Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Mars_child    04/03/2021    1 recensioni
Erwin, Hanji e Levi sono tre vecchi amici d'università che, dopo anni, si ritrovano a vivere insieme a causa degli eventi del destino. Erwin e Hanji si trasferiscono da Levi, che non ha mai lasciato Eldia, la città dove si è laureato e dove, da qualche anno, ha aperto un pub tutto suo.
Di fronte l'appartamento dove vive Levi, proprio sopra il pub, convivono gli studenti Mikasa, Eren e Armin.
Tra un giorno e l'altro, l'amicizia dei tre si solidifica e si ritrovano a pensare a tutti gli anni passati insieme, cercando di costruirsi un futuro migliore, con la promessa di non separarsi mai più.
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Erwin Smith, Hanji Zoe, Levi Ackerman, Nuovo personaggio
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Bentornati a Eldia

Erwin chiuse la cerniera dell’ultima valigia e, con un sospiro, si diresse verso il divano, dove si stravaccò per oltre la sua lunghezza.
Erwin, quell’anno, avrebbe compiuto quarantun anni. La maggior parte degli uomini, a quell’età, si sono appena sistemati stabilmente, sia da un punto di vista finanziario che sentimentale, e si stanno preparando a vivere l’ultimo, lungo stadio della vita adulta.
Per Erwin, invece, le cose stavano ricominciando da zero.
Dopo un matrimonio di appena un anno, la sua ex moglie Lexa aveva deciso di lasciarlo per un altro, giustificandosi con la scusa degli impegni lavorativi di lui che la lasciavano priva di attenzioni. E, alla fine, disperato com’era per la fine della sua relazione, Erwin si ritrovò a lasciare il lavoro e a chiudere lo studio medico che era riuscito ad aprire subito dopo la sua laurea e che aveva dato un sacco di soddisfazioni a lui stesso, a suo padre e, apparentemente, anche a Lexa.
Erwin prese il cellulare e cercò un numero nella rubrica. Rimase a fissare il contatto per qualche minuto, pensando se fosse davvero il caso di fare quella telefonata. In fondo, da quando aveva sposato Lexa, era sparito quasi completamente dalla vita dei suoi vecchi amici di università. Il cambio di città, la gioia del matrimonio, gli impegni con il lavoro, lo avevano inevitabilmente allontanato dalla sua vecchia vita. E, mentre i suoi due migliori amici continuavano a vivere a metà strada tra l’essere adulti e il voler rimanere giovani, lui si sentiva già più vecchio di loro di parecchi anni.
Erwin premette il nome sullo schermo del telefono e si portò l’apparecchio all’orecchio. Il cellulare emetteva il tu-tu della chiamata in attesa ed Erwin contò gli squilli.
Uno… Forse sta già dormendo
Due… Magari mi odia e basta
Tre… Tanto mi chiuderà la telefonata
Quattro… Al quinto stacco io e lancio il telefono dall’altra parte della stanza
«Pronto?»
Erwin, che nel frattempo si era messo a giocare con una pallina antistress che aveva trovato sul divano, sobbalzò
«Eh? Pronto?» chiese, non sapendo nemmeno cosa dire, dato che non si aspettava minimamente che lui avrebbe risposto
«Ma pronto cosa? Sei tu che hai chiamato, pronto lo dico io» rispose la persona dall’altro capo del telefono «Allora, cosa vuoi?»
Erwin si alzò a sedere, prendendo un’altra pallina dal tavolino di fronte il divano, una di quelle che rimbalzano, e iniziò a giocare con questa
«Ehm, niente. Niente di particolare» Erwin si schiarì la voce «Volevo solo sentirti, tutto qui»
«Che razza di frocio che sei. Perché dovresti avere voglia di sentirmi a quest’ora della notte?»
Erwin alzò lo sguardo verso l’orologio sulla parete del salotto e si rese conto che erano le quattro del mattino.
Cazzo pensò, lanciando in maniera troppo forte la pallina a terra che, rimbalzando, finì contro la cornice del gatto morto della madre.
«Tutto a posto?» chiesero dal telefono «Ho sentito un rumore. Pronto?»
