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Autore: MelaniaTs    04/03/2021    0 recensioni
Sono One Shot sequel della Fan Fiction Agāpi gia ton Olimpou. Ogni capitolo o serie di shot sono un sequel dalla fine della storia a dove mi porta l’ispirazione
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Gold Saints, Helena (Soul of Gold), Nuovo Personaggio
Note: Lime, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Agapi Gia ton Olympou - Zeus Saga'
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La morte non è la fine di tutto, è solo... una trasformazione.
Buddha a Shaka - SaintSeiya hades chapter 

Settembre 1990 Tempio di Zeus - stanze di Shiwa e Shaka (un consiglio, ascoltare just for you 2 leggendolo) 
Era accaduto qualcosa, ancora non sapeva come definirlo Shaka. Le battaglie appena concluse, la fretta di far giungere in sincrono più di un momento ad un certo punto gli aveva offuscato la mente. 
Eppure... eppure qualcosa lo turbava, sapeva che c'era nel suo animo una certa inquietudine che non lo abbandonava. Doveva essergli sfuggito qualcosa perché ogni notte dalla disfatta di Gaia faceva sempre lo stesso identico sogno: la nascita di Vypasin, o meglio la rinascita di Hades. 
Aveva ovviamente accettato la decisione di Shiwa di crescere in terra il nuovo Hades, di ridargli vita e renderlo più umano. Per fargli comprendere che le guerre erano solo un effimero modo per compiere del male gratuito. Lui si era prefisso di fare da guida al nuovo Hades, gli avrebbe fatto a padre, insegnandogli ad amare e avere cura del mondo proprio come Athena. 
Supino nel suo giaciglio osservava la moglie dormire serena, sorrise. Avevano la capacità di restare sempre tranquilli perché le preghiere e la meditazione li avevano accompagnati nel loro cammino sin da piccoli. Anche lui solitamente dormiva sereno, il risveglio era però stato causato dal pianto in sogno di Vypasin, era nato. 
Il ricordo era ancora talmente vivido nella sua mente che ci tornò indietro senza alcun problema, nonostante era passato poco tempo dalla sua nascita. Era molto in sintonia con Vypasin e con Spica, nonostante non se lo aspettava cercava spesso i figli, lui e Shiwa avevano preso l'abitudine di tenerli anche durante la meditazione. Nonostante le bhikkhuni rimaste accanto a loro disapprovassero. 
Un attimo, le palpebre rilassate di Shiwa si mossero leggermente. Eppure le percepì Shaka, era bravo in questo, la osservò attentamente. Non aveva timore di averla svegliata, era certo che probabilmente era stato lui che tirandosi su a sedere aveva disturbato il suo sonno. Ma da qui ad averne timore no! Perché per loro non era neanche importante essere disturbati in sonno, avrebbe a entrambi dato più fastidio se avessero disturbato la loro meditazioni. Anche in questo però avevano ormai trovato un equilibrio, soprattutto perché adesso con due bambini era difficile averne uno. 
Gli occhi azzurri della sua sposa come premesso si aprirono sereni. Lo guardò e lui inerme attese che si riaddormentasse, invece ella si tirò su e lo osservò attentamente.
"Cosa turba il tuo sonno Shakamuni? Di nuovo quel sogno?" Gli chiese dolcemente. 
Lui annuì. "Di nuovo la nascita di Vypasin!" Ammise. "Sono sicuro che qualcosa mi sfugge Shiwa, qualcosa di importante." 
"Come ben sai nel momento del parto io ho avuto degli attimi senza vita." Disse lei mettendosi comoda sul letto e incrociando le ginocchia, quello era segno che non avrebbe dormito fino a quando non avesse risolto il problema del compagno. 
Lui sospirò e come Shiwa si mise nella posizione del loto osservandola. 
"Parla, raccontami di nuovo cosa accadde durante il parto." Lo incitò.
"È nata prima Spica, è venuta fuori tranquilla. Ho provato una sensazione che mai mi sarei aspettato di poter sentire. Ero emozionato, felice e orgoglioso, sentimenti che non dovrei provare." Si ammonì 
Lei annuì. "Ci insegnano a non peccare di superbia, ma ad amare sì Shakamuni. Il tuo era amore puro, se è peccato provarlo per un figlio allora anche io sono peccatrice. L'ho fatto! Ho amato i nostri figli e tanto ancora prima che nascessero." Ammise la giovane al consorte. 
