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Autore: the angel among demons    05/03/2021    0 recensioni
Mi chiamo Claire, Claire Myers. Sono sempre stata una ragazza tranquilla e di famiglia molto benestante, anzi...si può anche dire ricca.
I miei genitori sono sempre stati premurosi con me e mia sorella più piccola Mary. Il mio futuro era già stato segnato, sarei andata ad Harvad o Yale, avrei viaggiato il mondo lavorando e avuto la famiglia perfetta.
Andava tutto bene, era tutto perfetto.
Finché una sera, una sola sera, ha mandato in aria tutto quanto. Per meglio dire, un ragazzo.
Quel Leonardo ha scombussolato tutto.
Il mio cuore per primo.
Tra tutti, dovevo proprio innamorarmi di un gangstar?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leonardo DiCaprio, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Leo pov.

Quasi due ore più tardi, arrivo in uno dei quartieri più degradati della città, ovvero la mia destinazione.
Due ore in cui non ho fatto altro che imprecare contro lo scarso servizio dei mezzi pubblici. Non solo ho dovuto aspettare 25 minuti il cazzo di pullman, ma il guidatore sembrava essersi pure preso tre pasticche di xanax. Per non contare la gente discutibile che saliva come passeggero. Anche se, forse, il passeggero più discutibile per tutto io il tragitto ero io. Se solo quella vecchietta a fianco a me avesse saputo quello che faccio e quello che sono, non sarebbe stata così tranquilla, e non mi avrebbe offerto quella caramellina al miele.
Per fortuna la tecnologia non ci ha ancora fornito la possibilità di leggere la mente.

'per fortuna mia, o della vecchietta?'

Ad ogni modo, ora posso fare un bel respiro di sollievo.
Un po' strano siccome mi trovavo a mio agio in una zona dove vedi ogni giorno persone bucarsi le vene nei vicoli, gente ubriaca che urla e fa la pipì ovunque neanche fossero cani, ladri all'ordine del giorno, risse a volontà, edifici vecchi non curati, nelle maggior parti degli alloggi non funziona qualcosa, e la polizia vederla era più unico che raro.
Il motivo? Semplice, hanno paura, e per giustificarsi usano il solito : 'é una zona abbandonata a se stessa, i cittadini non vogliono essere aiutati vogliono rimanere in quello che sono, sarebbe inutile tentare ogni volta, l'ignoranza è troppa'.

Eppure, io, mi ci sentivo così a mio agio. Questo voleva dire che facevo parte di quella spazzatura a cui mi trovavo davanti?
Forse, ma in quella spazzatura ci sono cresciuto.

Ho camminato altri dieci minuti, e un po' d'ansia inizia a salirmi quando mi trovo davanti alle scale dell'edificio in cui mi stavano aspettando i miei compagni, ma guardando poi l'ora sul telefono, realizzo che non posso perdere altro tempo, altri pochi minuti in più mi potevano essere costati cari.
Mi ritrovo a correre, ancora una volta, per sette piani di scale.
Qualcuno si era divertivo a rompere l'ascensore. Un forte odore di erba, alcool, nicotina, e quel odore di chiuso tipico dei vecchi edifici non curati mi invade le narici ai primi scalini, ma stranamente regna il silenzio.
Probabilmente erano tutti mezzi inconsci strafatti.
Quelle scale che mi sembrano interminabili finiscono, e non mi dó il tempo di riprendere fiato, che giro la maniglia, sapendo la porta essere aperta, ed entro.

Chiudo la porta dietro di me di quell'appartamento, uno dei tanti che il nostro capo Stefano Marchese ha in possesso. Il suo scopo, è quello di essere il meno visibe possibile, perciò comprò più appartamenti nelle varie zone dell'intera città, ma il principale che chiamavamo 'nido' era quello. Più che altro perché lì appunto, la polizia era difficile incrociarla. Le informazioni quindi, e la loro incolumità stessa, erano più al sicuro.
Era un piccolo alloggio, come tutti gli altri che ha comprato, non molto arredato, anzi per niente, lasciato un po' a se stesso, ed erano tutte caratteristiche che dovevano avere i nostri covi, sempre per la questione della visibilità e non dare troppo nell'occhio.
Questo dà l'entrata a una cucina di dimensioni medie che fa anche da soggiorno, ha le mattonelle rosse ai muri, coperti da nessun colore, tutti i mobili che ci sono, sono in legno (compreso il pavimento) ,giusto un tavolo, quattro sedie, la cucina, poi sulla destra c'è un piccolo corridoio, col bagno e stanza da letto, una stanza vuota, ed anch'essi di piccole dimensioni.

