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Autore: Ms_Hellion    04/03/2021    1 recensioni
[“Ne, ne, hai sentito?”
“Sentito cosa?”
“Non hai visto la foto?”
“Quale foto?”
“Chi l’avrebbe mai detto che Orihara Izaya…”
“Orihara Izaya?”
“…che Orihara Izaya fosse gay.”]
Storiella in cui c’è una foto incriminante in giro per la Raijin, gli adorati umani di Izaya si stanno prendendo un po’ troppe libertà, e Shizuo non ha intenzione di ammettere i suoi sentimenti nemmeno sotto tortura.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Altri, Izaya Orihara, Kyohei Kadota, Shinra Kishitani, Shizuo Heiwajima | Coppie: Izaya/Shizuo
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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3.



“La cena è servita”, annunciò una voce di donna. “Itadakimasu!

Itadakimasu!”, ripeterono in coro tre voci maschili.

Gli abitanti di casa Heiwajima si affrettarono ognuno a scegliere gli alimenti da loro preferiti, per poi immergerli nella pentola di brodo fumante dove essi si cossero rapidamente, e in men che non si dica ciascuno dei quattro piatti era ricco di pesce, funghi e verdure varie.

Delishioso”, biascicò Heiwajima Kichirou con la bocca piena.

“Non parlare mentre mastichi, caro”, gli ricordò la moglie Namiko, gentile ma ferma, e l’uomo si scusò, una sfumatura di imbarazzo identificabile nel suo sorriso. “È davvero ottimo, però”, disse la donna con evidente soddisfazione. “Penso che il brodo sia uscito particolarmente bene stavolta. Merito del lavoro di squadra, vero ragazzi?”

Kasuka assentì mentre Shizuo ingollava in fretta un sorso d’acqua per aiutarsi a inghiottire il boccone che stava masticando.

“Già”, disse quindi.

“Se è arrivata la stagione del nabe, significa che anche il momento di tirare fuori il kotatsu è alle porte”, esclamò Kichirou, la bocca rigorosamente vuota e un’espressione entusiasta sul volto.

“Direi proprio di sì”, replicò Namiko, simulando un brivido. “Le giornate si sono fatte fredde ultimamente. Shizuo, tesoro, credi di poter aiutare tuo padre a portare su il kotatsu durante il weekend?”

Shizuo scrollò le spalle, borbottando un “Certo”, mentre Kichirou ridacchiò.

“Piuttosto che aiutarmi, sarà lui a fare tutto il lavoro senza versare una goccia di sudore. E io starò lì a guardarlo con le mani in mano, come al solito.” Scosse il capo con un finto sospiro. “Ormai il tuo vecchio non ti serve proprio più a nulla, dico bene?”

Namiko roteò gli occhi.

“Caro, non dire così!”

Shizuo incassò la testa nelle spalle. “Non è così”, mormorò.

La conversazione tra la coppia sposata proseguì, allegra e leggera, spostandosi su una vasta serie di argomenti, saltando anche di palo in frasca senza che nessuno battesse ciglio – il lavoro, la scuola dei ragazzi, le giornate che andavano accorciandosi con il proseguire del mese, il computer recentemente acquistato per sostituire il loro vecchio modello…

Shizuo guardò in giù verso la tazza di brodo. Nel liquido tinto di un marrone chiaro, esaminò la propria immagine riflessa, e il modo in cui essa veniva distorta e si frantumava non appena muoveva le bacchette. Soltanto un’apparenza distorta…

La conversazione divenne man mano più indistinta alle sue orecchie come il biondo faceva roteare un pezzo di pesce nel brodo, più per mescolare la sua stessa immagine che altro. Era lui, eppure non sembrava lui. Proiezione – la parola lampeggiò nella sua mente, ed era il tipo di termine complicato che il pidocchio avrebbe usato. Ma Shizuo era una persona semplice; lui l’avrebbe chiamata illusione, o bugia.

Shizu-chan…

Shizuo aggrottò la fronte.

Shi…

“-zuo. Shizuo.”

“Hah?”

Sollevò il capo di scatto e sbatté le palpebre, rimettendo a fuoco la stanza.

