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Autore: Yuki Delleran    05/03/2021    2 recensioni
Lance, principe di Altea, viene catturato e reso schiavo durante l'invasione galra del suo regno. Solo e sotto mentite spoglie in una corte estranea e ostile, dovrà imparare come sopravvivere e mantenere al sicuro un importante segreto mentre piani di distruzione vengono alla luce e l'oscura minaccia di una congiura prende forma attorno a lui e a chi gli è caro.
[Versione riveduta ed estesa della precedente oneshot con lo stesso titolo]
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri | Personaggi: Kogane Keith, McClain Lance, Takashi Shirogane
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Cap. 5

Le prime ore passate sul carro con Keith e Pidge parvero a Lance le più lunghe della sua vita. Il principe rimaneva sdraiato per ordine della giovane guaritrice e non sembrava per nulla intenzionato a intavolare alcun tipo di conversazione. La ragazza invece si limitava a concentrarsi sulla strada, senza perdersi in chiacchiere e sembrava il tipo di persona che difficilmente aveva voglia di socializzare. Lance era arrivato a chiedersi se avesse fatto un’impressione talmente a brutta a Rayner da spingerla in qualche modo a punirlo con la compagnia di due persone incapaci di comunicare. Fu solo al termine della prima giornata passata nel più angosciante silenzio che gli balenò l’idea che forse era esattamente il contrario: Matt aveva detto che Rayner sapeva esattamente qual era il posto migliore per tutti, quindi forse il motivo della sua presenza su quel carro non era fargli patire la mancanza di comunicazione ma creare quella stessa comunicazione tra i compagni. Il giorno successivo decise di testare quella sua ipotesi.
Dopo che Pidge aveva finito di cambiare la medicazione del principe, si soffermò a osservare che tipo di unguenti ed erbe avesse usato. La ragazza in un primo momento sembrò titubante, ma poi iniziò a elencarle.
«Sai, prima di finire nell’harem di questo tizio,» disse Lance indicando Keith in tono volutamente ironico. «stavano provando a insegnarmi come funzionano le cure con le erbe. Non ero certo che mi sarebbe mai stato utile, ma mi dicevano che doveva far parte del bagaglio culturale di un…»
S’interruppe bruscamente simulando un colpo di tosse prima di dire una parola di troppo e aggiunse rapidamente: «Di un alteano come si deve.»
Pidge lo scrutò per un attimo, come se stesse soppesando se valesse effettivamente la pena di aggiungere qualcosa, poi disse: «Mio fratello dice che sei un portatore dei cristalli.»
«È vero. Non sono certo un esperto, stavo ancora imparando quando c’è stato l’attacco, ma qualcosina so fare.»
Ormai non aveva più senso tenerlo segreto: della sua famiglia era sopravvissuta solo Allura e nessuno aveva associato quella capacità alla sua ascendenza reale.
«Già, qualcosina come stendere un assassino mercenario nella mia anticamera.» borbottò Keith dal suo giaciglio.
Lo sguardo di Pidge s’illuminò all’istante.
«Sai usare quel potere per combattere?! È eccezionale! Sapevo che era molto versatile, che ci si potevano erigere scudi e barriere, curare le ferite e creare giochi di luce, ma non avevo mai sentito che potesse essere usato intenzionalmente in modo offensivo! Raccontami come hai fatto!»
Lance non aveva idea che il potere dei cristalli di Balmera avesse la facoltà di rigenerare e, da quello che sentiva, Pidge sembrava saperne in proposito molto più di lui, ma raccontò comunque come si erano svolti i fatti la sera dell’attentato al principe.
La ragazza lo ascoltò estasiata finchè, in un impeto di entusiasmo, esclamò: «Posso vederlo?»
Lance si ritrasse istintivamente, portandosi le mani al petto per proteggere il ciondolo che portava al collo, sotto la camicia. Aveva promesso di non separarsene mai e, sebbene ora non si sentisse in pericolo, non era certo di voler fare un’eccezione.
