Al solito dopo mesi di agonia nasce l’ennesima pseudo-long di berlinene di cui nessuno sentiva davvero la necessità… Tranne lei stessa che… mah, chissà magari ha finalmente un OTP…
Grazie alle solite pungo latrici – beta ufficiali e ufficiose: Rel, Kits, Kara ed eos.
Capitolo
1
– Gli esami non finiscono mai
Con un colpo secco chiuse la zip del borsone. Raddrizzò la schiena, poi ruotò lentamente le spalle e la testa per stiracchiarsi i muscoli.
Prima la maturità, poi di corsa al raduno con
Anche il
candido kimono indossato da Ken pareva avere una sfumatura rosata,
mentre i capelli
nerissimi rimandavano riverberi ramati invece dei soliti riflessi
bluastri e la
pelle stessa sembrava emanare un lucore dorato.
Shun era in
piedi di fronte al portiere, gli occhi fissi sulla sua figura.
“Pronto?”
gli sussurrava quello avvicinandosi di qualche passo. Luci e ombre
giocavano
birichine sul suo volto, impedendo al giovane attaccante di discernerne
l’espressione.
Shun
attaccava, cercando inutilmente, come sempre, di mandare a segno
qualcuno dei
suoi colpi inesperti. Ma Ken li parava, uno dopo l’altro.
Infine gli bloccava i
polsi e, prima che le ombre danzanti rivelassero la sua espressione, lo
baciava.
Il sogno era finito
così, con quella sensazione
maledettamente reale della lingua morbida che gli si insinuava fra le
labbra,
mentre i lunghi capelli gli sfioravano le clavicole, lasciate scoperte
dal
kimono che indossava a sua volta. Quella notte si era svegliato madido
di
sudore, eccitato e incredulo. Si era tirato leggermente su, facendo
leva su un
gomito per voltarsi a osservare il portiere beatamente addormentato sul
futon
vicino al suo. Shun era rimasto sveglio per ore: gli occhi spalancati,
il
respiro affannato e un peso enorme sul petto.
La mattina seguente aveva fatto i bagagli ed era
partito in fretta e furia, inventando una scusa qualsiasi. Da allora
non si
erano più visti, se non ai concentramenti della nazionale e,
fra tanta gente,
evitarsi era facile.
Ma ora erano soli e le immagini del sogno gli si
ripresentarono davanti agli occhi, più prepotenti e vivide
che mai, più di
quando, a volte, da solo, con la fantasia…
Non ci voleva pensare. Non ci doveva pensare. Non
era giusto, non era ammissibile, non era normale.
Cercò di focalizzarsi su quella ragazza con cui
era uscito ultimamente… com’è che si
chiamava? Ah sì, Ayumi.
“Verrai anche quest’anno ad imparare un
po’ di
karate?”
“No”
riuscì
appena a dire Shun, la bocca arida come il Sahara.
“Peccato” disse Ken imbronciato. “Ci
siamo
divertiti l’anno scorso… mi faceva piacere avere
qualcuno con cui parlare,
oltre alle orde di ragazzini vocianti”.
“Ho l’esame d’ammissione
all’Università” continuò
Nitta, ostentando nonchalance.
“Università? Davvero? Cosa?”
“Architettura” rispose, lieto di parlare di
qualcosa che sapeva. “Mio padre ha uno studio e…
sai com’è, il calcio non dura
per sempre… mi preparo al dopo”.
“Cavolo! E chi l’avrebbe detto che Shun Nitta
fosse un tipo tanto assennato? Ti facevo uno che vive alla giornata! E
invece,
a quanto pare, ormai anche il piccoletto è diventato
grande”.
“Tu cosa farai?” incalzò Nitta per
tornare sul terreno
sicuro degli argomenti futili.
“Starò un mesetto al dojo ad aiutare mio padre coi
corsi estivi, poi spererei di farmi un po’ di
mare… a dire il vero Kojiro e
Maki mi avrebbero invitato a casa di lei a Okinawa. Non che mi esalti
l’idea di
andare a fare il terzo incomodo, ma una vacanzina low cost non si butta
mai
via…”
Nitta sorrise e annuì. Poi il portiere si congedò
e uscì dallo spogliatoio.