Stavo per salutare i miei compagni, ma fui prevenuto e successe tutto velocemente. Nicolas, da che era seduto coi gomiti sulle ginocchia e testa bassa, al suono della porta chiudersi alza lo sguardo su di me, e i suoi occhi grandi color nocciola (capelli ricci di ugual colore) mi guardano con ...'stupore? felicità?' Sorride. Si alza e viene subito verso di me con le braccia allargate.
"Leonardo! Lo sapevo non ti eri cacciato nei guai!"
Gli sorrido a mia volta, ma Erik, che se ne stava con le braccia incrociate appoggiato al tavolo al centro della stanza, evidentemente decide di rovinare l'atmosfera, venendo a sua volta incontro a me, ma essendo 20 centimetri più altro di noi (io e Nicolas abbiamo la stessa altezza più o meno) con tre passi mi arriva immediatamente a un passo da me, precedendo il nostro amico.
Non capivo, fino a quando neanche un secondo dopo mi sferra un pugno nella guancia sinistra.

' Aia. '

Manco a dirlo, non ho il tempo di reagire, che mi prende dal colletto della maglia, e con un passo deciso viene verso di me facendomi sbattere violentemente la schiena contro la porta.

' Aia. Cazzo.'

Poi, si avvicina fino a quando i nostri nasi non si toccano. Mi fissa in cagnesco dall'alto in basso con i suoi occhi verde scuro dallo sguardo tagliente. Le mani ancora ben salde al tessuto della mia maglia.

"Si può sapere che fine avevi fatto!?" mi urla, e le mie orecchie stonano un po' vista la vicinanza.

"Io-" non posso continuare, mi dà uno strattone che mi fa sbattere nuovamente la schiena contro quella superficie legnosa.

"Hai idea di quanto ci siamo preoccupati? Non sapevamo più che fare, e ringrazia che non abbiamo informato il capo!"

Nicolas, che in tutto questo tempo era rimasto a bocca aperta e le braccia ancora tese in aria, si decide a smuoversi.
Afferra Erik dalle braccia, tirandolo verso di sé per cercare di farlo mollare la presa su di me. Ma il paragone tra i due non c'è, e ovviamente continua a tirare invano.

"Smettila Erik! Adesso basta! Stai anche urlando!" Quello che gli disse era un po' quello che volevo dirgli anche io, in parte almeno, quindi lo ringraziai mentalmente. Per quanto fosse un po' capitan ovvio.

Erik grigna i denti. "Sei solo fortunato. Perché tra non molto il capo entrerà. Qualche minuto in più e dovevi dargli una spiegazione."

Mi si drizzano i capelli e tutti i peli che ho in corpo. Ultimamente Marchese era più strambo e apatico del solito. Le sue punizioni le dava per un niente e anche abbastanza dure, figurati se non l'avrebbe data a me, che quasi mi facevo scoprire dopo che sono stato investito da un auto perché non sono stato attento. Un azione da stolti, che non avrebbe perdonato facilmente. Se scoprono uno di noi, scoprono tutti.
È inevitabile.
La posta in gioco era alta, non dovendo più contare solo sulla propria vita.

'é vero, sono stato fortunato.'

"Grazie ragazzi. Sapevo non avreste fatto la spia. Non subito, almeno." L'unica cosa che mi uscì dalla bocca.

Non so dire se Erik si ammorbidì o cosa, ma dopo un altro paio di occhiatacce, mi lascia andare allondanandosi di due passi. Si mette una mano nei suoi capelli castano scuro sempre scompigliati (almeno erano corti o chissà quanti nodi)
"Giuro, a volte vorrei ammazzarti 'di Caprio."