«Non lo tocco, tranquillo!» precisò Pidge, evidentemente consapevole del suo turbamento. «Studio i cristalli di Balmera da anni, so che i portatori vi sono molto legati e lo rispetto, sono solo curiosa di vedere il tuo.»
Lance finse che quelle parole lo rassicurassero ed estrasse il cristallo da sotto la camicia, tenendolo sui palmi delle mani.
Gli occhi di Pidge brillarono nel vederlo.
«È perfetto! E che luminosità fantastica! Credo sia uno dei più puri che abbia mai visto.» esclamò.
«Vorrei solo poterlo usare come si deve.» disse Lance, chiudendo le mani in modo da coprirne la luce. «Mi sento un vero incapace nel non essere in grado di canalizzare l’energia per sfruttarla in ogni sua forma. Come ho detto mi stavo addestrando e ora non ho più nessuno da cui imparare.»
Ammettere una cosa del genere lo riempiva di tristezza e di senso di perdita: forse in futuro avrebbe potuto esercitarsi di nuovo con Allura, ma nemmeno lei aveva fatto in tempo a ricevere una formazione completa.
Quando alzò lo sguardo su Pidge si rese conto che la ragazza lo fissava con occhi scintillanti e carichi di aspettativa.
«Ehm… sì?»
«Addestrati con me!»
Lance strabuzzò gli occhi, incredulo.
«Conosco tutta la teoria, studio i cristalli da anni e ho sempre desiderato poter lavorare con un vero portatore!»
«Veramente non saprei se sia il caso…» titubò Lance, che ben ricordava le parole dei maestri su quanto fosse serio l’addestramento e gli enormi tomi che contenevano tutto il sapere relativo ai cristalli, a cui solo pochi avevano accesso completamente. Il loro potere poteva essere molto pericoloso se maneggiato da qualcuno inesperto o, peggio, da chi non ne aveva il pieno controllo.
«È vero, rischierebbe di friggerti il cervello.» commentò Keith dal suo giaciglio. «Ti consiglio di stargli alla larga.»
Una battuta così carica di sarcasmo che Lance ribattè all’istante senza pensare: «Va bene, mi addestrerò con te!»
«Fantastico!» esclamò Pidge, battendo le mani tra loro. «Potremo farlo la sera, quando ci accampiamo per la cena, o se avremo dei momenti di pausa durante le tappe del viaggio. E, Keith, grazie mille per esserti offerto volontario per gli esercizi con l’energia rigenerativa!»
Il principe strabuzzò gli occhi e si alzò su un gomito per protestare, ma la ragazza si era già avviata a cassetta del carro per riprendere il viaggio e Lance la seguì con una risatina per sedersi al suo fianco.

Il terzo giorno di viaggio, seguendo l’itinerario tracciato da Rayner, iniziarono a inoltrarsi tra le montagne. Il sentiero non poteva ancora definirsi impervio ma la pendenza stava aumentando e le alte cime che segnavano il confine con Balmera coprivano l’intero orizzonte.
Lance aveva scoperto in Pidge un’ottima compagnia e vi si trovava via via più a proprio agio dopo ogni chiacchierata. Non era per nulla civettuola o incline alle smancerie come la maggior parte delle nobildonne di Altea che aveva conosciuto e questo era una piacevole novità a cui non era abituato, in compenso si entusiasmava facilmente quando si trattava di medicina, erbe, scienza e ovviamente i cristalli di Balmera. Sembrava che non avesse spesso qualcuno con cui parlare quindi, sapendo che Lance l’ascoltava volentieri, si lanciava a ruota libera in voli pindarici che probabilmente risultavano incomprensibili ai più. Non che Lance comprendesse davvero ogni suo ragionamento, ma era piacevole vederla così di buon umore.
Fu proprio lei, durante una di queste chiacchierate, a informarlo che quella sera avrebbero fatto una tappa speciale. Erano ormai abbastanza lontani dalla capitale da potersi permettere una notte di fermo e di riposo. Inoltre in quella zona erano presenti delle fonti calde, cosa che avrebbe permesso a tutti di farsi un bagno come si deve, di rilassarsi e sciogliere un po’ la tensione oltre che un bucato che non prevedesse l'acqua gelida di un torrente. A quella notizia Lance non riuscì a trattenere l’entusiasmo.
