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Autore: MeinfridBlackforest    06/03/2021    1 recensioni
Un giovane senza memoria si sveglia in mezzo a una foresta senza sapere come ci sia arrivato.
Vagando senza una meta, viene attirato dalle richieste di aiuto di un chierico, June Halfsun e durante il salvataggio di quest'ultima scopre di avere delle capacità marziali straordinari.
Dopo averla salvata, il giovane scoprirà di trovarsi in un mondo fantasy e June, dopo avergli dato il nome di Neoh, lo inviterà a diventare un avventuriero.
Il ragazzo comincerà a vivere e a viaggiare con l'obbiettivo di scoprire quali siano le sue origini.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In principio c’era il nulla.
Tutto quello che poteva esistere prima di un piccolo e fievole lampo di luce, non esisteva.
Niente vita, pianeti, soli o stelle.
Solo l’oscurità, un manto nero che avvolgeva l’esistenza senza un perché.
Questa era la stessa sensazione che provava un ragazzo disteso sull’erba in una foresta sconosciuta.
E quando la luce del sole colpì i suoi occhi, quello fu il suo modo di uscire dall’oscurità e di creare e scoprire un mondo con la sua vista.
Il ragazzo dopo aver spalancato gli occhi si guardò intorno per capire dove si trovasse e una volta in piedi, si fece le classi domande.
Cosa è successo?
Come sono arrivato qui?
Dove mi trovo?
Quando ci sono arrivato?
Ma tra tutte, la domanda che più attanagliava la sua testa era:
-Io…chi sono?
Non ricordava assolutamente niente, nemmeno il suo nome.
La paura cominciò a farsi strada nel suo cuore, l’unica maniera per uscire da quella situazione era muoversi, trovare una casa, un villaggio o perché no, una città.
-Il sole sorge a est, a giudicare dal sole, dovrebbero essere le 10, quindi…il nord è di là.
Il ragazzo si incamminò verso la foresta, sperando di poter trovare un aiuto il più presto possibile, ma come dicevano i saggi “Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare” solo che in questo caso il mare erano ettari di bosco.
Dopo quelle che dovevano essere tre ore di cammino, Il ragazzo si accasciò su un albero, stanco e affamato per la lunga camminata e divorato internamente da mille domande, avrebbe voluto non essersi mai svegliato.
-Forse…questa è una specie di punizione?
-Devo aver commesso una serie infinita di peccati per ritrovarmi in questa situazione.
-Ma come posso dirlo? Non mi ricordo niente, il mio nome, se ho o meno una famiglia, degli amici e soprattutto…dove cazzo mi trovo?!
Mentre si ritrovava a terra rannicchiato su sé stesso, avvertì un grido di aiuto, dal tono sembrava una ragazza.
Non potevano essere delle allucinazioni, le richieste continuavano, erano reali.
Felice di aver udito una voce umana, il ragazzo cominciò a correre verso quei richiami, passando in mezzo agli alberi il più veloce possibile.
Quando pensava di essere arrivato, il suo cammino venne ostacolato da una piccola rupe, poco più alta di 9 m, solo scalandola sarebbe riuscito a raggiungere la voce.
Il ragazzo cominciò a salire, cercando di fare il più in fretta possibile, ma si accorse tardi che presto e bene non erano una buona accoppiata per il suo obbiettivo, così, mentre pensava di cadere giù e fare un bel botto, le sue dita scavarono la nuda roccia e lo tennero aggrappato alla parete come un gatto a una corda.
Il ragazzo si sorprese di ciò che aveva fatto e ciò che era ancora più strano, sentì che il suo corpo non ne risentiva, non c’era dolore o fatica, ma leggerezza e forza.
Così in quel miscuglio di leggerezza e sorpresa, il ragazzo cominciò a dondolare avanti e indietro, poi dopo aver preso un profondo respiro, con una sola mano si lanciò in cima alla rupe.
Lo stesso ragazzo non riusciva a credere alla sua prodezza fisica, aveva superato gli ultimi 6 m con un braccio.
-Wow è stato…facile.
Disse guardando giù.
-Aiuto!!
Il ragazzo lasciò perdere lo stupore e si rimise a correre e quando arrivò a destinazione si trovò davanti a uno spettacolo bizzarro, strano e spaventoso al tempo stesso.
Una ragazza con degli abiti strani e lunghi simili alle vesti di una suora, armata di un’asta e una spada corta, si era fatta circondare da quelle che parevano essere quattro creature umanoidi rettiliane coperte di pelo.
Cosa poteva dire o fare in una situazione del genere?
La ragazza era ferita e le creature non sembravano avere buone intenzioni, l’unica che gli venne in mente fu quella di tirare un sasso verso una delle creature.
Un rantolo primitivo seguì quella lieve offesa fisica.
Il ragazzo tremava, era cosciente di aver fatto una delle cose più stupide della sua vita.
-Ehi maiali, toglietele le mani di dosso!
I quattro si consultarono tra di loro in una lingua che sembra un miscuglio di rutti e ruggiti, ora non puntavano più verso la ragazza ma verso di lui.
Il primo si scagliò a tutta velocità verso il ragazzo.
“Sono morto” Pensò lui.
