Storie originali > Fantascienza
Segui la storia  |       
Autore: Marco1989    06/03/2021    0 recensioni
2183: gli esseri umani hanno raggiuntole stelle. L'astronave Columbus ha condotto i primi uomini a realizzare la loro prima colonia nello spazio. La più grande impresa mai compiuta dall'umanità. Sulla Terra, però, sta accadendo qualcosa di strano...
Genere: Avventura, Dark, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

III

 

Farris si versò l’ennesima tazza di caffè. Su Elysian una giornata durava trenta ore, ed erano più o meno le quattro del mattino, quindi il sole azzurro non sarebbe sorto per altre quattro ore, eppure lui era completamente sveglio, e non era colpa soltanto della troppa caffeina che gli scorreva nel sangue: da quando la radio-sonda era tornata senza nessun messaggio avvertiva una sorta di peso sullo stomaco che gli impediva di riposare. Un rumore di passi lo spinse a voltarsi: il comandante in seconda Brent, la divisa stropicciata e lo sguardo stanco, era appena entrato in sala mensa.

«Anche lei in piedi, Capitano?» chiese con tono strascicato.

«Purtroppo. E’ quasi una settimana che dormo poco e male, da quando abbiamo lanciato la seconda sonda».

«Non c’è nulla da preoccuparsi, Comandante, e lo sa anche lei. Ben presto la sonda rientrerà con buone notizie dalla Terra».

«Se credi davvero che non ci sia nulla di cui preoccuparsi, perché neanche tu riesci a dormire?».

Il comandante in seconda scosse le spalle, poi si avvicinò al tavolo e si versò a sua volta una tazza di caffè: «Colpito e affondato. Lo devo ammettere, da quando ho visto quei banchi di memoria vuoti provo un certo disagio, e non aver capito cosa sia successo non ha contribuito a conciliarmi il sonno».

Dopo che il capo Wulf aveva fatto rientrare la prima radio-sonda con i comandi in remoto, lui, Brent e Nakadawa avevano passato due giorni e due notti a smontarla, analizzarla e rimontarla, nel tentativo di capire che cosa non avesse funzionato. Senza risultati: se il guasto c’era, non si vedeva.

«Capita, a volte, che la tecnologia crei dei problemi senza motivi apparenti - continuò Brent, per poi bere un sorso dalla tazza - Sono certo che domani la seconda sonda rientrerà con notizie fresche».

Il comandante scosse la testa; sapeva che non c’era alcun motivo logico per preoccuparsi, ma nel profondo del suo cuore si era annidato qualcosa, una sensazione che non lo lasciava in pace un attimo. Sentiva che dietro al viaggio a vuoto della prima sonda c’era qualcosa di più di un semplice guasto meccanico; non era nulla di chiaro, solo un inquietante campanello d’allarme.

«Spero che sia così, Erik. Lo spero veramente» fu tutto ciò che riuscì a dire con voce tombale.

 

Il giorno dopo, non appena Nakadawa annunciò che la radio-sonda era entrata nel sistema, il comandante, Brent, il guardiamarina Liu Li Park e il capo Wulf si riunirono nella sala radio, ansiosi di ricevere le notizie giunte dalla Terra.

«Bene, inizio il download del contenuto dei banchi di memoria della sonda» disse Nakadawa, muovendo rapidamente le mani su un monitor.

«Finalmente avremo una risposta» disse Brent, che mascherava il nervosismo stringendo la mano destra con la sinistra.

«Per fortuna è arrivata - proseguì Park - I civili hanno iniziato a fare domande: sapevano che la risposta sarebbe dovuta arrivare una settimana fa. Qualcuno iniziava a preoccuparsi.

«Non c’è nulla da temere. Solo un piccolo ritardo. Bisogna considerare quanto lontano ci troviamo dalla Terra, e quanti problemi possono crearsi per qualsiasi oggetto che li debba percorrere. Dopo sei anni, pochi giorni non cambiano nulla» dichiarò il capitano  Farris; sembrava, però, che con quelle parole cercasse di convincere se stesso quanto gli altri.

«Download completato - dichiarò Nakadawa, e subito tutti si avvicinarono alla radio - Va bene, sentiamo un po’ cosa ci dicono» e premette con decisione un punto dello schermo.

Dalla radio uscì solo un fruscio indistinto. Il tenente avvicinò il volto al monitor, stupefatto: «No… non può essere… riproviamo!». Mosse di nuovo le mani, attese circa mezzo minuto, premette di nuovo. Ancora fruscii. Alzò lo sguardo cereo verso gli altri ufficiali: «C’è… c’è un problema, signori. La memoria è di nuovo vuota! Niente messaggi, nulla!».

«Verdammt, impossibile!» sbottò il capo Wulf.

«Anche questa sonda era danneggiata?» gridò Liu, esterrefatta.

«Impossibile, ho detto! - sbraitò il capo tecnico, rosso in viso e furioso - Gott im himmel, ho controllato quella hurentochter di una sonda quattro volte prima di lanciarla! Funzionava tutto, sarei pronto a giocarmi la testa su questo!».

«Deve esserti sfuggito qualcosa, per forza!» si intromise Nakadawa, una nota di paura nella voce.

«Nein, non mi è sfuggito nulla! - Wulf si voltò furibondo, verso l’addetto radio - La sonda funzionava alla perfezione! Dovete essere stati voi a impostare le coordinate sbagliate, la frequenza sbagliata!».

«Le coordinate erano giuste, le ho controllate!» – urlò Liu, offesa.

«E lo stesso vale per la frequenza! Ho inserito quella giusta!» proseguì Nakadawa, che iniziava a sua volta a scaldarsi.

«Come fai ad esserne sicuro?» chiese il capo, pungente.

