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Autore: KiaeAlterEgo    03/03/2021    2 recensioni
Dallo scontento per l’adattamento de “Lo Hobbit” a Thorin e Thranduil che finiscono in una ricerca imbarazzante dei propri vestiti, il passo è più breve di quanto ci si potrebbe aspettare.
Genere: Comico, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Thorin Scudodiquercia, Thranduil, Valar
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I. La maledizione

 

 

«Ci sono gemme nella montagna che anch’io desidero: gemme bianche, di pura luce stellare. Io ti offro il mio aiuto». Le parole uscirono dalla bocca di Thranduil, guidate da chissà quale pensiero dimenticato dalle Potenze.  

Assurdo. 

Non solo sapeva che il Nano davanti a lui era Thorin Scudodiquercia, ma sapeva anche che stava cercando di intrufolarsi a Erebor per riappropriarsi dell’Archengemma. 

Da dove gli arrivava quella conoscenza? Era sicuro di averlo portato al suo cospetto per capire perché lo sfrontato e la sua compagnia puzzona avessero interrotto ben tre delle loro feste nel bosco. 

Il Nano arricciò le labbra e lo fissò. «Ti ascolto». 

Doveva svincolarsi da quella proposta. Non aveva intenzione di offrire neanche l'unghia del piede di un suo suddito come aiuto. Però poteva scortarli via dalla foresta, verso Sud, e allontanarli dalla montagna. Visto che nei giorni precedenti il Nano aveva insistito che si erano persi... 

«Ti lascerò andare solamente se restituisci quello che è mio».  

Thranduil avrebbe voluto mordersi la lingua, ma si limitò a fissare il Nano. Sembrava a disagio, si muoveva a scatti, come se volesse voltarsi ma allo stesso tempo rimanere fermo dov'era. Quello non era un disagio dato dalle sue domande. 

Alla fine, il Nano gli diede le spalle e si allontanò di un paio di passi.  

«Favore per favore». 

Thranduil abbassò il capo e serrò la mascella, per trattenere le parole che gli risalivano a fior di labbra. 

«Hai la mia parola, da un re a un altro». Inutile, le parole erano venute fuori lo stesso. 

Ancora girato di spalle, il Nano disse: «Io non mi fiderei che Thranduil, il grande re, onori la sua parola, dovesse la fine dei giorni incombere su di noi». 

Il Nano si voltò e lo indicò. 

«Tu», continuò alzando la voce, «sei privo di ogni onore. Ho visto come tratti i tuoi amici. Siamo venuti da te una volta, affamati, senza dimora, a cercare il tuo aiuto, ma tu ci hai voltato le spalle».  

Un momento.  

La notizia dell’attacco di Erebor era giunta un giorno dopo l’accaduto, e loro avevano mandato subito aiuti verso Dale. Dei Nani non c’era stata traccia: erano già scappati tutti. 

Il Nano tirò avanti con il suo discorso campato per aria, come se non ricordasse quel che era successo.  

«Tu ti sei allontanato dalla sofferenza del mio popolo e dall'inferno che ci ha distrutti!» disse e aggiunse qualcosa nella sua lingua aspra, le parole pronunciate con una smorfia. 

Disprezzo. 

Thranduil non si sarebbe lasciato provocare da queste idiozie e sostenne il suo sguardo di sfida. 

Negli occhi del Nano vide l’immagine di Smaug che volava in cerchio su Erebor mentre Thranduil a cavallo di un cervo voltava le spalle a Thorin, l’esercito del Reame Boscoso al seguito. Il suono d’allarme delle campane di Dale si mescolava con le grida lontane degli uomini, il fumo si levava dagli incendi in città e i Nani che fuggivano dalla montagna. 

Da dove arrivavano quei ricordi? 

Thranduil fece un altro passo, un’indignazione estranea a lui che gli montava dentro. 

Non avrebbe mai rischiato le vite dei suoi soldati per salvare i Nani da un pericolo che si erano attirati addosso. Soprattutto in quel momento, quando non c’era più nulla da fare. 

Thranduil si avvicinò e si chinò su di lui, ogni idea di resistere alla provocazione di quel Nano dimenticata. 

«Tu non parlarmi del fuoco del drago! Conosco la sua rabbia e la sua rovina. Io ho affrontato i grandi serpenti del nord!» 

Un fulmine squassò l’aria e un buio impenetrabile calò nella sala del trono. 

Thranduil sbatté le palpebre, era un buio così fitto che nemmeno i suoi occhi riuscivano a penetrarlo. Percepiva solo la presenza di quell’odioso Nano di fronte a sé. Ne sentiva il fiato puzzolente, ne avvertiva l’odore di sudore, e fango, e sporco, e piscio e... da dove veniva quell'odore di bruciato? 