Tre paia di occhi erano puntati su di lui, due dei quali apparivano vagamente preoccupati. Quanto alla persona alla quale il terzo paio d’occhi apparteneva, be’… nessuno avrebbe potuto affermarlo con certezza.

I suoi genitori si scambiarono un’occhiata incerta.

“Tutto a posto, figliolo?”, domandò Kichirou.

“Ah… sì. Scusatemi, sono solo un po’ stanco.”

“Sta pensando ad altro”, affermò Kasuka, la voce monocorde come sempre, prima di affondare i denti in un fungo shitake.

Shizuo gli indirizzò un’occhiata imbarazzata prima di schiarirsi la gola. “Sì, ehm… stavo solo pensando che-”

“Sta pensando a qualcosa che è successo a scuola”, completò di nuovo Kasuka, portando i loro genitori ad assumere espressioni di apprensione all’istante, e stavolta lo sguardo che Shizuo gli scoccò era una vera e propria occhiataccia.

Il suo fratellino era un po’ troppo perspicace per il suo stesso bene.

“Si tratta di nuovo di quella tua insegnante di matematica?”, chiese Namiko, storcendo le labbra. “Non so proprio perché quella donna ce l’abbia tanto con te…”

“No, no. Hino-sensei non c’entra”, si affrettò a rassicurarla Shizuo.

Al contrario, la donna era stata sorprendentemente gentile con lui quando Shizuo le aveva chiesto aiuto qualche giorno prima; o per lo meno, si era dimostrata disponibile ad ascoltare quanto aveva da dire prima e prendere le parti di Izaya poi.

Izaya…

Il pensiero si ricollegò direttamente ai ricordi di quel giorno, e per l’ennesima volta Shizuo si trovò a rimuginare sul corvino. Da allora non aveva più avuto occasione di parlare con Izaya – non lo aveva quasi neanche più visto, a essere sinceri.

E dire che frequentavano la stessa scuola. Nello stesso anno. E le loro lezioni si svolgevano per la maggior parte sullo stesso piano.

Shizuo sospettava che Izaya lo stesse evitando.

Oppure sei tu che stai evitando lui?, sussurrò una vocina da un angolo della sua mente, riuscendo a far pausare il flusso dei suoi pensieri per qualche istante.

Assurdo, ribatté Shizuo infine, respingendo il dubbio con fermezza. E in ogni caso, che importava? Non era come se loro due avessero niente da dirsi. Non erano amici – tutto il contrario – e meno Shizuo era costretto a interagire con la dannata pulce, meglio era.

Giusto?

“Sono solo… stressato, immagino”, rispose alla fine alle occhiate confuse e preoccupate dei suoi genitori. “Un ragazzo della mia scuola sta subendo degli atti di bullismo ultimamente e- cioè, non è che mi importi di lui o cosa, però…” Si strinse nelle spalle. “Sono sorpreso. Non mi sarei mai aspettato che qualcuno come lui avrebbe potuto subire una cosa del genere.”

Come se fosse un normale essere umano, invece di un demonio malefico, pensò, ma non lo disse.

Kasuka lo studiò silenziosamente, impassibile, e Shizuo si agitò un po’ sulla sedia, a disagio per una ragione che non poteva nemmeno iniziare a comprendere.

“Ah, capisco.” Kichirou annuì tra sé. “Sei sempre stato un ragazzo sensibile. È naturale che tu ti senta turbato da una cosa simile.”

Shizuo sbatté le ciglia.

Eh?

“Sei una brava persona, figliolo.”

Shizuo aprì la bocca per ribattere.

No, aspetta!, voleva dire. Non hai capito niente. Non mi importa nulla della schifosa pulce!

Per qualche motivo, le parole rifiutarono di formarsi nella sua gola.

“Piuttosto, non sarà il caso di avvertire gli insegnanti?”, si domandò Namiko ad alta voce, la sua fronte solcata da rughe profonde. “Se ci sono dei bulli alla Raijin-”

“Ah, no!”, saltò su Shizuo, ritrovando improvvisamente la voce. “No, no, davvero, non serve.”