«Non mi lavo per bene almeno dall’ultima sera nell’harem. Non vedo l’ora di arrivare! Voglio passare almeno un’ora nell’acqua!»
Pidge rise di quel commento, poi si voltò verso Keith, seduto nel retro del carro.
«Un bagno farà bene anche a te. Le fonti hanno ottime proprietà terapeutiche.»
Da quando Lance aveva smesso di rivolgersi a lui con i titoli del suo rango anche gli altri, a parte Shiro, avevano seguito il suo esempio e, sebbene all’inizio il principe sembrasse molto scocciato, a poco a poco sembrava abituarsi a questa  nuova evoluzione. Infatti, in risposta, si limitò ad alzare le spalle commentando: «Perchè no?»
Quando finalmente raggiunsero il luogo stabilito, Lance balzò giù dal carro già pronto a lanciarsi in una fonte.
«Prima del bagno ci sono cose più importanti da fare.» lo redarguì Rayner mentre anche gli altri si radunavano.
Avevano disposto i tre carri in cerchio in modo da formare uno spazio protetto e facilmente controllabile, al centro del quale sarebbe stato acceso un fuoco.
«Bisogna procurarsi abbastanza legna per mantenere il fuoco fino a domattina, cacciare per la cena e fare il bucato prima che faccia buio. Lavare i panni quando non si vede il fondo non è mai una buona idea.»
Il gruppetto rimase a fissarsi l’un l’altro, incerto sul da farsi, finché non fu di nuovo Rayner, le mani sui fianchi e un’espressione rassegnata, a distribuire i compiti.
«Hunk, Matt e Pidge, voi andrete a caccia. Shay, Shiro e io ci occuperemo della legna. Lance e Keith, i panni.»
Il principe la fissò come se se gli avesse appena lanciato una secchiata d’acqua gelida.
«Io non faccio il bucato.» disse, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
Rayner lo degnò a malapena di uno sguardo.
«E perchè mai?»
«Perché sono...»
«Un principe? Sei anche un uomo di città, vissuto per lo più in un palazzo, che non sa muoversi nei boschi di montagna e per di più convalescente. A caccia o a fare legna saresti d’intralcio e rallenteresti gli altri, quindi resta solo il bucato. Sii grato di avere qualcosa da fare, chi non lavora non mangia, principino.»
Così dicendo, voltò le spalle al gruppo e si avviò verso il boschetto. Dopo un attimo Shiro e Shay la seguirono. Matt accennò un sorrisetto imbarazzato e passò a Hunk il proprio coltello prima di andare a recuperare arco e frecce dal proprio carro. Pidge, che non sembrava particolarmente a disagio, estrasse dallo stivale una piccola daga e ci giocherellò mentre aspettava il ritorno del fratello.
«La biancheria sporca è in un sacco sul retro di ogni carro.» disse. «Troverete le fonti laggiù. Mi raccomando, strofinate bene.»
Quando Matt riapparve con l’arco e la faretra a tracolla, fece loro un gesto di saluto e si avviò dietro gli altri due.

Keith brontolò per tutto il tempo mentre lui e Lance si avviavano alle fonti con il sacco del bucato, al punto che al giovane alteano sarebbe parso un crimine non cogliere l’occasione per stuzzicarlo un po’.
«Suvvia, non c’è bisogno di fare quel muso lungo! Sarà divertente e di certo non macchierà il tuo onore!»
Keith lo sbirciò di sottecchi.
«Non ho intenzione di farmi spiegare da uno schiavo di piacere cosa può o non può macchiare il mio onore.» grugnì.
Quelle parole colpirono Lance come uno schiaffo, inaspettatamente. Certo, perché lui era uno schiavo, era ovvio che non avesse idea di cosa fosse l'onore, anzi, era praticamente scontato che avesse compiuto azioni o fosse stato costretto a sottostare a gesti che distruggessero la sua reputazione. Come se la sua moralità non contasse assolutamente nulla.