Ma poco prima che quella creatura potesse colpirlo, si era messo in una posizione strana, con i piedi all’interno e aveva sferrato un pugno, tutto pronunciando la parola: Seiken.
Bastò un colpo e la testa della creatura esplose in mille pezzi.
Nessuno riusciva a capire nulla, né il ragazzo né le creature né tanto meno la ragazza.
Presi dalla paura e dalla rabbia le restanti creature decisero di attaccare il ragazzo, ma tutti e tre fecero una brutta fine.
Il primo venne atterrato da una presa e con un solo piedi, il ragazzo gli schiacciò la testa, il secondo si fece staccare la testa da una gomitata al mento e l’ultimo si fece spezzare il collo da un singolo calcio.
Il ragazzo rimase impressionato da ciò che aveva fatto, mentre la ragazza con gli occhi spalancati l’osservò incredula.
-Stai bene? Chiese il ragazzo.
Ma la suora non rispose, si limitò ad avvicinarsi al ragazzo
-Ehm, do you speak english?
Ma non reagì neanche a quello e quando si trovò davanti al ragazzo, gli prese le mani e gridò dalla gioia.
-Sei stato pazzesco!
-Grazie, grazie, grazie, mille volte grazie da me e dai divini!
-Ehm non c’è di che.
- Quindi parli la mia lingua?
-Certo che sì, solo che pensavo di morire a momenti, i koboldi hanno attaccato la carrozza che mi stava portando in città e…
La ragazza si ammutolì e superò il ragazzo correndo verso una destinazione sconosciuta.
Lui la seguì, anzi, la superò completamente in velocità, così il ragazzo le propose di salire e di guidarlo per raggiungere la carrozza.
Arrivarono in un lampo, ma trovarono solo i cadaveri dei conducenti della guardia e i rimasugli della carrozza, la ragazza scese dalle spalle del ragazzo e si avvicinò ai resti, non verso una lacrima, semplicemente si avvicinò ai resti e cominciò a pregare, dopo pochi versi quei corpi si illuminarono di luce propria e sparirono diventando cenere bianca nel vento.
-Che i divini vi accolgano.
Il ragazzo si avvicinò meravigliato da quel gesto.
-Ma come hai fatto?
-Sono un chierico del Sacro Battito, ho solo recitato le parole sacre e dato pace alla loro anima.
Chierico? Parole sacre? Anima?
Quelle parole non avevano il minimo senso per il ragazzo, non sapeva chi era o dove fosse, ma anche nella totale amnesia sentiva dentro di sé di non aver mai sentito parlare di cose del genere nella realtà, sembravano uscite direttamente da un fantasy.
-Bene, ora che stanno tutti bene e i Koboldi sono stati eliminati, parliamo di te.
-Me?
-Sì, che ci fa un monaco da queste parti?
-Un cosa?
-Un monaco, combatti a mani nude e hai delle capacità fisiche portate all’estremo dal duro lavoro e la meditazione, tu sei un monaco.
- Ecco è imbarazzante dirlo, ma…io non so cosa sia un monaco e non so perché mi trovo qui.
- Sul serio?
-Non so chi sono e né come ci sono arrivato, in realtà non so nemmeno come ho fatto ad affrontare quei cosi, il mio corpo si è mosso per istinto e sono venuto in tuo aiuto pensando che una volta aiutata, mi avresti aiutato a tua volta.
-Hai almeno un nome?
-Io…non me lo ricordo.
La ragazza si mise una mano davanti alla bocca in segno di dispiacere.
-Non ti ricordi proprio nulla?
-No, tutto quello che so te l’ho già detto, so solo che mi sono svegliato in questa foresta, ho scoperto di avere un corpo super allenato e poi ho incontrato te.
-Non ti torna in mente niente se dico Snowdonia?
-No.
La ragazza si ricompose, raddrizzò la schiena e guardò negli occhi il ragazzo.
-Va bene, allora tanto vale che faccia io le presentazioni, mi chiamo June Halfsun del clan elfico di Gemini, Chierico di livello 1 della chiesa del Sacro Battito e in quanto tale, ti aiuterò a ricordare chi sei.
Il ragazzo sorrise, avvertiva un’energia positiva provenire da quella ragazza, ma c’era una parola che non gli tornava.
-Clan elfico?
June sorrise e scostò i suoi lunghi capelli biondi, mostrando delle piccole orecchie a punta.
-Carine.
Un leggero rossore si manifestò sulle guance di June e le ricoprì, fece cenno al ragazzo di piegarsi, così risalì sulle sue spalle e con l’asta gli indicò la direzione da prendere.
-Mi hai preso per un cavallo?
-Beh mi ha riportato alla carrozza in tempo record, non dovrebbe essere difficile per te raggiungere in un ora la città dove ero diretta per lavoro, riscalda i polpacci, andiamo a Obmil!
-Potrò avere una carota alla fine della corsa?
-Se fai il bravo.
June calciò il ragazzo
-Davvero è necessario?!
-Quale cavaliere sarei se non calcassi il didietro del mio valente destriero?
“Chi me lo ha fatto fare di salvarla” pensò il ragazzo mentre sfrecciava a tutta velocità verso la capitale del regno di Snowdonia, l’antica città di Obmil.
   
 
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