Mi stiracchio di un poco il collo e braccia viste le sue strattonate.
"Ti voglio bene anch'io amico" gli faccio l'occhiolino mentre mi tocco la guancia dolorante.

"Tz. Sei sempre il solito" dice tornando alla sua solita posa a braccia conserte.

Nicolas mi dà un breve abbraccio, con la felicità che aveva perso prima.
Quando si stacca mi guarda da su a giù e fa una constatazione.
"Leonardo ma...sei tutto asciutto. Come è possibile se ha piovuto tutta la notte? Dove sei stato?" Non é in tono interrogatorio, ma semplice curiosità, ormai lo conosco bene.

'e ora, che gli dico?'

Deglutisco guardandomi intorno quasi alla scoperta di quello che dovevo fare.

'verità...o bugia?'

Abbasso lo sguardo. "Fidatevi. Non mi credereste. Lasciamo stare questo inconveniente per favore. Ora sono qui, non importa come." Opto per una seconda verità. Alla fine era così, non mi avrebbero mai creduto se avessi detto che sono stato investito ma allo stesso tempo soccorso da una ragazza. Avrebbero pensato me lo fossi inventato per farmi il figo. Sicuro...

"Quindi non vuoi neanche darci uno straccio di spiegazione dopo il peso che ci hai dato?" Erik alza un sopracciglio, stava iniziando ad alterarsi di nuovo.

Prima che ciò accada, Nicolas tenta di salvarmi nuovamente per la seconda volta. Gira le testa verso di lui.
"Ha ragione. Adesso lui è qui questo è l'importante. E anche il capo tra poco sarà in questa stanza, quindi meglio per noi se cambiamo discorso o stiamo del tutto zitti." Scandisce con tono fermo.

Erik mi guarda, sopracciglia corrucciate. "Ti ho già detto che ti odio, vero?"

Forse è rischioso, ma una risatina mi uscì spontanea. La faccia di quest'ultimo diventò rossa come i mattoni attorno a noi e la sua maglietta e Nicolas si mette una mano in faccia scuotendo la testa.
Voglio addolcire gli animi, soprattutto in vista dell'arrivo del boss, per cui mi dirigo a uno scomparto della cucina e tiro fuori una bottiglia già aperta di whisky e la poso sul tavolo. Dopo aver preso anche tre bicchieri gliene verso un po' e ne dó uno a entrambi i miei amici.
Prendo il mio in mano e lo alzo al cielo.

"Alla salute"

I miei compagni mi imitano.

"Alla salute"

Quando quel liquido intenso scende per la gola, mi sembra che tutto dentro di me stia collassando. Ho fatto un sorso troppo lungo, probabilmente anche loro, e ci troviamo a tossire all'unisono.
Gli occhi ci erano diventati rossi e lacrimavano mentre le bocche cercavano aria fresca. Come degli stupidi ci diamo pacche sulla schiena l'uno all'altro, quando smettiamo di tossire scoppiamo a ridere.

"E noi saremo dei malavitosi?" dice Erik.

"Se ci avessero visti adesso non saremo presi sul serio" continua Nicolas.

Torniamo a prendere i bicchieri in mano e ne versiamo altro per un secondo round, con ancora le nostre risate a spezzare il silenzio.

"Si può sapere cosa c'è di così divertente?"

Una voce ci spiazza immobili sul nostro posto e la serietà scese tutto di un colpo.
Non si sa come, non siamo riusciti a sentire i passi di Marchese entrare, e neanche la porta. Era vestito come un cittadino qualunque, giacca nera, jeans, scarpe da ginnastica, un uomo di 46 anni che non dimostrava la sua età, barba, pelle con poche rughe olivastra, occhi scuri come i capelli, sempre tirati all'indietro con un codino. Un odore di colonia si sparse per la stanza.

"Buongiorno capo" diciamo noi tre in coro, senza però posare il nostro amato bicchiere di whisky.

"State festeggiando qualcosa?" Ci chiede lui, notando la bottiglia.

"No capo, avevamo solo voglia di un bicchierino" si affretta a rispondere il riccio.

"Capisco. Ne gradisco anche io uno" il tono è fintamente accomodante, sapevamo fosse un ordine il suo e non una richiesta.