Dopo tutto quello che aveva passato, sentirsi parlare in quel modo lo feriva al punto da voler tornare sui suoi passi e piantare in asso sia Keith che il bucato.
Gli aveva già voltato le spalle quando il principe sembrò rendersi conto della pessima uscita che aveva appena avuto.
«Non era quello che volevo dire.» si affrettò ad aggiungere, alzando lo sguardo.
«Ma l’hai detto.» mormorò Lance.
«È che… non sono abituato a preoccuparmi di cosa pensino gli altri. Mi… insomma, mi dispiace!»
Era la prima volta che Lance sentiva quelle parole uscire dalla bocca di Keith e doveva ammettere di esserne colpito: il principe capace solo di pretendere si era scusato con lui per aver detto qualcosa di offensivo.
In un paio di passi lo superò, senza guardarlo.
«Faresti bene ad allenare questo talento oltre a quello con la spada.» disse. «Per quanto tu sia convinto di non avere bisogno dell’aiuto di nessuno, anche se spero che ormai tu abbia messo da parte questa idea folle, non è saggio offendere la sensibilità di chi ti sta praticamente salvando la vita. Potrebbe cambiare idea.»
Non ricevendo nessuna risposta, Lance tirò dritto per la fonte senza voltarsi. Era ora che Keith capisse quali erano i limiti da non superare tra persone civili.
Da un lato un po’ lo compativa: non doveva essere stato facile crescere in un ambiente dove non era permesso mostrare nessuna debolezza, accanto a persone che non gli avevano mai mostrato sincero affetto ma che l’avevano educato solo all’arroganza e al comando. Al contrario, la sua infanzia era sempre stata ricca dell’affetto dei suoi genitori, di sua sorella e del personale di palazzo che era arrivato a considerare amici. Le lunghe giornate di studio erano compensate dal fatto di non essere mai solo o abbandonato a sè stesso: per quanto quello che stava studiando o su cui stava facendo pratica fosse noioso, c’era sempre qualcuno pronto ad aiutarlo e a guidarlo nella giusta direzione. Insieme all’etichetta di corte e alla diplomazia gli erano state insegnate la cortesia, la gentilezza, il buon cuore e la correttezza. “Prima di rivolgerti a qualcuno, pensa sempre al peso che possono avere le tue parole.” gli ripeteva sua madre.
Però, proprio perché aveva ricevuto un’educazione del genere, non poteva tollerare la spietata logica di Keith, convinto che piazzare persone in un harem alla mercè delle più disgustose attenzioni di chiunque fosse il “male minore”, salvo poi permettersi di mettere in discussione la moralità di queste stesse persone.
Aveva visto i piccoli spiragli di cambiamento nei suoi modi di fare, sapeva che avrebbe dovuto apprezzarli o, perlomeno, apprezzare lo sforzo, ma certe volte era davvero troppo, troppo difficile.
Le fonti, di cui giunse in vista di lì a poco, erano delle pozze apparentemente poco profonde e scavate nella roccia dallo scorrere dell’acqua, che in esse si raccoglieva per poi riversarsi in un torrente sottostante. Il verde che costeggiava il sentiero s’interrompeva poco prima, per lasciare spazio alla nuda roccia in graduale salita. Da una delle pozze più lontane si sollevavano leggeri vapori, a indicare che l’acqua doveva essere particolarmente calda. Quella in cui Lance immerse la mano invece era piacevolmente tiepida. Non vedeva l’ora di farsi un bagno come si deve, che sciogliesse anche tutta la tensione che aveva accumulato negli ultimi minuti.
Sospirando, s’inginocchiò sul ciglio sassoso e rovesciò il sacco della biancheria. Nel carro aveva trovato anche un rozzo sapone, di certo preparato da Pidge, quindi non restava altro che darsi da fare.
«Non è esatto dire che non ho bisogno dell’aiuto di nessuno.» disse Keith sedendosi accanto a lui. «Ad esempio adesso ho bisogno dell’aiuto di qualcuno che mi dica come si lavano dei panni. Saresti disposto a insegnarmelo?»
