia che sento. So che devo farlo anche se mi costa.  Così gli rido in faccia.

 “Dovrò farmi perdonare, questo allungherà i tempi per sottrargli il laptop.  Però si può fare e lo faccio volentieri. Quello spocchioso taccagno se lo merita.”

“Ti contatterà Serge, e vedremo di essere tutti contenti.” 

Raggiungo la porta.  Mi volto, mentre stringo la maniglia.  La faccia scura di rabbia per quello che devo fare, per come lo devo fare.  La voce aspra.  “Sir Auberton, non sono così stupido come sembro, ho vissuto la mia vita in un istituto. Non provi a fare il doppio gioco con me. Non sono tollerante come Mycroft, e si rammenti bene il mio nome: Sherrinford Haycok Holmes.”

  

 

 

 

   
 
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