"Non ti sei sentita in colpa? Cioè noi dovremo essere un esempio di virtù e invece..." 
"È virtù amare un figlio e accudirlo anziché abbandonarlo a se stesso?" Chiese lei annuendo. "Mi sono posta la stessa domanda quando ero in attesa dei gemelli, vedi Shaka fin quando loro erano delle entità astratte io sono riuscita a gestire la gravidanza come una semplice mutazione del corpo." Spiegò chiudendo gli occhi mentre tornava indietro a meno di qualche mese prima. "Pregavo, meditavo, adempivo ai miei compiti di bhikkuni con diligenza, pulendo casa e coltivando i campi. Non avevo distrazioni, anche una volta raggiunta Athena ho continuato a mantenere il mio ruolo sempre, nonostante non coltivassi più alcun giardino mi trovavo qualcosa di utile da fare." 
Il Virgo ascoltò la moglie con riverenza, non comprendeva dove ella volesse arrivare visto il modo irreprensibile in cui si era comportata, così assentendo col capo la invitò a continuare il suo discorso. 
Lei sospirò. "Eppure è giunto un momento in cui non ho più potuto ignorare l'istinto materno." Ammise infine mentre un sorriso appariva in volto alla dea degli inferi. "Ho cercato di ignorare lo sfarfallio che al sesto mese iniziava a farsi sentire nel mio ventre. Era una carezza lieve e piacevole, un solletico che sapevo in cuor mio mi dava gioia. La stessa gioia e lo stesso orgoglio che adesso tu stesso provi Shakamuni, sono in pratica diventata schiava del frutto del tuo seme. Al settimo mese infatti i nostri figli hanno iniziato a muoversi più vigorosi dentro di me, li sentivo vivi. Anche durante la meditazione, vuoi che fossero miei figli o figli di un gold saint, vuoi che Vypasin ormai ospitava lo spirito di Hades... ma io parlavo con loro durante le giornate a meditare." 
Così le ore diventavano giorni e i giorni settimane ed io fui consapevole di una cosa che fino ad ora mi era mancata." 
"L'amore verso i tuoi figli?" Chiese lui interrompendola. "La gioia materiale della maternità? Nell'ultimo periodo hai raggiunto la Grecia, quindi tua madre giusto?" 
Lei scosse la testa. "Ero in Grecia già da giugno, solo ultimamente mi ero congiunta con mia madre." Ammise. 
"Di cosa parlavate?" Chiese Shaka curioso intanto che il dubbio si insinuava anche nel suo cuore. Avrebbe potuto lui stesso vivere quelle emozioni e le sensazioni provate da Shiwa? 
"Parlavo di quanto tu mi avessi resa felice. Dicevo loro che peccavo, ma la gioia di portarli in grembo per me era grande. Un'occasione unica e rara." Spiegò lei. "Tu non immagini Shaka cosa mi hai donato col tuo gesto, non solo la luce!" 
"Ti ho dato due figli!" Concretizzò lui.
"Giusto! E per me Persefone dea dell'oltretomba è stato realmente un miracolo." Ammise sfiorandosi il ventre ormai piatto. "Non ho mai potuto avere figli prima di oggi."Disse alzando lo sguardo nel suo. "Il mio ruolo non me lo permette, non puoi dare la vita quando della morte sei la padrona, non puoi far vivere nulla negli inferi." Dichiarò infine al marito. 
Shaka la osservò chinando il capo e sfiorandole il ventre. "Lo hai detto ai bambini durante la gravidanza?" Chiese non togliendole la mano di dosso. 
Lei assentì, conosceva abbastanza bene Shakamuni da leggere un leggero timore nella sua voce. 
"Raccontami cosa ti ha tenuto sveglio, perché la nascita di Vypasin ti rende irrequieto." Chiese di nuovo 
Lui assentì poggiando la testa sulla spalla di lei. 
"Tu avevi perso i sensi, già nel momento stesso in cui Spica aveva lasciato la tua alcova sicura, avevi abbandonato la vita." Raccontò.
"Per questo non ricordo nulla del parto." Ammise 
"Ho lasciare che Ilizia si occupasse di Spica e quando è nato Vypasin sono stato avvolto dalla sua aurea divina. Il bambino urlava ma la luminosità della sua aurea attutiva le sue urla. Il tempo era poco!"
