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Autore: Alarnis    05/03/2021    4 recensioni
"Quel giorno fu lei a restare ferita, solo ora se ne rendeva conto."
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Risentimento

 
“Siete tutti in pericolo!” li aveva avvertiti Nicandro con voce distinta, entrando di colpo nel salone dov’erano raccolti al castello di Montetardo: lei, Guglielmo, Moros e Gregorio, guadagnando la loro attenzione; la mano destra, aperta al centro del petto, i capelli che di solito erano composti perfettamente in un caschetto, dalla frangia frontale appuntita al centro del viso in un morbido ciuffo, erano spettinati, nonostante la fascetta sottile che li cerchiava il capo come un diadema.
Nicandro era preoccupato e il suo viso era tirato in un’espressione che esprimeva la confusione dei suoi pensieri e l’imbarazzo di esprimerli.
Lei ricordò, lui, fosse in piedi; le spalle appoggiate alla parete accanto alla finestra che scrutava fuori: attento e allo stesso tempo con aria disinvolta, ignorando i resoconti presuntuosi di Gregorio su una battuta di caccia a dir poco impareggiabile. Lui, si era girato di colpo verso il cugino, sembrando valutarne in silenzio le condizioni.
Ora lei sapeva: Moros non voleva che Nicandro parlasse o meglio rivelasse nel bene e nel male quello che i suoi pensieri avevano catturato tra le nebbie del tempo.
Più vicino all’ingresso rispetto a loro, Moros si mosse verso Nicandro a contenerne l’incertezza.
Lavinia l’aveva visto poggiare le mani sulle minute spalle di Nicandro, “Tranquillo per un attimo. Cosa succede di così terribile?”.
Come invidiava quel ricordo: avrebbe voluto trovarsi lei, sotto quelle braccia; sentirsi dire che non c’era nulla di così terribile.
L’espressione di Nicandro era mutata, tornata calma. Una calma infusa su di lui dal cugino.
“Ho fatto un sogno.” si scusò con voce divenuta sottile Nicandro, quasi uno squittio. I grandi e tristi occhi acquamarina si persero per un attimo in quelli cupi di Moros che gli sorrise lievemente, sembrando trovare con difficoltà la parola, mentre Gregorio ironizzava come suo solito, privo di tatto, “Ci spaventiamo per un sogno?”.
A Lavinia era sembrato che Gregorio trattasse Nicandro come un bambino che si vuol zittire per celare qualche ingombrante segreto: cosa che col tempo capì fosse perfettamente vera.
Quel sogno descritto come un terribile incubo in cui le lacrime di Lavinia e le urla di Moros facevano da padrone mentre Gregorio guardava le proprie mani, colme di sangue, lasciando intendere una ferita mortale. Nicandro teneva per la loro vita. Per un sogno così nitido da sembrare reale.
“Non è così che ci si deve presentare” era intervenuto Guglielmo, correggendo benevolmente il proprio erede, alzandosi con indulgenza dalla tavola che condivideva con lei e Gregorio, già puntuali al suo invito.
“Ha ragione Moros, i brutti sogni passano sempre!” aveva sostenuto Guglielmo, accordando favore al proprio scudiero.
Una frase che la mente di Lavinia aveva iniziato a ripetere, dopo l’amarezza provata davanti al pugnale. Ha ragione Moros, i brutti sogni passano sempre! Ha ragione Moros.
“Perché ha ragione?” gridò isterica nell’intimità della propria stanza da letto, agguantando la brocca di terracotta, che teneva sopra il camino per la propria toeletta. La fece di proposito urtare con estrema violenza sul pavimento. Provò un piacere insano nel vederla frantumare in grossi pezzi e schizzare scheggette e polvere ovunque. La forma tondeggiante e panciuta rotta in forme scomposte. Il beccuccio per versare staccato dal resto in un unico grosso pezzo.
Si accorse di tremare, nervosa. Si portò le mani alle guance, Con le mani salì fin sopra le orecchie per stringersi il capo e chiudere in una morsa furente la morbidezza corposa dei capelli.
Si lasciò sedere sul letto. Il fondoschiena che sprofondava sul morbido materasso, alzò ai lati le coperte e le lenzuola, compresse dall’improvviso carico.
Rifletté seduta: le mani sulle ginocchia.
Devo trovarlo! Non ho scelta, si disse lucida.
Si alzò: dritta.
Si sistemò. Una tenuta per cavalcare; pantaloni, stivali alti, mantello corto. Era perfetta per lasciare Rocca Lisia.
Andò alle stalle. “Gherardo! Ubaldo! Qui!” urlò tonante, come chiamando dei fidi bracchi.
“Vi affido il giovane Nicandro fino al mio ritorno. Sarete agli ordini di Mavio in mia assenza.” disse breve: il suo sguardo freddo era esplicito di comprendere tutti i se e i ma che avrebbero voluto esprimere.
I due uomini non osarono chiedere dove andasse; né quel toro di Gherardo dal viso grossolano e tozzo né lo smilzo Ubaldo dal viso spigoloso. Cosa avrebbero dovuto dire a Gregorio di cui erano agli ordini? Tacere? Entrare in conflitto con lui? Sembrarono affidarsi alla certezza che Mavio sapesse.
Così Lavinia lasciò il castello.
Sentì che doveva lasciarlo al più presto, anche solo per respirare l’aria di una lunga cavalcata liberatoria.
Sciolse i lunghi e bruni capelli, ondeggiando il collo mentre sentiva i boccoli setosi sparpagliati sulla schiena, mentre incitava furente Palafreno al galoppo, come se li seguissero lupi feroci. Il cavallo in fuga come se sentisse il pericolo alitargli addosso.
Si sentiva viva. Libera. L’aria la rinvigoriva, l’orizzonte le dava vitalità.
“Riportami a Raucelio, ti prego.” l’aveva implorata Nicandro quando con Mavio l’aveva portato a riposare in camera sua.
Nicandro gli si era spinto addosso con la poca forza che gli rimaneva, ma lei l’aveva scostato e basta, indolente al suo pregarla.
“Senza Guglielmo il mio posto è là.” l’aveva pregata di lasciarlo andare: non voleva essere un burattino nelle mani di Gregorio.
“Riposa, se puoi.” aveva risposto fredda, palesando l’inevitabile “Presto, dovrai nuovamente usare il tuo dono.”. Che altro poteva fare? A Raucelio come altrove Gregorio l’avrebbe trovato e ricondotto a sé.
Ricordò il chinarsi del capo di Nicandro sul suo petto annientato dal suo cinismo, mentre poche lacrime gli colavano dagli occhi e i singhiozzi si facevano bassi, mentre Mavio con discrezione suggeriva e soprattutto accompagnava il ragazzino ad ubbidire “Ora, riposa un po’.”. Il volto disponibile di Mavio, addolcito dal caldo color miele dei capelli, sembrò smorzare le resistenze del ragazzino. Del resto che scelta aveva Nicandro?
Lavinia si disse l’avesse lasciato in buone mani. Con quella consapevolezza incitò nuovamente Palafreno. Doveva trovarlo! Non c’era più tempo! Gregorio voleva certezze e lei gliele avrebbe date: nella testa di Ludovico.




NdA: Scusate se avevo cancellato il capitolo, ma era pieno di errori! Così l'ho rivisto. Grazie a tutti quelli che leggeranno e lasceranno una recensione.
   
 
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