Lance lo sbirciò di sottecchi e vide l’espressione speranzosa di Keith mutare gradualmente in una più scettica.
«Tu sai lavare i panni, vero?» continuò. «Non ho nessuna intenzione di essere arrogante, ma nell’harem sono le ancelle a lavare sia gli schiavi che i vestiti e, correggimi se sbaglio, tu dovresti essere di ascendenza nobile.»
La sua espressione era talmente preoccupata che Lance non potè fare a meno di lasciarsi sfuggire un sorriso.
«Immagino si tratti di bagnare, strofinare con il sapone e risciacquare.» rispose, velando appena le parole di ironia perché in effetti era vero, non l'aveva mai fatto in vita sua. «Possiamo provare e incrociare le dita che gli altri ne siano soddisfatti.»
Keith annuì con convinzione e, per dimostrare la sua buona volontà, pescò una camicia di Shiro macchiata di - oh, cielo! - sangue - il suo? - la tuffò nell’acqua e prese a strofinarla con fin troppa energia.
«Spero che ne resti qualcosa.» commentò Lance, stavolta ridendo davvero e mettendosi a sua volta al lavoro.

Il resto del gruppo rientrò poco più di un’ora più tardi, chi con le fascine di legna, chi portando a spalla un grosso cervo che sarebbe stato la cena per tutti. Matt e Shiro furono mandati in un angolo lontano per preparare la carne mentre gli altri sistemavano il fuoco al centro del cerchio dei carri. Nel mentre Rayner si premurò anche di controllare lo stato del bucato, arrivando addirittura a complimentarsi con i due giovani per essersi ingegnati a tendere delle corde tra i carri per stenderli.
Quando Matt e Shiro portarono la carne per cuocerla, Lance lanciò uno strillo nel vederli sporchi di sangue e li cacciò a lavarsi prima che potessero anche solo avvicinarsi al fuoco. Hunk si occupò di cucinare con l’aiuto di Shay e finalmente tutti poterono fare onore a quell’ottima cena.
Lance non ricordava da quanto tempo non mangiava così di gusto: i banchetti regali erano ormai un ricordo che sembrava appartenere a un’altra vita e i pasti dopo la loro fuga erano stati molto frugali. Non avrebbe mai pensato che mangiare carne di cervo arrostita su un fuoco da campo potesse essere così soddisfacente.
Anche Keith, al suo fianco, sembrava davvero entusiasta. Non ricordava di averlo mai visto così di buon umore e si ritrovò a pensare che se era davvero così semplice fargli mostrare qualche emozione positiva, allora avrebbe cercato di creare situazioni simili più spesso.
«Noi ci facciamo il bagno per prime!» esclamò Pidge a tradimento dopo aver buttato nel fuoco gli ultimi ossicini.
Lance non fece nemmeno in tempo a protestare che la ragazza si era già alzata ed era corsa verso le fonti oltre gli alberi.
«Se a uno di voi venisse in mente di sbirciare sappiate che conosco una decina di metodi per farvi morire lentamente senza lasciare indizi.»
«Come se a qualcuno qui potesse seriamente interessare guardare una donna...» borbottò Keith spostando lo sguardo da Shiro a Matt fino a Lance.
«Ehi! A me piace guardare le donne!» protestò Hunk, mentre Shay scoppiava in un’irrefrenabile risata.
«Anche a me!» fece eco Lance, sbalordito di essere stato tirato in mezzo con così tanta nonchalance.
Lo sguardo di Keith si soffermò su di lui un momento più del dovuto e sembrò sul punto di aggiungere qualcosa, quando Rayner si alzò a sua volta.
«Un consiglio amichevole.» disse. «Allena il tatto. Potresti scoprire che tacere a volte porta conseguenze più piacevoli che parlare.»
Detto questo si avviò insieme a Shay dietro a Pidge alla volta delle fonti.
I ragazzi rimasti attorno al fuoco si squadrarono l’un l’altro mentre un vago disagio aleggiava tra loro.