Ricordava bene come aveva reagito Izaya all’ultimo tentativo di Shizuo di aiutarlo. Se il pidocchio fosse venuto a sapere che i suoi genitori avevano chiamato la scuola per informare gli insegnanti di quanto stava succedendo…

Il biondo rabbrividì. Non era un bel pensiero.

“Ehm, a dire il vero, la situazione si è già risolta”, mentì.

“Davvero? Meglio così”, disse Namiko, sollevata. Tutto d’un tratto, sulle labbra dalla donna si allargò un sorriso. “Lo sai, Shizuo, sono fiera di quanto tu sia diventato sensibile e altruista. Sapere che ti interessi così tanto agli altri mi scalda il cuore.”

Shizuo strabuzzò gli occhi. Adesso ci si metteva pure lei!

Non sono altruista- non verso la pulce! Quel pidocchio può crepare per quanto me ne frega! Anzi… spero che crepi!

Namiko si rivolse al marito con un sospiro.

“Non sei orgoglioso anche tu, caro?”

“Assolutamente. Abbiamo fatto un buon lavoro a crescere il nostro ragazzo. A crescerli entrambi.”

Il biondo li fissò entrambi a bocca aperta. Okay, poteva capire che fossero orgogliosi di Kasuka…

Ma lui? Shizuo li costringeva a pagare migliaia di yen ogni mese per rimediare ai danni da lui causati alla proprietà pubblica – per non parlare delle spese mediche, le sue e quelle delle persone che nel corso degli anni aveva mandato all’ospedale. Portava i capelli biondi tinti come un delinquente e se la scuola non si lamentava era soltanto perché perfino il preside aveva paura di lui. E come se non bastasse, aveva da poco preso il vizio di fumare.

Shizuo era un disastro.

“Ora, se solo qualche ragazza se ne accorgesse e facesse la corte al nostro Shizuo”, continuò Namiko con un risolino.

Kichirou sorrise. “Eh già. Oramai ha compiuto i diciott’anni. È solo questione di tempo prima che Shizuo si presenti a casa con una bella ragazza al seguito. Non è così, figliolo?”

“Ah…” Shizuo accennò una specie di risata nervosa. “Già…”

Le sue labbra erano stirate in un sorriso. Eppure, per un momento, poté giurare di aver sentito il suo stomaco precipitare fino ai piedi.

Un disastro, pensò. Era un assoluto disastro.


 

Circa un’ora dopo, gli Heiwajima avevano ormai finito di cenare e, dopo che ognuno ebbe dato il suo contributo nello sparecchiare la tavola e lavare i piatti, i quattro membri della famiglia si diressero verso destinazioni diverse – il salotto per Namiko e Kichirou, le rispettive stanze da letto al piano superiore per Shizuo e Kasuka.

Shizuo sbadigliò. Era ancora presto, e tuttavia covava il bruciante desiderio di dormire per una settimana. Sventuratamente, sarebbe stato impossibile essendo l’indomani un giorno di scuola.

“’Notte, Kasuka”, biascicò, una mano già posata sulla maniglia della sua camera.

“Nii-san.”

Il biondo si arrestò nel mezzo dell’atto di aprire la porta. Voltò la testa per incrociare gli occhi imperscrutabili di suo fratello.

“Sì?”

“Dovresti essere più indulgente con te stesso.”

Shizuo sgranò appena gli occhi, investito da un forte senso di deja-vù.

Due bambini sulle altalene.

Un parchetto deserto, l’erba rinsecchita sotto il sole cocente.

Il tremito dell’aria all’orizzonte, causato dall’afa dell’estate.

Una domanda – “Kasuka, hai paura di me?”

Lo stupore e la confusione nel ricevere una risposta negativa.

“L’hai già detto prima”, disse, piuttosto confuso.

“Sì”, confermò Kasuka semplicemente. “Ma la scorsa volta non mi hai dato ascolto. Forse stavolta lo farai.”

Shizuo voleva chiedergli che cosa intendesse – ma non ne ebbe mai l’occasione, poiché un istante dopo l’altro ragazzo era sparito dietro la soglia della sua stanza.

Nell’ambiente buio del corridoio, le ombre parvero quasi spostarsi e danzare per dare vita a immagini dal passato.