"Lo spirito di Ade si è staccato dal suo corpo per chiudere i sigilli." Dedusse Shiwa. Quello era l'unico modo affinché un flebile cosmo come quello di Ade, distrutto dalla recente battaglia, potesse rimediare agli errori compiuti. 
Shaka annuì volgendo lo sguardo alla moglie. 
"Mi ha parlato. Attraverso l'aura e la forma umana e sbiadita che aveva. Aveva i capelli neri, gli occhi azzurri ed era spoglio delle sue vesti. Ade era un uomo fragile. 
Ma nonostante ciò ebbe la forza di tendermi la mano, lo portai quindi ai campi Elisei. Curioso Ade mi aveva guardato insistente per poi chiedermi chi fossi. 
...Tu sei la persona designata a condurmi lungo il cammino?... mi aveva chiesto.
Non potevo obbiettare e assentii, al che ancora mi chiese se lo avrei aiutato poiché il suo cosmo era labile. 
Sapeva di essere debole e che la battaglia contro Athena lo aveva ridotto all'ombra di se stesso. Gli dissi che lo avrei aiutato, non solo in quel momento ma anche nell'avvenire se voleva. 
La sua risposta però mi lasciò basito. 
...Hai un animo così sacrificale e puro che..." Mi disse per poi dirmi che aveva compreso che ero oltre l'umano e trascendevo il divino. 
...Non sei né vivo ne morto. Cosa sei?... mi chiese. 
Glielo dissi: io sono un eroe di Zeus, da egli innalzato a semidio immortale. 
Sembrò bastargli la mia risposta perché tornammo a parlare della sigillo 
Non sono abbastanza potente per richiudere tutti i mostri e la madre terra, poi a seguire il sigillo!
Al che gli ricordai che ero lì per quel motivo, per aiutarlo. Che suo fratello Zeus aspettava noi per chiudere tutti i demoni nel tartaro. 
Sono qui per questo! Zeus attende un mio segnale
...Qualcuno dovrà aprire le porte dell'inferno per me! Mi disse ancora Hades specificandomi che non sarei tornato più indietro. 
Non lo temevo Shiwa! Ero stato designato da Athena quale guardiano delle porte internali. Quindi non temevo le sue parole e gli confermai che potevo aprire io le porte dell'inferno e di avere fiducia in me.  
Cercò un'altra volta di dissuadermi. Oltrepassare le porte dell'inferno ti legherà indissolubilmente al mio mondo
Non lo temo, gli risposi ancora, al che mi diede una risposta inaspettata. 
Mi ricorderò sempre di te, anche quando tornerò del tutto in me.
Stranamente gli avevo sorriso, dicendogli che cmq ci sarebbe voluto tempo. Realisticamente parlando doveva crescere e riprendere del tutto le sue forze, glielo dissi dandogli anche il nome. Lui parve pensarci sopra poi affermò che gli piaceva. 
Mi sorrise complice, come se avessimo stilato un patto Shiwa, mi esortò anche subito a compiere la nostra missione. Lo istruii e fronte a fronte, la posizione del loto e ad occhi chiusi espandemmo il nostro cosmo. Eravamo pronti per giungere alle porte della morte, ci portasti tu! 
Una volta lì Shiwa durante la chiusura delle porte e del sigillo ecco che io ho smarrito Hades." Concluse il racconto Shaka. "Da quel giorno non riesco più a trovarlo, cerco di farlo nelle mie giornate con Vipásyn, ma non riesco a trovare il dio degli inferi. Eppure lo sento che c'è." Ammise lasciando emergere le sue paure. "Sento che qualcosa mi sfugge." 
Shiwa lo osservò, sospirò rivedendo attimo per attimo le scene in cui suo marito si era confrontato con Hades poi gli pose un'ultima domanda. "Quando è stata l'ultima volta che lo hai sentito?" Gli chiese dolcemente.
"Quando il sigillo è stato chiuso insieme le porte della morte." Rispose lui sicuro. "Tu anche non lo percepisci?" Chiese poi.
"Io lo percepisco." Ammise lei. "Durante la meditazione o le preghiere e la notte. In pratica quando sono rilassata, conosco bene il cosmo di Ade e l'ho tenuto anche in ventre." 