«Ottimo!» esclamò improvvisamente Matt. «Mia sorella è riuscita a farci sentire tutti per l’ennesima volta degli scemi patentati. Non pensate che sia fantastico?»
Shiro, seduto al suo fianco, rise. Una risata leggera e spontanea che spezzò la tensione e, in qualche modo, suggerì a tutti che il suo brutto momento con il fidanzato fosse passato. Lance sospirò di sollievo e sorrise, felice per loro.
Quando le donne tornarono, fu il loro turno per il bagno nelle fonti. Si stava facendo buio e Matt si preoccupò di portare una piccola torcia in modo da illuminare il sentiero e accendere un fuoco sul posto.
Giunti alle vasche naturali tra le rocce, Hunk, Shiro e Matt non attesero oltre per spogliarsi e immergersi nelle acque ristoratrici. Bastò la loro espressione beata per far mettere da parte a Lance ogni imbarazzo: in ogni caso sia Shiro che Keith lo avevano già visto con ben poco addosso e aveva anelato quel bagno per troppo tempo per farsi prendere dagli scrupoli ora. Un attimo dopo era a sua volta in acqua e si crogiolava nel tepore accogliente con espressione estatica. Sembrava di stare in paradiso.
Erano talmente concentrati sulla sensazione da rendersi conto solo un paio di minuti dopo che Keith non si era unito a loro ma restava immobile a braccia incrociate sul ciglio della vasca.
«Altezza, va tutto bene?» si preoccupò subito Shiro, notandolo. «Potete immergervi senza problemi, è sicuro e farà bene alla vostra ferita.»
Keith distolse lo sguardo, chiaramente a disagio.
«Ho l’impressione che se potessi faresti il bagno con addosso un’armatura.» commentò Matt, schietto come al solito. «Purtroppo non è possibile quindi bando agli imbarazzi e goditi questo bagno.»
Dall’espressione di Keith era chiaro che fosse sul punto di voltarsi e andarsene.
Lance sospirò. Si issò sul bordo della fonte, si avvolse la propria camicia attorno ai fianchi e lo raggiunse.
«Ehi, qual è il problema?» domandò a voce bassa per non attirare l’attenzione degli altri, che nel frattempo erano stati debitamente distratti da Hunk. «Sei di stirpe reale e quindi non fai il bagno con i comuni mortali?»
«Sciocchezze.» borbottò Keith.
«Allora hai qualche cicatrice che ti senti a disagio a mostrare? Magari proprio la ferita dell’attentato?»
«Le cicatrici sono l’orgoglio di un guerriero, significa che è sopravvissuto e vanno portare con onore!»
Lance poteva sentire in quelle parole un’eco della fierezza di Shiro e non potè che apprezzarle.
«Non vorrai farmi credere che t’imbarazza davvero spogliarti.»
Keith tentennò.
«Non mi piace l’idea di essere vulnerabile in un posto così allo scoperto.» ammise infine. «Senza corazza, senza armi, di notte, all’aperto...»
Messa in quel modo e tenendo conto della situazione, in effetti erano remore comprensibili.
«Non sei da solo, siamo tutti qui. Le armi sono a portata di mano e le ragazze a portata di voce. Qualunque cosa succeda accorrerebbero all’istante e, in ogni caso, noi ti aiuteremmo e ti difenderemmo.» cercò di rassicurarlo Lance, indicando poi il cristallo che dondolava sul suo petto appeso alla catenella. «C’è anche questo che è un’arma sempre attiva in caso di necessità.»
Gli strizzò l'occhio per alleggerire l’atmosfera, nonostante si fosse mostrato più sicuro di sé di quanto non fosse, e Keith sembrò rilassarsi  po’.
«E va bene.» capitolò.
Con un gesto fluido si sfilò la camicia, lasciandola cadere su una grossa pietra lì accanto per poi passare ai pantaloni. Solo allora Lance si girò di scatto e si finse impegnato a ridiscendere in acqua per mascherare un apparentemente ingiustificato rossore. Non avrebbe dovuto fissare Keith in quel modo, non erano nemmeno amici! O meglio, forse esistevano possibilità che iniziassero a esserlo, se il principe avesse smussato certi lati del suo caratteraccio, ma questo non giustificava certo il fissarlo mentre si spogliava. Non era nemmeno la situazione adatta a perdersi in considerazioni di quel tipo.