"Certo" dice Erik avvicinandosi a prendere un bicchiere che mise poi sul tavolo di fronte a me. Io apro la bottiglia, e attento a non fare gocciolare fuori, ne verso una buona quantità. Il mio amico dagli occhi verdi riprende in mano il bicchiere, e gliel'ho porta.

"Molto gentili" fa un sorso, e noi lo assecondiamo. Poi posa il bicchiere, e anche la borsa da ginnastica grigia che portava in mano, sul tavolo.
La apre e tira fuori dei sacchetti neri un pó pesanti, ne dà tre a ciascuno.

"È il totale diviso del compito di ieri sera sommato a quelli delle ultime due settimane." Non c'era bisogno ci informasse, sapevamo bene ormai cosa ci fosse dentro. Ma ci teneva a chiarire ogni singola cosa.

"Grazie" in coro, di nuovo.

"Ve li siete guadagnati." sorseggia ancora. "Leonardo, tutto bene?" Continua col bicchiere davanti alla bocca. Per un attimo sono in confusione fino a quando non sento il dolore sulla faccia, stava iniziando a pulsare. Erik mi guarda di sottecchi.

"Si capo, assolutamente" dico senza far passare troppo tempo o lo avrei insospettito di sicuro.

Lancia uno sguardo fugace a tutti e tre quasi per studiarci e capire senza fare domande. Penso che però visti i precedenti delle risse tra di noi anche per cazzate, lo abbiano tratto allo conclusione che ci sia stato uno di quei normali battibecchi tra compagni.
Grazie a Dio, non approfondì oltre.

"Mh" si avvia alla finestra alla nostra sinistra fermandosi e guardando al di fuori.

"Gli affari vanno bene, ma ho intenzione di andare su nuovi orizzonti." dice ricevendo solo sguardi confusi da parte nostra.

"Si...potrebbe spiegare meglio?" Nicolas ebbe il coraggio di chiederlo.

Fa un sorso. "Dobbiamo ampliare il nostro mercato."

"In che senso, capo?" Continua Erik.

'ma che ha in mente adesso questo pazzo?'

"Dai miei informatori ho saputo che nella zona ricca della città, domani si terrà una cena con molte delle famiglie più altolocate presenti qui." Si accende una sigaretta e apre la finestra. "La casa in cui si avverrà è proprietà di Ian Clark, sposato con Wilma Clark e un figlio, Thomas Clark di 18 anni."

Fugacemente guardo i miei amici. Siamo uno più confuso dell'altro, non capiamo dove voglia andare a parare.

"Insomma, sarà un posto che pululerà di persone ricche. Molto, molto ricche." Fa un tiro, e sorseggia un altro po'.

"Quindi faremo incursione e...faremo una rapina a tutti i membri delle famiglie?" Chiede incerto Nicolas.

"No. Voi non vi farete proprio vedere."

Se non voleva fare una rapina, c'era solo una cosa che mi poteva venire in mente.

Decido di parlare "non mi dica che...lei vuole...che noi..."

È vero, da quando ne ho memoria ho subito violenze, visto sangue, perso molte persone, sono diventato una persona senza scrupoli, con il solo interesse di vivere senza nessun regime ma solo a modo mio, mi piace giocare con le persone per arrivare al mio scopo...ho fatto delle cose cattive.
Io sono cattivo.
Eppure anche io ho un limite. Ho un limite perché ho ancora un senso di umanità e in qualche modo so quando si esagera. Che poi io me ne fottessi e esagerassi lo stesso è un altro conto, ma ci sono delle cose che un essere umano non può fare a una loro essere umano. Perciò, quasi non ci crederti, alle parole del capo.

"Si. Voi vi intrufolerete, e prenderete in ostaggio uno dei figli di codeste famiglie. Non importa chi, se maschio femmina, alto basso, moro biondo, non ci interessa. Se è figlio di uno importante allora va bene chiunque. A noi interessa il riscatto."

Fa un ultimo sorso di whisky.

"Effettueremo per la prima volta un rapimento."





Claire pov.