Shun si buttò sulla panca con un sospiro.
Tutto sommato se l’era cavata egregiamente.
Col sorriso sulle
labbra e nello sguardo, Shun
consegnò il compito: quel test di ammissione gli era costato
un mese a di
sudore sui libri (nel vero senso della parola dato il caldo), ma ne era
valsa
la pena: aveva saputo rispondere a tutte le domande ed era
completamente soddisfatto.
L’euforia non lo abbandonò per tutto il giorno e
nei
suoi occhi, alla sera, brillava ancora il sorriso, mentre, disteso sul
letto, impegnato
nella tipica nullafacenza di scarico
post-esame, fantasticava su come avrebbe trascorso i giorni di vacanza
che lo
separavano dall’inizio dei corsi. Dopo mesi in cui
c’era sempre stato qualcosa
da fare, tutta quella libertà, quelle possibilità
infinite facevano quasi, in
un certo senso, paura.
Tali pensieri, oziosi e casuali, furono interrotti
dallo squillo del cellulare. Shun lo afferrò e
strabuzzò gli occhi vedendo
lampeggiare insistente sul display la scritta “Wakashimazu
“Novità dalla Nazionale, di sicuro” si
ripeteva,
appoggiando tremante il pollice sul tasto verde. Anche se di solito era
“Ishizaki
“Pronto?”
“Ciao Shun, sono Ken. Ti disturbo? Ho visto su
internet che l’esame era oggi…
com’è andata?”
“Cre… credo bene,” rispose
meccanicamente, poi, in
un guizzo di buona educazione aggiunse: “Grazie del
pensiero”.
“Figurati, un puro caso,” si schernì
l’altro.
“Ieri sono finiti i corsi estivi e oggi ho cazzeggiato online
tutto il giorno”
continuò. Poi fece una pausa. “ A dire il
vero” riprese, “mi chiedevo se ti
andava di venire con me a Okinawa”.
Nitta rimase a bocca aperta e per poco il cellulare
non gli cadde di mano. Non sentendo risposte, Ken
ricominciò: “Capisco che è
una cosa un po’ improvvisa, ma non so… andare
là con Kojiro e Maki mi mette un
po’ di tristezza, Sawada è in vacanza dai suoi,
poi ci sono le amiche di Maki
che non mi mollano un attimo e infine… boh…
l’anno scorso c’eravamo divertiti
qui al dojo, mi sei mancato quest’anno… magari
possiamo recuperare… senza
contare che ti meriti anche tu un po’ di vacanza dopo
l’estate di fuoco che hai
passato…”
“Devo pensarci” riuscì infine ad
articolare
l’altro.
“Ok, tanto io vado fra tre giorni”.
“Ma per Maki va bene?”
“Eh, figurati, Kojiro dorme con lei e tu dormirai
con me, come quando eri qui a casa mia”.
“Ti faccio sapere” rispose, cercando di non far
trapelare il sussulto provocatogli da quell’ultima
affermazione.
Proprio quello che ci voleva. Aveva avuto la mente
sgombra dai problemi per quasi dieci ore… qualcosa doveva
pur succedere. Ma il
buonumore della giornata pareva non essersene andato del tutto,
perché cominciò
a pensare che Ken aveva detto una serie di cose giuste: al dojo erano
stati
bene, lui si meritava una vacanza… Wakashimazu era un bravo
ragazzo, l’aveva
sempre trattato con rispetto e persino difeso. Quel sogno era solo un
sogno in
fondo, forse una proiezione del legame fraterno che li univa,
argomentò,
nonostante Freud non fosse stato nel programma d’esame.
Fatto sta, che il giorno dopo chiamò Wakashimazu e
accettò la sua offerta.
Mah… Come sempre mi capita con le mie FF la trovo… manchevole, mi dà sempre l’idea che potrei fare di più… ma mi sa che ve la prendete così^^