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Autore: Helen_Book    07/03/2021    0 recensioni
Eileen ha perso la voce e la capacità di trasformarsi. Sente di non aver nulla da offrire al proprio branco. L'incontro inaspettato con un lupo randagio cambierà totalmente la sua esistenza e la porterà ad addentrarsi nei più oscuri ricordi del suo passato.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Sovrannaturale
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Eileen non sapeva definire le emozioni che stava provando. Prima di conoscere Arthur, non pensava fosse possibile sentirsi in tanti modi diversi contemporaneamente.

Non vedeva l’ora di incontrarlo. Dopo tanto tempo, poterlo guardare da vicino, ascoltare la sua voce e, se aveva fortuna, poterlo toccare di nuovo, rappresentavano i suoi desideri più profondi e viscerali.

Tuttavia, se iniziava a riflettere sugli ultimi avvenimenti e le rivelazioni ottenute in quei pochi giorni, aveva voglia di scappare, arrendersi e rifugiarsi lontano da tutti.

Soprattutto da lui.

L’istinto di evitare il confronto era un meccanismo di difesa che aveva adottato in più di un’occasione. Era terrorizzata dall’idea di essere delusa, di scoprirsi più debole di quanto immaginasse.  

Dopo aver perso il suo lupo, aveva smesso di aspettarsi qualcosa dagli altri, da se stessa. Si era rassegnata e aveva vissuto la vita giorno per giorno.

Qualche volta le era successo di fantasticare sul suo futuro compagno, ma non aveva mai immaginato di incontrarlo nella realtà. Mettersi in gioco era più complicato di quanto si aspettasse.

Eileen, Mala e Ziki camminavano fianco a fianco, ognuno immerso nei propri pensieri. Le strade continuavano ad essere desolate, proseguirono indisturbati.

“Ecco l’asilo” affermò Ziki indicando una costruzione in legno.

Circondata da diversi orticelli e aiuole incolti, l’abitazione non era molto grande, ma dall’esterno appariva accogliente. Erano stati utilizzati diversi tipi di legno nel costruirla, conferendole una certa unicità e un pizzico di innovazione.

Il silenzio regnava anche in questa zona: era inusuale avvicinarsi ad una scuola e non sentire grida, urli o pianti di bambini.

La situazione è peggio di quanto pensassi.

Eileen non stava più nella pelle. Voleva rendersi utile e rimettersi a lavoro.

Ziki abbassò la maniglia e uno alla volta entrarono nell’edificio. La puzza di vomito li investì, facendoli storcere il naso. I banchi soliti erano stati sostituiti da letti improvvisati, costruiti malamente, ma funzionali.

Una ventina di bambini giacevano nei letti, alcuni seduti intenti a giocare, altri addormentati. Il colorito di alcuni era preoccupante.

Eileen si avvicinò ad uno di loro, immerso nel mondo dei sogni. Le labbra viola e il viso pallido, dormiva supino. Un rivolo di saliva scivolò dal lato della bocca. Non era trasparente come si aspettava.

Stava per vomitare e in quella posizione sarebbe soffocato.

Corse subito al suo fianco e con agilità lo spostò di lato, dimenticandosi di evitare il vomito che le sporcò i pantaloni e parte del maglione.

Dovrò lavarli di nuovo. 

D’un tratto, una mano le afferrò il braccio, facendola sobbalzare. Sollevò gli occhi e incontrò lo sguardo minaccioso di una ragazza, un’adolescente. Se un’occhiata avesse potuto uccidere, lei sarebbe già morta.

Con forza, continuò a strattonarle il braccio per allontanarla dal bambino malato, rischiando, però, di farlo rotolare giù da letto. Prima che Eileen riuscisse a protestare, Mala si intromise, afferrando a sua volta il braccio della sconosciuta.

“Cosa vuoi fare? Non vedi che sta cercando di aiutarlo?” la ragazza la ignorò totalmente, provando a liberarsi dalla sua stretta.

“Ragazze, per favore, calmatevi” si intromise Ziki, mettendosi in mezzo tra le due litiganti.

Nel frattempo, liberato il braccio, Eileen si guardò intorno, in cerca di una pezza per eliminare i residui di vomito. Non trovandone nelle vicinanze, utilizzo la manica del suo maglione per pulire l’angolo della bocca del bambino.

Povera creatura.

Ancora addormentato era ignaro di tutto ciò che stava succedendo.