"Perché io non riesco a sentirlo? Abbiamo fatto un patto io e lui, un patto dove tu non c'entri. Mi sarei preso cura di lui, sarei stato la sua guida standogli sempre accanto e lui anche ha promesso che mi avrebbe seguito." Chiese la vergine. "Il mio compito era mantenerlo sulla retta via, non fargli commettere gli errori del passato." 
"Mio caro non crogiolarti. Questo è un compito che mi sono presa io!" Lo rincuorò quindi l'araht. 
"Puoi anche essertelo preso tu Shiwa, ma chi ha giurato con lui stesso sono stato io." Ammise Shaka che non si era mai in tutta la sua vita sentito così inerme. "Avevamo giurato che saremo stati parte della vita l'uno dell'altro." 
Shiwa sussultò al suo fianco. Non rispose, al contrario si stese continuando a restare in silenzio. 
Shaka attese che proferisse la sua opinione, negativa o positiva che fosse. Ma ella taceva tenendo lo sguardo al soffitto.
Al che la vergine la raggiunse fissandola. "Adesso lo senti?" Chiese.
Lei scosse la testa fissandolo. "Non in questo momento. Sono rilassata quando avverto la sua aurea."
"Quindi è qui?! Ma non vuole me, rifiuta il nostro giuramento." Affermò Shaka.
Lei sospirò carezzandogli una guancia. "Da moglie secolare di Ade posso dirti una cosa Shaka. Lui non è come appare a voi, vero che con Athena si è sempre dato battaglia. Ma Ade è sempre stato tendenzialmente molto buono, testimonianza di ciò è la scelta evidente del suo ricettacolo. Mio marito ha sempre scelto la persona dall'animo più gentile per essere accolto nel mondo dei vivi." Gli rivelò. "Stanne pur certo che se Ade ha fatto una promessa la mantiene, anzi penso l'abbia già mantenuta." Affermò 
"Credi?" Chiese lui.
"Facciamo così, domani mediteremo separatamente. Io con lui e tu con Spica, così potrai goderti un po' la piccola. Io nel frattempo cercherò Ade in Vipásyn, va bene?" Propose.
Al che lui le sorrise e annuì carezzandole il viso. La osservò per un po' finalmente sereno e poi la baciò. "Shiwa..." lei mugugnò. "..puoi... ti va se stiamo insieme?" Chiese lui. 
Lei sussultò. "Chi me lo chiede?" 
Shaka sollevò il capo sbigottito. "Io... ci siamo solo io e te qui Shiwa. Se non vuoi posso comprenderlo, in fondo quando siamo stati insieme è stato per preservare la tua vita." Le disse allontanandosi leggermente da lei. 
Shiwa lo osservò dispiaciuta. Come una sciocca lo aveva offeso, cercò quindi di rilassarsi e sorrise al suo compagno. Era vero che in tanti anni solo al concepimento dei gemelli erano stati insieme, come anche vero era il fatto che per entrambi era stato un dovere. Ma Shaka era un uomo e in quel periodo vivendo lontano dal tempio e dai monaci, confrontandosi con le sue sorelle aveva compreso che gli uomini avevano le loro esigenze. "Quindi sei un uomo normale anche tu?" Cercò di prenderlo in giro.
Era così che si faceva no? 
Lui sollevò un sopracciglio e si avvicinò di nuovo a lei. "Le ragazze comuni lo avrebbero detto con molta più malizia." Affermò ricordando le ancelle del santuario di Athena o anche le mogli dei suoi amici. 
Lei arricciò la bocca risentita. "Scusami se non sono una ragazza comune." 
"Shiwa!" Disse lui baciandola. "Io non voglio tu sia una ragazza comune. Vorrei anzi che restassi sempre te stessa." Le dichiarò l'uomo. 
Lei assentì accucciandosi tra le sue braccia. Era rossa in viso, forse per la troppa audacia, o perché lui in qualche modo le aveva appena detto che ci teneva a lei. "Però sì Shaka, mi va di stare con te. Adesso e quando vorrai, non per dovere." Gli disse contro le spalle. 
