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Autore: Xion92    05/03/2021    2 recensioni
Introduzione breve: se immaginate un sequel di TMM pubblicato su Shonen Jump invece che su Nakayoshi, probabilmente verrebbe fuori qualcosa di simile.
Introduzione lunga: Un'ipotetica seconda serie, in cui il tema serio di fondo è l'integralismo religioso e il nemico principale è un alieno, Flan, intenzionato a portare a termine la missione fallita nella serie precedente. E' suddivisa in tre parti:
I. In questa parte c'è il "lancio" della trama, del nemico principale, l'iniziale e provvisoria sconfitta di gran parte dei personaggi, l'approfondimento della relazione tra Ichigo e Masaya, fino alla nascita della loro figlia;
II. Questa parte serve allo sviluppo e all'approfondimento del personaggio della figlia di Ichigo, Angel, la sua crescita fisica e in parte psicologica, la sua relazione con i suoi nonni e col figlio di Flan, i suoi primi combattimenti in singolo;
III. Il "cuore" della storia. Torna il cast canon e i temi tornano ad essere quelli tipici di TMM mescolati a quelli di uno shonen di formazione: spirito di squadra, onore, crescita psicologica, combattimenti contro vari boss, potenziamenti.
Coppie presenti: Ichigo/Masaya, Retasu/Ryou.
Nota: rating modificato da giallo a arancione principalmente a causa del capitolo 78, molto crudo e violento.
Genere: Azione, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aoyama Masaya/Mark Aoyama, Ichigo Momomiya/Strawberry, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Beh, che dire? Chi non muore si rivede! Chissà se c’è ancora qualcuna delle ragazze che mi seguivano? Oh beh, tanto mi mancano sei o sette capitoli. E dopo alcuni anni in cui mi era passata del tutto l’ispirazione, ora è tornata più potente che mai e sono pronta a concludere questo mattone! Intanto avviso che sto aggiornando tutti i capitoli indietro, a partire dal primo. Sto cambiando in primis il font per renderlo più agevole da leggere, delle cosine qua e là della prima parte, il design del Cavaliere Blu seguendo quello dell’ultimo manga di TMM uscito da poco (in cui Masaya, come Mamoru di Sailor Moon, resta sempre uguale e gli cambiano solo i vestiti, che ora sono un po’ diversi, come i pantaloni lunghi e gli stivali alti) e una caratteristica importante del design di Angel che, nella versione aggiornata, non ha più il taglio sulla fronte che le fa Waffle verso i due terzi della storia, ma tre cicatrici parallele oblique sull’occhio destro, che le ha fatto Flan proprio all’inizio, quando si combattono per la prima volta. Quindi Angel ha questi sfregi per tutta la durata della storia.
Sono ripartita in quarta con questo qui che è luuuungo, e tra l’altro è l’ultimo capitolo effettivamente romantico della storia, in cui l’amore di coppia è trattato in modo approfondito. Spero che sia anche per voi una bella “conclusione” al rapporto di coppia tra Ichigo e Masaya, che qui raggiunge il suo culmine e la sua massima espressione.
Dopo di questo ci saranno altri cinque o sei capitoli e la storia, dopo uno sviluppo travagliato, sarà davvero conclusa. Buona lettura!

(qua metto anche una Angel vagamente imbarazzata perché tutto ciò non è stato aggiornato per tipo due anni e mezzo)

 

Capitolo 88 – La proposta

Un mese scarso. Questo era il conto alla rovescia che separava i guerrieri dalla battaglia contro Flan. Quasi tutto febbraio e la prima settimana del mese di marzo. Quando Angel concretizzò questo pensiero, le venne in mente che, quando fosse arrivata l’ora della resa dei conti, sarebbe passato esattamente un anno dal giorno in cui era arrivata lì, in quella Tokyo del passato, sana e vitale. Un anno… veramente, pensò Angel una sera nel letto mentre cercava di prendere sonno, era passato tutto quel tempo? Lei si riguardava indietro, eppure le sembrava che il periodo trascorso con i suoi amici e compagni fosse molto più breve. Ma quanto era cambiata in quel giro della Terra intorno al Sole! Si ricordava fin troppo bene il giorno in cui era arrivata lì: spaesata, confusa, in apprensione di conoscere la squadra delle Mew Mew, speranzosa che quei ragazzi potessero aiutarla contro Flan e Waffle. Ricordava quanto fosse inesperta e grezza nella lotta, quanto non conoscesse nulla del mondo civilizzato, come avesse dovuto imparare tutto da zero, come se fosse stata una bambina; quanto sua madre l’avesse sgridata nelle prime battaglie che avevano affrontato assieme, quanto erano diffidenti i suoi nuovi compagni verso di lei all’inizio,  quanto il suo povero boss aveva dovuto imparare a sopportarla, lui che era abituato a vivere solo con Keiichiro e non era avvezzo ad avere una ragazza così rumorosa e inopportuna per casa; quanto, in modo silente e quasi senza rendersene conto, era cresciuta in un suo possibile ruolo di comando; e, infine, quanto era diventata, col tempo e le esperienze, competente ed abile nella lotta, tanto da poter, nella sua massima prestanza fisica e senza la ferita nascosta nella pancia, essere in grado di sconfiggere un nemico del calibro di Waffle. Ed anzi, ora che ci pensava, con quell’altro anno che era passato, lei era arrivata ai suoi quindici anni. L’età in cui, se fosse stata ancora nella sua Tokyo originaria, sarebbe stata pronta per avere il suo primo figlio, come era successo anche ai suoi veri genitori. Sospirò di sollievo al pensiero che in questa Tokyo le cose sarebbero andate diversamente. Nel buio della sua stanza, distesa sotto le coperte, rise divertita al pensiero di tutte le avventure, disavventure e battaglie che aveva vissuto assieme ai suoi amici. Era ormai chiaro che c’era qualcosa di più forte che la collegava a tutti loro, e non era solo la semplice amicizia. Era qualcosa che la faceva sentire legata a loro, in modo profondo e forte, anche se – a parte Masaya ed Ichigo – non avevano lo stesso sangue. E, nonostante fosse riuscita teoricamente ad accettare la sua inevitabile morte nella battaglia contro Flan, ed anzi l’avesse accolta come la cosa migliore che le potesse capitare, si sentiva stringere il cuore al pensiero di dover lasciare i suoi compagni. Anche se, lo sapeva fin dall’inizio, questo sarebbe accaduto in ogni caso, sia che fosse morta o meno: non sarebbe comunque stato il suo destino vivere in quel tempo, ma sarebbe dovuta tornare da dove proveniva. L’aveva sempre saputo, eppure adesso che stava per accadere non si sentiva pronta a lasciarli: Flan l’avrebbe ammazzata e l’avrebbe brutalmente strappata all’affetto dei suoi amici. Doveva accadere? D’accordo, Angel lo aveva accettato. Era ormai disabile e non più capace di sfruttare la sua forza e la sua agilità nel combattimento, era scontato che sarebbe morta. Ma ancora mancava più di un mese a questo distacco inevitabile. Non avrebbe lasciato che scorresse così, senza nulla che lo avrebbe reso degno di essere ricordato. Visto che si prospettava un periodo tranquillo, lo avrebbe sfruttato al massimo per stare il più possibile con tutti loro. Dato che sarebbe morta in battaglia, non avrebbe potuto conservare un bel ricordo di loro, ma loro avrebbero potuto averne uno di lei. Perché, quello che veramente aveva a cuore Angel, non era tanto il restare in vita, quanto l’essere ricordata anche quando non ci fosse stata più.
I giorni successivi, i ragazzi continuarono il loro lavoro al bar, ed Angel, cercando di passare il tempo con loro, si rese conto che, a parte lei, tutti quanti erano molto tranquilli per quanto riguardava la battaglia contro Flan. E non tranquilli perché avevano accettato il loro destino, ma perché erano sicuri di vincere. Angel non poteva dar loro torto: insomma, avevano vinto contro lo stesso dio che Flan venerava, avevano tutti il loro bel potenziamento ed erano perfettamente sani nel fisico, al contrario di lei. Perché avrebbero dovuto temere per una battaglia del genere? Era indubbio che Flan fosse ormai diventato potentissimo, ma anche loro non erano da meno, ed erano sicuri che col loro spirito di gruppo avrebbero alla fine vinto. Questa consapevolezza, paradossalmente, iniziò a far sentire Angel sempre più a disagio man mano che passavano i giorni. Lei sarebbe morta, loro sarebbero sopravvissuti… e sebbene, a livello puramente razionale, sapeva che tutto ciò che contava non era la morte in sé, ma il ricordo di lei che avrebbe lasciato, i sentimenti si mettevano ogni volta in mezzo, impedendole di prendere la faccenda col giusto distacco: non voleva lasciarli, non voleva assolutamente. E il pensiero della separazione, di perdere quello che era riuscita a conquistare e a guadagnarsi in tutto quel tempo, Tokyo, il bar dove aveva vissuto per un anno, il boss, i suoi amici, i suoi genitori, tutto, la atterriva. Non si sentiva pronta. E la cosa peggiore era che non poteva parlare di questa sua angoscia con nessuno. Se lo avesse fatto, avrebbe anche dovuto rivelare la sua disabilità, e il boss l’avrebbe tolta all’istante dalla squadra. Doveva stare zitta e tenere per sé le sue angosce. Ma quanto era difficile…
Un giorno che era immersa nei suoi pensieri, guardando fuori dalla finestra a turno concluso il cielo notturno di Tokyo, Zakuro si staccò dal gruppo di ragazzi che stavano chiacchierando del più e del meno e le si avvicinò.
“Va tutto bene, Angel?”, le chiese con voce gentile. Lei si riscosse dai suoi pensieri e si girò verso di lei.
“Sì, va tutto bene”, si affrettò a risponderle. Non sapeva quanto fosse convincente, in realtà.
“Mh…” fece Zakuro, annuendo appena. “C’è qualcosa che ti preoccupa?”
“Ecco…” mormorò la più giovane. Non sapeva se far rimanere Zakuro completamente all’oscuro della sua situazione. Lei in fondo l’aveva aiutata tante volte quando aveva avuto i suoi problemi interiori. Forse, se si fosse aperta un pochino, avrebbe potuto darle un conforto. Bastava che non fosse chiara su cosa avesse di preciso. “Tu non sei preoccupata per la battaglia contro Flan? Non hai paura nemmeno un po’? Ti vedo così tranquilla…”
“E’ questo che ti preoccupa?”, le sorrise Zakuro. “Vedi, Angel, tutti noi abbiamo delle preoccupazioni per qualcosa. Io stessa non ho avuto una vita facile, lo sai? Ma con il tempo, ho capito una cosa.”
“Cosa?”, le chiese attenta Angel, fissandola.
“Che è inutile essere preoccupati per cose che non possiamo controllare e che non dipendono da noi. Noi tutti ci siamo preparati al meglio per la battaglia, e tu devi ancora allenarti con Aoyama-kun. Una volta che avrai finito, saprai di aver fatto tutto quello che è in tuo potere, e che potrai vivere con serenità quella battaglia, anche se in fondo avrai paura. Anch’io ho paura, sai, ma so che Dio ha un piano per me, per te e per tutti noi. Una volta che hai fatto quello che potevi fare, tutto quello che resta da fare è affidarti a Lui”, socchiuse gli occhi infine Zakuro.
“Dio ha un piano anche per me…” ripeté Angel piano, pensierosa. Certo, per Zakuro era facile dirlo, visto che aveva questa fede incrollabile in questo Dio di cui le aveva tanto parlato. Per lei non era proprio la stessa cosa, visto che era un concetto che faceva fatica ad arrivare a comprendere. Tuttavia il senso profondo di quello che la più grande le aveva detto riuscì a coglierlo. Probabilmente intendeva che quello di cui doveva preoccuparsi era ciò che poteva controllare, per il resto doveva lasciare che le cose andassero come dovevano andare.
“Grazie, Zakuro, mi sei stata di aiuto. Ti prometto che ci penserò su”, chinò appena la testa di fronte alla compagna.
Zakuro, sorridendo, le appoggiò una mano sulla spalla. “Vedrai, andrà bene. Come è andata bene contro Waffle, andrà bene anche questa volta.”
Angel si trattenne dal sospirare, per evitare che la più grande indagasse ulteriormente. Se solo avesse saputo… che le condizioni in cui si sarebbe presentata andando contro Flan non erano le stesse di quando si era scontrata con Waffle.

Nonostante sapesse che lei non avrebbe mai visto l’alba all’indomani della loro battaglia, Angel era contenta di sapere che, in ogni caso, il resto del gruppo sarebbe andato avanti con la propria vita. Sapeva che, fra pochi anni, Masaya e Ichigo si sarebbero sposati, Zakuro avrebbe continuato la sua carriera di attrice, Minto si sarebbe affermata nel suo ruolo che aveva nell’alta società, Bu-ling sarebbe diventata una ragazza forte ed energica, in grado di occuparsi in modo ancora più efficace della sua famiglia, e… forse Retasu e il boss avrebbero continuato la loro relazione. Angel ogni tanto si permetteva di lanciar loro delle occhiate di sfuggita dall’alto delle scale quando loro due pensavano di essere da soli, e in effetti, dal modo in cui si abbracciavano e si toccavano, le sembrava che andassero molto d’accordo. Però, visto il suo forte senso pratico, decise di chiedere direttamente alla diretta interessata, senza preoccuparsi di essere inopportuna.
“Allora, Retasu, come va col boss?”, le chiese spiccia una volta che stavano spazzando a turno concluso e tutti gli altri erano impegnati in altre faccende.
Retasu interruppe il suo lavoro e, arrossita in viso, si girò a guardarla. “Eh?”
“Ma sì”, insisté Angel. “Vi trovate bene? Andate d’accordo? Insomma, vi vedo molto ben affiatati.”
“Tu ci vedi affiatati?”, balbettò Retasu, vergognosa. “Ci hai visti quando?”
“Ma no, non intendevo…” si affrettò a correggersi Angel, che aveva capito di averla presa per il verso sbagliato. “Mi date questa impressione, tutto qua. Ma forse mi sbaglio, eh.”
Retasu scosse la testa, con le guance arrossate. “No, non ti sbagli, Angel-san. Ryou-kun è davvero tutto ciò che di meglio avrei potuto desiderare. Sto molto bene con lui.”
Non aggiunse altro, ed Angel fu soddisfatta. Sapeva che né lei né il suo ragazzo erano propensi a parlare o mostrare la loro relazione davanti a terzi, anche se erano persone a loro vicine. Anzi, doveva ringraziare che Retasu si fosse spiegata un minimo: se l’avesse chiesto al boss, era sicura che lui le avrebbe risposto in modo seccato di farsi i fattacci suoi. Ma tutto ciò fu per lei sufficiente: adesso era sicura che loro due si volevano davvero bene, e certamente avrebbero continuato a stare insieme anche in futuro, dopo la battaglia contro Flan. E chissà, forse un giorno si sarebbero sposati anche loro. Era un peccato che non sarebbe mai arrivata a vedere quel giorno. Non riusciva proprio a immaginarsi il boss nei panni dello sposo, che diceva sì in tono solenne davanti al sindaco. Più che altro se lo immaginava infastidito per essere al centro dell’attenzione e desideroso che tutti quei convenevoli passassero in fretta per poter stare finalmente un po’ da solo con la sua sposina. Al solo pensiero, ad Angel scappò da ridere.
“Lo trovi divertente, Angel-san?”, chiese dubbiosa Retasu.
“No, no, figurati”, si ricompose l’altra. “Sono io che mi faccio i viaggi mentali. Sono davvero contenta per voi, siete proprio belli insieme”, aggiunse incoraggiante e sorridendo a Retasu. “Il boss ha davvero avuto buon gusto. Peccato che non abbia lo stesso buon gusto anche per il vestire, e tu sai a cosa mi riferisco”, aggiunse malignamente.
Retasu, a quelle parole, nonostante fosse rossa dalla vergogna, non riuscì a trattenersi e si mise a ridere divertita a quelle parole, ed anche Angel rise con lei. Sì, non riusciva a vedere altro che luce sul loro cammino, al contrario di quanto stava per succedere con lei.