«E tu come fai, mangiacrauti?» urlò l’ufficiale orientale, alzandosi.

Il volto di Wulf divenne una maschera di rabbia, ed il grosso tedesco si avvicinò all’altro ufficiale con fare minaccioso, urlando: «Sentimi bene, schweinhund di un giapponese, non ti permetto di…».

«BASTA!».

L’urlo del capitano risuonò in tutta l’ala della nave, ammutolendo i litiganti. L’ufficiale più anziano si portò in mezzo alla sala radio, attese qualche secondo, poi, con voce autorevole, disse: «Litigare tra noi non serve a nulla! Vediamo di calmarci tutti e di ragionare». Fece una pausa cercando di recuperare il fiato, poi aggiunse, con tono più conciliante: «Mi fido di voi come di me stesso, quindi se il capo Wulf dice di aver controllato a fondo la sonda, io gli credo, e se il guardiamarina Park e il tenente Nakadawa dicono di aver inserito i dati giusti, credo anche a loro - fece un’altra pausa, guardando il piccolo gruppo dei presenti - Partendo da questi presupposti, qualcuno di voi ha una spiegazione plausibile al fatto che non riusciamo a metterci in contatto con la Terra, se tutto funziona a dovere?».

 

Gli sguardi degli ufficiali rimasero bloccati a terra per quasi un minuto, senza che nessuno avesse idea di cosa dire. Poi, finalmente, Nakadawa alzò la testa: «Io forse una spiegazione ce l’ho».

Gli sguardi di tutti si posarono su di lui, che, seppure a fatica, continuò: «Può darsi, semplicemente, che prima della partenza da Base Luna ci abbiano dato un codice sbagliato di frequenza senza neanche accorgersene. Basterebbe un numero errato per invalidare tutto. Forse in questo momento anche loro sono sorpresi quanto noi perché non stanno ricevendo messaggi da parte nostra. Forse, semplicemente, stiamo operando su canali diversi».

Tutti rimasero in silenzio, rimuginando sulla semplicità di quella spiegazione.

Brent non era del tutto convinto: i radar disposti intorno alla Terra dovevano aver rilevato la presenza delle sonde e, con un po’ di intuito, gli operatori dovevano anche aver capito da dove provenivano e che, evidentemente doveva esserci qualche problema, a causa del quale non giungevano messaggi. Se le cose stavano così, però, per quale motivo non avevano spedito loro una sonda? Prima che potesse dire qualcosa, però, il capitano intervenne:  «Non è un’idea insensata. In effetti, può anche essere. A causa di un problema stupido, ci ritroviamo a non poter comunicare. La domanda fondamentale è: a questo punto, cosa possiamo fare per rimediare al problema?»

Questa volta fu proprio Brent a rispondere, ingoiando le proprie incertezze: «Una soluzione ci sarebbe: potremmo riprogrammare la sonda in modo che trasmetta e riceva, anziché su una frequenza particolare, su tutto lo spettro delle onde radio».

Farris fissò il suo vice per alcuni secondi, stupito della rapidità di quella idea: «Un po’ rudimentale come sistema, ma potrebbe funzionare, o almeno credo» e si voltò verso Nakadawa in cerca di conferma.

Il responsabile tecnico si portò la mano al mento, con sguardo pensieroso: «Dovrei riprogrammare completamente il software della sonda. La potenza del segnale sarebbe molto più bassa, ed i banchi di memoria dovrebbero essere ridotti in modo da poter posizionare delle batterie ulteriori… ma sì, posso farcela. Mi ci vorranno sei o sette ore di lavoro, ma ci dovrei riuscire».

«Perfetto, tenente. Lo faccia» ordinò il capitano.

«E la gente della colonia? - chiese il guardiamarina Park - Si aspettavano di ricevere notizie già più di una settimana fa, e molti cominciano a innervosirsi. Cosa dobbiamo dirgli?».

«Gli diremo che le due sonde che abbiamo mandato avevano un problema al dispositivo di navigazione; adesso ce ne siamo accorti e lo abbiamo corretto nella terza. Erik, convoca quei rappresentanti che i coloni hanno nominato e spiega loro questa versione».

«E pensi che ci crederanno?» chiese il secondo.

«Non lo so, ma spero che vorranno crederci. Anche perché non potremmo raccontargli la verità neanche volendo, visto che non la sappiamo neanche noi».

Gli altri ufficiali mantennero un silenzio di approvazione.

«Bene, signori. Direi che abbiamo parecchio da fare. Potete andare».

Gli ufficiali si avviarono per uscire dalla sala radio.

«Akira, Hans, aspettate un momento».

Wulf e Nakadawa si bloccarono, poi si voltarono. Erano sorpresi: Farris non li chiamava mai per nome.

«Sentite, dovete fare una cosa prima del lancio - il comandante prese fiato – Voglio che programmiate alcune videocamere perché siano in grado di resistere al viaggio a velocità iperluce, e che le installiate sulla sonda, in modo che possano riprendere tutto l'ambiente intorno alla Luna e alla Terra».

I due rimasero in silenzio, stupiti.

«Inoltre, Akira, voglio che tu riduca la permanenza nell’orbita terrestre a trentasei ore, senza dirlo a nessuno, così avremo un po’ di margine prima di avvertire i coloni. Inoltre, quando arriverà la risposta, voglio che vengano avvertiti, oltre a noi tre, solo il comandante in seconda e la signorina Park. Non deve esserci nessun altro quando ascolteremo i messaggi».

Il capo Wulf non riuscì a trattenere la sua sorpresa per gli strani ordini: «Mein Gott, comandante, di che cosa ha paura?».

«Non ne ho idea - rispose Farris cupo - E' proprio questo a farmi paura». 

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantascienza / Vai alla pagina dell'autore: Marco1989