Questo posto non è ben fornito come l’ospedale. C’è bisogno di bende sterilizzate e di acqua calda da utilizzare per l’infuso.

Mentre gli altri erano impegnati a litigare, legò i capelli con la piccola cordicella e si mise all’opera. Fece il giro della stanza in cerca di acqua da scaldare. Sentiva lo sguardo della ragazza oltrepassarle la schiena.

“Perdonatela, lei è mia sorella Genny. È un po’ diffidente verso chi non conosce” affermò Ziki, e subito dopo ricevette una gomitata dalla diretta interessata.

Allora è lei la sorella sorda di Arthur. È per lei che conosce la lingua dei segni.

Eileen arrivò a quella conclusione, ricordando quando lui glielo aveva confidato.

Piegata sulle ginocchia, era intenta a riempire una bacinella d’acqua, posizionandola successivamente sul fuoco.

Come le era successo in precedenza, il suo odore fu la prima cosa che percepì, ancora prima di vederlo. Un profumo di miele misto a spezie.

Dopo essere entrato dalla porta d’ingresso, Arthur rimase sull’uscio, posando subito gli occhi su Eileen, ignorando il gruppetto intento a discutere.

Come una calamita, ricambiò lo sguardo. Le si mozzò il fiato.

Gli occhi a mandorla color miele non l’avevano mai osservata con tale intensità. Sempre vestito di nero, gli indumenti mettevano in risalto la sua corporatura.

Se lo stava mangiando con gli occhi.

Per qualche secondo, si fissarono come se loro due fossero gli unici presenti nella stanza.

“Finalmente sei arrivato a salvarmi!” gridò Ziki, interrompendo quella “connessione” creatasi tra loro.

Eileen ritornò in sé, concentrandosi su ciò che stava facendo, per quanto le fosse possibile.

Calmati, non puoi dare nell’occhio.

Si sistemò alcune ciocche sfuggite alla coda dietro le orecchie e, dopo aver appoggiato la bacinella sul fuoco, si avvicinò di nuovo al suo piccolo paziente.

“Cosa sta succedendo qui?” chiese Arthur, senza riferirsi a nessuno in particolare.

Genny corse al suo fianco, iniziando a segnare velocemente. Essendo di spalle, Eileen non poteva comprendere ciò che gli stava dicendo.

Decise di continuare ad operare, ignorando il problema.

Mala, prendi un altro cuscino e mettilo sotto quello del bambino.

Le riferì, vedendola in disparte.

“Certo, provvedo subito” si allontanò, iniziando la ricerca.

Eileen frugò nella piccola tracolla, selezionando gli ingredienti che le servivano.

“Posso darti una mano?” una voce cavernosa alle sue spalle, le fece rizzare tutti i peli sul collo, deconcentrandola di nuovo.

Chiuse gli occhi e li riaprì velocemente, in cerca di un briciolo di lucidità.

Annuì senza guardarlo.

Mi serve l’acqua calda in un bicchiere. 

Segnò, tra una boccettina e l’altra.

Con agilità, ritornò subito e le porse il bicchiere d’acqua. Nel passaggio da una mano all’altra, le loro dita si sfiorarono, generando una scossa elettrica.

Alzò gli occhi, chiedendosi se l’avesse percepita anche lui.

Mossa sbagliata.

Di nuovo, i loro sguardi si incatenarono, il verde si perse nel color miele. Sebbene avesse un aspetto trasandato, era più bello di quanto si ricordava. Anche con le occhiaie e la barba di qualche giorno, era l’unico ad attrarla. Aveva una gran voglia di toccarlo.

“Ecco il cuscino che mi hai chiesto” Mala spezzò l’incantesimo, porgendole ciò che aveva chiesto.

Perfetto, appena riusciamo a farlo sedere, mettiglielo dietro la schiena.

Arthur rispose ai comandi, sollevando il bambino come se fosse una piuma. Nel farlo, eliminò le distanze e con la coscia le sfiorò il fianco, facendo impazzire i suoi sensi. Inspirò bruscamente.

Di questo passo non riuscirò a concludere nulla.

Prese il bicchiere e si allontanò da lui. Nel preparare l’infuso iniziò a mescolarlo per bene.

Genny le si avvicinò con un’espressione minacciosa sul volto.

Chi sei? Come ti permetti di entrare qui e agire secondo le tue regole?

Incrociò le braccia, in attesa di una risposta.