Anche Bu-ling era un membro della squadra che stava molto a cuore ad Angel. Un po’ perché era la più piccola tra loro – sebbene, e questo non l’aveva dimenticato, a livello teorico Angel era conscia di essere lei stessa più piccola anche di Bu-ling – ed un po’ perché sapeva che, fra tutte quante, era quella che stava peggio in fatto di famiglia. Ma la bambina sembrava tranquilla a riguardo. Sia perché, come aveva riferito in quei giorni, sembrava che di lì in avanti suo padre sarebbe tornato a casa più spesso, e sia perché i suoi fratelli, crescendo, si stavano iniziando a responsabilizzare nelle piccole faccende domestiche, togliendo alla sorella maggiore una parte della sua pesante mole di lavoro.
“Cosa pensi che farai più avanti? Pensi che le cose per te e la tua famiglia cambieranno?”, le aveva chiesto allora, sempre in una delle pause dal lavoro. Se doveva lasciarla per non rivederla mai più, voleva almeno essere sicura che le cose per loro sarebbero migliorate.
“Sì, Bu-ling l’ha detto ad Angel-neechan, le cose andranno sempre meglio”, la rassicurò la bambina. “Ma Bu-ling sarà tanto triste quando andrai via”, aggiunse abbassando la testa, un po’ abbattuta.
“Non pensarci”, si affrettò a consolarla Angel. “Pensa invece a quello che potrebbe succederti di bello più avanti.”
“Hai ragione”, annuì Bu-ling. “Sai cosa Bu-ling vorrebbe tanto? Ma tanto tanto? Poter rivedere Tar-Tar. Ma non attraverso uno schermo, dal vivo.”
“Tar-tar?”, chiese Angel, pensierosa. “E’ quel bambino alieno che ho visto quella volta, tanto tempo fa? Mi ricordo… sai, Bu-ling, che tu e lui mi ricordate tanto me e…”, sospirò prima di proseguire. “E Waffle quando eravamo piccoli?”
Bu-ling le fece un gran sorriso a sentire quelle parole.
“Lo rivedrai, ne sono sicura. Mi raccomando, voi due restate amici, non fate l’errore che abbiamo fatto noi”, si raccomandò Angel, abbracciando stretta la bambina, che ricambiò l’abbraccio tenendo premuta la testa sulla sua spalla.
“Sta’ tranquilla, Angel-neechan, io e Tar-Tar resteremo amici sempre sempre!”
“E…” aggiunse Angel esitante, stringendola ancora più forte. “Ricordatevi sempre di me.”
“Ma cosa dici, Angel-neechan?”, chiese la bambina. “Anche se andrai via, nessuno, nessunissimo fra noi, potrà mai scordarsi di te. Sarai sempre una della nostra squadra, e sarai sempre con noi!”, assicurò con emozione Bu-ling. “Bu-ling non si dimentica mai di nessuno, di nessuno che se ne va.”
Angel si sentì rincuorata a quella risposta. Sapeva che Bu-ling era una ragazzina che quando affermava una cosa, era perché era vera, non lo diceva tanto per rassicurarla, e quindi fu sicura e certa che, quello che aveva detto, valeva per tutta la squadra: tutti si erano affezionati a lei, le volevano bene ognuno a modo proprio ma con lo stesso calore, e non sarebbe stata dimenticata. ‘Questo è quello che conta, non ti deve importare di morire’, si ripeté la ragazza nella mente ad occhi strizzati, tenendo stretta Bu-ling come se rischiasse di sparirle tra le braccia da un momento all’altro.

Il tempo scorreva, le giornate si susseguivano e la data prevista per la battaglia scritta sul calendario si avvicinava sempre di più. Angel, nonostante cercasse di fare di tutto per distrarsi e vivere al meglio quelle poche ultime giornate di vita, si stava sentendo sempre più un senso di angoscia addosso. Era qualcosa di nascosto, che non dava a vedere e teneva celato agli occhi degli altri, per non far venire un sospetto a nessuno, ma la paura della morte che tanto aveva cercato di scacciare da sé in tutti quegli anni le stava pian piano invadendo tutte le parti più profonde dell’anima. Eppure Angel aveva sempre convissuto con la morte, in un modo o nell’altro. Aveva rischiato di morire appena nata, aveva rischiato in ogni momento della sua vita, aveva visto la morte in faccia un sacco di volte durante la sua infanzia, e anche quando combatteva, sapeva che essa era sempre lì, in agguato, pronta a saltarle addosso. E l’aveva sempre accettata con coraggio e consapevolezza, senza che questo timore ancestrale la impedisse e la bloccasse nelle sue azioni. Eppure stavolta… stavolta era diverso. Forse perché questa volta il fatto che lei sarebbe morta era qualcosa di certo, come se si fosse trattato di una condanna capitale. Un conto era sapere che sarebbe potuto ipoteticamente avvenire, e un conto era il sapere di dover fare un conto alla rovescia perché conosceva la data esatta. E, col passare dei giorni, il sapere che fra non molto il suo tempo sarebbe venuto la faceva inquietare.

‘Forza, Angel, stai a testa alta anche quando la morte si avvicina. Un vero guerriero la desidera in battaglia, non la respinge’, si ripeteva nella mente quando si sentiva rabbuiare troppo. Ma un limite ce l’aveva anche lei. Allora, visto che non poteva confidarsi né sfogarsi con nessuno, quasi a cercare un altro tipo di supporto, un giorno di febbraio, mentre il mese avanzava, si coprì bene per affrontare al meglio il freddo ed uscì per andare al parco Hinohara, che non era molto lontano da lì. Aveva da poco finito di pranzare e ancora mancava un po’ all’inizio del turno pomeridiano. Si ricordava bene quei ciliegi magnifici che aveva visto durante il periodo di fioritura, l’anno precedente. Vederli le avrebbe fatto bene e l’avrebbe consolata un po’ sul suo tragico destino. Mentre faceva la strada a piedi, fu almeno sollevata al pensiero che, dopo la morte di Waffle e il fatto che Flan si fosse legato le mani fino alla data della battaglia, lei fosse ormai libera di andarsene in giro come le pareva e piaceva, senza più qualche nemico che potesse minacciarla.
Ma, quando fu arrivata nel bel mezzo del parco, la ragazza ebbe una delusione: i ciliegi erano completamente spogli, senza nemmeno un fiore sui rami. Subito dopo le venne in mente che se lo doveva quantomeno aspettare: si era solo verso la metà di febbraio, e la fioritura dei ciliegi era ad aprile. Come poteva aspettarsi di trovarli già fioriti solo perché lei li potesse ammirare? Sospirò ed abbassò la testa. Quanto le avrebbe fatto bene poter vedere ancora una volta quei magnifici fiori rosa, così belli mentre erano attaccati ai rami ma ancora più meravigliosi quando venivano staccati da una folata di vento improvvisa, così che morissero prima di raggrinzirsi e marcire. Le avrebbe fatto bene per constatare che lei era come loro, sarebbe morta con grande onore combattendo contro Flan, per difendere la sua città e la sua patria, e non da inabile e invalida quale era, senza poter essere utile per nessuno. Ma il suo desiderio non poteva essere soddisfatto, e non avrebbe potuto esserlo nemmeno in futuro: anche se fosse tornata in quel parco più avanti, avrebbe trovato sempre i rami spogli, visto che Flan avrebbe attaccato comunque troppo presto perché quei ciliegi potessero avere il tempo di fiorire. Angel allora si asciugò un occhio che aveva iniziato a lacrimare, probabilmente per il vento che aveva sollevato un po’ di sabbia, e tornò al Caffè mogia, tenendo la testa bassa e le mani nelle tasche del cappotto.
Una volta tornata al Caffè, Minto, che nel frattempo era già arrivata e si stava preparando, la guardò fissa mentre rientrava, sospettosa, ma non commentò la cosa in alcun modo, ed Angel, appena si accorse che la sua amica la stava fissando, si affrettò a scacciar via quella nube che aveva sopra la testa per cercare di comportarsi come sempre, allegra e scherzosa. Ma, nonostante questo, Minto parve comprendere che non tutto, in Angel, stava andando per il verso giusto. Era una cosa che aveva notato da tempo, ma finora aveva lasciato perdere, perché aveva pensato che fossero impressioni sbagliate. Adesso però si stava iniziando a preoccupare e a capire, in modo razionale, che veramente c’era qualcosa che non andava nella sua compagna. Avrebbe voluto parlarne subito con Ichigo, ma si trattenne: tra pochi giorni sarebbe stato San Valentino, e tutti quanti loro sapevano che, quel weekend – fortunatamente nel 2004 cadeva proprio di sabato – lo avrebbe trascorso insieme a Masaya. Quindi non era il caso di guastar loro quelle due giornate parlando con lei di qualcosa che poteva anche rivelarsi sbagliata: ormai Minto sapeva quanto Ichigo amasse Angel e, nonostante l’enorme amore che provava per il suo ragazzo, sarebbe stata capace di disdire tutto pur di star vicino alla figlia. Vicinanza che forse, alla fine, non sarebbe nemmeno servita, visto che era evidente che Angel non voleva rivelare a nessuno quello che stava nascondendo.
‘Glielo dirò, ma quando torneranno dalla loro vacanza’ si decise alla fine Minto.

Per la fortunata coincidenza in cui San Valentino, quell’anno, capitava nel weekend, Masaya, di comune accordo con Ichigo, aveva deciso di prenotare una notte in un paesino distante da Tokyo un paio d’ore di treno, rinomato per i suoi laghi, le sue sorgenti di acqua calda e le sue terme. Dopotutto, erano due anni filati che non facevano altro che combattere, sgobbare ed avere una vita piena. I suoi genitori e quelli di Ichigo, alla richiesta di acconsentire alla loro breve vacanza, non avevano avuto nulla da ridire, e Masaya, cercando i vari alberghi, ne aveva trovato uno molto carino, di fascia media e in stile occidentale, con delle terme spaziose all’interno. Visto che entrambi lavoravano, non si era risparmiato e aveva prenotato una stanza più costosa della media, decorata in legno, con un bel letto matrimoniale e un bagno attrezzato. La prenotazione comprendeva pranzo, cena e colazione nel ristorante dell’hotel e l’accesso alle terme. Certo il prezzo non era proprio basso, ma il ragazzo era intenzionato a passare un weekend rilassante, piacevole e romantico insieme alla sua amata, e non si sarebbe accontentato di niente di meno.
E non era solo quello: qualche giorno prima, Ryou, in una delle loro solite riunioni, visto che la battaglia contro Flan era imminente, aveva aperto uno spiraglio su cosa sarebbe successo dopo.
“Ragazzi”, aveva annunciato. “Se la battaglia contro Flan andrà bene, come spero che andrà, bisogna vedere cosa faremo dopo. Avete dei programmi definiti?”
“Beh”, aveva detto Ichigo. “Io e Masaya dobbiamo iniziare la scuola superiore.”
“Intendevo dire: rimarrete tutti qui?”, aveva precisato Ryou.
“Qui in che senso?” aveva chiesto Minto, dubbiosa. “Intendi dire se rimarremo tutti a Tokyo? Suppongo di sì. Beh, a parte…” e si era rivolta dubbiosa verso Angel, che a quel punto aveva sollevato le spalle ed era stata zitta, senza commentare.
“Sì, a parte Angel, intendo. Ormai sono due anni che siamo insieme al lavoro in questo Caffè. Che ne pensate di continuare a lavorare part-time anche se non combatterete più?”
Un’esclamazione sorpresa era uscita dalla bocca dei presenti. Era un’eventualità alla quale nessuno di loro aveva pensato. In fondo, lo scopo di quel bar era sempre stato quello di coprire le loro attività segrete. Ma era anche vero che, in tutto quel tempo, era diventato qualcosa di più: il luogo in cui potevano stare tutti insieme e godere della reciproca compagnia.
“Bu-ling approva!”, aveva esclamato la più piccola alzando la mano. “Questo lavoro è ciò che permette a Bu-ling di far vivere dignitosamente i suoi fratelli.”
“Anche a noi in effetti questi soldi fanno davvero comodo, vero, Masaya?”, aveva chiesto Ichigo al suo ragazzo, che le aveva annuito sorridendo.
“Già, vale anche per me”, si era aggiunta Retasu.
“Io in realtà non ho bisogno di questi soldi, sono già ricca di mio”, aveva detto Minto sollevando la testa ad occhi socchiusi. “E penso anche per Zakuro-neesama.”
“Già, ma non è una questione di soldi”, aveva risposto la più grande, con gli occhi lieti. “E’ perché siamo tutti insieme. Quindi mi sembra un’ottima idea.”
“E’ vero”, aveva detto allora Ichigo. “Ormai questa è anche la nostra vita. È partito tutto da qui, e non può finire così, solo perché non combatteremo più.”
“Che ne dite, allora?”, era intervenuto Keiichiro. “Di tenere il Caffè aperto anche quando tutto questo sarà finito?”
“Sì!”, avevano esclamato entusiasti tutti quanti, tranne Angel che, rimasta in silenzio, aveva guardato fisso il pavimento.