«Sì, sì, sì» rispose Erwin, cercando, nel frattempo, di sistemare il pasticcio che aveva combinato «Va tutto bene. Alla grande. Veramente, grazie per averlo chiesto»
Levi alzò gli occhi al cielo e schioccò la lingua.
In realtà, aveva già sentito di Erwin e Lexa. Alcuni dei suoi vecchi colleghi universitari passavano spesso al pub che aveva aperto già da qualche anno e lo avevano tenuto aggiornato sulla vita di quegli amici con cui, ormai, Levi aveva perso ogni tipo di rapporto.
Tuttavia, non aveva nessuna colpa da addossare ad Erwin. Entrambi si erano allontanati così, senza un motivo preciso, spinti soltanto dalla corrente della vita che li aveva inevitabilmente portati su due strade differenti. Però, non negava che il fatto che Erwin avesse deciso di chiamare proprio lui in quel momento di crisi, non faceva che renderlo felice.
«Senti, Erwin. Hai da fare domani?» chiese poi Levi, alzandosi dalla sedia della cucina per riempirsi un altro bicchiere di whisky
«Eh, beh» disse Erwin, tornando a sdraiarsi sul divano «Sai com’è, il lavoro… troppo stress. Però lo sai, per un amico come te ci sarei sempre»
«Ah, sì, il lavoro che hai lasciato perché sei un finocchietto a cui piace prenderla nel culo dai cazzi più grossi del tuo» Levi bevve un sorso «Andiamo, Erwin, smettila di prenderti per il culo da solo e datti una mossa. Se hai intenzione di riprendere in mano la tua vita, alzati da quel divano, fatti una bella dormita e domani pensa a come costruirti il tuo futuro»
Erwin si alzò di scatto
«Come cazzo fai a sapere che sono sul divano?»
«Merda, abbiamo vissuto insieme i sei anni più schifosi delle nostre vite, è normale che so tutto quello che fai anche quando non ti vedo»
«Mh, è vero. Tu, per essere ancora sveglio a quest’ora, ti stavi sicuramente preparando a spararti l’ultima sega della giornata»
Levi abbozzò un sorriso
«Sì, infatti ti ringrazio per aver chiamato, dopo aver sentito la tua voce sarà molto più facile»
Erwin sorrise. Se prima si sentiva un peso addosso, dovuto sia al senso di colpa che alla lontananza che lo aveva tenuto distante da Levi per tutto quel tempo, adesso si sentiva di nuovo sollevato. Era strano, ma, nonostante non avesse sentito Levi quasi per un anno intero, sembrava che non fosse cambiato assolutamente nulla. Tirò un sospiro e poggiò la schiena sul materasso.
«Levi» disse «Ti farebbe piacere vederci e parlare un po’, magari davanti a una birra, come i vecchi tempi?»
«E secondo te a cosa mi riferivo, io, quando ti dicevo di costruirti un futuro?» rispose Levi «Prepara una valigia e vienimi a trovare qualche giorno qui a Eldia. Dove lavoro, troverai sicuramente modo di buttarti il passato alle spalle»
Il passato. Erwin non riusciva ancora a immaginare Lexa come il suo passato. C’erano tante, troppe cose che avrebbe voluto fare con lei, che avrebbe dovuto dirle, tanti sogni che dovevano ancora realizzare. Ma Levi aveva ragione, Lexa era il suo passato. E il passato è passato, e non può più tornare indietro.
«D’accordo, Levi. Ci vediamo domani, allora»
«Fanculo, stronzo» rispose Levi, prima di riattaccare
Erwin posò il telefono sul tavolino e si sdraiò nuovamente. Fissò il soffitto e rifletté sul fatto che sì, doveva ricominciare tutto da capo. E, per farlo, ritornare lì dov’era tutto iniziato sembrava la scelta migliore.
Lanciò uno sguardo alle valigie e ripensò a Levi.
Beh, almeno non aveva intuito che avevo già preparato tutto per trasferirmi da lui.
 
Eren uscì dal bagno con un panno legato ai fianchi e nient’altro. Il suo cellulare continuava a suonare Why are Sundays so Depressing dei The Strokes, mentre lui si dirigeva in cucina per prendere un bicchiere di latte. Sentì il campanello suonare, ma non ci fece subito caso. Pensò che, per una volta, poteva anche rispondere Armin invece di stare sempre seduto sui libri a studiare.
