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Autore: NyxTNeko    07/03/2021    1 recensioni
Napoleone Bonaparte, un nome che tutti avranno letto almeno una volta sui libri di scuola.
C'è chi l'ha adorato, chi odiato, chi umiliato e chi glorificato.
Ma siamo sicuri di conoscerlo veramente? Come si sa la storia è scritta dai vincitori e lui, il più grande dei vincitori, perse la sua battaglia più importante.
Dietro la figura del generale vittorioso e dell'imperatore glorioso si nasconde un solitario, estremamente complesso, incompreso che ha condotto la sua lotta personale contro un mondo che opprime sogni, speranze e ambizioni.
Un uomo che, nonostante le calunnie, le accuse, vere e presunte, affascina tutt'ora per la sua mente brillante, per le straordinarie doti tattiche, strategiche e di pensiero.
Una figura storica la cui esistenza è stata un breve passaggio per la creazione di un'era completamente nuova in cui nulla sarebbe stato più lo stesso.
"Sono nato quando il paese stava morendo, trentamila francesi vomitati sulle nostre coste, ad affogare i troni della libertà in mari di sangue, tale fu l'odioso spettacolo che colse per primo il mio occhio. Le grida dei morenti, i brontolii degli oppressi, le lacrime di disperazione circondarono la mia culla sin dalla nascita".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore, Periodo Napoleonico
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Capitolo 107 - La caduta dell'Essere Supremo -

Parigi, 26 luglio (8 termidoro anno II)

Quel giorno, sulla capitale, c'era una strana tensione nell'aria, che Maximilien Robespierre aveva ben percepito non appena aveva visto il sole sorgere in lontananza. E quella sensazione lo accompagnò per tutto il resto della giornata. Non era la prima volta che sentiva di essere in pericolo, lo aveva riferito anche ai suoi colleghi e a suo fratello Augustin, che non potevano fare altro che approvare. Le calunnie verso di lui erano aumentate a dismisura negli ultimi mesi, tra queste le più gravi c'era la voce secondo cui avrebbe voluto riportare la monarchia costituzionale e porre il figlio di Maria Antonietta come sovrano e lui stesso nominarsi reggente.

Ovviamente era una falsità. Anche se all'inizio era un stato un sostenitore della monarchia costituzionale, alla fine aveva cercato di difendere il sistema repubblicano. Per questo stava continuando a mostrare durezza e implacabilità, se avesse vacillato solo una volta, il castello che stava costruendo per rendere la Francia il paese ideale, il migliore dei mondi possibili, sarebbe crollato inesorabilmente. Non poteva permettersi alcuna esitazione. Emise un profondo sospiro, aveva dovuto andare contro i suoi stessi ideali molte volte per il bene dello Stato e avrebbe continuato a farlo.

Un'altra terribile calunnia era il presunto 'Affaire Catherine Théot' dal nome di un'anziana predicatrice già molto nota nelle zone parigine per le sue profezie. Tuttavia era salita alla ribalta il 15 giugno di quello stesso anno, quando un membro del Comitato di Sicurezza Generale, Marc-Guillaume Alexis Vadier, aveva denunciato al Parlamento un presunto complotto contro la Rivoluzione, di cui la sensitiva era a capo, sostenendo addirittura che Robespierre fosse il presunto Giovanni Battista, il Messia giunto per salvare la Repubblica e la Francia.

Il solo pensiero di quell'idiozia provocò una sensazione di disgusto in Maximilien - Che assurdità - emise di getto, mentre sul viso si formava una smorfia di disapprovazione, dopodiché si aggiustò gli occhialini - Perché mai dovrei spingermi fino a questo punto? - si chiedeva ancora, allacciando le mani dietro la schiena, compì un paio di passi nella sua stanza, superò lo specchio che riuscì a catturare per un'istante la sua figura smilza e il volto sfigurato dal vaiolo e dai tic - È per il culto dell'Essere Supremo immagino - si diede la risposta da solo.