E non era finita lì: quasi come una straordinaria coincidenza, in quei giorni, a cena, lui si era ritrovato a discutere con i suoi genitori per quanto riguardava la scuola superiore che avrebbe dovuto frequentare. A dire il vero, per lui una valeva l’altra, ma suo padre aveva ben chiaro che tipo di istituto avrebbe dovuto frequentare il suo futuro erede. Una scuola pubblica, ma che era superiore per qualità e didattica alle altre, e che si trovava dall’altra parte della città.
“Visto che alle scuole superiori il carico di studio sarà maggiore, Masaya-kun”, gli aveva detto il padre, seduto a tavola davanti a lui, “non è pensabile che sprechi del tempo prezioso per andare e tornare da scuola con i mezzi pubblici. Perciò penso che, per te, la cosa migliore sarebbe vivere presso l’istituto in un monolocale. Molti studenti che abitano lontano lo fanno. In questo modo potresti dedicarti interamente allo studio.”
Il ragazzo era rimasto perplesso per qualche istante. “Da solo, babbo?”
“Certo”, aveva annuito entusiasta la madre. “Sei un giovane maturo e responsabile, davvero tanto per i tuoi quindici anni, Masaya-kun. Perciò penso che se ti farai la settimana fuori casa e tornerai nel weekend non ci sarà nessun problema per te. Certo non da subito. Le prime settimane magari tornerai regolarmente a casa, per poterti ambientare meglio a scuola. Ma dopo il primo mese, diciamo, quando avrai preso il via, potrai cercarti un appartamento. Io e tuo padre ne abbiamo parlato e pensiamo che questa sia per te la decisione migliore. Cosa ne pensi?”
A Masaya come linea teorica sarebbe anche potuto andare bene. Il problema era che, facendo in questo modo, avrebbe avuto più difficoltà nel vedere la sua fidanzata, e gliene aveva quindi parlato il giorno successivo, dopo aver riaccompagnato Angel a casa e trovandosi quindi solo con Ichigo.
“Oh, Masaya, ti avevo già detto tempo fa che avrei voluto frequentare la tua stessa scuola superiore. Sai che io non ho preferenze, e nemmeno i miei genitori. Però… non credo che i miei mi lasceranno venire in quella che i tuoi hanno scelto per te. E’ veramente molto lontana dal nostro quartiere, e non credo che mi lascerebbero vivere da sola come hanno deciso i tuoi… non mi ritengono abbastanza responsabile”, aveva detto mesta Ichigo. “E quindi penso che mi manderanno in una scuola più vicino a casa. Ma così potremmo vederci solo nel weekend. Avrai talmente tanto da fare che forse non riuscirai nemmeno a venire al Caffè a lavorare… Masaya, come possiamo fare?”, aveva chiesto con la voce che le tremava.
Lì per lì il ragazzo non era riuscito a trovare una soluzione. Ma poi, per conto suo, riflettendoci con calma nella solitudine della sua camera, gli era venuta un’idea. Un’idea forse pazza, visto che lui e Ichigo avevano solo quindici anni. Solo ad un giovane che aveva un amore folle nel cuore sarebbe potuta venire in mente una soluzione simile. Ma giunse alla conclusione che era qualcosa di fattibile: avevano fatto tante esperienze insieme, ed era certo che, restando uno accanto all’altra, sarebbero riusciti a risolvere ogni difficoltà anche questa volta. Era certo che i suoi genitori non avrebbero avuto nulla da ridire, e forse nemmeno quelli di Ichigo, con un po’ di fortuna. Bene, ora doveva solo aspettare che arrivasse il momento giusto per proporlo alla sua ragazza. San Valentino veniva dopo pochi giorni, e già la loro piccola vacanza era prenotata. Decise che avrebbe aspettato sabato sera, nell’intima calma della loro stanza d’albergo.

Il sabato mattina, il giorno di San Valentino, i due innamorati partirono insieme presto per prendere il pulman che li avrebbe portati al luogo che avevano scelto, e dopo due ore di viaggio, si ritrovarono nel cuore di un paesino che li lasciò senza fiato: caratteristico, tradizionale, circondato da boschi e con l’aria pulita e frizzante invernale. Nonostante facesse molto freddo, la giornata era limpida e senza nubi, e Masaya e Ichigo erano intenzionati a godersela fino in fondo. Il giovane, chiedendo a un passante, trovò facilmente l’indirizzo dell’hotel che avevano prenotato e, appena lo ebbero trovato dopo dieci minuti di camminata, lasciarono le valigie nel deposito in attesa di fare il check-in. Già l’ambiente gli piaceva: era tutto in legno, mobili, parquet e travi sul soffitto. Erano sicuri che anche la loro stanza sarebbe stata bellissima, ma ancora non potevano salire. Decisero quindi di farsi una passeggiata nel bosco che stava appena al di là delle case del paesino. Il giovane uomo stava tuttavia percependo qualcosa di strano in tutto questo: Ichigo era tranquilla di fianco a lui, eppure lui sentiva che lo era fin troppo. Non aveva il suo solito comportamento allegro e spensierato, ma sembrava riflettere nei suoi pensieri. Lui non aveva idea di quali fossero questi pensieri. Avrebbe potuto chiederglielo, ma decise di lasciar perdere: forse erano solo piccole preoccupazioni temporanee dovute all’imminente battaglia contro Flan. Una bella passeggiata all’aperto le avrebbe fatto bene e l’avrebbe distratta. Ed inoltre anche lui in quel momento aveva un problema, anche se di natura decisamente più pratica. Nonostante il giro che si apprestavano a fare, nell’ambiente naturale che lui tanto amava e che gli avrebbe permesso di purificarsi i polmoni e la testa, Masaya in un certo senso desiderava che fosse già sera. Si sentiva inquieto: anche se la mano di Ichigo, gelata, era stretta nella sua altrettanto fredda, il giovane sentiva che il proprio corpo era bollente. Era da una settimana intera che non dormiva insieme alla sua ragazza, il desiderio proprio della sua giovane età gli tempestava nel sangue, e sentiva che quello che rimaneva della mattina e del pomeriggio sarebbe trascorso lentamente, forse anche troppo.
Incamminandosi nel silenzio del bosco insieme alla sua ragazza, godendosi i suoni della natura, gli scricchiolii delle foglie cadute, i versi degli uccellini che non erano emigrati, il giovane ogni tanto lanciava delle fugaci occhiate alla sua compagna. Erano completamente soli e c’erano intorno a loro parecchi cespugli sempreverdi. Il suo bisogno era forte e più guardava Ichigo più aumentava. Quanto sarebbe stato bello poter allontanarsi con lei dal sentiero, ripararsi dietro degli arbusti, togliersi il minimo indispensabile, e magari nemmeno sdraiarsi, ma restare in piedi, e lui avrebbe potuto sollevarla tenendola ferma contro un albero… giusto per poter calmare il suo spirito. Come probabilmente era abituato a fare nel tempo da cui Angel proveniva, pensò divertito. Forse fare l’amore con lei l’avrebbe aiutata anche a distrarsi da tutti quei pensieri che prima di una prova importante venivano così nautrali. Tuttavia faceva troppo freddo per poter pensare di combinare qualcosa all’aperto, anche se si fossero tenuti addosso la maggior parte dei vestiti. Se fosse stata primavera forse... Cercò di distrarsi e farsi passare i bollori nel corpo distogliendo gli occhi dalla ragazza e guardando gli elementi naturali intorno a lui, perché si rese conto che il suo desiderio stava diventando così forte che stava iniziando ad incontrare delle difficoltà perfino a camminare. Avrebbe potuto fermarsi per poterla almeno baciare, ma sapeva che se lo avesse fatto, per lui poi sarebbe stato solo peggio. Calmati… calmati… si ripeteva nella mente il giovane ad occhi socchiusi, inspirando forte l’aria fredda.
“Come vorrei che ci fosse anche Angel qui con noi…” sentì a un certo punto Ichigo sospirare di fianco a lui. “Mi manca così tanto…”
Masaya si sentì quasi risvegliare quando udì quel nome. A questo stava pensando la sua ragazza? A lei e non a Flan? Angel… a nessuno di loro due era venuto in mente di portarla con loro, né lei gliel’aveva chiesto: era San Valentino e quei due giorni erano per loro come coppia, non come genitori. Eppure il ragazzo pensò che la sua fidanzata un po’ avesse ragione. Dopotutto era rimasto loro poco tempo per rimanere insieme, e fra meno di un mese lei se ne sarebbe andata via per sempre. Loro invece avrebbero avuto tutta la loro vita per poter godere della reciproca compagnia, e quindi forse portarla con loro sarebbe stata la cosa giusta da fare. Inoltre quell’ambiente naturale, in mezzo ai boschi d’inverno, chissà quanto le sarebbe piaciuto.
“Ichigo, non penso che lei avrebbe voluto venire. Si sarebbe sentita di troppo, capisci?”, cercò di farla ragionare Masaya.
Ichigo annuì in silenzio, e il giovane si fermò. La strinse forte a sé, accarezzandole i capelli. “Cerca di distrarti un po’. Lo so che è difficile, e che pensi sempre a lei. Anch’io la penso sempre, è normale. Ma lei, in questo momento, vuole che noi due ci rilassiamo insieme e ci godiamo il weekend. Sta’ tranquilla, staremo di più con lei quando torniamo.”
Ichigo appoggiò la guancia sul petto del ragazzo.
“E’ che ormai sono abituata a stare sempre insieme a lei. Da quando è arrivata qui, non c’è stato un solo giorno in cui non l’ho vista, o quasi. E’ soltanto da ieri che non la vedo, e già mi manca in un modo terribile. Non riesco a resistere neanche un giorno lontano da lei… ti rendi conto? Come potrò fare quando se ne andrà?”, chiese con la voce malferma.
Il ragazzo non seppe rispondere a quella domanda. Era naturale che Ichigo provasse quelle cose, adesso che il legame che la univa ad Angel era davvero quello di una madre. E la stessa cosa valeva per lui, anche se, usando di più la propria razionalità, col tempo Masaya era riuscito a farsene una ragione, cosa che ad Ichigo evidentemente non riusciva.
“E poi hai ragione, questi giorni sono per noi due. Ma oltre a questo, c’è un altro problema ancora… percepisco qualcosa di strano in lei, non riesco a spiegarmi… sarà che l’ho vista combattere in quel modo strano, qualche tempo fa. Ma non riesco a capire se sono solo paranoie mie o abbia ragione, in qualche modo.” Sollevò lo sguardo, guardando il suo innamorato negli occhi. “Secondo te?”
Angel che aveva un altro segreto che nascondeva a tutti? Qualcosa che nessuno doveva venire a sapere e che la faceva soffrire? No, non poteva essere. Ormai lei sapeva che poteva fidarsi completamente dei suoi genitori e dei suoi amici, e non aveva più motivo di tener loro nascoste le cose. Allora accarezzò una guancia di Ichigo, tentando di rassicurarla.
“Può essere che sia un po’ strana, dopotutto ha perso sua nonna da poco. Non può esserci un’altra spiegazione”, le disse cercando di sembrare convincente.
“Pensi sia per quello?”, le chiese speranzosa Ichigo.
Masaya annuì, anche se non sapeva nemmeno lui quanto fosse davvero sicuro di quello che stava affermando. In realtà c’erano stati tanti piccoli indizi, le settimane scorse, che avevano dimostrato che, se Angel poteva star male per qualcosa, quella non poteva essere la morte di sua nonna. Ma non sapeva darsi un’altra spiegazione. L’unica altra ragione poteva essere l’aver scoperto di avere i poteri di Profondo Blu e non sapere se usarli o meno, ma lui stesso aveva risolto quel problema con lei, quindi non poteva essere neanche quello. E allora?
“E’ certamente per quel motivo, sta’ tranquilla. Non possono essercene altri. Per il fatto che ti manca… manca tanto anche a me, almeno quanto a te, e mi mancherà anche quando non ci sarà più. Ti capisco benissimo. Parlane con me quando vuoi e quando ne senti il bisogno, mi raccomando, non tenerti niente dentro.”
Era l’unica cosa che poteva fare. Non le poteva offrire soluzioni. Non c’era un rimedio per la tremenda sofferenza data dalla mancanza di una persona amata. Quello che lui poteva fare era stare sempre vicino alla sua compagna, sostenerla e condividere il suo dolore e le sue emozioni con lei.
Ichigo sembrò soddisfatta di quel breve confronto col suo ragazzo, e si rilassò contro il suo corpo.
“Sei un po’ più tranquilla, adesso?”, le chiese lui, a cui per prima cosa interessava il benessere psicologico della sua compagna.
Ichigo a quella domanda gli fece un sorriso pieno di calore, e si sollevò appena per baciarlo sulla bocca. Quello che Masaya sperava che non facesse, visto il suo animo che quel mattino non era esattamente calmo. Cercò di darle solo un bacio veloce, ma alla fine si abbandonò e rimase avvinghiato a lei a lungo, baciandola con passione, toccandola ed accarezzandola, e lasciando che lei facesse lo stesso con lui. Quando dopo qualche minuto staccarono i loro visi, il giovane si stava sentendo il corpo infuocato, ed anche Ichigo era emozionata allo stesso modo, tanto che le sue pupille si erano dilatate e il viso si era arrossato.
Masaya la guardò, perso nell’amore. “Sei meravigliosa, lo sai?”
“Davvero?”, gli chiese con un risolino lei.
“Sì. Ti preoccupi per Angel come farebbe una mamma, e per me è bellissimo sentirti parlare così di lei.”
“Perché io sono la sua mamma, come tu sei il suo papà”, spiegò semplicemente lei, stringendosi di nuovo a lui e lasciando che lui la abbracciasse di nuovo a sua volta.
Masaya in quel momento, insieme al desiderio che gli infiammava il corpo, sentì anche un sentimento che aveva provato già altre volte quando era con Ichigo in contesti come quelli. Un sentimento all’apparenza opposto, ma che in realtà si completava col primo: una sensazione di pace e di calore nel cuore che erano propri di una famiglia. Erano quei momenti in cui si rendeva conto che la sua famiglia era lei, e il suo futuro sarebbe stato con lei.
Senza riuscire più a trattenersi, lasciò andare un singhiozzo, poi un altro, sentendo alcune lacrime scivolargli per le guance.
“Masaya, cosa c’è?”, gli chiese preoccupata la ragazza, staccandosi appena da lui e guardandolo in viso.
Ma lui la riprese stretta fra le braccia, stringendola forte al suo corpo. “Ti amo, ti amo tanto, Ichigo…”, mormorò, strofinando la guancia contro la sua fronte.
“Anch’io… anch’io ti amo”, la sentì sussurrare contro il suo collo, e in quel momento il giovane percepì con chiarezza che quello che stavano vivendo ora era soltanto un inizio: fra non molto Angel non ci sarebbe stata più, ma fra qualche anno avrebbero percorso insieme, loro due, quegli stessi boschi, mano nella mano, con nel cuore lo stesso amore, ma con un altro bambino insieme a loro, forse anche più di uno. Non sarebbero mai stati come Angel, qualunque figlio avesse avuto con Ichigo non sarebbe mai stato in grado di sostituirla, ma sarebbero stati, insieme a Ichigo, la sua famiglia e il suo senso di vita; anche se, ne era sicuro, Angel sarebbe stata sempre la più speciale, quella che più gli sarebbe rimasta nel cuore.