Il campanello suonò ancora e pensò che neanche Mikasa sarebbe intervenuta, perché, a quell’ora, era di sicuro in accademia. Eren tornò quindi in bagno per staccare la musica e si mise a urlare dicendo che stava arrivando. Tornò poi in cucina per continuare a bere il suo latte, ma la persona dietro la porta continuava a suonare insistentemente.
Ma porca puttana.
Eren si sbrigò a raggiungere la porta, non curandosi di essere quasi completamente nudo, né di chiedere chi ci fosse all’esterno.
La porta si aprì ed Erwin si trovò davanti un ragazzo, mezzo nudo, che poteva avere tra i 18 e i 22 anni.
«Chi sei?» chiese Erwin, d’istinto
«Cosa?» rispose Eren «Ma chi sei tu, sei tu che hai suonato!»
Erwin annuì, pensando alla conversazione avuta con Levi quella notte. Guardò il ragazzo dalla testa ai piedi e si chiese cosa stesse passando Levi in quel periodo. Non aveva mai creduto che potesse avere tendenze omosessuali, ma, forse, la notizia del matrimonio di Petra con Oruo lo aveva scosso a tal punto da fargli venire voglia di provare qualcosa di diverso. Solo che quel ragazzo sembrava fin troppo giovane.
«Ok, senti, io sono solo un vecchio amico, non voglio assolutamente mettermi tra te e Levi. Sono venuto qui perché sto passando un periodo difficile, è stato Levi stesso a chiedermelo, credevo te ne avesse parlato. Comunque, non voglio creare nessun disturbo, se per te è un problema mi basta salutarlo e vado subito via…»
«Ma che cazzo stai dicendo?» disse una voce dietro di lui
Erwin si voltò e vide che, poggiato alla porta dell’appartamento di fronte, c’era Levi che lo fissava con le braccia incrociate. Il biondo si guardò attorno, poi guardò Levi, poi Eren e di nuovo Levi. Capì di aver frainteso tutto.
«Beh, qui c’è scritto Ackerman» si giustificò, indicando il campanello
«Perché qui ci sta la mia nipotina» rispose Levi, indicando l’appartamento di fronte «E comunque se fossi frocio non me la farei con questa mezza calzetta»
Eren cambiò espressione, diventando aggressivo
«Ma insomma, la vuoi smettere di usare questi termini? Lo sai che mi dà fastidio» disse il ragazzo, stringendo i pugni
«Scusa, ti chiamerò deficiente da oggi in poi»
«Ma io non mi riferivo a quello»
Erwin prese le valigie e si spostò verso Levi. Poi alzò le braccia come a voler stringere l’uomo, ma lui non si mosse.
«Levi! Amico mio! Hobbit di merda, il tuo Legolas è tornato»
Eren lanciò un’occhiataccia e fece per chiudere la porta.
«Vabbè, vi lascio soli» disse, prima di sparire dentro l’appartamento
Levi ricambiò l’abbraccio dell’amico, con due pacche sulla spalla.
«Sì, sì, sì, anch’io sono molto felice di vederti. Sbrigati a salire tutte le valigie, tra un’ora devo andare a prendere una persona all’aeroporto»
Erwin portò dentro l’appartamento le due valigie che aveva salito, poi si sedette su una poltrona e si guardò attorno. Passò una mano sotto il tavolino del salotto e si controllò la punta delle dita.
«Bella casa» disse «E pulitissima, ovviamente. Non sei cambiato per nulla, eh?»
Levi lo guardò seccato, senza muoversi dall’uscio della porta.
«Ti ho detto che dobbiamo sbrigarci perché tra un’ora devo essere all’aeroporto. Che cazzo stai facendo?»
Erwin iniziò a muovere su e giù una gamba, come faceva sempre quando si sentiva sotto pressione.
«Le valigie sono finite, in realtà. Ho messo lì dentro tutto quello che mi serve»
Levi guardò le due valigie e poi tornò a fissare l’amico
«E allora cos’hai? Perché fai su e giù con la gamba?»
Erwin si grattò il collo, continuando a guardarsi attorno. Poi batté le mani sui braccioli della poltrona e si alzò.