Immobili, entrambe giriamo solo la testa lentamente in direzione del nostro disturbatore.

Thomas Clark, da tutti chiamato Tom, un ragazzo alto almeno 1.80, spalle larghe, capelli molto corti neri, occhi nocciola incorniciati dagli occhiali.
È uno degli alunni con la media più alta della scuola, e nessuno sapeva come fosse possibile, o meglio dove trovasse il tempo, siccome le sue attività extra scolastiche sono numerose. Mai un giorno che si sentisse dire abbia passato un pomeriggio sul divano. Ma dato il suo cognome era prevedibile. I Clark erano tra le famiglie più ricche e imprenditoriali della città. Qualche gradino più alto anche dei Myers. Inevitabile che i suoi genitori si aspettassero tanto da lui.
Ma nonostante più delle volte sembrasse un robot intento a svolgere i suoi compiti, era un ragazzo molto socievole, e nei momenti in cui poteva respirare un po' da tutti i suoi impegni (come quello) cercava sempre di approfittarne e avere più compagnia possibile.
Aveva fatto amicizia praticamente con tutti in classe, ma la sua compagnia preferita rimaneva quella di Grace e Claire.
Avevano cominciato a parlarsi il primo anno di liceo, quando furono uniti loro tre in gruppo per una ricerca di storia. Per una settimana intera dopo scuola andavano a turno a casa di uno di loro, e tra una chiacchiera e l'altra di intermezzo tra gli studi, nacque così un'amicizia.

"Certo! Siediti pure" esclamo dopo qualche secondo di puro silenzio che stava iniziando a diventare imbarazzante. Avevo preceduto Grace, che a giudicare dalla sua faccia sembrava volesse inventare una scusa per farlo andare via, solo per farmi continuare la storia. Ma siccome davanti a noi avevamo Tom e non un qualsiasi altro studente, mi pareva davvero brutto non farlo accomodare con noi. La rossa avrebbe dovuto aspettare un po' di più per saziare la sua curiosità. Ci lanciamo un occhiata veloce, che sapevamo volesse dire 'ne parleremo dopo'.

"Ho interrotto qualcosa?" Chiede Tom prendendo posto accanto a Grace, la quale non avendo ancora detto nulla (strano per come è fatta lei) e la sua strana espressione, si insospettì.

"No!no!" mi affretto a rispondere, portandomi poi una polpetta in bocca, Grace fece lo stesso con la sua pasta. Entrambe con un sorriso tirato.

"Non me la raccontate giusta... però, come volete" fa spallucce.

"Oggi petto di pollo?" chiedo a quest'ultimo notando il suo piatto, anche per cambiare discorso.

"Purtroppo sono a una dieta ferrea per gli allenamenti...mi tocca" mi risponde tagliando in piccoli pezzi la sua carne in modo simmetrico.

"Devi essere sempre ordinato su tutto?" commenta Grace, che finalmente ha iniziato a parlare anche lei.

"Invidiosa della mia capacità di precisione?" ride.

"Nah, la trovo una cosa noiosa essere attento a che tutto sia in ordine"

"Ecco spiegata la condizione della tua stanza..." Interpretai io.

"Il disordine può mettere a proprio agio le altre persone, non tutti sono come Tom"

"Intendi una persona ben curata?" controbatte lui.

"No...intendevo noioso"

Rido mentre Tom le dà un finto schiaffo sulla spalla.

"Allora Claire, pronta per dopo?" mi chiede Clark dopo che finisco il mio ultimo boccone.

Alzo il sopracciglio "dopo?"

"L'interrogazione di diritto, non ricordi?"

Mi dó uno schiaffo sulla faccia. "Cazzo...non era domani?" incredibile, quel biondino mi aveva fatto dimenticare ogni cosa.

"No e avevi anche detto di aver studiato" mi dice quasi in tono da rimprovero.

Alzo gli occhi al cielo "Infatti è così...ma diciamo che ho bisogno di una ripassata, e ora non ho più tempo" dico guardando l'orologio della mensa.

"Sei la solita" scuote la testa.

"Ammettilo che ci godi in questo, così ancora una volta sarai il primo della classe" lo punzecchia Grace.