«Che scherzo è questo!» grugnì il Nano. «Ha a che fare con questo ridicolo interrogatorio?» 

«Guardie!» chiamò lui. 

La risposta fu il silenzio. In realtà, il silenzio non era così assordante, con quel Nano che respirava nemmeno fosse il mantice di una forgia. Ma almeno quello strazio di interrogatorio era finito. 

Thranduil incrociò le braccia. 

Solo che erano nude. 

«Se questo è uno dei tuoi scherzi, Re di Bosco Marcio...» disse il Nano. 

Thranduil si toccò la testa e fece scorrere le mani sulle spalle e sul torace. Come aveva fatto a non accorgersene prima? Niente più corona e niente più veste addosso, solo pelle all’aria. 

«Taci» sibilò. 

Il Nano imprecò in risposta. 

Thranduil non indossava nemmeno i pantaloni, né le scarpe e gli anelli. E il buio lo avvolgeva. 

Guardarsi intorno era inutile e, con quel Nano che respirava come un mantice, drizzare le orecchie per percepire un minimo sussurro non serviva a nulla. 

«Che cos…?» giunse dal Nano. 

Thranduil si voltò verso di lui. Una luce debole gli illuminava i piedi, nudi e pelosi... la stessa che si stava diffondendo sotto Thranduil. 

La luce si espanse, fino a rivelare una stanza bianca. Assurda, tanto le pareti erano dritte e perpendicolari tra loro e la superficie del pavimento era liscia, lucida e fredda. 

Al centro della stanza, due rozze vesti. 

Al suo fianco e nudo come lui, Thorin Scudodiquercia. 

Thranduil si coprì gli occhi disgustato. La quantità di peli su quel corpo era degna di un animale –erano persino sulla schiena!– e si ritrovò a pensare all’usanza degli Elfi dei Tempi Remoti di cacciare i Nani come bestie. 

Dalla gola di Thorin uscì un suono strozzato e Thranduil, a malincuore, tornò a guardarlo. Una delle vesti scivolò in fiamme ai piedi del Nano. 

Thorin gli rivolse uno sguardo di fuoco. «Se credi di piegarmi con la tua stupida magia...» 

Thranduil alzò la mano per interromperlo. «Non è opera mia o del mio popolo. Ti sei bruciato?» 

«Non fingere interesse per la mia salute» grugnì e incrociò le braccia, l'espressione truce. 

Thranduil storse la bocca, Nani svegli e collaborativi come sempre. Raccolse l'altra veste e la indossò. Non appena la sistemò sulle spalle, le fiamme divamparono. Consumarono la veste come se fosse di carta, che diventò cenere ai suoi piedi. Sulla pelle non percepì nulla: né caldo, né prurito, nulla. 

Chi li aveva portati in quella stanza si serviva di poteri strani. Perché denudarli e poi offrir loro vesti che prendevano fuoco una volta indossate? 

«Non è opera mia» gli ripeté. 

Il Nano però lo stava ignorando, gli occhi fissi su un punto di fronte a sé, più in alto della testa Thranduil.  

Lui guardò oltre la spalla.  

Una scalinata era comparsa di fronte a loro e una figura ammantata di nero la stava scendendo.  

Un brivido scivolò lungo la schiena di Thranduil, un brutto presentimento che si annidava nell'animo. 

La figura ammantata si portò una mano al petto e si inchinò. 

«Sono l’Esecutrice Junior, al vostro servizio». La sua voce era acuta e femminile, il tono leggero, così leggero da essere divertito.  

Quel brutto presentimento si fece più forte. Aveva la sensazione che questa Esecutrice Junior fosse pericolosa. Thranduil lanciò un’occhiata a Thorin che la stava fissando con le sopracciglia aggrottate. 

Lei allungò una mano a indicare il Nano.  

«Alla mia destra», cominciò, il tono sognante, «un fiero esemplare di Nano guerriero: il petto muscoloso coperto da una folta peluria, riccia e scura, la barba fantastica, perfettamente curata e intrecciata, nonostante le privazioni del viaggio.  

«Le sue abili mani da fabbro coprono le sue nudità –perciò non posso esprimermi a riguardo– e il suo sedere peloso non ha nulla da invidiare all’esemplare alla mia sinistra».  

Nel dirlo indicò Thranduil. 

«Egli è un Elfo, il corpo pallido e perfetto come una statua cinquecentesca. Dritto e fiero, per nulla imbarazzato dai suoi –notevoli– attributi all’aria».  

La figura si fermò un momento, come per prendersi il tempo per ammirarlo.  

Thranduil strinse i pugni per non coprirsi come stava facendo il Nano. Ora capiva perché l'aveva fatto. Non era per l’imbarazzo di essere nudo, ma per disagio: quello sguardo era qualcosa di fisico e, ugh, era come se una sostanza viscida gli colasse sulla pelle. 