Quel culto non era mai stato apprezzato completamente, nè dagli atei, nè dai religiosi, dimostravano rispetto solo perché vigeva uno stato di Terrore perenne. Non sapevano o forse fingevano di non ricordare che pure lui disprezzava quella violenza, che era, tuttavia, inevitabile. Aveva dovuto far ghigliottinare alcuni dei suoi amici più cari e amati, in nome dello stato. Si rendeva conto sempre più della bassezza umana, di essere circondato da uomini che realmente bramavano il potere esclusivamente per soddisfazione personale, per il denaro e non per il progresso, il bene della Nazione. Era stanco di ciò che stava accadendo.

"Se ci sarà un Messia che porrà fine alla Rivoluzione dopo averla diffusa fuori dai confini" pensò stringendo e rilassando ritmicamente la mano a pugno "Sarà un individuo con gli stivali dell'esercito, ne ho la certezza assoluta..." questo suo pensiero era stato elaborato dai numerosi dialoghi che aveva avuto con suo fratello in particolare. Il Bonbon infatti gli aveva parlato, con grande entusiasmo, com'era di sua natura, al contrario di lui, di alcuni ufficiali che aveva conosciuto in giro per la Francia, soprattutto nel Meridione, che lo avevano colpito per loro idee e progetti "Non io di certo, al contrario...so che la morte mi attende...ho solo nemici attorno a me".

Lo sguardo spento dei suoi occhi scuri, in cui fino a pochi anni prima brillava una luce intensa, si posò sul foglio che aveva appoggiato sul misero tavolo in legno da poco sparecchiato. Nonostante il suo ruolo di prestigio, considerato l'uomo più potente della Francia, non ne aveva mai abusato per arricchirsi o sprofondare nel lusso, come invece facevano in molti. In particolare coloro che, alleati, si stavano schierando contro di lui. Tutt'altro aveva sempre mostrato un profilo modesto, seppur ci tenesse all'aspetto fisico, sempre elegante, perfetto e squattrinato. Forse era proprio per questo che lo odiavano, era diverso, aveva un'ideale nobile della Rivoluzione e sinceramente voleva aiutare il popolo che non aveva mai tradito.

La Francia non voleva più saperne niente di lui, nonostante ciò non si sarebbe risparmiato nemmeno stavolta alla Convenzione, avrebbe sempre detto la sua, anche a costo di dover essere taciuto o addirittura cacciato. Con uno scatto afferrò il foglio su cui c'era il suo discorso che avrebbe pronunciato e si diresse verso l'uscita, circondato dai suoi uomini di fiducia, al pari di una guardia, determinato più che mai a mostrare la sua incorruttibilità. Il fratello Augustin, invece, era già alla Convenzione, al suo posto, accanto a Couthon, uno dei 'triumviri' come venivano chiamati lui, Robespierre e Saint Just. Quest'ultimo era assente perché di ritorno da una missione che gli era stata affidata lungo il Reno e che aveva svolto con incredibile entusiasmo e inconfondibile ferocia.

L'aula della Convenzione era in fermento, subbuglio come non lo era da quando il fratello aveva deciso di prendersi una pausa e si era ritirato. I membri erano agitati proprio perché sapevano che sarebbe venuto ed erano impazienti di conoscere le sue intenzioni. Augustin ingioiò la saliva e si fece forza, doveva essere un supporto per Maximilien, sapeva che avrebbe bisogno di lui, nonostante non avesse sempre approvato le sue idee. Però non poteva, né aveva intenzione di lasciarlo solo "È lui che mi ha cresciuto, che mi ha permesso di diventare l'uomo che sono, sarei un mostro se dovessi solo pensare di voltare le spalle a mio fratello" si diceva mettendosi ritto, tentando di restare immobile.

Spostò le iridi scure verso il collega Couthon, il quale guardava con sdegno quella marmaglia, certo del fatto che gran parte di loro erano disposti a tradire la Repubblica per i loro privilegi. Il Bonbon emise un profondo respiro, gli ultimi eventi lo avevano fatto invecchiare più del dovuto, per cui non sembrava mostrare affatto i suoi trentunanni. Si sistemò il fazzoletto attorno al collo e attendeva pazientemente, rimpiangendo un po' le città in cui era stato in missione per tanti anni e in cui aveva conosciuto persone incredibili "Chissà come se la sta cavando Buonaparte in questo momento, sicuramente starà meglio del sottoscritto" si chiedeva ripensando ai loro incontri, raramente aveva incontrato uomini così carismatici, magnetici e determinati. Era ancora convinto che il suo futuro fosse a Parigi, nonostante ciò aveva sempre approvato i suoi piani.