Occhi scuri e impenetrabili incrociano lo sguardo smarrito di un bambino con i capelli arruffati e il braccio ingessato.

Non sono io che ho paura, Nii-san. Dovresti essere più indulgente nei confronti di te stesso.”


 

. . .


 

Shizuo fissò con un’occhiataccia l’individuo nudo steso di fronte a lui.

Era interamente scoperto, la pelle straordinariamente chiara e liscia come quella di un neonato, braccia e gambe distese ad aquila, in un modo che non poteva fare a meno di catturare lo sguardo del biondo – ancora peggio, era aperto e ben allargato così da mettere in mostra quello che aveva dentro, una scena da cui era impossibile staccare gli occhi.

Shizuo avrebbe preferito non vedere, poiché certe cose gli davano il voltastomaco. Eppure… qualcosa gli impediva di distogliere lo sguardo. Un interesse morboso, magari, una sorta di fascino… non che a lui piacessero quel tipo di cose, naturalmente.

Rabbrividì.

Quell’affare dentro il tizio era enorme. Mai si sarebbe immaginato che il corpo umano fosse capace di accogliere dentro di sé una cosa di tale larghezza e continuare a funzionare.

“A cosa stai pensando, Shizuo-kun?”

La domanda fu pronunciata da qualche parte alla sua destra. Ancora Shizuo non spostò lo sguardo accigliato dalla figura nuda.

“Ne, Shinra…”

“Sì?”

“Non è normale che il fegato sia così grosso, giusto?”

“Eh?”

Shinra allungò il collo per sbirciare oltre la spalla di Shizuo. Studiò con fare professionale la figura umana rappresentata sul libro di testo del biondo, quindi si aggiustò gli occhiali e pronunciò il suo verdetto.

“Le proporzioni sono accurate.”

“Starai scherzando”, protestò Shizuo. “Non è possibile che prenda così tanto spazio. Guarda, solo così gli occupa metà dello stomaco!” esclamò, puntando con veemenza al torso dell’uomo, dove la pelle era aperta allo scopo di mostrare gli organi al di sotto.

Shinra produsse una risatina nervosa. “Shizuo-kun, per cortesia, trattieniti dal blaterare cose insensate…”

“Haaah?!”, ruggì Shizuo.

“Voglio dire, hai ragione!”, squittì Shinra. “Le dimensioni saranno sicuramente sbagliate se il fegato occupa una porzione così grande dello stomaco! Imploro perdono! Ti supplico, non mi uccidere!”, piagnucolò.

Kadota sospirò. “Shizuo, Shinra è qui per aiutarci a studiare, lo sai? Non ha senso bullizzarlo per farti dare ragione.”

Shizuo incrociò le braccia, borbottando tra sé.

“Stupida materia… a che mi serve, comunque…? Manco dovessi farmi dottore…”

Shinra occhieggiò un po’ preoccupato il pulsare di una vena sulla sua fronte; Kadota al contrario lo ignorò cortesemente, e distrasse anche Shinra con una domanda sul sistema respiratorio.

Mentre i due ragazzi proseguivano con lo studio, Shizuo abbandonò il suo peso contro lo schienale della sedia, intenzionato a prendersi alcuni minuti di pausa per far sbollire la frustrazione accumulata durante le ultime…

Controllò l’orologio appeso al muro.

Un’ora e cinque minuti.

Durante l’ultima ora e cinque minuti di studio.

Con un grugnito, portò la propria tazza alle labbra, sorseggiando la cioccolata fumante mentre consentiva ai suoi occhi di vagare senza meta per il caffè dove lui, Kadota e Shinra avevano deciso di trovarsi per prepararsi insieme al test di biologia. O meglio – lui e Kadota si erano trovati per prepararsi al test. Shinra aveva con tanta grazia acconsentito a unirsi a loro per cercare di infondere nelle loro zucche un po’ della sua conoscenza avanzata sul corpo umano.

L’occhialuto stava facendo loro un favore, Shizuo lo sapeva. E ciò nonostante dovette trattenersi dal cedere alla tentazione di far tacere con un pugno quella bocca attualmente impegnata a sciorinare fatti riguardo al sistema respiratorio.

