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Autore: IndianaJones25    05/03/2021    2 recensioni
È una luminosa e calda giornata estiva di fine Ottocento quando, in una casa di Princeton, nel New Jersey, nasce l’unico figlio del professor Henry Jones Sr. e di sua moglie Anna.
Nel corso dei venticinque anni successivi, il giovane Junior vivrà esperienze indimenticabili e incontrerà persone straordinarie, in un viaggio di formazione che, tappa dopo tappa, lo porterà a diventare Indiana Jones, l’uomo con frusta e cappello, il più celebre archeologo del mondo…
Genere: Avventura, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Abner Ravenwood, Henry Jones, Sr., Henry Walton Jones Jr., Marion Ravenwood, René Emile Belloq
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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XVIII.
FIUME, REGGENZA ITALIANA DEL CARNARO, OTTOBRE 1919

   Da tempo un’idea fissa e sempre più insistente tormentava Indiana Jones.
   Era iniziata come un sogno, andato e venuto nel corso degli anni. Negli ultimi tempi, però, gli si era riaccesa nella mente con forza preponderante, e non sembrava più intenzionata ad abbandonarlo. Anche in questo la guerra gli aveva dato una spinta non indifferente: si era reso conto, vedendo le macerie dei paesi distrutti e delle chiese devastate, di quanto le opere dell’uomo, persino le più grandiose, sapessero essere fragili ed effimere, destinate a scomparire nel volgere di un lasso di tempo breve come il lampo.
   Non riusciva a tollerare che l’ingegno umano andasse perduto. Tutto ciò che l’uomo aveva fatto andava studiato e preservato, per essere consegnato intatto alle generazioni future. E, ciò che era stato perso, andava riscoperto, per apportare nuove conoscenze alla storia dell’umanità, le cui tracce più remote si perdevano nell’alba dei tempi.
   Così, dopo aver lavorato diversi mesi come reporter per un quotidiano parigino - per conto del quale era anche stato inviato ad assistere alla combattuta e sofferta ratifica del trattato di pace di Versailles, che aveva lasciato più delusi e scontenti che altro - aveva maturato la decisione di dimettersi e, dopo quasi cinque anni di assenza, fare ritorno negli Stati Uniti per coronare quel suo vecchio sogno: diventare archeologo.
   Sapeva bene, naturalmente, che tale scelta lo avrebbe allontanato per sempre dalla vita avventurosa a cui era stato abituato fino a quel giorno; avventure e archeologia, è risaputo, non vanno di pari passo e non possono legarsi. Ma era anche consapevole che un po’ di tranquillità non gli avrebbe fatto per niente male, dopo tante fatiche e tanta tensione. Con l’ultimo stipendio e con la poca liquidazione ricevuta, quindi, si era procurato alcuni libri di archeologia, per cominciare a darsi un’infarinata generale in vista della sua iscrizione all’università.
   Prima di partire, tuttavia, avrebbe dovuto svolgere un ultimo incarico per il servizio segreto. E lui, il capitano Jones - perché questo era il grado che si era guadagnato con la sua perseveranza - non si era potuto sottrarre a quell’ultima richiesta che gli era pervenuta dal comando.
   In fondo, non gli sembrava nemmeno un’impresa troppo difficile: raggiungere Fiume, la città-stato affacciata sul golfo del Carnaro occupata dal poeta Gabriele d’Annunzio e dai suoi legionari, e cercare di scoprire che cosa avesse davvero in mente il Vate. La paura dei pezzi grossi era che d’Annunzio, che Lenin ammirava senza farne alcun mistero, potesse cercare di mettere in atto in piena Europa una sommossa di stampo bolscevico.
   Quando era giunto a Fiume, celandosi dietro l’identità di un giornalista - mesi interi di quella professione gli avevano insegnato qualcosa - Indy si era tuttavia trovato di fronte a qualcosa di inaspettato: più che una città occupata militarmente, quella sembrava essere una vera e propria festa continua.