Un rumore di passi ridestò tutti i presenti e bloccarono all'istante i pensieri di ciascuno di loro. I loro sguardi si concentrarono in un unico punto, la figura avanzava rivelando la sua identità: era l'Incorruttibile! Era arrivato finalmente, con il suo inconfondibile volto impassibile, freddo, tirato, dal pallore spettrale quasi verdognolo. Barras era rimasto colpito dal cambiamento, per non dire deperimento, che aveva subìto, aveva perso completamente la passione che lo aveva sempre contraddistinto, era guidato meccanicamente dalla sua ossessione per il nemico. Era esausto sotto ogni punto di vista, mancava poco al cedimento definitivo.

Il triumviro raggiunse il suo posto e da lì, dopo aver sistemato sistemato il foglio, pur non avendone bisogno perché ricordava tutto ciò che doveva dire e guardato la sua platea, cominciò a parlare, la sua voce aspra, che dovevano ammetterlo, era mancata particolarmente, e il suo accento tipico della zona dell'Artois, quasi duro e straniero, per via delle sue influenze fiamminghe, suonarono familiari alle orecchie di ognuno di loro.

Subito si pentirono della nostalgia provata, non appena si resero conto dell'argomento trattato: una presunta cospirazione contro la Repubblica. Tra i banchi già fremevano, ma aspettavano che Robespierre terminasse il discorso per replicare e controbattere. L'avvocato di Arras, con quella prima accusa, si accorse delle loro reazioni ed erano quelle si aspettava, erano così prevedibili, così palesi che non avevano neppure bisogno degli occhiali. Però non gli importava, doveva portare avanti il suo dovere, fino in fondo: così prese ad elencare, pur non facendo nomi, coloro che avevano abusato del loro potere e di avergli voltato le spalle - Questi mostri divenuti improvvisamente moderati - li chiamò con particolare enfasi - Devono essere puniti come meritano - minacciò velatamente infine.

Robespierre non volle fare nomi, ci teneva soltanto a rivelare le loro colpe: d'altronde, si menziona il peccato, non il peccatore. Avendo gli occhialini scuri, poteva permettersi di indirizzare tranquillamente lo sguardo verso di loro, si posò su un giovane uomo dall'aria curata e lievemente altezzosa, Jean Lambert Tallien che contemplava i suoi nemici in modo superiore, quasi di sfida, il reazionario Fréron, uno dei più anziani, e uno dei più spietati e feroci, Collot d'Herbois. Accanto ad egli uno degli uomini più inquietanti e spaventosi mai conosciuti, il taciturno ed emaciato Joseph Fouchè, soprannominato 'Le mitrailleur de Lyon', per via dello zelo ed efferatezza capillare con cui si occupò di una rivolta nell'omonima città.

Questi, che avevano inteso benissimo, rimasero paralizzati da quelle accuse, 'la Candela di Arras' come lo denominarono aveva intenzione di colpire anche loro e di distruggerli in maniera più distruttiva rispetto agli altri. Tuttavia l'Incorruttibile non aveva intenzione di fermarsi nemmeno per un istante, era stato un mese intero a meditare, ad elaborare, ad informarsi continuamente per cui era più che sicuro di quello che stava dicendo. Il silenzio spettrale sceso improvvisamente ne era la prova. E passò ad accusare i membri del Comitato di Salute Generale, un organo politico praticamente avversario, intimando, sempre senza menzionare alcuno, di sostituire i membri corrotti ed intricanti, le iridi si spostarono su altri membri lì presenti, Vadier e Amar.

Nessuno osava fiatare ancora, i minuti passavano velocemente, dopo più di un'ora il capo giacobino non aveva fatto una pausa, la Convenzione era immobilizzata dalla paura, c'era chi la mostrava, chi invece abilissimo nel celarla, voleva dimostrare di essere completamente estraneo e quindi inattaccabile. Per istinto di sopravvivenza in molti avrebbero pugnalato il loro collega vicino e addossato la colpa ad un altro senza che nessuno potesse accertarsene.