"Tutt'altro, proprio perché so che è intelligente voglio si applichi a pieno e non si sprechi".

"Papà sei tu?" commenta la rossa.

"Divertente...sei solo invidiosa perché non sei al nostro stesso livello"

Grace fa la finta offesa "come ti permetti quattr'occhi?"

"Mi permetto eccome, pel di carota"

Scoppio a ridere "non cambiate mai"

"Ma guarda un po', c'è Ricky, sta guardando da questa parte, avanti Grace salutalo" nota Tom dando piccole gomitate a quest'ultima per incitarla, sapendo che ha una cotta per questo ragazzo.

"Cosa!?" esclama lei e tutti e tre guardiamo Ricky in automatico, ed effettivamente nel mezzo della fila della mensa, sembra stesse guardando verso di noi.

La rossa fa un sorriso accennato, quasi più una smorfia, poi gira la testa di scatto verso di noi. Aveva sul viso lo stesso colore dei capelli. "Per favore smettetela di guardarlo" ci bisbiglia.

"Perché bisbigli? Guarda che non ci sente da là" le fa ricordare Clark.

"Ah... già"

"L'amore ti rende ancora più stupida"

Immediatamente Grace gli pesta un piede.

"Aia!! Ma sei sce...."

"Ripetilo e ti schiaccio anche l'altro piede"

"Ehm...non vorrei dire ma così state attirando l'attenzione" dico lanciando occhiate ai miei amici e alle persone intorno.

"Se fai così suppongo non vieni domani..." commenta Tom massaggiandosi il piede.

Entrambe lo guardiamo e quasi telepaticamente diciamo insieme la stessa cosa.

"Domani? E dove?"

"I vostri genitori ancora non ve lo hanno detto?" chiede stranito, e visto il nostro silenzio prosegue.

"Le famiglie della nostra zona hanno deciso di fare una cena insieme, siccome si vogliono tutti conoscere meglio, e poi sai come siamo noi ricchi, ci piace avere molti contatti altolocati. Si farà a casa mia siccome è la più grande" si gira verso Grace "e si, c'è anche la famiglia di Ricky"

Il suo sguardo si illumina "Non potevi dirmi una cosa più bella!" Lo abbraccia stretto.

Lui rimane quasi esterrefatto, siccome i gesti di affetto tra loro due erano più unici che rari. "Ehm...prego?"

"Non gli hai neanche mai parlato, è la volta buona questa" commento

"Hai ragione!" poi, in cinque secondi finisce l'euforia "e...se mi blocco come sempre?"

"Se è così ti farò conoscere un amico" dice Clark sistemandosi gli occhiali

"Amico?"

"Si, si chiama Alcool, penso possiate andare d'accordo"

Lei alza semplicemente un sopracciglio, probabilmente lo terrà in conto.

Nei venti minuti successivi parliamo e parliamo, cambiando ogni genere di discorso, fino a quando Grace non guarda l'ora.

"Manca un quarto d'ora e si ricomincia le lezioni, Claire vieni con me? Mi voglio fumare una sigaretta prima di rientrare"

Faccio solo sì con la testa, e dopo aver salutato il nostro amico che tanto avremo rivisto da lì a poco, usciamo sul cortile.

Ci sediamo in una delle tante panchine di legno vicino al posacenere pubblico per gli studenti, si accende una sigaretta e ne offre una anche a me, anche se tanto sa l'avrei rifiutata, come sempre.

"Allora...dicevamo?" mi guarda, e io prendo una bella boccata d'aria.

Le raccontai tutto, per filo e per segno quasi come uno sceneggiatore sa fare. Dissi tutta la vicenda senza mai interrompermi tra uno sguardo confuso e curioso dietro l'altro della mia amica.

Nel mentre la mia bocca parlava, la mia testa aveva un pensiero fisso:

Non mi sarebbe mai più successa una cosa del genere.
Lui non lo avrei mai più rivisto.

È stato tutto solo uno scherzo del destino. Come due strade parallele che non si sarebbero mai dovuti incrociare, e che se questo capitasse tutto inizierebbe a sbarellare.

Ma tanto non lo avrei mai più rivisto...giusto?


   
 
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