Shaka annuì carezzandole la fronte con le labbra. Con la mano carezzò la sua schiena intanto che la trascinava sul davanti per spogliarla. Voleva sua moglie, sapeva trattenersi. Lo aveva fatto in quegli anni e avrebbe potuto farlo anche in quel momento. Eppure le cose dalla sua rinascita erano cambiate, aveva raggiunto un senso con la morte e adesso doveva ricominciare tutto. Era consapevole che con Shiwa al suo fianco però poteva farlo, non temeva l'inferno. Fremeva anzi dal desiderio di andare via da lì, in quei giorni il tempio di Zeus era carico di gente. Gente da cui lui si isolava, solo Mu rientrava nei suoi canoni di sopportazione. Questo perché come lui il suo amico non era un amante del caos e delle grandi folle.  
Strinse a se sua moglie che fiduciosa, come la prima volta, lo accolse nel suo corpo. Come la prima volta non si adagiò al suo fianco solo una volta, la amò in più di un'occasione fino a cedere alla stanchezza. Chiuse gli occhi e si rilassò tra le sue braccia, per quanto Ade fosse debole, doveva ricordare che lui stesso era realmente ancora debole, troppo. Per rimettersi doveva quindi ritrovare il suo equilibrio, partire e andare via.
"Potremo aver concepito un altro figlio..." sussurrò nel dormiveglia. 
Lei sorrise. "Impossibile, non si può." Rispose lei.
"Perché no? Vorrei poter vivere la tua gravidanza!" Rispose lui.
Shiwa sgranò gli occhi fissando quelli chiusi del marito. "Sono ascesa alla divinità. Non posso più lo sai, te l'ho detto prima." Rispose sollevandosi e rivestendosi. 
"Lo so... mi sarebbe però piaciuto!" Rispose lui amareggiato. 
Coprendosi Shiwa portò una mano alla bocca. "Cosa hai fatto? Perché lo hai fatto?" Chiese allora lei.
"Mi aveva detto che non temeva gli inferi! Mi aveva detto che sarebbe stato la mia guida. Che ci sarebbe stato sempre per me." 
"Come padre!" Affermò Shiwa. 
"Vipásyn non sarebbe stato in grado di reggermi."
"Hai accettato anche il tuo nome." 
"Mi è piaciuto poter scegliere il nome di mio figlio." 
"Lui non è tuo figlio! È mio figlio, mio e di Shaka!" 
"Sei egoista! Proprio come me." Affermò lui.
"Come te? Io non sono egoista, al contrario mi preoccupo sempre per il bene degli altri e quello dell'umanità sopra tutto." Lo accusò lei.
"Sei egoista! Vuoi tenere i nostri figli solo per te e non recarmi la tua stessa gioia. Come te non sono mai stato genitore Persefone, quindi perché vuoi negarmi qualcosa che adesso tu hai? Sei egoista."  Le spiegò lui.
"Questo è ciò che dici per lenire la tua coscienza? Ade hai preso mio marito al posto del bambino." Affermò ella.
"Lui si è offerto a me." 
"No."
"Ha detto che era la persona designata a condurmi sul mio cammino, ha detto che mi avrebbe aiutato a chiudere il sigillo, ha detto che mi sarebbe stato sempre al fianco tutte le volte che ne avrei avuto bisogno." 
"Come padre!" Affermò Shiwa.
"Non avendolo lui detto l'ho letta a modo mio."
"Ma..."
"Mi ha detto che non teme gli inferi, che non teme di restare recluso lì. Inoltre ha una peculiarità!" Disse Hades. Shiwa lo fissò, non voleva che lo dicesse poiché ne era già a conoscenza. "Lui si sacrifica per un bene superiore, è altruista, dal cuore gentile e indomito. La sua purezza di cuore, potrebbe avvicinarsi a quella del mio ultimo prescelto."  Disse alla donna. "Infine è lo sposo ed il padre che tu hai scelto di avere al tuo fianco." Concluse.
Shiwa iniziò a piangere. "Perché... perché non Vipásyn?" 
"Non c'è dono più grande dell'avermi reso genitore! Shaka mi ha fatto padrona del desiderio umano più grande ed io proteggerò con tutta me stessa il tesoro che mi ha concesso." Disse l'uomo ripetendo le parole che ella spesso aveva detto durante la gravidanza. "Potrei gioire anche io della gioia più grande Persefone? Tu mi hai convinto con le tue parole ahimè vere a prendere questa decisione. Un figlio... anzi due figli che non avrei mai potuto avere ." 