Augustin guardava il fratello stupito, era la prima volta che mostrava quel tipo di tattica per colpire il nemico, spingendosi molto oltre "Neanche Louis lo farebbe" notò sul viso del fratello il sudore che lo imperlava e per una frazione di secondo il pomo d'Adamo alzarsi e abbassarsi ingoiando la saliva. "Sta per riferire qualcosa di grave, lo sento". Maximilien si sistemò gli occhialini con le dita, scivolati sulla punta del naso, mostrando le pesanti occhiaie. E riprese immediatamente, per non dare alcuna possibilità di replica, ci sarebbe stata solo dopo aver terminato il suo lungo discorso: ed enunciò anche alcuni membri dello stesso Comitato di Salute Pubblica che erano stati troppo magnanimi nelle questioni belliche e protetto aristocratici, riferendosi a Lazare Carnot, ed altri che con la loro retorica nascondeva le loro incapacità diplomatiche ed economiche.

Solamente alla fine emise un respiro e si mise seduto al suo posto, assaporando il tacito terrore che si era insinuato nei cuori dei responsabili. Il silenzio lasciò il posto ad un brusio che cresceva ancora di più e stavano mutando in urla.

- Maximilien - sussurrò il fratello al suo fianco - Sei quindi deciso ad andare in fondo anche a costo della vita?

- È l'ultima mossa che mi resta, fratello mio - rispose voltandosi verso il caro Augustin che lo guardava preoccupato - Prima della fine... - confessò enigmatico, abbassando la testa, pronto a subire il suo destino. Augustin allungò la mano verso quella ossuta del maggiore e gliela strinse leggermente, quest'ultimo sussultò volgendosi sorpreso. Lo vide annuire con il suo fare rassicurante, ricambiò il cenno, sorridendo leggermente, come non accadeva da anni. "Sono il più infelice degli uomini" ricordava Augustin.

L'intenso momento d'intimità fu bruscamente interrotto dalla replica di Vadier che si era alzato per respingere tutte le accuse sul caso Théot - Siete voi che avete organizzato tutto, cittadino Robespierre, per sostituirvi alla Chiesa! - ferocemente puntò il dito - Sono contrario, inoltre, alla decisione di pubblicare questo infamante discorso - si rivolse a Couthon che aveva proposto di diffonderlo.

Un altro deputato Cambon, l'unico nominato da Robespierre e perciò profondamente irritato, si alzò rincarando la dose - Siete voi sempre voi la causa della paralisi dell'intera Convenzione

A questi susseguì Billaud Varenne che pronunciò una frase destinata a rimanere nella storia - Preferisco che il mio cadavere serva di trono per un ambizioso, piuttosto che farmi, con il mio silenzio, complice dei suoi delitti

- Fate i nomi di coloro che accusate - s'intromise Étienne-Jean Panis. Ma Robespierre non cambiò idea e taceva. Ciò permise ai suoi nemici di poter agire, sentendosi minacciati, la pioggia di critiche cadde su un Robespierre impassibile e per nulla insofferente. Gran parte della Convenzione si schierò apertamente contro di lui. I pochi sostenitori, per fortuna vi erano ancora, che lo acclamarono, gli diedero un po' di forza per affrontare l'indomani, in cui avrebbe continuato su quella strada "Forse posso ancora convincerli con il dialogo"

27 luglio (9 termidoro)

Saint-Just, tornato prontamente a sostenere il suo amico, aveva preso la parola per tentare di calmare l'assemblea e coloro con cui c'erano state tensioni e metterli in difficoltà, avendo notato il clima decisamente ostile e intimidatorio. Ma veniva continuamente interrotto dalle urla e dal disappunto dei suoi ex colleghi, in particolare da Tallien. Aveva avuto uno scontro con alcuni di loro già la sera precedente, appena giunto dalla sua missione ed erano stati sul punto di arrivare alla rissa vera e propria, prima di essere prontamente fermati.

I triumvirati non sapevano però del 'colpo di stato' che era stato elaborato dai termidioriani, decisero di denominarsi in tale modo, al solo scopo di toglierli di mezzo una volta per tutte, in primis dal burrascoso Tallien e da Fouchè che, seppur completamente diversi, misero da parte le loro incompatibilità, presero a collaborare, per convincere alcuni membri della Pianura di tradire Robespierre e schierarsi dalla loro parte - Abbasso il Tiranno - si udiva in tutta l'aula.