Con la voce ancora sognante, l’Esecutrice Junior continuò. 

«I suoi capelli biondi sono una cascata, liscia e perfetta sulle spalle e sulla schiena, e ogni muscolo è ben disegnato sul suo torace». Strinse le mani di fronte a sé con un urletto, e aggiunse: «In parole povere, ha degli addominali e pettorali da sbavarci sopra, per non parlare del suo sedere, sodo e ben tornito, semplicemente perfetto!»  

Con un sospiro, lasciò andare le braccia lungo i fianchi. 

Rivolse la testa prima verso Thorin e poi verso Thranduil, il viso nascosto dal cappuccio.  

«Be’? Non avete domande?» 

Il tono dell’Esecutrice Junior era canzonatorio. Thranduil strinse gli occhi e rimase in silenzio. 

Thorin gli lanciò un’occhiataccia e sbottò: «Oh, senti! Che vuoi, maledetta?» 

L’essere allargò le braccia e il mantello seguì i suoi movimenti in modo innaturale, senza mai rivelarne l’aspetto. Di sicuro, si trattava di magia oscura. 

«Maledetti siete voi, miei cari sovrani» disse la figura e ridacchiò. 

Maledetti, loro? Per cosa? E in cosa consisteva quella maledizione? 

«Avanti, Re Thranduil, lo so che hai molte domande per me». 

Thranduil si assicurò di assumere un’espressione di sufficienza per nascondere la sorpresa. La figura leggeva nel pensiero o era stato lui maldestro nel celare la sua reazione? 

Si voltò verso Thorin, che lo fissava con gli occhi stretti e uno sguardo di fuoco. Come se Thranduil avesse idea di quel che stava succedendo e glielo stesse tenendo nascosto. Sorrise, in risposta a quello sguardo. Che lo credesse pure. 

«Chi ci maledice?» chiese allora Thranduil. 

L’Esecutrice Junior agitò la mano di fronte a sé. 

«Non ora, tesori. Dai, chiedetemi in cosa consiste la maledizione» disse, per poi portare la mano davanti al cappuccio mentre ridacchiava. 

Per questa Esecutrice sembrava tutto un gioco. Thranduil storse la bocca. Era matta, oltre a essere pericolosa. 

Thorin sbuffò e marciò contro la figura. «Avanti, sentiamo! In cosa consiste? Dimmelo!» Allungò il braccio per afferrare il mantello, ma l’essere fece un passo indietro, con una risata.  

«Guardare ma non toccare, miei cari!» L’Esecutrice Junior sospirò di desiderio. «Anche se riguardo al toccare, in certi modi...» 

Aveva davanti a sé una creatura matta e desiderosa di attenzioni. 

«Finiscila di starnazzare», sbottò Thorin, mettendo le mani suoi fianchi, le gambe larghe, «e vieni al punto!» 

Il Nano era un disastro, fare la voce grossa non serviva a nulla. L’Esecutrice Junior aveva mostrato le sue debolezze, avrebbero potuto sfruttarle per ottenere informazioni. 

L’Esecutrice Junior si rassettò il mantello come se fosse un abito elegante e raddrizzò le spalle. 

«Quanto siete impazienti!» disse e si portò una mano al cuore. «Rappresento il Comitato per il Rispetto del Canon. Sono qui per sistemare il pasticcio che voi due avete combinato». 

Di che pasticcio stava parlando? L’unico pasticcio che gli veniva in mente era quell’interrogatorio assurdo in cui si ricordava di aver marciato con tutto l’esercito del suo regno verso Erebor perché sì, arrivando guarda caso proprio al momento dell'attacco di Smaug. 

«Io non ho fatto nulla», sbraitò il Nano e puntò il dito verso Thranduil. «Ha cominciato lui». 

Come per scacciare le parole del Nano, l’Esecutrice Junior agitò la mano in aria. «Suvvia, questo non è rilevante. Ciò che importa è che io devo risolvere questo pasticcio. La maledizione che vi ho imposto mi aiuterà nel compito». 

«Quindi sei stata tu a maledirci!» sbottò Thorin. 

Ridacchiando, l’Esecutrice Junior tirò fuori una pergamena da sotto il mantello e la srotolò. 

«Abbiamo le parti qui presenti Thranduil, figlio di Oropher e Re degli Elfi Silvani del Boscoverde, ora detto Bosco Atro, e Thorin, figlio di Thrain, Re Sotto la Montagna in Esilio.  

«Le parti sono state maledette dalla sottoscritta, Esecutrice Junior, facente veci del Comitato per il Rispetto del Canon, di seguito CORICA, per aver profanato il Sacro Testo de "Lo Hobbit"». 

Si schiarì la voce.  