«Beh, sì, le valigie sono finite, ma c’è un’altra cosa che devo andare a prendere in macchina. Ma non ti preoccupare, vado da solo, faccio subito…»
Erwin uscì dall’appartamento e scese le scale. Levi sistemò le valigie in una delle tre camere della casa e guardò l’orologio: era ancora in tempo. Hanji sarebbe arrivata tra poco meno di un’ora, ma, in dieci minuti, da casa sua, avrebbe raggiunto l’aeroporto.
Poi tornò in cucina, sedendosi sul divano. Rimase a fissare la porta ancora aperta, spazientito.
Ma quanto cazzo ci mette?
Poi sentì dei passi e dei rumori sommessi e si alzò, per aiutare l’amico a portare qualsiasi cosa stesse portando.
«No, Elsa, piano, piano, piano, non correre così» urlò Erwin dalle scale
Levi si allarmò.
Una bambina? Possibile?
L’uomo si avvicinò ancora di più alla porta ma, poco prima di oltrepassare l’uscio, un cane bianco di taglia grande gli saltò addosso, facendolo cadere a terra.
«Ma che cazzo hai fatto?» urlò Levi, alzandosi in fretta e furia da terra e correndo in cucina per brandire un coltello «Porta subito fuori questa bestia schifosa, porca puttana Erwin, mi sta sporcando tutto il pavimento con la sua bava di merda» nel frattempo, il cane continuava ad avvicinarsi a Levi che cercava di evitarlo, sempre con il coltello in mano «Ma che cazzo vuoi da me, mostro, sei peggio dei bambini, cachi e pisci ovunque, torna nella discarica da cui sei venuto»
Erwin cercò di tranquillizzare Elsa, guardando Levi con occhi colmi di speranza.
«Ti prego, Levi, teniamola, è stata la mia unica compagna da quando Lexa se n’è andata»
«Ti fai scaricare da una cagna e te ne prendi un’altra, ma che cazzo di problemi hai?» continuò a urlare Levi, che, intanto, era salito sul tavolo della cucina «Io non ho un fottutissimo giardino e in questa casa non c’è posto per le zecche, chiudilo subito sul terrazzo»
«Ma è delicata, soffre il freddo»
«Ci sono venti fottutissimi gradi fuori a quest’ora, non trovare scuse»
«Ma soffre anche il caldo, se troppo forte»
Levi lanciò il coltello, scaraventandolo contro la parete della cucina. Erwin urlò ed Elsa cominciò ad abbaiare.
«Fa come ti dico Erwin e non rompere il cazzo o ti butto fuori a calci in culo, ma fuori dal terrazzo, che non è neanche così alto e non morirai, ma soffrirai in eterno con le ossa spezzate»
Erwin si affrettò a portare Elsa fuori e la legò alla ringhiera del terrazzo.
«Non ti preoccupare, amore mio» disse accarezzandola «Paparino verrà a salvarti»
Elsa rispose con un abbaio ed Erwin entrò in casa. Levi scese dal tavolo solo quando la porta del terrazzo venne richiusa.
«Non ti azzardare a fare mai più una cosa del genere» disse, prendendo il coltello che era rimasto attaccato alla parete «E questo me lo paghi tu» continuò, indicando il buco lasciato sul muro.
Erwin annuì, avvicinandosi all’amico e rivolgendogli vari inchini.
«Grazie» disse poi, prendendo l’amico per la maglia «Grazie, grazie davvero, non sai quanto tutto questo sia importante per me»
Erwin iniziò a piangere e Levi alzò gli occhi al cielo.
«Dio, come ti sei ridotto» poi prese le chiavi dell’appartamento e si incamminò verso la porta «Adesso sbrighiamoci, Hanji ci sta aspettando all’aeroporto»
«Hanji?» chiese Erwin, smettendo di piangere
«Sì, Hanji» rispose Levi, uscendo di casa e chiudendo la porta «Quella quattrocchi di merda ha appena trovato lavoro qui a Eldia»
 
Levi ed Erwin sedevano su una panca all’interno dell’aeroporto. Erwin, che finalmente sembrava allegro, guardava un gruppo di bambini che giocavano lì di fronte, aspettando qualcuno. Levi, invece, stava seduto con gambe e braccia incrociate, il viso imbronciato e gli occhiali da sole che gli coprivano gli occhi.