"Hai ingannato me e Shaka." Si battette ancora la donna. 
"Lui lo sa! Non lo aveva ancora capito, ma in cuor suo sa che è così, secondo te perché si poneva dei quesiti? Non si pone le domande per un capriccio, sa e poco fa ha anche compreso, come anche tu stessa ." Ci tenne a precisare.
"Chi era poco fa?" Chiese quindi ella.
"Quando?"
"Sai quando? Prima... quando abbiamo parlato." Chiese arrossendo.
"Il mio cosmo è ancora troppo debole. Non riesco e non voglio influire su di lui, questo non me lo perdonerebbe. Mi ha chiesto di fidarmi di lui e gli ho promesso di farlo, voglio quindi che anche lui si fidi di me. Non lo manipolerò mai!"  
"Cosa accadrà?" Chiese Shiwa 
"Sei ancora troppo umana Persefone. Ma non lo sei e anche lui non lo è! Avrebbe comunque avuto una trasformazione è diventato immortale quindi divino, solo il suo cosmo si fonderà col mio. Lui ha solo avuto la fortuna di avere me! Gli altri suoi amici comunque avranno un cosmo divino saranno divinità minori." 
"Sai cos'è?" Chiese lei.
"Lui mi ha spiegato quello che sa. Io ti ho detto quello che so accadrà, il loro cosmo muterà fino ad arrivare al divino, come quel ragazzo..." rivelò il dio.
"Quale ragazzo?" Chiese Shiwa.
"Il ragazzo che ogni volta si reincarna con Athena... il santo di pegaso. Trascende al divino, muore e quando ritorna Athena lui stesso fa ritorno tra i vivi." 
Shiwa restò in silenzio ripensando a Seiya di Pegasus, effettivamente ogni qual volta Athena ritornava in vita il santo anche la seguiva a ruota. Non aveva però mai immaginato ella che fosse la stessa identica persona, anche se la stessa Miho una volta aveva affermato che erano lo stesso santo.
Sospirò. "Saranno delle divinità minori." Affermò senza neanche chiedere una conferma che adesso le fu chiara. 
"Sì!" 
"Non avresti dovuto comunque prendere Shaka." Lo rimproverò Shiwa, lei voleva suo marito non Ade. Comprendeva di essere egoista e questo non si confaceva ad un buon asceta. Ma Shaka sarebbe cambiato. 
"Lo avrai almeno ancora per duecento anni. Ti ho detto che sono debole... anche adesso, ho esaurito tutta la mia forza." Disse il Dio.
Ella non rispose, perché sulla punta della lingua era pronta una risposta che non si sarebbe immaginata neanche di poter pensare. 'Che me ne importa.' Avrebbe voluto dirgli ma tacque intanto che si asciugava le lacrime che copiose presero a scendere. Non se le aspettava, eppure stava piangendo.
Non lo aveva fatto alla morte di Shaka, non si era mai lasciata scalfire ed ora piangeva. 
Avvertì una mano sfiorarle lentamene la nuca e sussultò. "Lasciami stare Ade." Sbottò.
"Sono io!" Le disse in risposta Shaka.
Shiwa si alzò seduta stante dal suo giaciglio. "Sei sveglio?" Chiede preoccupata.
"Non dormo mai del tutto Shiwa, ero nel dormiveglia." Rispose.
"E..."
"Ero molto rilassato..." rispose lasciando intendere il seguito. 
"Sai... sapevi..." provò a indagare lei.
"Dormiamo Shiwa, domattina ci aspetta un nuovo giorno e i bambini sicuramente ci sveglieranno ancora durante la notte." Rispose invece lui. 
Lei tacque, suo marito aveva chiuso l'argomento. 
"Solo una cosa..." disse avvicinandosi a lui che, al contrario, ancora non parlò. "Prima, quando mi hai chiesto... quando eravamo congiunti..."
"Ero io Shiwa, ti ho chiesto io di avere un rapporto. Perché io Shaka lo volevo. Nessuno può manipolare la mia mente, questo non lo permetto neanche a un Dio." Concluse quindi lui.
Lei assentì e per la prima volta nella sua vita cercò conforto nell'abbraccio del marito. Provò a dormire, ma il suo fu un sonno turbolento.