Quell'insinuazione fece scattare in piedi uno stizzito Robespierre il quale chiese d'intervenire, ma il presidente della Convenzione fece parlare nuovamente Tallien che lo attaccò dapprima verbalmente, paragonandolo ad Oliver Cromwell e in seguito afferrò un pugnale, lo mostrò a Robespierre, poco distante da lui - C’est le sang de Danton qui t’étouffe, il sangue di Danton che ti soffoca - gridavano tra gli spalti nel vederlo in difficoltà, tremante - Io propongo di arrestare lui e tutti i suoi stretti collaboratori! - prima però venne votato l'arresto dei suoi e in un crescendo di tensione si precedette anche al suo di arresto.

- Se dovete arrestare mio fratello - gridò Augustin alzandosi, poggiò la mano sul petto - Allora fatelo anche con me, io sono responsabile quanto lui - un atto eroico da parte del caro fratello a cui Maximilien non avrebbe mai potuto opporsi. Al contratto provò gratitudine, almeno lui non lo avrebbe abbandonato, avrebbero avuto il medesimo destino.

Saint-Just ed altri giacobini fedeli erano spinti dall'impulso di replicare, ma Robespierre li placò, invitando a non opporre nessuna resistenza - La Repubblica è perduta...i briganti trionfano - emise con profonda rassegnazione, mentre si lasciava trascinare fuori dalla Convenzione, consapevole del fatto che nemici si erano lasciati abbagliare e che avrebbero pagato a caro prezzo questo errore. "Non si rendono ancora conto di ciò che hanno scatenato questi stolti affamati di potere".

Una simile notizia si sparse rapidamente tra gli ambienti più affini e i sanculotti che si mossero per liberarlo, portarlo all'Hotel de Ville e vendicarsi dei traditori - Quei bastardi vogliono ucciderlo! - si sgolava uno dei capi, nel mentre sollevava furioso una baionetta recuperata qualche giorno prima. Al grido di costui si aggiunsero anche gli altri, in coro, armati, determinati a riportarlo al suo posto, alla Convenzione. L'insurrezione si scatenò immediatamente, creando non pochi scompigli, tuttavia i termidoriani erano disposti a vincere con qualsiasi mezzo, adesso che Robespierre era rassegnato e sconfitto nel profondo.

Mandarono Paul Barras a sedarla, essendo a conoscenza dei modi bruschi e poco convenzionali con cui riusciva a disfarsi di qualsiasi individuo fosse suo nemico o avversario - Ci metterò pochissimo, cittadini, entrò domani il Tiranno finirà sulla ghigliottina! - garantì spavaldo, sicuro della vittoria. Infatti ci volle poco per distruggere la loro, quasi inesistente, resistenza, con le guardie fedeli alla Convenzione, alcuni componenti delle sezioni parigine moderate, militanti hebertisti e dantonisti. "Con quest'azione mi garantirò sicuramente un posto di prestigio nel nuovo governo che sorgerà".

Nel frattempo alla Convenzione, dopo essersi accertarti delle intenzioni di Barras e della posizione remissiva di Robespierre, verso le 19, dopo 4 dal suo allontanamento, aveva fatto riprendere la seduta, fece approvare la messa fuori legge dei capi dei giacobini e di coloro che si fossero opposti ai mandati di arresto approvati dall'assemblea - Solo così decideranno di arrendersi definitivamente a noi

All'interno dell'Hotel, intanto, nessuno aveva reale intenzione di agire, si proposero molte idee per combattere la Convenzione senza dover ricorrere alle armi, ma un pessimismo aleggiava, soprattutto nel constatare la scarsità dei sanculotti che si era sollevati e non lo approvavano affatto. La loro esitazione fu fatale, perché il deputato Barras aveva avuto tutto il tempo per organizzarsi. 

28 luglio (10 termidoro)

Alle 2:00 del mattino Barras aveva condotto l'attacco alla Comune con due colonne. Nello stesso tempo la Guardia, guidata da Léonard Bourdon, ex hebertista, che aveva avuto contrasti con Robespierre a causa del suo sostegno dell'ateismo di stato, piombò nelle stanze dell'Hotel, proprio mentre Couthon e Robespierre stavano preparando un discorso all'esercito - Arrestateli! - imperò tuonante, indicandoli con il dito. Si scatenò il panico tra la fazione a sostegno dei triumviri, alcuni si suicidarono pur di non cadere nuovamente nelle loro mani.