Rientrarono per l’ora di pranzo e, come promesso dal pacchetto prenotato, li aspettava un pranzo in stile tradizionale nel casalingo, pur sopra la media, ristorante dell’hotel. In questo modo i due innamorati riuscirono in qualche modo a compensare la cena di Natale che, per motivi di forza maggiore, non avevano potuto gustare insieme. Ichigo, essendo al ristorante, doveva trattenersi per mantenere un minimo di contegno a tavola, e Masaya ogni tanto si metteva a bere dal bicchiere per evitare di scoppiare a ridere in faccia alla ragazza, soffocando i risolini mentre buttava giù i sorsi. Mangiarono zuppa di miso, gyuudon, tonkatsu e mochi con vari ripieni, e dopo di ciò, soddisfatti, salirono nella camera ormai pronta per disfare le valigie e prepararsi per le terme.
Quando entrarono, pur nella relativa semplicità della stanza, i due ragazzi restarono affascinati: era una stanza molto intima e raccolta, con mobili e comodini di legno, una bella finestra che dava sui giardini di sotto e soprattutto un letto magnifico. Magnifico ai loro occhi, almeno: non era di lusso o col baldacchino, era un normale letto a due piazze con una testata di legno scuro intarsiato. Ma era il primo letto matrimoniale su cui avrebbero avuto occasione di dormire: era un assaggio della loro futura vita coniugale, completamente diverso dallo stretto letto per una persona nella casa di Masaya dove dormivano sempre il sabato sera, e in cui dovevano stare strettissimi per evitare di schiacciarsi o cadere. No, questo era un letto grande, comodo, morbido e in cui avrebbero potuto fare tutto quello che volevano. Masaya quasi stava per chiedere a Ichigo di lasciar perdere il bagno e di rimanere in quella stanza fino all’ora di cena, ma si trattenne. In fondo erano proprio le terme il motivo per cui erano venuti fin lì, non poteva fare alla sua ragazza una richiesta simile, anche se sapeva che lei avrebbe accettato più che volentieri.
Il bagno era piccolo ma con delle piastrelle bianche e decorato con buon gusto, e i due ragazzi entrarono a turno per prepararsi con comodo. Ma quando, dopo Masaya che già si era messo i calzoncini da bagno ed era pronto col suo asciugamano sottobraccio, uscì Ichigo, pronta anche lei, il giovane si rese conto che la sua compagna non si stava impegnando molto per farlo riuscire a resistere fino a quella sera. Masaya si era reso conto, infatti, che da quando avevano iniziato abitualmente a dormire insieme, Ichigo aveva perso ogni tipo di inibizione o imbarazzo verso di lui, e anche questa volta sembrava proseguire dritta per quella strada. Aveva scelto un due pezzi col pizzo che faceva trasparire un po’ troppo, e vederla così, quasi nuda, con quel costume che copriva il minimo indispensabile, le sue gambe lunghe e snelle, il suo corpo morbido e flessuoso e i suoi capelli sciolti sulle spalle per lui fu troppo. Dovette distogliere lo sguardo per evitare che i suoi istinti prendessero il sopravvento sulla sua mente, e per poter portare a termine quello che volevano fare quel pomeriggio senza che lui andasse a chiudere a chiave la porta della loro camera. Ma Ichigo, che era ben consapevole dell’effetto che provocava al suo ragazzo, gli andò vicino e gli accarezzò il petto con un dito, lanciandogli un’occhiatina maliziosa. Masaya dovette imporsi di tenere ferme le mani; non le avrebbe dato la soddisfazione di vedere che i suoi modi stuzzicanti, che ultimamente con lui aveva sempre più spesso, erano in grado di piegarlo completamente a lei. Ma non sapeva per quanto tempo sarebbe riuscito a resistere. Si legò in fretta l’asciugamano intorno alla vita, per nascondere a lei e a chiunque avessero incrociato nel corridoio quello che gli stava passando per la testa.
“Andiamo giù, allora?”, chiese, sentendosi la voce impacciata.
Ichigo rise appena a sentire confermato, dal tono del suo ragazzo, quello che lui cercava di nascondere a tutti i costi, ed annuì.

Le terme, che si trovavano al piano terra, erano comuni e consistevano in una grande piscina con la zona idromassaggio in un angolo. Nella parte asciutta c’era un banchetto con vari tipi di the e succhi di frutta, oltre a delle brandine per poter riposare. Essendo San Valentino, c’erano poche altre coppie di fidanzati, giovani come loro, che stavano in disparte per chiacchierare o fare con calma una nuotata. Il giovane si immerse in quell’acqua calda sentendosi molto meglio rispetto a prima, e decise di rimanere seduto sulle gradinate, immerso fino al petto e stendendosi appena all’indietro per rilassarsi un po’ e calmarsi. Avrebbe potuto in realtà farsi una nuotata insieme alla ragazza e chiacchierare con lei. Poteva essere una buona idea, se non fosse stato che Ichigo, col suo modo che aveva di muoversi accanto a lui e di guardarlo, non sembrava avere intenzione di mantenerlo calmo; e l’intera settimana passata a dormire separati non lo aiutava affatto. Quindi aveva bisogno di lasciar scorrere via tutte quelle forte emozioni dal suo corpo. Ma Ichigo non aveva nessuna intenzione di lasciarlo riposare. Magari il ragazzo socchiudeva gli occhi, riappacificato col mondo, e sentiva la presenza di lei che gli andava vicino, che con una mano bagnata e calda gli accarezzava con delicatezza il petto o il collo, e appena lui apriva gli occhi gli lanciava un’occhiatina languida. Lui la guardava, così bella, attraente e stuzzicante, e sentiva i bollori tornargli nel corpo. Se fossero stati soli, a passare dai pensieri ai fatti ci avrebbe messo un attimo. Ma c’erano altre quattro coppie oltre a loro in quella grossa piscina, e non avrebbe ceduto alle avances della sua compagna. Resistette per una mezz’ora, ma poi, quando sentì per l’ennesima volta un dito sottile di Ichigo accarezzargli il braccio, si tirò su di scatto e la afferrò stringendola a sé.
“La smetti?” le sussurrò nell’orecchio, in modo che potesse sentirlo solo lei.
“Di fare cosa?”, chiese con tono fintamente innocente lei, e si capiva bene che era ben consapevole di quello che stava facendo.
“Lo sai. Guarda che se non la smetti, lo facciamo qui”, la avvertì lui, sempre parlandole all’orecchio.
“Oh, non lo faresti”, lo stuzzicò divertita Ichigo.
“Mi provochi?” disse con tono fintamente aggressivo il giovane, avvicinando il viso al suo e guardandola negli occhi. “Non mi importa se c’è altra gente. Andiamo più lontano dove l’acqua è più alta.”
“Non lo faresti. So che non lo faresti”, lo sfidò allora con aria saputa Ichigo.
Masaya allora la baciò sulla bocca in modo intenso e profondo, stringendola allo stesso tempo a sé in modo che tutto il corpo della ragazza aderisse al suo, senza più preoccuparsi di tenerle celate le reazioni fisiche che gli procurava. La tenne stretta a sé per qualche minuto, continuando a baciarla e a mordicchiarle le labbra, accarezzandole il corpo e cercando di farle sentire il più possibile il proprio, ed infine la staccò da sé trovandola stravolta, ansimante e con gli occhi persi nella soddisfazione. Lanciò un’occhiata in giro, e vide che le altre coppie si stavano facendo i fatti loro. I comportamenti del ragazzo non sembravano aver dato molto scandalo.
“Allora?”, chiese a Ichigo con soddisfazione. “Questo era un assaggio, eh.”
“Non mi è bastato come prova”, mormorò stuzzicante lei, accarezzandogli i fianchi sotto il pelo dell’acqua.
Masaya strizzò gli occhi cercando di resisterle in tutti i modi possibili, ma alla fine dovette arrendersi. Non ce la faceva più.
“Andiamo su in camera, Ichigo”, le disse più in una preghiera che in una proposta.
“Oh-oh”, commentò soddisfatta lei. “Qui non va più bene?”
“Solo perché non siamo soli. Sennò a quest’ora…” cercò di salvarsi la faccia il ragazzo, distogliendo lo sguardo.
“Sì, sì, certo”, lo interruppe accomodante la giovane col tono da presa in giro, ed uscì dall’acqua prendendo i loro asciugamani. Ne allungò uno al suo fidanzato. “Tieni, copriti”, gli disse ridendo lievemente. “Non fa che giri per i corridoi senza.”
Il ragazzo si legò subito il panno in vita sopra i calzoncini, guardando Ichigo con aria indispettita. Aveva vinto e l’aveva anche preso in giro. Oh, ma come si sarebbe vendicato, una volta in camera.
Percorsi a passo veloce il corridoio e le scale, Ichigo non fece quasi nemmeno in tempo a chiudere la porta della camera, che già il suo ragazzo l’aveva stretta fra le braccia da dietro e l’aveva portata verso il letto, lasciandovisi cadere sopra assieme a lei, baciandola freneticamente e togliendo sia a lei che a se stesso il più in fretta possibile i costumi bagnati. Sapeva che avrebbe dovuto passare un po’ di tempo prima per toccarla e coccolarla per prepararla meglio al rapporto, ma si sentiva talmente stravolto che non sarebbe riuscito a resistere un minuto di più fuori da lei. Si chiese per un attimo, mentre univa il proprio corpo al suo, se per caso non fosse troppo irruento e frettoloso, ma quando vide e sentì Ichigo stringergli le spalle attaccandolo a sé, baciarlo di rimando con tutta la passione che aveva, pronta ad accoglierlo anche se non l’aveva toccata, gemere nell’amore e nel piacere, e addirittura ad un certo punto spingerlo via da sopra di sé per farlo finire con la schiena sul materasso e poi sdraiandosi lei stessa sopra di lui per poter avere più spazio di manovra, si rese conto con enorme soddisfazione che anche lei, come lui, non riusciva più a resistere e che non vedeva l’ora che arrivasse quel momento.
Il giovane uomo non riuscì a resistere a lungo in quel primo rapporto, che fu molto passionale ma per questo anche veloce. Ma quando una parte del suo spirito ebbe lasciato fluire i bollori propri del suo essere maschio, Masaya tornò a sentire il proprio animo dolce e amorevole verso Ichigo riaffiorare. Erano stesi in quel letto grande e comodo, stanchi, uno di fianco all’altra, e lui la strinse a sé accarezzandole le spalle e i fianchi, e baciandola in modo più lento e dolce. Si sentiva ancora pieno di energia, e percepiva bene che anche per Ichigo quell’unica volta non era stata che l’antipasto. Dopotutto avevano quindici anni. Avevano tutto il tardo pomeriggio per loro, e anche la sera successiva alla cena, e se anche quelle non fossero bastate, avrebbero avuto tutta la notte ed il mattino dopo. Un po’ si vergognò: non era questo il programma che aveva stilato a casa. Aveva progettato di stare nell’acqua delle terme con lei per tutto il pomeriggio, poi farsi una doccia, andare a cena, salire in camera, farle la sua proposta e solo dopo fare l’amore, quando lei eventualmente avesse accettato. Ma il suo corpo evidentemente non era stato d’accordo. Poteva fare tutti i programmi che voleva, ma era pur sempre un giovane uomo, follemente innamorato della sua donna, che non poteva evitare di unirsi a lei ogni qualvolta gli era possibile. Pazienza, voleva dire che si sarebbero persi le terme. Alla fine, anche fare l’amore era un toccasana per i loro corpi ed anime.
Quando arrivò l’ora di cena i due ragazzi erano più stanchi di quando finivano un combattimento particolarmente ostico. Soprattutto Masaya, che aveva dato fondo a tutte le sue energie per poter amare la sua compagna per tutte quelle ore. Ma ne era felice: Ichigo era estremamente soddisfatta, sdraiata riversa sul materasso ansimante e con un sorrisone appagato sul viso, e appena si fu calmata un poco si strinse al corpo del suo innamorato, riempendolo di baci e carezze per ringraziarlo di tutto quello che le aveva fatto provare. Anche lui si sentiva felice e soddisfatto, ma sapeva anche che non era finita lì: avevano tutto il dopocena davanti a loro, e certo non sarebbero andati a dormire appena tornati in camera. Lui doveva fare quello che si era promesso, prima.

Si fecero quindi a turno una doccia per levarsi di dosso il sudore e la stanchezza, andarono giù al ristorante dell’hotel per recuperare le energie con la sostanziosa cena inclusa nell’offerta, e quando tornarono su in camera, Ichigo già era lì pronta a tirare di nuovo giù il suo compagno nel letto. Ma Masaya aveva qualcosa di molto importante di cui parlarle, prima.
“Aspetta, Ichigo, prima devo dirti una cosa. Una cosa importante”, cercò di placarla, mentre la ragazza cercava di farlo sdraiare insieme a lei.
“E’ una cosa bella o brutta?”, chiese lei, fermandosi un momento.
“E’ bella, molto bella”, rispose lui. “E quindi…” cercò di riprendere.
Ma lei non gli diede il tempo di proseguire e si sollevò, abbracciandolo stretto e premendo le labbra sulle sue. “Oh, ma se è una cosa bella me la puoi dire dopo, no?”
Masaya sentiva che stava iniziando a capitolare. Non ce la faceva a resistere ai modi provocanti della sua ragazza, era mai possibile? “Aspetta qualche minuto, devo dirti…” tentò ancora una volta di opporsi.
Di nuovo senza lasciarlo finire, Ichigo, tenendolo abbracciato, fece scivolare le mani sotto la sua maglia accarezzandogli il petto e i fianchi in modo leggero, e gli baciò il collo in modo stuzzicante. Il giovane sentì il cervello annebbiarsi e il corpo diventare bollente. Lasciò perdere tutto il discorso che si era preparato, strinse forte Ichigo di rimando baciandola sulla bocca con tutta la passione che sentiva tempestare dentro di sé, e la spinse indietro sul letto, iniziando a toglierle i vestiti di dosso.