Ma sti bambini di merda, per forza qua dovevano venire a giocare, tutto questo chiasso mi sta facendo venire un’emicrania assurda pensò.
In quel momento, qualcuno li chiamò dalle scale mobili alle loro spalle.
«Ehi!» urlò Hanji, sventolando una mano
Levi ed Erwin si voltarono.
«Hanji!» urlò Erwin, alzandosi dalla panca per correre verso l’amica che, nel frattempo, aveva iniziato a correre verso di loro
«Yu-huuu» urlò la donna, gettandosi con le braccia attorno al collo dell’amico «Come sono felice di vederti!»
Levi li raggiunse lentamente e, appena arrivato, prese la valigia di Hanji
«Devi prendere qualcos’altro?» chiese semplicemente
Hanji si staccò dall’abbraccio di Erwin e fece la linguaccia a Levi.
«Devi prendere qualcos’altro?» lo imitò, atteggiandosi con finta superiorità «No, non devo prendere niente, sbrighiamoci ad andare via da qui, ho proprio bisogno di farmi una bella mangiata!»
Hanji posò le braccia attorno alle spalle dei due amici e i tre si incamminarono verso l’uscita dell’aeroporto. Una volta in macchina, Hanji iniziò a parlare a raffica.
«Ma quindi, conoscete qualcuno che frequenta la scuola dove mi hanno assegnato la cattedra? E com’è Eldia, adesso, è cambiata? Ci sono ancora quei locali dove andavamo a ubriacarci il giovedì sera perdendo ogni volta la dignità? Erwin, ti ricordi quando Levi ha pisciato nel bicchiere del professore Shadis?»
«Stai zitta» disse Levi, accelerando «Oggi decido io dove andare a mangiare»
«Ma che c’entra?» rispose Hanji, confusa, guardando l’amico
«Hanji» disse Erwin, con gli occhi lucidi «Sono proprio felice di vederti»
Hanji ricambiò lo sguardo commosso, accarezzandogli una guancia
«Oh, Erwin. Abbiamo così tante cose da raccontarci!»
«Erwin» disse Levi all’amico seduto accanto a lui «Non dovresti stare girato di spalle, sai meglio di me quanto ti faccia male il viaggio in automobile»
«Tranquillo» rispose Erwin, tornando a guardare di fronte a sé e abbassando il finestrino «Ho fatto colazione parecchie ore fa, dovrei sentirmi bene»
Dieci minuti dopo, gli amici raggiunsero il palazzo dove abitava Levi. Al piano terra, c’era un locale chiuso. Levi fece scendere gli amici, dicendo a Hanji di lasciare le valigie in macchina. Poi prese delle chiavi e aprì il locale.
Hanji si guardò attorno.
«Ah, è questo il tuo pub?» chiese, sedendosi su una sedia
«Sì», rispose Levi, accendendo le luci e dirigendosi in cucina «Non guardate il menù, ho già scelto cosa cucinare»
Erwin si sedette di fronte ad Hanji, che gli strinse le guance.
«Ma ciaaaao, Legolas, cosa sei venuto a fare qui a Eldia?»
Erwin sorrise, abbassando lo sguardo
«Beh, credo che Levi ti abbia già parlato della situazione…»
Hanji notò che Levi la stava osservando dalla porta della cucina e le fece cenno di stare zitta. Poi, si passò il pollice da una parte della gola all’altra. Hanji deglutì.
«Ma sì, Levi mi ha già detto tutto di Lexa, non c’è bisogno di parlarne anc…»
Erwin scoppiò a piangere. Hanji sentì Levi imprecare dalla cucina, poi prese dei fazzoletti dalla sua borsa.
«Ma su, dai, non fare così, sono cose che capitano. E poi stavate insieme da solo un anno, pensa a quelli che si lasciano dopo anni e anni di matrimonio»
«Ma io la amo ancora!» urlò Erwin tra le lacrime, affondando il viso nelle mani di Hanji.
In quel momento, Mikasa entrò nel pub.