Augustin li rimirò sconvolto, era stato uno dei pochi che aveva cercato di incoraggiare il resto del club a combattere sino alla fine, non poteva accettare che finisse così - No, non voglio, dopo tutto il nostro impegno, non può esserci simile epilogo - ripeteva sottovoce, muoveva la testa, addocchiò una delle finestre più vicine e, guidato dalla disperazione più cieca, mosso dall'intento di togliersi la vita, vi si lanciò contro, schiantandosi al suolo, dopo aver compiuto un volo terribile.

Il comandante delle Guardie, per nulla scosso da un simile gesto, ai suoi occhi insensato e provo di qualsiasi valore, ordinò che andassero a recuperarlo - Vivo o morto che sia - quelli obbedirono e trovarono il povero Bonbon in fin di vita, semicosciente, sanguinante per via del vetro e dell'impatto.

Neppure uno sparo proveniente dalla sala in cui c'erano suo fratello e gli altri giacobini lo ridestò completamente, neanche la vista del fratello, al quale era stata bendata la testa, il colpo gli aveva fracassato la mascella e, per evitare di non poterlo ghigliottinare, i chirurghi la fasciarono frettolosamente. Saint-Just fu l'unico ad essere uscito dall'Hotel con un contegno stoico, altero, chiuso in un impenetrabile e ostile mutismo. Vennero condotti alla Conciergerie in attesa di un riconoscimento, riferirono come scusa, il vero motivo era la cattura di tutti i giacobini e sanculotti presenti in città, nascosti o in procinto di fuggire.

I due Robespierre erano in fin di vita, con gli occhi chiusi, febbricitanti, augurandosi che il supplizio finisse in fretta e trovassero la pace con la morte. Dopo quattordici ore furono condotti alla Place de la Révolution, in mezzo alla folla che festeggiava con gioia il ritorno della normalità, si poteva tornare finalmente a vivere - A morte il tiranno Robespierre! - lo provocavano, però, nemmeno un gemito uscì dalle labbra dell'Incorruttibile, guardava verso l'alto. L'obliqua lama della ghigliottina splendeva sinistramente, desiderosa del sangue degli implacabili carnefici che avevano posto sotto la sua insaziabile fauce migliaia di uomini e donne.

Mostrarono un contegno paragonabile a quello degli ex sovrani messi a morte, affrontarono l'ultimo passo con dignità. Maximilien era messo peggio di tutti, così si decise di farlo giustiziare per primo, mentre gli toglievano la benda un grido di dolore, agghiacciante, risuonò nella piazza, la mascella si staccò inesorabilmente dalla parte destra e un lago di sangue si formò, l'istante immediatamente successivo si udì la lama tranciargli di netto la testa. Lo stesso accadde ai suoi seguaci, uno dopo l'altro. Si chiudeva il cupo, drammatico periodo del Terrore giacobino.

Nizza

Napoleone intanto, era tornato da pochi giorni dalla missione di Genova, era stata per lui un'esperienza costruttiva che gli aveva dato la possibilità di conoscere a fondo la città e muovere i primi passi nel mondo della politica internazionale, di certo non comparabile a quella locale e limitata della Corsica.

Come se non bastasse aveva ricevuto una lettera dal fratello Giuseppe, era l'invito al suo matrimonio con Julie Clary. Al giovane ufficiale scappò un sorriso compiaciuto - Bene Giuseppe, hai fatto una mossa grandiosa - era orgoglioso di lui. Tale scelta avrebbe portato alla risoluzione di gran parte dei problemi finanziari, potendo sistemare economicamente e far studiare adeguatamente i fratelli più piccoli nelle scuole e accademie militari più prestigiose.

Tuttavia Buonaparte e i suoi aiutanti erano ancora ignari di ciò che si era appena scatenato nella capitale e che li avrebbe travolti irrimediabilmente. La sua carriera e la sua stessa vita erano in serio pericolo.
 

 

   
 
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