I due ragazzi ansimavano dalla stanchezza e dalla soddisfazione, con la testa affondata nel cuscino, ma Masaya, di fianco a Ichigo, colse nello sguardo della ragazza un chiaro messaggio: io ho vinto e tu hai perso, dicevano i suoi occhi birbanti. In effetti un po’ aveva ragione, pensò Masaya vergognandosi leggermente: lui era un guerriero abile in battaglia, che aveva affrontato ed ucciso nemici anche molto pericolosi. Eppure bastava un comportamento provocatorio della sua innamorata e cedeva come niente. Non importava quanto volesse resistere, se lei gli chiedeva di fare l’amore, lui cedeva a prescindere da quello che avrebbe voluto in realtà fare. Avrebbe dovuto lavorarci su, in futuro. Beh, almeno adesso doveva essere soddisfatta. O forse ne voleva ancora?
“A proposito, cosa dovevi dirmi, amore?” gli chiese Ichigo, sdraiata sul fianco, accarezzandogli il viso e passandogli una mano tra i capelli arruffati ed umidi.
Bene, era soddisfatta così. Almeno per ora. Doveva solo sperare che non le tornasse la voglia nel bel mezzo del discorso che doveva farle, perché sapeva già che non sarebbe riuscito a resisterle. Si tirò su a sedere sul materasso, mentre Ichigo, rilassata in quanto sapeva già in partenza che era una buona notizia, rimase a guardarlo ammirata nella posizione in cui era.
“Riguarda la scuola che faremo, Ichigo”, iniziò lui. “Ascolta, ti ho già detto quello che avevano intenzione di fare i miei, no? Di mandarmi in quella scuola superiore dall’altra parte di Tokyo e di pagarmi un appartamento lì.”
“Oh, sì”, fece lei, rabbuiandosi appena. “Avevo chiesto ai miei di mandarmi nella tua stessa scuola, ma sarebbe troppo lontana e non mi reputano abbastanza matura per vivere da sola in un monolocale. Oltre al fatto che non potrebbero permettersi di pagarmelo. Come sai, lavora solo mio padre, ed è un semplice impiegato aziendale. Penso che mi iscriveranno in una scuola vicino a casa mia.”
Un luccichio attraversò gli occhi del giovane. Le prese una mano tra le sue, stringendogliela forte. Ichigo si stupì a quel gesto, e anche lei si tirò su a sedere, fissando il suo ragazzo col fiato sospeso.
“Ascolta, Ichigo: perché non andiamo a vivere insieme?” le chiese a quel punto con enfasi e con le pupille che gli tremolavano.
Lei rimase senza fiato a quella domanda. “Come?”
“Insieme in un bilocale, tu ed io”, ripeté Masaya. “I tuoi genitori non vorranno che tu viva da sola, ma così staresti insieme a me, e non avrebbero nulla da temere per la tua incolumità. Un bilocale in due costa meno di un monolocale da sola, noi lavoriamo tutti e due, e Shirogane ha già detto che avrà intenzione di mantenere aperto il Caffè anche per i prossimi anni. Il Caffè è in una posizione comoda vicino alla metro, con i mezzi pubblici potremmo facilmente arrivarci dopo la scuola, e potremmo continuare a lavorare lì insieme per pagarci l’affitto. E se vedessimo che sarebbe troppo complicato, abbiamo molta esperienza come camerieri, potremmo trovarci un altro locale in cui lavorare più vicino a noi. I tuoi – e anche i miei – genitori non dovranno pagare niente, ci manterremmo da soli. Gliene potremo parlare dopo che avremo combattuto Flan, vedrai che non avranno niente in contrario. Mio padre è un uomo che cerca di evitare il pubblico scandalo in ogni situazione e normalmente non vorrebbe che andassi a vivere con una ragazza, ma sa anche che ti sposerò il prima possibile, quindi non avrà da ridire se andremo a convivere prima. Anche se i tuoi ti hanno già iscritta in un’altra scuola, puoi sempre fare il trasferimento anche se saranno iniziate le lezioni.”
Ichigo non rispose a quel discorso, ma continuò a fissare negli occhi il suo ragazzo, e lui comprese quanto lei stesse ammirando il fatto che avesse ragionato così bene su tutte le circostanze solo per poterle fare quella proposta; e come fosse scioccata positivamente per quella proposta così improvvisa.
“Ichigo”, andò avanti il giovane, intrecciando le dita di una mano alla sua che prima stringeva. “Tu non sei solo la mia ragazza, sei la mia famiglia. Sei tutta la mia famiglia, sei la donna con cui voglio vivere la mia vita, che voglio sposare e con cui voglio avere dei figli. Non riesco più… non ce la faccio più a dormire senza di te, a vederti solo a scuola, al lavoro e quando usciamo. Il weekend passato insieme a dormire a casa mia non mi basta più. Voglio vivere insieme a te, sempre, voglio dormire tutte le notti con te, fare la spesa con te, voglio mantenere una casa, per quanto sia piccola, insieme a te e iniziare a costruire la nostra vita insieme. Ancora non possiamo sposarci, non possiamo avere un bambino, ma possiamo vivere insieme. Per questo… io ti prego…” non riuscì a concludere l’ultima frase, e la lasciò in sospeso, mentre si sentiva gli occhi inumidire per tutto il sentimento che aveva messo in quelle parole.
Ichigo rimase a fissarlo con il fiato corto, gli occhi spalancati ed espressivi, il corpo che le stava iniziando a tremare, e il giovane vide che delle lacrime stavano iniziando a formarsi anche negli occhi della sua compagna. Un attimo dopo, Ichigo gli si buttò addosso rovesciandolo all’indietro sul letto, dandogli un profondo bacio dopo l’altro sulla bocca, mentre piangeva e singhiozzava. Il giovane uomo sentì quanto la sua donna fosse felice per quello che le aveva appena detto, e non ebbe bisogno che lei gli parlasse per capire quale fosse la sua risposta. La avvinghiò a sé con le braccia, sentendola morbida e calda sul suo corpo forte e muscoloso, e percepì il proprio desiderio che stava crescendo di nuovo insieme a quello della ragazza. Ichigo singhiozzava e intanto lo baciava ovunque sul viso e gli passava le dita fra i capelli.
“Piangi, amore mio?” le chiese Masaya, tirandosi di nuovo su a sedere con lei e prendendole il viso tra le mani.
“Anche tu… stai piangendo”, gli fece notare lei fra i singhiozzi, e lui si rese conto che aveva ragione. Stava piangendo anche lui, le lacrime gli scendevano per le guance e lui non stava facendo niente per fermarle.
Ichigo di nuovo lo abbracciò stretto e appoggiò la testa nell’incavo del suo collo. “Ti voglio, Masaya… ti voglio per tutta la vita, ti voglio con me, accanto a me, dentro di me… per sempre.”
Il giovane capì cosa intendesse, fra le altre cose, con quelle parole. Sostenendola tra le braccia, la fece sdraiare di nuovo, e spense la luce con l’interruttore sopra la testata del letto, prima di sdraiarsi con lei.
I due giovani amanti passarono la notte nel calore e nella passione, stringendosi, baciandosi, leccandosi, succhiandosi, compenetrandosi ed amandosi, nel segno di quell’amore che li aveva legati l’uno all’altra ormai due anni prima, di quel destino che la Terra aveva loro assegnato scegliendoli come due innamorati destinati a stare insieme per difenderla combattendo, di quell’unione che aveva portato alla luce quella ragazza meravigliosa che amavano più di chiunque altro al mondo, di quella vita che si apprestavano, con quel primo passo, a vivere insieme, guardando sempre avanti nella stessa direzione, e che fra pochi anni li avrebbe portati ad essere sposi.

Il mattino dopo i due innamorati rimasero in camera a dormire fin quasi all’ora di pranzo. Masaya in particolare era esausto e sfinito, e a nessuno dei due venne in mente di mettere la sveglia per poter godere dell’aria pulita delle prime ore della giornata. Ichigo, che era molto meno stanca in confronto al suo ragazzo, nonostante i suoi geni modificati che la portavano a dormire molto, riuscì comunque a svegliarsi prima di lui. Finalmente avevano potuto dormire in un letto grande e comodo, e per una volta lei aveva potuto muoversi nel sonno senza tirare qualche calcio al suo compagno. Sendendo che il sonno man mano le andava via, guardò Masaya che dormiva di fianco a lei. Era sdraiato a pancia su, con i capelli tutti in disordine e si stava tenendo coperti gli occhi con un braccio. Ichigo si sentiva il cuore battere forte mentre lo guardava: non riusciva a crederci, la sera prima il suo adorato Masaya le aveva praticamente chiesto di sposarlo. Beh, non proprio sposarsi ufficialmente, ma di andare a vivere insieme, con tutti i limiti che una coppia di quindicenni poteva avere. Ma era allo stesso tempo il passo più importante che due ragazzi della loro età potessero fare, oltre che estremamente significativo per la loro relazione. Ichigo si sentiva lusingata, ancora una volta, di essere stata scelta da lui come sua compagna, e quella sua dichiarazione di ieri le aveva fatto capire che desiderava non solo stare insieme a lei, ma iniziare una famiglia con lei. Beh, certo, come se non ne avessero già una, in un certo senso. Erano una coppia davvero bizzarra loro due, pensò deliziata: addirittura avevano avuto una figlia, già della loro età, ancor prima di iniziare ad avere rapporti. Ci poteva essere qualcun altro al mondo a potersi vantare di una cosa simile? Ed adesso, vivere insieme a lui… Ichigo si sentiva un po’ intimorita, perché sapeva che avrebbero dovuto collaborare di continuo per mandare avanti la loro casa, per quanto piccola fosse. Studiare, lavorare part-time ed in più tutte le faccende domestiche. Ma l’avrebbero fatto, sempre insieme, come ormai facevano abitualmente nella loro vita. Non erano più due persone separate, erano una cosa sola, e insieme a lui Ichigo sentiva di poter fare qualunque cosa. Quanto lo amava! Sentendosi sempre più emozionata, si trascinò vicino a lui e lo abbracciò, mettendosi col busto sopra il suo. Sentendo quel peso sopra di sé, il giovane sollevò il braccio che non gli copriva gli occhi e le accarezzò la guancia, poi fece per riabbassarlo per riprendere il suo sonno.
“Amore, dormi?”, gli chiese Ichigo con voce suadente.
“No, rifletto ad occhi chiusi”, rispose con voce assonnata il ragazzo, togliendosi il braccio dal viso e cercando di spingerla leggermente per farla spostare da sopra di lui.
“Non ce la fai a spostarmi”, lo provocò lei, abbracciandolo ancora più stretto e baciandolo sulla guancia. “Devi metterci più forza.”
“Lascia dormire l’uomo di casa” mugugnò Masaya, sempre ad occhi chiusi, e nella sua voce si iniziava a sentire un certo divertimento. Si stava svegliando anche lui.
“L’uomo di casa stamattina dovrà faticare”, lo stuzzicò la ragazza, accarezzandogli il petto.
Masaya aprì gli occhi ancora assonnati. “Un’altra volta?”, le chiese, con la voce che chiedeva pietà. “Tutta la notte scorsa non ti è bastata? Ancora devo recuperare.”
“Allora facciamo così”, propose lei, tracciando col dito sullo sterno del giovane. “Faccio io e tu stai sdraiato, così ti prendi tutto il meglio e per di più non ti stanchi.”
Masaya rise divertito a quella proposta. “Non c’è proprio modo di tenerti buona, eh? Va bene”, acconsentì, mentre Ichigo, leccandosi appena le labbra, si sdraiò sopra di lui iniziando a baciarlo sulla bocca, mentre il giovane la abbracciò stretta, tenendosela sul petto. Ichigo si sentiva in estasi ogni volta che si univa a lui: le sembrava che ogni volta avesse in sé la magia ed il mistero della prima, ma allo stesso tempo che ognuna fosse meglio della precedente, con quel legame forte, saldo e indistruttibile che li legava che man mano si rafforzava e si cementava, e li legava nel corpo come nell’anima. In quei momenti la giovane donna aveva l’unico desiderio di stare per sempre insieme a lui, nel letto in cui si trovavano, e fare l’amore di continuo, senza mai smettere. Il sentimento che provava era così intenso e travolgente che, quel mattino, mentre era sdraiata su di lui e lo teneva stretto, fissandolo nei suoi occhi profondi e luccicanti, sentendo l’odore della sua pelle e i loro cuori che battevano insieme, per la prima volta sentì nel suo intimo un sogno forte, ancestrale, che le cresceva dentro e la pervadeva. In quel momento tutto il suo essere desiderò che quei loro rapporti amorosi non restassero fini a loro stessi, ma la potessero portare a concepire una nuova vita dentro di lei. Si ricordò allora di qualche tempo prima, in cui aveva detto al suo compagno che non voleva avere un bambino diverso da Angel, e che, se non ci fosse stata la possibilità di far nascere lei, non sarebbe stato suo interesse averne un altro. Ma no, non era vero, e lei sentì questo trasporto dentro di sé farsi sempre più intenso; non era vero, e lei voleva avere un bambino con lui, anche se non sarebbe stato Angel. Sapeva tuttavia che non poteva chiedergli ora di farne uno insieme a lei. Non potevano. Era troppo presto. Ma appena ne avessero avuto le condizioni, era certa che sarebbe stato lui stesso a chiederle di averne uno. Sarebbe stato un bambino nuovo, un bambino probabilmente normale, perché lo avrebbero concepito dopo Flan, quando lei non avrebbe più avuto i suoi poteri. Non come Angel, che era nata quando i geni modificati di sua madre erano attivi. Tutti i figli che lei e Masaya avrebbero avuto sarebbero state persone normali… e forse era meglio così. Sia per loro che per il ricordo che loro due avrebbero conservato della loro figlia più grande. Lei era unica e speciale. Non sarebbe mai esistito nessun altro come lei, nessuno dei loro figli sarebbe stato come lei. Avrebbero avuto altri bambini, ma lei era quella che più di tutti sarebbe rimasta scolpita nei loro cuori. L’unico rammarico che Ichigo aveva era la consapevolezza che non l’avrebbe più potuta vedere. Ma, in quei momenti, stretta al corpo caldo del suo uomo, guardandolo in viso realizzò tante cose. Aveva guardato Angel un’infinità di volte senza pensarci troppo, quando aveva compreso nel profondo di essere sua madre aveva notato le poche somiglianze che l’altra ragazza aveva con lei, e si era più o meno fermata lì. Ma adesso, per la prima volta, si rese conto di quanto in realtà Angel assomigliasse a suo padre, come avesse i suoi stessi capelli neri arruffati, gli stessi lineamenti del viso, gli stessi occhi e la stessa profondità nello sguardo. Forse, quando si fossero separate, non le sarebbe mancata molto. Perché in fondo poteva rivederla quando voleva. Anche ora. Smise allora di muoversi e, sentendosi profondamente unita sia all’uomo che abbracciava, che al frutto della loro unione, avvicinò il viso al suo e lo fissò negli occhi, perdendosi nel suo sguardo. Voleva vederla. Voleva essere sicura che, anche quando lei sarebbe scomparsa dalle loro vite, avrebbe potuto ancora guardarla. Masaya, stupito, rimase fermo anche lui, fissandola negli occhi di rimando, senza capire cosa avesse in mente. Ichigo fissò quel colore nocciola caldo con dei riflessi di un marrone più chiaro, finché in quelle iridi scorse lo stesso colore, gli stessi occhi e lo stesso sguardo della sua Angel. E allora anche il suo sguardo cambiò, ed i propri occhi si riempirono di una dolcezza materna e piena d’affetto. Il giovane uomo era paralizzato, con lo sguardo incatenato al suo e fissava gli occhi della ragazza con le pupille tremolanti. “Ichigo, cosa c’è?”, le chiese con la voce roca. “Riesco a vederti…”, sussurrò Ichigo col tono caldo, amorevole e sereno, sentendo che non era il suo compagno a cui stava parlando ora. “E potrò rivederti quando voglio, anche quando saremo lontane.” Il giovane allargò appena gli occhi a quelle parole, tremante di commozione, dimostrando con lo sguardo di aver compreso tutti i pensieri che attraversavano la mente della sua donna, e si sollevò di scatto, abbracciandola stretta e riversandola sul materasso, rimanendo sopra di lei. “Amore mio, amore mio…” gemeva, baciandola ovunque senza riuscire a smettere. “Sono rasserenata, ora…” mormorò Ichigo, con le lacrime che le scivolavano dagli angoli degli occhi socchiusi. “So che anche se lei andrà via, potrò rivederla… è nel tuo sguardo, lo sai?”
Masaya singhiozzava e piangeva in modo sommesso, e con le lacrime che rendevano lucidi anche i suoi occhi, mormorò alla sua compagna: “hai detto una cosa bellissima, Ichigo… ti amo da morire, ti amo da morire…” Ichigo lo strinse forte a sé, persa nell’amore, sentendosi finalmente il cuore privo di un grosso peso. Il peso che aveva avuto fino a quel momento di non poter più rivedere Angel una volta andata via. Ma ora sapeva che poteva farlo. Poteva vederla guardando nelle pupille quell’uomo che amava fino alla morte, quell’uomo da cui sua figlia aveva ereditato tutto, e con cui presto sarebbe andata a vivere e avrebbe formato la sua famiglia.

