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Autore: alessandroago_94    06/03/2021    10 recensioni
Altra raccolta di componimenti poetici molto semplici.
Genere: Generale, Poesia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cosa resta dell'Impero?

COSA RESTA DELL’IMPERO?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Cosa resta dell’Impero

se non queste rovine?

Il bardo dice il vero,

al Male non c’è fine.

 

Sulla gloria degli antichi

camminiamo fingendoci ritti,

evoluti e tecnologici i nostri maschi,

oltre la logica i nostri nuovi riti;

 

statuine di divinità perdute

decapitate dal tempo e dai trattori;

siamo in tempi di giornate infauste,

non controlliamo più i nostri umori;

 

i romani qui costruivano

terme, coltivavano terre,

adesso sono solo latifondi

di persone senza scrupoli;

 

dell’edilizia ormai involuta

restano mura spoglie di case vecchie,

la retta via è ormai perduta,

anche le nuove ville sembrano catapecchie;

 

degli antichi splendori

restano queste pietre spezzate dagli aratri

e dai trattori;

pezzi d’ossa di chissà chi,

di chissà cosa

riaffiorano assieme a frammenti di mosaico

e di anfore ancestrali;

per le necropoli nessuna pace,

emergono distrutte e avvolte dalla calce;

 

siamo una civiltà che, per il futuro,

ha deciso di perdere il proprio passato;

siamo persone menefreghiste

che le cose d’altri spacchiamo;

siamo uomini che ci odiamo

e ci facciamo la guerra, come fauni dispettosi;

guardiamo nel cellulare

e non il disastro che ci circonda,

una società senza fondamenta

è una realtà pronta a vacillare

al primo terremoto sociale;

 

e fin qui, tutto chiaro,

ma io tra questi campi

frutto del poco rispetto verso la Terra

mi sono perso, come ho perso le rime

di questa poesia;

sarà che strada facendo

si cambia,

nulla resta come prima.

E la memoria resta qui,

perduta in questo sito archeologico in malora,

dove gli aratri hanno fatto spazio alle colture industriali,

ai veleni, ai mercenari odierni dell’agricoltura;

eppure, duemila anni fa qui c’era splendore,

vita,

nel vento quasi odo ancora le risate degli antichi

tra anfore di vino, statue di divinità,

con gli antenati sepolti a pochi passi

e ormai nell’aldilà;

adesso non restano più nemmeno

gli uccelli migratori,

né verdeggianti giardini;

resta solo il pesante puzzo dei veleni chimici,

intenti a produrre verdura fresca in gran quantità

per le nostre tavole imbandite.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTE DELL’AUTORE

 

 

A un chilometro da casa mia, in un punto ormai di aperta campagna dove adesso non c’è nulla se non la puzzolente e avvelenata verdura prodotta in quantità industriale per le nostre tavole, riaffiorano rovine di un antico sito romano. Si tratta probabilmente di una residenza tardo-imperiale, dove riaffiorano pezzi di coccio, di anfore, di mosaico, di pavimenti, di vita quotidiana di allora.

Il sito è andato in rovina, tempo fa alcuni archeologhi hanno estratto diversi frammenti di statue e reperti vari ora conservati presso il museo cittadino. Si tratta dei resti di Forum Popili, quando la città sulla Via Emilia era uno splendore.

Ora non resta più molto altro, solo frammenti distrutti dai lavori agricoli. La fine senza voce del patrimonio archeologico italiano, che muore nel silenzio di una pandemia e nel completo disinteresse di una società che guarda solo avanti.

   
 
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