Innervosita da quel tipo di comportamento, Eileen decise di ignorarla e continuare il suo lavoro.

Prima che potesse farlo, Genny le strinse di nuovo il braccio, strattonandola verso di sé. Per puro caso, beccò il punto in cui la guardia della prigione le aveva lasciato il livido.

Per il dolore, Eileen chiuse gli occhi e aprì la bocca, senza emettere alcun suono. Di riflesso, lasciò cadere il bicchiere per terra, rovesciando sul pavimento tutto il contenuto.

“Genevieve!” tuonò Arthur, rimproverandola per il suo comportamento “cosa ti passa per la testa?”

Non lo aveva mai visto così arrabbiato, tanto che quasi si dispiacque per la ragazza che, con le lacrime agli occhi, corse fuori, sbattendo la porta.

“Fratellone, ma che ti prende? Lo sai che a volte è capricciosa, ciò non toglie che hai esagerato” commentò Ziki, rincorrendo la sorella all’esterno.

Intanto, Eileen si massaggiò il braccio indolenzito. Provò a recuperare il salvabile dell’infuso. Mala le si avvicinò, preoccupata.

Sto bene, le riferì. Più che altro, queste piante sono rare, trovarle nelle vicinanze è difficile. Saremmo costrette a spingerci verso il branco.

Si morse il labbro per la frustrazione.

“Possiamo organizzarci e spostarci in segreto” le propose all’orecchio, facendo sì che solo lei potesse cogliere le sue parole.
Eileen annuì, facendole capire che ne avrebbero discusso in seguito.

Dispiaciuto, Arthur le domandò: “Come stai?”, senza staccarle gli occhi di dosso neanche per un secondo.

Sto bene, forzò un sorriso, sminuendo l’accaduto.

Si rimise a lavoro, sperando di riuscire a concluderlo questa volta.

Il bambino ingoiò buona parte dell’infuso e subito dopo, ritornò a dormire.

Mentre gli rimboccava le coperte, Arthur le si avvicinò da dietro, piegandosi in direzione del suo orecchio: “Devo parlarti, vieni con me.”

Preoccupata che qualcuno li stesse osservando, si accorse che Mala era l’unica presente nella stanza.

“Andate, vi copro io” affermò lei, esortando l’amica ad accettare l’invito.

È arrivato il momento, pensò mordendosi il labbro.

Prima ho bisogno di cambiarmi, riferì ad Arthur indicando i suoi indumenti sporchi di vomito. Voleva essere in forma sotto tutti i punti di vista prima di affrontarlo.

“Se vuoi posso prestarti qualcosa” le propose, guardandosi intorno.

Non ce n’è bisogno, ho un cambio nella tracolla.

Detto ciò, non aspettò di ricevere una risposta. Aprì la prima porta sulla destra e si rifugiò all’interno. Una volta chiusa, abbandonò completamente il corpo, scivolando per terra.

Inspira, espira, inspira, espira.

Pian piano, riuscì a ritrovare le forze.

Uscì il maglione e il pantalone neri e li indossò, promettendosi di lavare i suoi vestiti il prima possibile.

Abbassò lo sguardo e si accorse che il bigliettino col suo nome e la forcina regalatale giacevano ai suoi piedi. Nella fretta di spogliarsi, si era dimenticata di averli affissi sul petto.

Riprese quel piccolo pezzetto di carta e insieme alla forcina riattaccò il nome in direzione del suo cuore.

Ora era pronta.

Uscì dalla stanza e trovò Arthur appoggiato allo stipite di un’altra porta, ad aspettarla.

Sorrise nel vederla indossare i vestiti del suo branco.

“Questo colore ti dona” affermò con naturalezza, ignaro della reazione che quelle parole scatenarono in lei.
Arrossì e senza aggiungere altro, si incamminarono all’esterno.

Insieme.



Buonasera! 

Scusate il ritardo, solitamente aggiorno nel pomeriggio, ma oggi sono stata parecchio impegnata. Avevo pensato di rimandare il capitolo a domani, ma poi mi siete venuti in mente. Comprendo perfettamente l'impazienza e la voglia di scoprire come si evolveranno le cose e allora eccomi qua! 

Siccome il prossimo capitolo è troppo lungo credo che lo dividerò in due parti. Come avrete intuito, è un capitolo mooolto importante ;) 

Al prossimo aggiornamento, stay tuned!

Helen

 

  
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