Tornarono a Tokyo solo dopo pranzo. Avrebbe dovuto essere una vacanza rilassante, ed invece si ritrovavano più stanchi di quando erano partiti. Dormirono per tutta la strada sull’autobus, e quando arrivarono alle loro rispettive case, si buttarono sul letto e dormirono fino all’ora di cena. Come Masaya aveva anticipato, non dissero niente del loro proposito ai loro genitori. Di comune accordo, per scaramanzia, avevano deciso di parlarne con loro solo se e quando avessero sconfitto Flan. Ma tutti e due erano fiduciosi: i genitori di Masaya sarebbero stati felici alla prospettiva che il loro erede iniziasse a vivere in modo più o meno ufficiale con la sua futura moglie, e Sakura e Shintaro avrebbero affidato la loro adorata figlia a Masaya più che volentieri. Erano ormai certi che il loro futuro genero era un giovane responsabile e maturo, e insieme a lui Ichigo non avrebbe corso alcun rischio.
Il giorno dopo, quando i due innamorati arrivarono al Caffè per lavorare, vi trovarono Minto che era arrivata in anticipo.
“Ehi, ciao, di buon’ora, eh?”, la salutò Ichigo. Ma rimase stupita quando Minto, invece di darle una risposta delle sue del tipo “al contrario di te”, si avvicinò a loro due e li tirò da parte, per essere sicura che nessuno li potesse sentire.
“Ma che succede?”, chiese Masaya, che si stava iniziando a preoccupare.
“Ragazzi, non so se in questi giorni state vivendo su un altro pianeta, ma vi volevo avvisare che Angel non si sta sentendo affatto bene”, iniziò subito Minto con tono grave.
Ichigo si sbigottì a sentire quel nome. “Angel? Dov’è? E’ ancora di sopra?”, iniziò a guardarsi in giro, lanciando un’occhiata su per le scale, col tono angosciato. “Vado subito a vedere come sta.”
“Aspetta, Ichigo”, la fermò Masaya. “Minto-san, cosa intendi esattamente?”
“Beh, è da un po’ che l’ho notato. Sta cercando di comportarsi come sempre, ma nel profondo mi sembra abbattuta. Certo che se non ci fai caso, nemmeno lo noti. E’ brava a nascondere quello che sta nascondendo”, spiegò Minto, incrociando le braccia.
Ichigo stava ad ascoltare con gli occhi fuori dalla testa. “Cosa… cos’è che sta nascondendo?”
“Ma come faccio a saperlo?”, sbottò Minto. “Non posso mica entrarle nella testa.”
“Era una sensazione che ultimamente avevo anch’io”, ammise Ichigo, abbassando la testa. “Ma era una sensazione e basta… che avesse qualcosa che non andava.”
“Io non ho avuto nessuna sensazione. L’ho osservata. E mi è sembrato opportuno venirvelo a riferire.”
“Ma…” fece Ichigo, cercando di recuperare il controllo della vicenda. “La spiegazione è molto semplice secondo me: è ancora giù per la morte di sua nonna.”
Minto la guardò strana a quell’affermazione. “Lei non è triste per questo motivo”, disse in tono asciutto.
Ichigo, tremando leggermente, chiese allora col tono esitante. “Ma allora cosa può essere, se non è per quello?”
“Ti ho già detto che non lo so. Però… cercate di stare insieme a lei, in questi giorni prima della battaglia. Penso che sia l’unica cosa che possiate fare.” Anche il tono di Minto era preoccupato, e Ichigo e Masaya le sorrisero, toccati dal grado di coinvolgimento che stava dimostrando.
“Grazie, sei davvero un’amica”, disse Ichigo, abbracciandola stretta.
“Beh, sì, insomma…” borbottò Minto, imbarazzata. “Avvisare i genitori è sempre la prima cosa da fare, se qualcuno sta male, no?”
I due fidanzati ridacchiarono a quelle parole, e Masaya disse: “va bene, cercheremo di andare più a fondo.”

I due ragazzi si confrontarono per pochi minuti, poi, di comune accordo, andarono di sopra, quasi con cautela, come se prestare attenzione a quanto rumore emettevano durante la camminata potesse permettere loro di scoprire più cose riguardo la loro adorata figlia di quanto potessero senza adottare accorgimenti. La trovarono in bagno con la porta aperta, che davanti allo specchio sopra il lavandino cercava con la spazzola di darsi una sistemata ai capelli che tendevano sempre ad arruffarsi. Certo, fra poco era ora di iniziare a lavorare.
“Angel!”, la salutò Ichigo, felice di vederla, e prima che Angel potesse voltarsi, le andò vicino abbracciandola forte.
“Leader!” esclamò sorpresa l’altra, e la abbracciò anche lei, guardando il ragazzo da sopra la spalla di Ichigo. “Masaya! Siete tornati. Com’è andata la vacanza?”
“Oh, molto bene”, disse il giovane compiaciuto. “E tu? Come stai?”
“Sì, Angel, come stai?”, chiese in leggera apprensione Ichigo, staccandosi da lei e guardandola con attenzione.
“Io sto bene, davvero”, rispose subito Angel, col tono convinto.
“Allora abbiamo pensato ad una cosa”, le propose Ichigo. “Oggi pomeriggio non lavoriamo: andiamo noi tre insieme al centro commerciale. Abbiamo una bella sorpresa per te!”
“Una sorpresa?”, chiese Angel sorridendo divertita. “Giro di shopping?”
“Non nel modo in cui lo intendo io. Sarà una cosa che ti piacerà”, precisò Ichigo.
Angel allora, incuriosita, accettò.

Quando tutti e tre, poche ore dopo, varcarono la soglia del solito centro commerciale, Angel si sentì un po’ strana. Si ricordava la prima volta in cui era entrata lì: spaventata dalle luci e dalla folla, completamente disinteressata a tutto ciò che la circondava e a ciò che Ichigo voleva comprarle, perché quest’ultima si era messa in testa che ad Angel dovevano andar bene gli stessi suoi gusti. Invece, da quando Ichigo aveva capito che Angel era una ragazza con una personalità diversa dalla sua e quindi si era regolata di conseguenza, comprare un vestito ogni tanto per lei era diventato un piacere, riuscendo a combinare buon gusto e praticità come piaceva alla figlia. Ma se non erano i vestiti lo scopo di quel giro al centro commerciale di quel pomeriggio, cosa poteva essere?
Angel seguì docile gli altri due ragazzi mentre tiravano dritti davanti ai negozi di abiti ed accessori, e rimase stupita quando si fermarono davanti ad un negozio che lei aveva visto solo una volta, la prima volta che era venuta lì. Era quello che vendeva l’attrezzatura da campeggio. Angel ammirò, attraverso la vetrina, i vari tipi di sacchi a pelo, le lampade, i fornellini, gli utensili per cucinare, tutto nuovo di zecca e alla sua massima efficienza, al contrario della roba vecchia e consunta che lei aveva sempre utilizzato. E a quel punto si ricordò quanto, un anno prima, quegli oggetti le avevano fatto gola e li aveva desiderati. Guardò meravigliata Masaya e Ichigo, che la fissavano con aspettativa.
“E allora?”, chiese il ragazzo.
“E allora?”, disse la sua compagna subito dopo.
“Volevate… portarmi qui?”, chiese Angel esitante.
“Sì”, annuì Ichigo, convinta. “Mi ricordo ancora tutte le cose che ci avevi detto che ti servivano. Ma non tirare fuori i soldi. Ti facciamo un bel regalo noi. Tu devi solo scegliere, chiedi e ti sarà dato. Così quando andrai via, potrai usare i nostri regali per poter ripartire nella tua Tokyo attrezzata come si deve. Che ne dici?”
Lei, lì per lì, non seppe cosa dire. Ripercorse all’indietro il suo percorso, fino al giorno in cui si era effettivamente fermata, proprio in quel centro commerciale, davanti alla vetrina di quello stesso negozio, sfuggendo ad Ichigo che quindi aveva dovuto chiamare Masaya in aiuto per cercarla. Quanti di quegli oggetti le avevano fatto gola; e, adesso che ci pensava, aveva pregato i suoi genitori di lasciarle comprare quello che, una volta tornata a casa sua, le poteva servire. Ma, quella volta, i due erano stati categorici: non erano lì per quello, ma, quando fosse giunto il momento per lei di ripartire, avrebbe potuto comprare tutto quello che voleva. E adesso addirittura glielo stavano offrendo loro come regalo. Angel si sentì come prima cosa di accettare entusiasta ringraziandoli con calore, ma all’ultimo si trattenne. Lei non sarebbe mai tornata a casa, non avrebbe mai utilizzato quegli oggetti che loro volevano regalarle. A cosa fare far loro spendere tutti quei soldi?
“Vi ringrazio tanto”, disse allora piegando la testa con riconoscenza. “Ma credo che sia meglio di no.”
“Ma come no?”, insisté Ichigo, stupita. “Ti piacevano tanto, mi ricordo bene. E sai che ti serviranno, no?”
“Sì, in teoria… ma in realtà no, non credo… non credo che potrei mai usarli”, ribatté Angel impacciata, prima di rendersi conto che aveva forse detto troppo.
Il sesto senso che univa Ichigo ad Angel infatti si accese subito, e la leader guardò l’altra con uno sguardo strano, ma che in fondo agli occhi aveva il terrore. “…che vuoi dire, Angel?”
Angel li guardò tutti e due, che la fissavano seri e attenti, in attesa di una spiegazione.
“Niente… quello che intendevo dire è: è meglio che aspettiamo che Flan sia battuto prima di spendere tutti questi soldi. Sapete, porta male”, cercò di tirarsi fuori da quella situazione.
“Ma cosa dici? Flan lo batteremo, non devi preoccuparti di questo, vedrai”, ribatté Ichigo, e il suo tono di voce non era affatto tranquillo.
“E’ uguale. Preferisco aspettare che sia tutto finito. Ancora non voglio comprare niente. Per favore”, li pregò Angel, guardandoli supplicante.
Ichigo stava per risponderle, ma Masaya la precedette. “Se è questo che vuoi, aspetteremo. Faremo come vuoi, compreremo tutto dopo.”
Angel sospirò di sollievo e lo ringraziò con lo sguardo.

Ichigo allora lasciò perdere con rammarico, ma, mentre camminavano insieme per la galleria per distrarsi un po’, si sentì una grande angoscia nel petto a cui non sapeva dare una spiegazione. Prima le sue strane sensazioni dovute allo strano comportamento di Angel, poi la conferma razionale di Minto, ora questa risposta strana… ma cosa voleva dire? Non lo riusciva a capire, ma dentro di sé sentiva un senso di oppressione che non voleva andar via: lei si era ormai preparata ed aveva accettato con serenità che sua figlia, dopo Flan, sarebbe partita e non l’avrebbe più rivista, quindi la sua angoscia non era dovuto a questo. C’era qualcos’altro, di terribile, che sua figlia le nascondeva. Si sarebbe ugualmente separata da lei, ma non perché Angel sarebbe tornata nel suo mondo… ma il come ed il perché, non riusciva a figurarselo nella mente.
Camminando, passarono accanto ad un negozio di fotografie, e come mezzo per poter dare un po’ di sollievo alle sue brutte sensazioni, le venne un’idea.
“Aspettate, fermiamoci. Perché non ci facciamo una bella foto tutti e tre insieme?”
Masaya la guardò e sorrise con un misto di calore e tenerezza. “E’ una bella idea, Ichigo. Ne facciamo una bella grande e poi la possiamo fare incorniciare. Così possiamo avere un ricordo di noi tre insieme.”