«Zio, sono arrivata» disse la ragazza, buttando uno zaino su un tavolo e sedendosi su una sedia. Poi guardò i due di fronte a lei, confusa dalla scena «Ciao anche a voi»
«Mikasa, quante volte ti ho detto di chiamarmi per nome?» urlò Levi dalla cucina «Zio mi fa sentire troppo vecchio» disse poi a bassa voce, quasi come se si stesse rivolgendo a sé stesso.
«Oh», esclamò Hanji «Mikasa? Ti ricordi di me? Sono la zietta Hanji!» Hanji si alzò dalla sedia, avvicinandosi alla ragazza e stringendo le guance anche a lei «Come sei diventata grande!»
«Sì che mi ricordo di lei, ma non mi tocchi, per favore» rispose la ragazza, togliendo le mani di Hanji dal suo viso
«Buongiorno», disse Eren, entrando nel pub seguito da Armin «Sbrigati a cucinare che tra mezz’ora ho un appuntamento» urlò, poi
Levi uscì dalla cucina e si diresse verso Eren. Lo tirò per un orecchio e lo costrinse a guardarlo in faccia.
«Bada a come parli, coniglio. Ricorda che ti ho dato una casa e un lavoro e posso toglierti tutto in qualunque momento» disse, tornando poi in cucina
«Eren? Armin?» chiese Hanji, guardando i due ragazzi appena entrati «Com’è bello vedere che siete rimasti amici dopo tutto questo tempo!»
«Hanji!» esclamò Armin, sorridendo «è bello vederti. Cosa ci fai qui a Eldia?»
Nel frattempo, Erwin rimaneva in silenzio, seccato dal fatto che l’amica lo stesso ignorando per parlare con quegli sconosciuti.
«Inizierò a lavorare alla Sina School. Sto ancora cercando casa e, nel frattempo, quel buon samaritano di Levi mi ha concesso di vivere da lui»
Levi uscì dalla cucina, con dei piatti in mano
«Qualcuno potrebbe aiutarmi, per favore?» chiese, ma quasi fosse un ordine, posando tre piatti sul tavolo dove sedevano i tre ragazzi
Erwin si alzò dalla sedia, spazientito.
«Sai, Levi, forse dovrei salire su a vedere Elsa. È rimasta troppo tempo da sola, ho paura che stia iniziando a pensare che io l’abbia abbandonata»
Levi alzò gli occhi al cielo.
«Mangiamo e andiamo da Elsa. Dobbiamo sbrigarci tutti, non è che adesso non abbiamo un cazzo da fare come te» Hanji lanciò un’occhiataccia a Levi, che fece spallucce «Che ci posso fare, non mi so trattenere»
Erwin si sedette di nuovo al tavolo, mentre Hanji aiutava Levi a portare i piatti. Poi si voltò a guardare i tre ragazzi all’altro tavolo, che sembravano divertirsi a prendersi in giro e a raccontarsi gli eventi della giornata. Erwin sorrise, pensando a quello che aveva passato con Hanji e Levi nei suoi anni universitari. Poi si alzò nuovamente, dirigendosi verso la cucina.
«Vedi che i piatti sono finiti, puoi sederti a mangiare» disse Levi, posando l’ultimo piatto sul tavolo
«Sì, ma manca la birra» rispose Erwin, aprendo il frigo «E io ho tutta l’intenzione di ubriacarmi»
Levi sospirò, sedendosi finalmente al tavolo.
«Va bene, Erwin. Ma quella me la paghi»
 
 
 
ANGOLO AUTRICE
Salve a tutti, lettori, e benvenuti in questa long-fic! Mi piaceva troppo l’idea di Erwin, Hanji e Levi in un mondo “normale” dove affrontano problemi di vita quotidiana. I protagonisti di questa fan fiction saranno indubbiamente loro tre, ma compariranno altri personaggi nel corso della storia (tra questi, Mikasa, Armin ed Eren saranno i più presenti). Ci saranno anche degli OC dovuti al fatto che ci sono certi “ruoli” in cui non ci rivedevo nessun personaggio di Shingeki (l’ex moglie di Erwin, per esempio). Cercherò di presentare i personaggi rispettando il più possibile la loro personalità originale, ma, in alcuni casi, dato il contesto, mi viene impossibile: Erwin, per esempio, pensando a SNK non posso che vederlo come un Comandante.
Per il resto, spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto. Alla prossima!
   
 
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