Al mattino Shaka e Shiwa invece di recarsi a meditare chiesero udienza con Zeus, che subito li accolse. Una volta che i due furono dinanzi al padre degli dei, presero a raccontare ad egli, ed al seguito che lì si trovava, ciò che avevano scoperto. Shakamuni più volte raccontò su richiesta di Zeus ed Hera, della nascita del bambino e le parole segno per segno che si erano detti lui e Hades in quell'attimo. 
Infine dopo essere stato per un po' soprappensiero Giánnis annuì e prese finalmente parola. 
"Gli hai detto che lo avresti guidato nella via giusta. Indubbiamente in quel momento hai colpito la sua fiducia, ha deciso di essere te per un buon motivo." Affermò il Dio. 
"Non sono un bambino." Ricordò Shaka.
Giánnis scosse la testa per poi continuare. "Hades è sempre stato una persona che volutamente si isolava, anche da noi. Ha visto che non temevi di dover affrontare il tuo destino, gli hai detto che tu eri pronto. Lui ha infine scelto una persona che non si lascia andare alle frivolezze della vita." Raccontò Zeus. "Si incarna ogni volta nella persona dall'animo più buono della terra perché tendenzialmente ha sempre fatto del bene..."
Shaka scosse la testa, come poteva dire ciò Zeus? Hades ogni duecento anni circa muoveva guerra ad Athena per il potere sulla terra. 
Fece per parlare ma Hera alzò la mano ad impedirglielo, prendendo invece ella stessa la parola. "Ha compreso Hades che anche tu hai questa caratteristica o virtù, come la si vuol chiamare, proprio come Shun di Andromeda. Inoltre ha compreso che tu volontariamente hai deciso di seguirlo in Ade. Tu e Hades avete molto più caratteristiche in comune di quanto credi, ha avuto modo di vederlo e di sentir parlare di te quando era in grembo di Shiwa. Penso che gli sia venuto naturale scegliere te nel momento unico in cui ha avuto la possibilità di farlo. Un bambino a differenza di una persona votata al bene e diverso, potrebbe mutare i suoi desideri nel corso degli anni e dei secoli e la scelta non era un ricettacolo, ma il suo nuovo corpo divino. Quindi doveva essere fatta nel giusto." Concluse
"Non comprendo." Disse ancora Shaka. "Voi lo state dipingendo come un Dio benevolo. Vi ricordo che ogni duecento anni circa lui cerca di debellare l'umanità facendo guerra ad Athena, volendo lui distruggere il mondo." Affermò, era stanco di sentire elogiare il Dio dell'oltretomba a favore dell'ultimo gesto che aveva commesso. 
"Vero! Come vero che le sue ragioni non dipendono dal volere di supremazia." Intervenne Dike che fino ad allora era stata in disparte. "Per quanto io abbia sempre appoggiato Athena nei secoli." Continuò. "Posso assicurarti che le ragioni di Hades sono sempre state giustificate, lui ha sempre voluto a modo suo rimediare all'egoismo dell'umanità. Semplicemente ha sempre voluto farlo nel modo sbagliato." Concluse.
Shaka scosse la testa intanto che Shiwa al suo fianco annuiva. 
"Ti sei prefissato di aiutarlo, per non fargli commettere sempre gli stessi sbaglia Shaka." Affermò Zeus alzandosi dal suo scranno. "Con molte probabilità mio fratello ha fatto una scelta ponderata. Tu saresti meno influenzabile di un giovane corpo, almeno da qui a duecentocinquanta anni, ma anche cinquecento forse, avrai memoria di ciò che è accaduto e quindi saprai cosa è giusto ho sbagliato." 
Shaka assentì. Non avrebbe mai permesso a nessuno di fargli dimenticare. "Devo quindi accettare questo mio destino?" 
Zeus annuì andandogli vicino e poggiandogli una mano sulla spalla in segno di conforto. "Non posso negare che le sue causali sono più che valide. Ho sempre avuto tanti figli e a modo mio ho potuto amarli e godermeli, sia nell'attuale vita terrena che nei tempi andati. Mio fratello al contrario di me invece non ha mai potuto conoscere il dono di essere padre, quindi perché no!?" Chiese al giovane. "Godetevi i vostri figli, perché che tu fossi stato o meno Hades, questa occasione non l'avrai più." Gli ricordò Zeus, in fondo era vero. In quanto Persefone,  da quando era ascesa, Shiwa non sarebbe più potuta diventare madre.