Nove apparati – ovvero tutti tranne quello riproduttivo – sarebbero stati l’argomento della verifica, la quale, come Shizuo cominciava a sospettare, forse non era altro che un ben mascherato tentativo di omicidio da parte del loro insegnante.

Seriamente, chi sarebbe mai riuscito a far entrare nella propria testa una mole simile di informazioni senza esplodere?

A parte Shinra, ovviamente. E la dannata pulce. E apparentemente Kadota, a giudicare da come stava andando il suo studio paragonato a quello di Shizuo.

Ripensandoci, forse era solo lui a essere stupido.

Sospirò. Gettò un’occhiata al libro e alla raffigurazione dell’uomo con braccia e gambe allargate e il torso aperto.

Come fanno a fare sesso due uomini?

Il dubbio sorse improvvisamente, così rapido e inatteso che Shizuo non fu in grado di sopprimerlo prima che la domanda risuonasse nella sua mente.

Sentì le guance bruciare, e si affrettò a nascondere il volto dietro alla tazza di cioccolata.

Smettila di pensare a queste cretinate, si intimò con aggressività, quasi preparandosi a prendere a pugni la sua stessa mente qualora essa non gli avesse prestato ascolto.

Eppure… la curiosità rimase. Sebbene il sistema riproduttivo fosse stato accuratamente escluso dal loro piano di studi, Shizuo non aveva resistito alla tentazione di sfogliare qualche pagina di quel capitolo – lui come la totalità dei suoi compagni di classe. Ma per quel che ricordava, non c’era nulla lì sopra che indicasse un modo per due uomini di…

Shizuo immerse il naso nella cioccolata pur di nascondere il rossore furioso che era certo si fosse diffuso sulle sue guance.

I suoi occhi sfrecciarono ancora una volta verso la figura umana, fermandosi in particolare sulla parte in mezzo alle gambe che era stata meticolosamente censurata per mezzo di un rettangolo nero.

Che lo mettessero… lì dentro?

Che Izaya…?

Scosse il capo con forza. Oh no, no, no, si rifiutava di pensare alla schifosa pulce in quel modo.

Strinse la labbra in una smorfia.

Dannata pulce…

“Ehm.” Tossicchiò per attirare l’attenzione dei suoi amici, i quali sollevarono il capo dai libri per rivolgergli uno sguardo confuso.

“Ti senti bene, Shizuo?”, gli domandò Kadota con una sfumatura di preoccupazione. “Sei tutto rosso.”

“Ah…” Shizuo si schiarì la gola, a disagio. “Ah, ehm, sì. Ehm… volevo chiedervi…” Tentennò – ma era ora o mai più. E così, le parole rotolarono tutte insieme fuori dalla sua bocca. “Che cosa ne pensate dei ragazzi a cui piacciono gli altri ragazzi?”

Un lungo minuto di silenzio seguì la sua domanda.

Shinra e Kadota si scambiarono uno sguardo.

Shizuo incassò la testa nelle spalle, quasi a volersi restringere, quasi sperando di scomparire davanti all’ombra incombente del giudizio. Attese, muto, mentre una comunicazione silenziosa, fatta di sole occhiate, aveva luogo tra Shinra e Kadota.

Nessuno parlò… finché l’occhialuto non fece spallucce. Quindi, si rivolse a Shizuo e sorrise.

“Francamente, non me ne potrebbe importare di meno.”

Shizuo sbatté le ciglia.

“Vedi, Shizuo-kun, in tutto l’Universo c’è esattamente una persona di cui mi importi – ed è la mia adorata Celty. Il resto della gente può fare ciò che gli pare purché non si metta tra me e la mia amata. Al contrario, ci sono meno possibilità che un uomo gay si innamori della mia bellissima Celty, quindi sono molto a favore~!”

Shizuo roteò gli occhi, celando, sotto una facciata di esasperazione, un improvviso senso di leggerezza.

Shinra non si smentiva mai…

Spostò l’attenzione su Kadota, rimasto in silenzio fino ad allora. Accortosi di essere osservato, il ragazzo si schiarì la gola.