Ad Angel non tornò del tutto quello che le stavano proponendo. Era un’idea bellissima, era d’accordo, ma la prima cosa che le venne da dire fu: “perché allora non torniamo un’altra volta con tutti gli altri e ci facciamo una foto di gruppo? Così saremo tutti insieme”. Ma si interruppe proprio prima di dirlo. Con un misto di stranimento e soggezione, guardò bene in viso i suoi genitori, e si rese conto, dal modo in cui la guardavano, che non era una foto di gruppo in amicizia che volevano, era proprio solo un ritratto di loro tre insieme. E a quel punto un brivido le scese lungo la schiena e un dubbio la punse. ‘Lo hanno capito? Lo sanno…?’
Ma non perse il controllo e acconsentì. “Certo, è una bella idea! Almeno, anche quando non ci sarò più, vi ricorderete di me.”
Fu molto attenta a costruire la frase, stavolta. Era una frase ambigua. Poteva essere adatta sia nel caso se ne fosse andata, sia nel caso sicuro che fosse morta. Ma almeno non aveva mentito, tenendosi fedele ai suoi princìpi. Un’altra volta, Ichigo la guardò strana a quelle parole, ma non commentò.
Una volta dentro, il fotografo chiese ai tre ragazzi di mettersi in posa. Angel si aspettava che Masaya ed Ichigo si mettessero vicini, come si conviene a due innamorati, tenendo lei vicina a uno di loro due. Invece, con sua grande sorpresa, le chiesero di stare nel mezzo, fra loro due, ed entrambi le misero un braccio attorno alle spalle, tenendola stretta. Angel, di nuovo, trovò questo comportamento molto strano. Tuttavia, senza lasciarsi prendere di nuovo dal suo dubbio, si sentì felice ed appagata: era in mezzo ai suoi genitori, uno di qua e l’altra di là, la stavano abbracciando, ed era una posa per una foto di famiglia, quella. Angel rivolse un sorriso contento verso l’obiettivo, sentendosi dentro una grande forza: ora che aveva al suo fianco sua madre e suo padre, le piaceva illudersi che non avrebbe potuto succederle mai niente di male.
“Come siamo belli!”, commentò poco dopo, quando il fotografo fece loro vedere la foto sviluppata.
“Sì, siamo… perfetti”, assentì Ichigo, passando un dito sui loro visi.
“Ne compriamo tre, una a testa”, disse Masaya al fotografo.

Quella sera, distesa nel suo letto prima di spegnere la luce, rimase a lungo a fissare la foto che teneva fra le mani. Si sentiva scossa e piena di nostalgia a guardare l’immagine di loro tre insieme, sorridenti, uniti come una famiglia. Si divertì a cercare, una per una, tutte le somiglianze fisiche che aveva con i suoi genitori e, prima di spegnere la luce, diede un bacio alla fotografia, mettendosela poi sotto il cuscino. L’amore che provava verso Masaya e Ichigo era del tutto paragonabile a quello che aveva provato per i suoi nonni. Anzi, ciò che aveva sentito per i suoi parenti più anziani era proprio quello che, se i suoi genitori fossero stati ancora vivi, sarebbe spettato loro di diritto. Era un peccato che non potessero apertamente vivere quel legame come Angel sognava. Ma era sempre stato un suo punto fermo, dal primo momento in cui era arrivata lì. Non sarebbe rimasta con loro, comunque fossero andate le cose. Non aveva senso creare un ulteriore attaccamento per poi spezzarlo. Ma quanto avrebbe desiderato poterli abbracciare non come un’amica, ma come una figlia, e poterli finalmente chiamare, ad alta voce, con l’orgoglio nel tono e senza più niente da nascondere, mamma e papà. Era il suo unico rimpianto e l’unico desiderio che sapeva che non sarebbe riuscita a soddisfare prima di morire. ‘Non tutti i sogni si possono avverare. È già tanto se riuscirò a vendicarmi di Flan ferendolo, prima che mi ammazzi.’, pensò, rassegnata. Però il modo in cui la guardavano… l’affetto che avevano negli occhi quando li rivolgevano verso di lei… il modo in cui le parlavano, il tono della loro voce, tutte le attenzioni, piccole e grandi, che avevano solo per lei… forse davvero lo avevano capito. Forse sarebbe stato meglio indagare per scoprire se fosse davvero così? Magari chiedere al boss? ‘No, no, preferisco non saperlo’, scosse la testa con decisione. Non avrebbe potuto sopportare una simile rivelazione. Per il poco tempo che le rimaneva, non voleva saperne niente. Anche se non sapeva se fosse riuscita, in quelle ultime settimane, a mantenere verso di loro questa ultima barriera. Specialmente verso suo padre, per cui provava un affetto profondo e intenso, forte come quello che l’aveva legata a suo nonno. Fra poco avrebbe dovuto passare una settimana intera da sola con lui. Come avrebbe potuto mantenere quel distacco che si era autoimposta e che ormai stavano violando sempre più spesso?

I giorni successivi, Angel, per tenersi occupata, si dedicò anima e corpo all’organizzazione della settimana in montagna con suo padre. Tutto quello che le era rimasto era quello: la speranza di riuscire a poter padroneggiare l’attacco speciale di Profondo Blu, per poter almeno contare di infliggere qualche danno a Flan durante la battaglia con lui. Non le rimaneva più altro, e riversò nella preparazione di quei pochi giorni ogni suo attimo libero dalla scuola e dal lavoro. Come prima cosa chiese a Ryou di cosa fosse dotata la baita in cui avrebbero dormito lei e suo padre. Venne fuori che aveva coperte, acqua, riscaldamento, gas e stoviglie, ma null’altro. Il resto se lo dovevano portare da casa. Allora, sapendo che avrebbero dovuto farsi un buon tratto di strada a piedi, la ragazza decise che si sarebbero dovuti portare tutto l’occorrente sulle spalle. Era fondamentale utilizzare solo lo stretto indispensabile, in una organizzazione precisa e pulita.
Perciò, un pomeriggio dopo pranzo, si mise seduta a uno dei tavolini del bar, con quaderno e penna, e si mise a calcolare, in base alla capienza degli zaini, tutto ciò che si sarebbero portati dietro. Iniziò a calcolare per prima cosa le vettovaglie, prestando attenzione che fossero alimenti energetici e che occupavano poco spazio; decisi quelli, calcolò un tot di peso suddiviso per ogni pasto. Dove andavano non c’erano negozi, e non poteva lasciare che il cibo finisse prima del termine dell’allenamento; allo stesso modo, non poteva eccedere e portare più del necessario, per non togliere spazio nello zaino ad altre cose più utili.
Ryou, che la osservava dalla cucina mentre era china sulle sue scartoffie, decise di fare un colpo di telefono al padre della ragazza.
“Aoyama, vieni a dare un’occhiata a tua figlia, così quando partirete non avrai sorprese.”
Masaya non se lo fece ripetere, più per il piacere di passare del tempo con lei che per controllare cosa facesse, e quando arrivò al caffè pochi minuti dopo, Angel era talmente concentrata nel suo lavoro che nemmeno si accorse che era entrato. Soltanto quando prese una sedia, mettendosi accanto a lei, la ragazza trasalì e si riscosse dai suoi calcoli.
“Oh, Masaya! Scusa, non ti avevo sentito… ero concentrata.”
“Ho visto”, ridacchiò compiaciuto il ragazzo. “Stai organizzando per la nostra settimana di allenamento?”
“Sì, vedi?”, rispose subito Angel, felicissima di poter coinvolgere suo padre nell’organizzazione. “In questa pagina di quaderno ho fatto una tabella. Ho segnato nelle linee orizzontali la colazione, il pranzo e la cena, e nelle colonne i giorni della settimana. Poi in ogni casella ho messo tutto quello che mangeremo, col peso di fianco. Sono stata attenta a mettere cose che non prendono spazio nello zaino, vedi?”
Il giovane le prese il quaderno e lo esaminò con attenzione, e vide qualcosa che lo lasciò di stucco: Angel, che aveva sempre fatto fatica a scuola per quanto riguardava la scrittura e le normali materie scolastiche, ora aveva preparato una tabella incredibilmente precisa, con segnati con la massima cura tutti i pasti, col relativo peso e i vari ingredienti.
“Ho messo il riso per i carboidrati, i legumi secchi per le proteine e tutto ciò che non deve stare in scatole rigide”, spiegò lei. “Perché il riso e i legumi secchi prendono poco spazio, capito? E non si deperiscono. Poi ci ho messo le minestre liofilizzate nelle buste e la frutta secca. Perché quella fresca è tutta acqua e prende spazio. Poi guarda…”
E gli spiegò nel dettaglio come intendeva organizzare i pasti, preparando la sera il pranzo per il giorno dopo e mettendolo in frigo.
“Così non sprechiamo le poche ore di luce che abbiamo per cucinare il pranzo.”
Masaya rimase impressionato a constatare la capacità organizzativa di sua figlia, quanta cura ci avesse messo, l’estrema chiarezza nella preparazione di quella tabella e quanto avesse perfettamente calcolato tutto.
“Sei davvero brava, Angel…” mormorò, colpito.
“Davvero?”, esclamò lei, sollevata e compiaciuta da quel complimento. “Ma non è mica finita. Adesso sto calcolando tutto il resto della roba che dovremo portarci dietro. Visto che dovranno stare nello zaino insieme alle cose da mangiare e non devono pesare troppo, devo stare molto attenta ad ottimizzare tutto per bene. Vedi? Tutti i vestiti che servono per una settimana, gli oggetti per lavarsi e per lavare i piatti, le scarpe… ma ancora non ho finito.”
Il giovane rimase in silenzio mentre Angel, in un altro foglio di carta e facendo dei veloci calcoli a mente, senza nemmeno usare la calcolatrice, con aria pensierosa scriveva prima la portata degli zaini, eliminava lo spazio e il peso occupato dai viveri sommati nell’altra tabella, e segnando uno per uno tutti gli oggetti che avrebbero dovuto portare ne annotava lo spazio e il peso che avrebbero occupato. Ogni tanto si soffermava su ciò che aveva appena scritto nell’elenco, restava a pensarci per qualche secondo mordicchiando la penna, poi, negando appena con la testa, tirava una riga sul calcolo appena fatto o sull’oggetto scelto, correggendo sotto. Masaya notò che stava scrivendo con la stessa postura, la stessa aria concentrata e usando gli stessi piccoli mezzi di scarico della tensione, come mordicchiare la penna, che aveva lui quando doveva fare dei calcoli simili per la scuola. Si rese conto ancora una volta con orgoglio di quanto quella ragazza avesse ereditato da lui, forse di più che da tutti gli altri membri della sua famiglia. Rimase ad osservarla senza interrompere i suoi ragionamenti, finché Angel, dopo aver riempito un altro foglio di calcoli e schemi ordinati, appoggiò la penna al lato e ricontrollò tutto con attenzione. Infine la ragazza si alzò e scese giù in cantina, andando a prendere uno dei due zainoni che avrebbero dovuto portare sulle spalle e poggiandolo di fianco al tavolo. Controllando il foglio con l’elenco, andò a prendere uno per uno tutti gli oggetti essenziali e il mangiare che aveva calcolato per ogni zaino, e lo riempì con cura, stando attenta a mettere le cose più pesanti sotto per fare in modo che non si ribaltasse una volta pieno. Riuscì a colmarlo al limite, senza dover lasciar fuori neppure uno degli oggetti che aveva segnato.
“Prova superata!” annunciò trionfante. Sollevò lo zainone e se lo caricò sulla schiena “E non è nemmeno così pesante.”
Masaya era impressionato e la guardava con tanto d’occhi. Angel non solo aveva dato prova di grande senso pratico ed organizzativo, ma aveva calcolato il tutto con un ordine ed una precisione da poter quasi essere degna di un dirigente d’azienda. E a quel punto una mezza idea lo sfiorò. Riguardo ad una questione che lo toccava in modo particolare ed era l’unico suo ostacolo alla futura vita che sognava, e a cui aveva pensato tante volte quando era insieme ad Ichigo, ma che poi aveva sempre messo da parte perché, per lui, il benessere della sua compagna veniva al primo posto. Ma si lasciò toccare da quell’idea solo per un attimo, e la mise poi rapidamente da parte.