Il movimento dell’acqua dovuto al fatto che anche Keith si fosse immerso lo strappò da quei pensieri inadeguati e, quando tornò a guardarlo, i suoi occhi scivolarono quasi inconsapevolmente sul fianco ferito. La lacerazione era quasi del tutto rimarginata, sarebbe rimasta sicuramente una cicatrice ma i medicamenti di Pidge avevano fatto miracoli.
«Va molto meglio.» commentò Keith seguendo la linea del suo sguardo. «Penso che tra un paio di giorni potrò tornare ad allenarmi con la spada. Ho bisogno di muovermi.»
«Non posso che esserne contento.» rispose Lance, annuendo con un mezzo sorriso.
Distratto com’era da quell'improvvisa vicinanza, non si rese minimamente conto dell'approssimarsi di Matt alle sue spalle. Lo realizzò troppo tardi, quando si sentì improvvisamente spingere sott’acqua mentre il giovane esclamava in tono impertinente: «Non rifarti troppo gli occhi su Keith o finirai per consumarlo!»
Lance riemerse tossendo e strofinandosi gli occhi, pronto a protestare vivamente per quell’aggressione alle spalle, quando, abbassando lo sguardo, mise a fuoco delle strane chiazze di colore sulle sue mani. Attorno a lui era sceso il silenzio e, alzando gli occhi, si rese conto che gli altri avevano smesso di ridere e lo fissavano con espressioni perplesse o addirittura stupefatte. Un nodo gli strinse dolorosamente lo stomaco quando realizzò da dove arrivava il colore sulle sue mani e si sentì gelare nonostante l’acqua calda in cui era immerso.
Doveva dire qualcosa, giustificarsi, tentare di spiegare…
Prima che potesse aprire bocca, Keith gli voltò le spalle, uscì dall’acqua, si rivestì alla meglio senza dire una parola e si allontanò. Lance sentì lo stomaco sprofondare, non sarebbe dovuta andare così. Si voltò alla ricerca dello sguardo di Shiro, Matt e Hunk, ma il primo non tentò nemmeno di incontrare i suoi occhi: uscì a sua volta dall’acqua e si affrettò a seguire Keith. Matt, dal canto suo, sembrava mortificato, mentre Hunk continuava a spostare lo sguardo dall’uno all’altro, sulle spine. Dopo qualche istante di esitazione, sospirò seguì Shiro.
«Mi dispiace.» mormorò Matt.
Per quanto fosse sconvolto, Lance non se la sentì di addossare la colpa di quel disastro interamente a lui. Prima o poi sarebbe comunque successo.
Mentre cercava di decidere come comportarsi, gli tornarono alla mente gli sguardi e le strane espressioni che Matt ogni tanto gli aveva riservato e un dubbio lo assalì.
«Lo sapevi?» chiese a bruciapelo.
Matt era una spia al servizio di Allura, non sarebbe stato così strano se fosse stato al corrente della sua identità, ma in quel caso quanto appena successo gettava una luce del tutto nuova sulla sua fedeltà.
«Diciamo che avevo dei sospetti.» ammise Matt. «Ma, Lance, te lo giuro, se avessi saputo che nascondevi la tua identità con la tinta e con il trucco non l’avrei mai fatto. Pensavo stessi usando le capacità di mutaforma alteane.»
«Purtroppo stavo ancora imparando quando hanno attaccato Altea, so modificare solo di poco i miei connotati.» rispose Lance a voce bassa.