“Ad essere sinceri, l’idea mi risulta un po’ strana”, ammise Kadota. “Però in fin dei conti non sono affari miei, no? Non credo ci siano problemi finché quella persona è felice. Come si suol dire, l’amore è cieco, o qualcosa del genere.”

Shizuo deglutì e annuì. “Giusto…”

Nel frattempo, gli ingranaggi nel suo cervello stavano ruotando vorticosamente. L’immagine su cui aveva posato gli occhi soltanto una volta emerse con rinnovata forza dal flusso delle sue memorie.

Il tizio con cui la pulce si stava facendo quella sera…

Izaya era davvero felice con lui?

Erano… innamorati?

Era difficile immaginare la pulce innamorata – difficile immaginare che una creatura malefica come quel pidocchio fosse anche solo in grado di provare amore.

Eppure, si presentava d’un tratto come una possibilità reale.

Il pensiero aleggiò nella sua mente per tutto il tempo in cui rimase al caffè, prima di arrendersi all’evidenza della propria incapacità di assorbire ulteriori informazioni, e poi ancora sulla via di casa, inseguendolo come uno sciame irrequieto, come il rumore della pioggia che sorda batteva contro il suo ombrello.

Il cielo tuonò in lontananza, minacciando di trasformare il cattivo tempo in una vera e propria tempesta; tuttavia Shizuo gli dedicò a malapena uno sguardo. L’atmosfera fredda e cupa non faceva che incoraggiarlo a fuggire ulteriormente nella propria testa, e il biondo si ritrovò ad affidarsi ai suoi passi affinché lo conducessero per strade familiari, attraverso scorciatoie e vicoli conosciuti, fino a che non imboccò una certa via, e per poco non finì addosso alla persona che era ferma in piedi in mezzo alla strada.

Shizuo si arrestò all’improvviso, quasi inciampando sui suoi stessi piedi.

Un ringhio vibrò nella sua gola, diretto all’idiota che aveva pensato bene di piazzarsi al centro della via già stretta di per sé.

“Oi, fa’ attenzione”, abbaiò. “Chi cazzo ti credi di essere a occupare la strada così…”

La voce gli morì in gola come un odore familiare fece vibrare le sue narici. Nello stesso momento riconobbe la figura pallida e sottile, le cui ciocche corvine, solitamente setose, lucenti, erano ora fradice e appiccicate alla fronte.

Izaya?

La pulce sobbalzò, reagendo al proprio nome, e sollevò il capo verso di lui.

E prontamente, venne il turno di Shizuo di sussultare.

L’espressione sul viso di Izaya era…

“Stai bene?”

Le parole lasciarono le sue labbra prima che potesse fermarle. Subito avvertì un forte imbarazzo come la faccia di Izaya si tinse di incredulità così ovvia che quasi pareva una caricatura. Allo stesso tempo, si scoprì a provare una sorta di sollievo.

Se non altro, la sua espressione non era più così miserabile.

Presto ebbe molto di cui rallegrarsi – almeno in teoria – poiché la miseria sul volto del corvino fu interamente sostituita da irritazione.

“Che cosa vuoi, Shizu-chan? Non sono dell’umore giusto per intrattenerti oggi, perciò se stai sperando in un combattimento-”

“No!”, si ribellò Shizuo. “Ti ho solo fatto una domanda.” Diamine, perché interagire con la pulce doveva essere così complicato ogni volta? “Sei tu quello che ha la faccia di uno a cui è morto qualcuno.”

“Tsk. Sì, be’, nemmeno tu sei una gioia per gli occhi.”

I due si squadrarono come belve furiose pronte a sbranarsi, come un cane con i denti snudati in un ringhio e un gatto che sibila con gli artigli scoperti.

Un gatto fradicio fino al midollo, pensò Shizuo, notando ancora una volta le condizioni del corvino. Era come se qualcuno gli avesse rovesciato un secchio d’acqua in testa, e la pioggia che continuava a battere ininterrottamente certo non migliorava la situazione.

Shizuo rabbrividì. Faceva un freddo cane, come faceva la pulce a sopportarlo?

Senza riflettere, tese l’ombrello nella sua direzione.

“Vuoi un passaggio?”


 

   
 
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