   I legionari bevevano, mangiavano e si divertivano, praticando l’amore libero e sfrenato sia con le donne sia tra uomini, senza che qualcuno ci trovasse alcunché di scandaloso; il governatore stesso sembrava essere più interessato a fare dentro e fuori dai teatri, ascoltando l’opera e godendosi gli spettacoli, per poi apparire di quando in quando al suo balcone per leggere qualche proclama colmo di roboanti e incomprensibili arcaismi, piuttosto che occuparsi di politica.
   E nessuno, pertanto, sembrava avere minimamente in testa di mettersi a combattere un’altra guerra, men che meno di far scoppiare una rivoluzione per portare anche lì le rigide regole del mondo socialista, che di certo non si adattavano all’atmosfera spensierata e festosa che aveva invaso la città. Le uniche azioni a cui si prestavano i legionari, in effetti, erano le scorrerie piratesche sull’Adriatico per catturare navi da cui trarre il vettovagliamento con cui continuare a gozzovigliare.
   Indy, abbagliato da quell’atmosfera che non gli era mai capitato di respirare in nessun altro luogo, aveva quasi subito perso di vista il suo incarico e si era abbandonato ai bagordi. E, in uno dei numerosi postriboli della città, aveva conosciuto una ragazza veramente carina di nome Mila, con cui era un piacere immenso trascorrere ore felici, dimenticando tutto il resto. Lui stesso, mentre la giovane prostituta gli faceva sperimentare sensazioni di cui non aveva mai neppure supposto l’esistenza, tendeva a scordare il vero motivo che lo aveva condotto fino a lì. Solo che, mentre lui si divertiva, occhi sospettosi lo seguivano con insistenza, tenendo conto di ogni suo movimento.
   Una mattina, mentre lasciava il bordello in cui lavorava Mila, si era trovato circondato da alcuni uomini in uniforme. Gli avevano messo le manette ai polsi, lo avevano perquisito e poi lo avevano trascinato fino al palazzo in cui, lo sapeva benissimo, risiedeva il governatore della città.
   Aveva deglutito, cercando di pianificare una via di fuga; ma i legionari lo stringevano da vicino e lo avevano condotto proprio davanti a lui, davanti a Gabriele d’Annunzio in persona.
   Basso, gracile, orbo da un occhio, calvo, a tratti persino claudicante, il Comandante era un ometto all’apparenza fragile. Eppure, dinnanzi a lui, Indy si era sentito microscopico. Non aveva capito un granché di ciò che d’Annunzio gli aveva detto con il suo aulico e altisonante linguaggio infarcito di latinismi e di parole che parevano inventate sul momento; le sole cose che aveva compreso era che d’Annunzio sapeva benissimo che lui era una spia e che, per questo gravissimo motivo, si sarebbe meritato una condanna alla fucilazione. Poi, a un suo cenno, i legionari lo avevano trascinato via.
   Ma anche quella volta era stato fortunato. Il poeta doveva essere anche un gran burlone, perché nessuno aveva alzato un’arma contro di lui. Si erano limitati a condurlo al confine pattugliato dalle truppe italiane spedite lì dal governo di Roma per tenere sotto controllo la situazione e a sbatterlo fuori.
   Così, in una maniera piuttosto vergognosa, aveva avuto termine l’ultima missione da agente segreto di Indiana Jones. In quel momento, aveva compreso che la calma e la tranquillità erano davvero ciò che voleva per sé, e soltanto lo studio dell’archeologia gliele avrebbe potute donare. Era giunto il momento di chiudere una volta per tutte con l’avventura e di dedicarsi a scopi differenti.
   Basta con i rischi e con gli azzardi, nella sua vita.
   Aveva raggiunto il comando, che si trovava a Venezia, e si era congedato definitivamente. In cambio aveva ricevuto una stretta di mano, un documento e una piccola medaglia che si era infilato in tasca. Poi, recuperati i suoi libri e i pochi bagagli, era andato al porto e si era imbarcato sul primo piroscafo diretto in America.
   Stava tornando a casa.
   
 
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