Si sentiva svuotato e completamente in balia di quanto accaduto. Aveva appena trovato il suo posto in quel bizzarro gruppetto dopo mesi passati a piangere la sua famiglia e la sua patria distrutte e a temere ogni momento per la propria vita. Aveva pensato di essersi liberato di quella prigionia, di aver dimostrato il suo valore e di essersi guadagnato un posto accanto a chi si stava impegnando sul serio per fermare una minaccia impellente. Invece ora vedeva solo gli occhi sgranati di Keith, l’espressione delusa e lo sguardo basso di Shiro: nonostante tutto quello che aveva passato finora non poteva fare a meno di pensare di avere in qualche modo tradito la loro fiducia.
«Stai brillando.»  mormorò Matt, riferendosi al debole bagliore che proveniva dai marchi sui suoi zigomi, ora in piena vista.
Lance si sfiorò una guancia.
«Capita quando sono agitato.» rispose in tono piatto.
«Vieni, ti aiuto a lavarti i capelli come si deve.» continuò Matt, sistemandosi alle sue spalle e cominciando a strofinargli la cute. «Vedrai, si sistemerà tutto. Keith magari se la prenderà a male sulle prime, ma poi gli passerà. Scommetto che si metterà a fare discorsi sul fatto che le persone gli mentono per convenienza e farà un sacco di dramma.»
«Certo che gli ho mentito per convenienza.» borbottò Lance. «La convenienza di restare vivo.»
«Dirà che stava iniziando a fidarsi di te, che si sente tradito, che non farà mai più affidamento su nessuno, ma…»
«Ero uno schiavo alla corte nemica, che altro avrei dovuto fare?!» scattò Lance, voltandosi a guardarlo negli occhi. «Dire a tutti: “Ehi, guardate, sono il principe di Altea sfuggito alla strage, che ne dite di completare l’opera?”»
«Ma vedrai che poi gli passerà.» concluse Matt, appoggiandogli una mano sulla spalla. «Quando sfumerà la rabbia e ricomincerà a ragionare, capirà che tra lo schiavo Lance e il principe Lancelot non c’è nessuna differenza. Sei sempre tu e sei il mio principe. Se non fossimo nell’acqua m’inginocchierei come faccio davanti a tua sorella.»
Quell’ultima battuta strappò a Lance un sorriso.
«Pensi esista una possibilità che anche Shiro mi perdoni? Lui in fondo mi ha sempre protetto, pensava fossi un innocente di cui prendersi cura e io non sono stato sincero nemmeno con lui.»
«Shiro capirà, anzi, sono sicuro che abbia già capito l’intera situazione e, senza timore di esagerare, penso che se ha perdonato me non avrà problemi a farlo anche con te.»
Dopo quello scambio non parlarono più per lungo tempo.
Lance rimase immerso nell’acqua calda, appoggiato al bordo a occhi chiusi, tentando di farsi scivolare di dosso tutta la tensione che quel momento aveva provocato. Immaginò di essere in una delle grandi piscine riscaldate del palazzo di Altea e che di lì a poco sua sorella sarebbe venuta a chiamarlo perché non poteva passare tutta la notte a mollo. Nelle sue fantasie aveva immaginato che, una volta rivelata la propria identità a persone fidate, si sarebbe finalmente sentito libero di esprimere il dolore che provava e la nostalgia per ciò che aveva perso, ma ora sapeva che nessuno probabilmente lo sarebbe stato ad ascoltare, tranne forse Matt. Questo pensiero gli provocava una strana rabbia: lui era stato la prima vittima di tutto quello che era successo, aveva patito le perdite maggiori e ora doveva anche sentirsi in colpa per aver fatto il necessario per salvarsi la vita. Non era giusto.
Ma del resto cosa mai era stato giusto in tutta quella storia?
Quando lasciarono le fonti per tornare al campo, lo trovarono silenzioso, le braci del fuoco che ardevano basse e i carri bui. Sembrava che fossero andati tutti a dormire e questo per Lance fu un sollievo. Matt gli strinse un’ultima volta la spalla prima di arrampicarsi sul proprio carro. Lance raggiunse quello di Pidge, all’interno del quale intravide le sagome probabilmente della ragazza e di Keith, ma non disse nulla. Si avvolse nella propria coperta, si coricò nel punto più lontano da loro, chiuse gli occhi e tentò di non pensare a niente.

Continua...


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