Arrivò la fine di febbraio e poi l’inizio di marzo. Ormai tutto era pronto: la logistica del viaggio era stata fatta, così come i bagagli erano stati preparati alla perfezione da Angel sotto la supervisione di suo padre, anche se in realtà il ragazzo non era dovuto intervenire nemmeno una volta, tanto l’organizzazione della figlia era stata precisa. Angel faceva il conto alla rovescia, attendendo l’otto di marzo con impazienza, ma prima della partenza c’era qualcos’altro a cui era felice di partecipare: la cerimonia del diploma della sua scuola. Il sei marzo, infatti, si concludeva l’anno scolastico, e con esso il percorso di scuola media per lei, Masaya ed Ichigo. Non che a lei importasse davvero molto, in fondo era stata a scuola per solo sei mesi, ma sapeva che per i suoi genitori era un traguardo importante, e non vedeva l’ora di partecipare alla cerimonia insieme a loro per poter assistere alla loro gioia nel lasciare alle spalle quel pezzo importante della loro vita, pronti a cominciarne un altro alle scuole superiori dopo la sconfitta di Flan.
Quella mattina tutti gli studenti del terzo anno si riunirono nella palestra, che era stata allestita come se fosse una sala di un teatro: sedie disposte a formare la platea e un palchetto decorato con dei nastri rossi. I ragazzi avevano preso posto in maniera ordinata, ma con un gran chiacchiericcio emozionato, perché quello sarebbe stato l’ultimo giorno che avrebbero passato in quella scuola, e ciascuno di loro sarebbe stato chiamato dal preside sul palco che avrebbe consegnato loro il diploma.
Gli studenti dovevano disporsi per classe, quindi Angel, Ichigo, Moe e Miwa si sistemarono in una parte della platea, mentre Masaya con i suoi compagni prese posto più in là. Quando il preside, dopo essere salito sul palco ed ebbe fatto il suo breve discorso di congratulazioni agli studenti, iniziò a chiamare i cognomi uno alla volta per consegnare il diploma, Angel rimase stupita. Masaya infatti, dato il suo cognome, sarebbe dovuto essere tra i primi, eppure il preside lo saltò.
“Oh, ma perché gli studenti migliori della scuola vengono chiamati alla fine”, la rassicurò Ichigo.
Quando fu arrivato a metà dell’elenco, il preside chiamò: “Momomiya Angel”, subito lei si alzò per andare a prendere il suo pezzo di carta, ed Ichigo le sussurrò incoraggiante:  “vai tranquilla, non metterti a correre, testa e schiena dritta.”
Angel allora fece come sua madre le aveva detto, e nonostante la sua natura irruenta, si diresse con passo calmo e deciso fino al palco, ricevendo dalle mani del preside la sua pergamena arrotolata. Lanciò una breve occhiata al palco, e vide che Masaya e Ichigo la guardavano fieri e soddisfatti. Ichigo addirittura aveva giunto le mani mentre la guardava e i suoi occhi si erano incantati sulla sua figura, tanto che quando Angel si mosse per tornare al suo posto e il preside chiamò il suo nome, dovette ripeterlo due volte perché Ichigo se ne accorgesse.
“Ichigo, che stai aspettando? È il tuo turno”, le diede un colpetto Moe sulla spalla.
“Oh, sì sì!”, esclamò Ichigo e, benché poco prima avesse detto ad Angel di andare calma e tranquilla, quasi si mise a correre per arrivare sul palco, rischiando di inciampare sulle scale. Prese velocemente il suo diploma e, arrossita di vergogna, tornò veloce al suo posto senza neanche dare un’occhiata al pubblico.
Alla fine, il preside, che aveva lasciato fuori cinque nomi, li chiamò tutti quanti sul palco insieme, e Masaya era fra loro.
“Questi sono gli studenti che si sono distinti fra gli altri per l’alto rendimento scolastico e attività all’interno dei club della scuola. Sono un esempio per la nostra società, mi auguro che anche negli anni delle scuole superiori continuiate su questa strada e che voi tutti prendiate esempio da loro”, annunciò il preside consegnando loro i diplomi.
Masaya guardò la platea e vide che tutti quanti guardavano lui e gli altri quattro con ammirazione e rispetto, e percepì anche degli sguardi languidi da parte del pubblico femminile. Ma a lui non importava. Cercò invece con gli occhi “le sue due donne”, come gli piaceva dire, e trovò Angel e Ichigo, sedute vicine, che lo guardavano con negli occhi un grande affetto e devozione, oltre al rispetto e all’ammirazione. Si fissarono per alcuni secondi, mentre il giovane si riempiva gli occhi mentre le guardava, poi il ragazzo tornò al suo posto insieme agli altri.

Quando la cerimonia fu finita e tutti gli studenti si furono alzati dai loro posti per stare insieme, chiacchierare, salutarsi ed augurarsi buona fortuna per il loro nuovo percorso a scuola, Masaya si avvicinò alle ragazze e chiese ad Ichigo di andare un po’ in disparte con lui. Non gli piaceva essere al centro dell’attenzione, in quel momento. Ichigo, fuori di sé dalla contentezza, si staccò da Angel e dalle amiche e lo seguì. Fuori dalla palestra, dietro l’angolo, Masaya si strappò dalla giacca il secondo bottone a partire dall’alto e lo porse alla sua compagna. Nonostante fossero ormai una coppia consolidata e affiatata, Ichigo a quel gesto arrossì come se lui fosse stato un ragazzo che le piaceva in segreto e lui le avesse appena fatto la sua prima dichiarazione. Donare il secondo bottone alla propria ragazza era una tradizione importante: era il bottone più vicino al cuore, ed aveva per loro un forte significato simbolico. Ichigo prese il bottone nella mano, stringendolo forte, poi abbracciò il suo ragazzo, che la ricambiò, e rimasero alcuni minuti a baciarsi ed accarezzarsi. Quando, dopo un po’ che si baciavano e si toccavano, si resero conto che, in quel luogo lì, in quel momento, più in là di così non potevano andare, si staccarono.
“Vieni a dormire da me, stasera?”, chiese Masaya, a cui il respiro era diventato leggermente affannoso.
“Certo, come tutti i sabati. Festeggeremo meglio… a modo nostro”, rispose Ichigo, strizzandogli l’occhio con aria vagamente maliziosa.
Tenendosi per mano, girarono l’angolo tornando davanti alla palestra. Videro molti ragazzi che si erano sparsi davanti per poter chiacchierare liberamente senza il rimbombo dell’ambiente chiuso, ed Angel che si guardava perplessa intorno. Li stava cercando.

“La mia Angel…” mormorò Masaya, e insieme a Ichigo si avvicinò a lei.
“Oh, ragazzi!”, esclamò lei appena li ebbe visti. “Non vi trovavo più. E anche questa è fatta, vero?”
“Già”, annuì Ichigo. “Sei contenta di aver preso il diploma?”
“Sì, dai”, rispose Angel. “Sono contenta di essere riuscita a passare l’anno. Anche se non è che mi servirà a molto questo pezzo di carta. Tanto non ci andrò alle scuole superiori, qui.”
“Sarà anche vero”, commentò Masaya. “Però sul palco eri bellissima, lo sai?”
Angel arrossì violentemente a quelle parole, ed abbassò la testa imbarazzata.
“Ma Angel!”, si mise a ridere Ichigo. “Sarà da vergognarsi per un complimento che ti fa Masaya?”
“No, hai ragione”, mormorò Angel. “E’ che nessuno mi dice mai che sono bella… mi fa strano sentirmelo dire.”
“Beh, allora te lo dico anch’io”, incalzò Ichigo. “Eri davvero stupenda, sul serio. Infatti, ehm… il preside mi ha dovuto chiamare due volte perché per starti a guardare non lo stavo a sentire.”
“Oh, era per quello allora?”, borbottò ancora Angel, sempre più rossa e cercando di coprirsi la faccia con una mano.
“Dai, vieni qua”, disse Masaya con un risolino, e la abbracciò stretta a sé. “Sono davvero contento che ti sei impegnata così tanto a scuola. Ricordi che all’inizio non sapevi niente? E invece guardati ora.”
Angel era come paralizzata tra le sue braccia, con gli occhi sbarrati e senza sapere come reagire, ma quando anche Ichigo, insieme al ragazzo, la abbracciò, Angel si rilassò e ricambiò la loro stretta, stringendo con un braccio suo padre e con l’altro sua madre.
“Ma è perché voi mi avete aiutato”, disse con la voce un po’ più tranquilla. “Sennò mica ce la facevo.”
Masaya la accarezzò sui capelli. Era una brutta abitudine di Angel, quella di sminuire se stessa ed esaltare il ruolo degli altri nei suoi successi. Valeva per la scuola così come i progressi che aveva fatto in combattimento. Ma non poteva riprenderla per questo: dopotutto la scoperta della solidarietà e del lavoro di squadra per lei erano stati una scoperta enorme, ed ora le veniva naturale dare ad esse il merito di ogni cosa che le riusciva bene. Anche se in realtà tanto aveva messo di sé in ogni cosa che aveva fatto, ed era grazie al suo carattere forte e alla sua enorme forza di volontà se era arrivata così avanti.
‘Come sei cresciuta e cambiata, piccina mia’, pensò il giovane, accarezzandole appena il viso, mentre lei teneva la testa appoggiata sotto l’incavo del suo collo. Masaya guardò orgoglioso quelle due donne che stava abbracciando, e che insieme componevano il suo cuore, Ichigo era una metà, Angel l’altra metà, e dopo un altro poco sciolse l’abbraccio.
“Adesso andiamo a casa. Ichigo verrà a mangiare da me, staremo insieme questa sera. Angel, ti riaccompagniamo a casa, e ci vediamo domani per l’ultimo giorno di lavoro.”
Già, il giorno dopo per loro due sarebbe stato l’ultimo in cui avrebbero lavorato al Caffè. Ryou infatti aveva deciso di tenere aperto solo per un’altra settimana – il periodo in cui loro due sarebbero stati via – e poi chiudere negli ultimi giorni prima della battaglia, come già aveva fatto prima della lotta contro Profondo Blu, per permettere ai guerrieri di riposarsi in vista dello scontro finale.
Quella sera i due innamorati, sapendo che non si sarebbero visti per una settimana intera, che il sabato successivo non avrebbero potuto dormire insieme e quella sarebbe stata la loro ultima notte d’amore prima della battaglia contro Flan, si amarono con una passione e un desiderio ancora maggiore di quello che avevano di solito. Masaya era disposto a perdere un’intera notte di sonno ed andare al lavoro l’indomani più morto che vivo pur di far stare bene la sua compagna. Ma fu Ichigo che, all’una di notte, gli pose un freno. Anche lei lo desiderava e avrebbe voluto continuare a fare l’amore ancora e ancora, ma si rese conto che avevano bisogno di riposare. Allora, esausti, si coprirono col piumone, stringendo l’uno all’altra i loro corpi frementi ed umidi.
“Mi mancherai tanto, amore mio…” gli mormorò Ichigo, baciandolo sul collo. “E’ solo una settimana, ma saranno come mesi per me…”
“Anche tu, ma vedrai che passerà presto”, la rassicurò lui, accarezzandole la schiena.
“Senti… secondo te, riusciremo a vincere contro Flan? Andrà bene?”, volle sapere Ichigo. “Contro Profondo Blu insieme siamo riusciti, ma Flan… ecco, mi sembra ancora più pericoloso…”
“Sì, ne sono convinto”, annuì lui, con tono rassicurante. “Finche combatteremo tutti e sette insieme, non ci potrà sconfiggere nessuno. Neanche Flan. E vedrai, quando riporterò Angel qui, sarà migliorata ancora nella lotta e saprà usare bene il Jinseikou. Vedrai, vinceremo e ci sarà di nuovo la pace a Tokyo.”
“E quando tutto sarà finito… vivremo insieme”, disse lei con voce trasognata.
“Sì, dormiremo tutte le notti così, e non dovremo più stare separati”, aggiunse lui emozionato, stringendola a sé più forte, sentendo che la ragazza si stava addormentando tra le sue braccia.

La sera dopo, tutto era pronto: Angel aveva messo i due zainoni, riempiti e chiusi, vicino alla porta sul retro per averli pronti quando fosse uscita di casa. Il primo autobus che avrebbe portato al paesino di montagna più vicino alla loro baita sarebbe partito dalla stazione molto presto, alle cinque del mattino. E loro dovevano prendere quello, perché era un viaggio che durava tre ore, e poi una volta arrivati al villaggio avrebbero dovuto farsi due ore di camminata in salita per arrivare alla casetta. Non potevano permettersi di sprecare tempo ed ore di luce.
“Aoyama-niichan, quando tornerete, anche Angel-neechan sarà capace di usare quell’attacco con la luce blu, vero?”, chiese emozionata Bu-ling prima di andare a casa.
“Molto probabilmente sì”, annuì il ragazzo. “Ci conto molto.”
“Allora Bu-ling vi saluta tanto tanto!” esclamò la ragazzina, avvicinandosi ed abbracciando prima Masaya, poi Angel.
“Mi raccomando, Angel, non far uscire di testa quel poveretto”, la ammonì Minto.
“Minto-san!”, la riprese contrariata Retasu. “Fate un buon allenamento, ragazzi”, li salutò poi.
“Vi aspetteremo impazienti”, aggiunse Zakuro.
“E Aoyama”, concluse Ryou. “Riportamela intera.”
Masaya si mise a ridere a quell’avviso. “Ci provo.”
Una volta che le quattro compagne se ne furono andate a casa, Ichigo si avvicinò ad Angel e la abbracciò stretta. “Fai la brava, mi raccomando.”
“Sì, leader, non preoccuparti”, la rassicurò Angel, ricambiando l’abbraccio.
“Mi mancherai”, aggiunse la madre, stringendola più forte.
“Dai, leader, non esagerare. In fondo, non siete state sempre cinque, prima che arrivassimo prima Masaya e poi io?”, obiettò Angel, stupita. “Per una settimana, farete di nuovo voi cinque come eravate all’inizio.”
“Non è più la stessa cosa senza di voi. Senza di te…”, disse però Ichigo, staccandosi da lei e guardandola negli occhi.
Angel rimase impressionata da quello sguardo. Era di nuovo come l’aveva sempre guardata sua nonna: quando Sakura la guardava, lo faceva con il calore e la tenerezza di una mamma. E gli occhi di Ichigo erano uguali ai suoi. Compreso ciò, ad Angel vennero dei leggeri brividi.
“Su, Ichigo, andiamo, ti accompagno a casa”, intervenne Masaya, e le due ragazze si separarono. “Ci vediamo domattina alle cinque, Angel. Vai a dormire presto, mi raccomando.”

Rimasta sola a fissare la porta da cui Masaya e Ichigo erano usciti, Angel sentì i passi di Ryou che si avvicinava, fermandosi poi di fianco a lei. Deglutì. Era un’informazione che aveva deciso di non chiedere e che sapeva era meglio non avere, ma non ce la faceva più.
“Senti, boss, io volevo… volevo sapere… secondo te…” iniziò, ma la sua lingua si incollò al palato senza riuscire a finire la frase.
“Cosa?”, le chiese con voce tranquilla Ryou, guardandola.
Angel deglutì ancora. “Ah… volevo sapere, secondo te, a che ora dovrei andare a dormire stasera”, la buttò là, ripensandoci all’ultimo.
A Ryou venne un attimo da ridere. “Sei sicura che volevi chiedermi questo?” Ma rispose su quella linea. “Ti conviene cenare e poi andare a letto subito, visto che alle quattro ti devi svegliare.”
Angel annuì e non disse più niente. No, non ce la faceva. Non voleva davvero sapere se Masaya e Ichigo – o chiunque delle altre compagne – si erano accorti del loro legame di parentela. Era inutile avere adesso un’informazione del genere. Doveva solo concentrarsi su ciò che doveva fare nel breve periodo di tempo che le rimaneva: diventare in grado di gestire l’attacco speciale di Profondo Blu e riuscire a piantare la propria arma nel corpo di Flan. Dopodiché, andassero le cose come dovevano andare. Lei sarebbe stata pronta ad accettare il suo destino, come quegli splendidi fiori di ciliegio che avrebbe tanto voluto rivedere un’ultima volta, prima della battaglia.

   
 
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