Al che Shaka annuì. "Comprendo... sapete vero che andremo via presto." Disse a tutte le divinità.
Giánnis sospirò, avrebbe voluto avere sua figlia ancora un po' lì con se. Ma era consapevole del fatto che sia lei che Shaka fremevano. 
"Credo che anche questo sia uno dei motivi per cui ti ha scelto." Affermò allargando le braccia e indicando il tempio, cercando di accogliere nel suo gesto tutti gli abitanti, le cacofonia di voci che giungeva ovunque e il caos generale che vi verteva. "Hades non ha mai amato tutto questo. Ne fuggiva sempre, solo due volte ha abbandonato il suo regno a cui è molto legato." Affermò 
Le sorelle del padre degli dei annuiscono intanto che Greta fissava sua figlia, una volta era stata quando aveva portato via con se la figlia adorata. 
"Quindi abbiamo il permesso di andare via divino Zeus?" Chiese conferma Shaka.
Giánnis annuì. "Da quando siete tornati vi ho sempre detto che non avevate grandi obblighi con me. Che dovevate finalmente darvi una ragione di vita e avere un'esistenza piena. Quindi si Shaka, potete andare e appunto se diventerai il nuovo Hades ti sciolgo anche dai tuoi doveri di heavenly warrior. Ritieniti comunque sempre libero di venire a trovarci e ti prego, resta sempre in contatto con i tuoi amici." Gli ricordò prima di congedarlo.
Shaka assentì nonostante non fosse mai stato molto legato ai suoi parigrado. Era, il loro, un rapporto che si era rafforzato durante quell'anno. Infatti con Mu poteva definirsi molto legato, come anche con Aldebaran, Milo e Aiolia, nonostante avessero delle opinioni discordanti e degli stili di vita diversi. 
"Lo farò! Appena anche Mu ritornerà a casa sono sicuro che manterremo i rapporti." Disse quindi al padre degli dei, che con un sorriso parve farsi bastare quella risposta.

Shaka e Shiwa col loro seguito di bhikkuni e discepoli restarono al tempio di Zeus fino alla prima settimana di settembre. Non furono tra i primi a lasciare la dimora del padre degli dei, Death Mask, Freya e Hilda, li avevano preceduti. Mu salutò l'amico con molta serenità dicendogli che presto anche lui sarebbe ripartito e lo avrebbe raggiunto, aspettava infatti solo che Diva fosse pronta a lasciare le sorelle che aveva ritrovato dopo tanti anni. Questo perché le tre moire, nonostante dovessero restare unite avevano deciso di riprendere le loro vite, quindi almeno Diva e Fryg sarebbero rientrate nelle rispettive case in Tibet e Siberia. 
Ma solo una volta sul fiume Gange Shaka e Shiwa finalmente si sentirono bene. Cullati dallo scrosciare delle foglie di sala e dalla tranquillità del posto i due ripresero la loro vita, fatta di poco, tra preghiere, meditazione e pace con i loro figli.
—————
Premessa mitologica: Hades è dipinto in saint Seiya come un Dio cattivo, al contrario non lo è. Nonostante sia il Dio dell'oltretomba può essere considerato infatti uno degli dei più buoni. 
Effettivamente non ha mai lasciato l'ade se non al rapimento di Proserpina e quando fu ferito.
È dipinto come una persona seria, che non si lascia andare a frenzoli, proprio come Shaka e anche Shun da lui scelto come ricettacolo, poiché l'essere umano più buono che ci sia. Da qui si evince che lo stesso Hades abbia un anima buona.

Da Wikipedia: Viene annoverato saltuariamente fra le Divinità olimpiche, nonostante questo sia contrario alla tradizione canonica; Ade è d'altra parte poco presente nella mitologia, nonostante sia uno degli dei più potenti, essendo essenzialmente legato ai racconti legati agli eroi: Orfeo, Teseo, Piritoo ed Eracle sono fra i pochi mortali ad averlo incontrato. Inoltre la tradizione lo vuole riluttante ad abbandonare il mondo dell'Aldilà: le uniche due eccezioni si ricordano per il rapimento di Persefone e per ricevere alcune cure dopo essere stato ferito da una freccia di Eracle.

 

   
 
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