«Le parti hanno ricevuto la seguente maledizione: impossibilità di indossare un qualsiasi capo di abbigliamento fino al superamento di tre prove decise dalla sottoscritta, facente veci del CORICA. 

«I capi di abbigliamento inclusi nel bando sono: mutande, calzini o scarpe, pantaloni, casacche, vesti o mantelli, copricapi –corone incluse–, guanti e accessori, compresi anelli e bracciali.  

«Se le parti indosseranno suddetti capi di abbigliamento, verranno privati dei suddetti tramite incenerimento non subendo danno alcuno nel rispetto del trattato dei Diritti Applicati ai Personaggi di Fantasia Maledetti». 

Thranduil sollevò gli occhi al cielo. Almeno questo spiegava il perché delle vesti bruciate. 

Tutta questa situazione era assurda. 

Lui non aveva idea di cosa fosse questo Sacro Testo, come avrebbe potuto profanarlo? Magari se avesse finto di conoscere questo dettaglio, l’Esecutrice Junior avrebbe rivelato qualcosa di più. 

Incrociò le braccia e la fissò con gli occhi stretti. 

«In che modo abbiamo profanato il Sacro Testo?» 

«Già, per una volta il Re di Bosco Marcio ha ragione. Non abbiamo profanato un bel niente!» 

L’Esecutrice Junior finì di arrotolare la pergamena, come se nulla fosse. 

«Non vi preoccupate di questi dettagli, amori miei, quello è affar mio» disse e agitò di nuovo la mano in aria. «Sono questioni complicate che riguardano il Fandom, le Fanfiction, le possibilità di Fanservice e Fangirling, incluso il caratteristico squeal. Non sto qui a spiegarvele». 

Questioni complicate.Usare termini incomprensibili o sconosciuti per confondere le idee era da principianti. 

Thranduil si accarezzò il mento.

L’Esecutrice Junior era stata mandata dal Comitato per il Rispetto del Canon, per la profanazione di un certo Sacro Testo.  

Quindi, esisteva un testo, considerato sacro, che raccontava le loro vicende. E lui e quel Nano non si erano comportati secondo le regole di questo testo. 

«Cosa abbiamo profanato?» stava chiedendo Thorin.  

«Mi chiedo quanto questa maledizione rispetti il Sacro Testo» disse invece Thranduil. 

L’Esecutrice Junior rise, una di quelle risatine imbarazzate. «Ma cari, non preccupatevi di queste sottigliezze buroratiche. Piuttosto tenete conto che per ritornare alla normalità, e spezzare la maledizione, dovrete superare tre prove» disse e alzò tre dita davanti a lei. 

Thranduil lanciò un’occhiata verso il Nano, che stava fissando la creatura con sospetto, le mani ancora strette a pugno sui fianchi. Allora anche lui aveva capito che questa Esecutrice stava nascondendo qualcosa. Non era così stupido. 

«Non posso anticiparvi nulla, o non potrete spezzare la maledizione. Sappiate che sono prove complesse e rischiose, di difficoltà e pericolo sempre crescenti, ma so che sarete splen–Volevo dire, in grado di superarle». 

L’Esecutrice Junior schioccò la lingua contro il palato e batté due volte le mani.  

«Dovrebbe essere tutto. Addio!» 

E svanì. 

«Maledetta!» urlò Thorin, alzando un pugno in aria.  

Thranduil scosse la testa. 

Di fronte a loro, la parete bianca tremò. Sulla superficie bianca e liscia si tracciò il contorno di un rettangolo. Le linee brillarono per un momento di una luce azzurra e si aprì una porta, con un movimento fluido e silenzioso. 

«Per raggiungere il luogo della prima prova, oltrepassate questa porta» disse una voce incorporea. 

Thranduil guardò Thorin con gli occhi stretti e l’altro gli restituì uno sguardo ostile. 

Avevano scelta? 

«Conosci questo Sacro Tes–» 

«Io vado. Prima finisce questo strazio, prima mi libererò della tua vista» grugnì Thorin invece, e varcò la soglia. 

Thranduil strinse i pugni. Voleva fare di testa sua? Affari suoi, non aveva bisogno di lui per superare nessuna prova. Lo seguì con passo lungo, lo superò e si addentrò in un corridoio di pietra. Verso la prima prova, qualunque essa fosse. 

Su una cosa era d'accordo con il Nano: prima avessero cominciato e prima avrebbero finito. 

Potevano esserci pericoli davanti a loro, ma non avrebbe sofferto un momento di più la vista di quel sedere peloso.

 


 

Angolo dell'autrice

Ehm.

Bene.

*Respirone*

Ce la faranno i nostri amati eroi a superare queste tre prove?

Lo vedrete nei prossimi capitoli! :D

Queste note sono il risultato di una serata passata a guardare Sanremo.

– Kan

kiaealterego

  
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