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Autore: Mash    08/03/2021    0 recensioni
Un demone si risveglia dal suo sonno e come ogni 30 anni deve continuare la sua maledizione. Uccidere tutti coloro che professeranno il loro amore per lui per trovare finalmente colei o colui che sarà in grado con i suoi sentimenti di spezzare finalmente il maleficio che lo lega da più di un secolo.
Genere: Malinconico, Sovrannaturale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Questa storia partecipa al COWT11
M4: Orietta Berti – Quando ti sei innamorato
“La senti e già lo sai che brucia dentro
Come una fiamma ormai ti lascia il segno
Quando mi guardi tu so quello che vorrei”
V Capitolo – Nuove scoperte
 
-Ti ho visto con quella donna…- la sua voce continuava a urlare parole che il giovane non riusciva a inquadrare in una conversazione già avvenuta.
-Che diavolo fai?- era la sua voce, ma, era come se non uscisse dalle proprie labbra. Lui era come uno spettatore di quel sogno, guardava tutto dall’esterno. Non stava vivendo quel momento, lo stava come guardando di nuovo.
Il buio. Era circondato dal buio. Dove si trovava? Che cosa stava succedendo? Una luce fioca illuminò il luogo facendo apparire una figura dai capelli argentei.
-Non preoccuparti, non … niente…- disse avvicinandosi al suo corpo immobile come in balia di una corrente che non poteva fermare o arginare.
2 dicembre 20XX ore 03. 48 – Camera da letto di Daniel
Si svegliò di soprassalto quando le labbra del demone si poggiarono sulle sue. Il respiro era affannato e gli sembrava come se avesse corso i centro metri in dieci secondi. Cercò di calmarsi e di far ritornare lento il respiro e il cuore che oramai andava a tremila. Era più di un mese che faceva quell’incubo. Ogni volta che sognava il demone e il loro bacio, si risvegliava sempre in quello stato. Che diavolo gli stava capitando? Possibile che stesse sviluppando dei sentimenti per l’altro nonostante tutto quello che stava scoprendo sul suo conto?
Le parole che diceva Kay ogni volta si ampliavano e diventavano più chiare, anche se ancora non riusciva a capirle. Non era un vero e proprio sogno, aveva in qualche modo l’impressione che avesse già vissuto quel momento, anche se la cosa gli sembrava assurda, non ricordando assolutamente di aver mai scambiato un bacio con l’altro. Non sapeva perché, ma era sicuro che se avesse risolto il mistero dietro quel sogno, tutto sarebbe stato più chiaro.
Si passò una mano sul volto cercando di non pensare a quello che aveva appena sognato. Probabilmente stava esagerando come suo solito, a causa di quel maledetto caso passava troppo tempo con il demone e stava iniziando a uscire pazzo per via del suo modo di fare e soprattutto dalle attenzioni che gli dedicava, trattandolo veramente come un suo cliente.
Sospirando, si rimise sdraiato per poi riaddormentarsi dopo essersi rigirato nel letto per quasi un’ora. Questa volta però, facendo un sonno senza sogni.
20 dicembre 20XX ore 19. 15 – Centrale della polizia – Rivendell
Daniel aveva sei fascicoli sparpagliati sulla scrivania.
Dall’ultimo caso la situazione si era evoluta in negativo. Dopo il primo omicidio, erano scomparse altre tre donne, era stato trovato un altro cadavere, proprio vicino a dove abitava il detective. Daniel non aveva mai visto la vittima, ma aveva avuto modo di analizzare le fotografie della scientifica. La modalità era simile per entrambi gli omicidi. Le donne non avevano segni di violenza e non avevano ferite a parte l’enorme squarcio sul loro petto che ne aveva causato la morte. Il cuore, era assente in entrambi i corpi. Per quel che riguardava la seconda donna c’era da dire che si trovava in un luogo molto lontano rispetto quelli che era solita frequentare e che, al contrario del primo omicidio, non aveva segni di rapporti sessuali recentemente avvenuti. Inoltre, al contrario della prima vittima, rivestita di tutto punto e posizionata quasi in posa sul letto della sua abitazione, nessuno aveva manomesso il suo corpo. Le somiglianze andavano unicamente per il modo in cui erano state uccise, per quanto riguardava il corpo e la sua posizione c’erano delle differenze, sembrava che quella volta l’assassino fosse stato come interrotto e anzi, non avesse messo la cura che c’era stata nel primo omicidio. Come chi viene interrotto sul più bello e deve lasciare la scena del crimine più in fretta del previsto. Nessun testimone però si era fatto avanti e anche il cadavere era stato ritrovato la mattina dopo, parecchie ore dopo la morte della donna.
L’unica cosa che sembrava accomunare i cadaveri e le donne scomparse oltre la modalità dell’assassinio era un’altra cosa.
L’Horizon.
Entrambe le donne decedute e due delle donne scomparse erano clienti fisse di un demone chiamato Kay. Il demone era stato interrogato ogni volta in cui un nuovo fascicolo si era aggiunto alla sua lista e ogni volta non aveva trovato niente con cui minare la sua innocenza, nonostante inoltre il sospetto rimanesse, non erano mai riusciti a incriminarlo o a farlo entrare nella lista di sospetti pericolosi che sarebbe stato meglio tenere sotto controllo.
Inoltre, lui e quel tipo erano diventati amici e Daniel iniziava a provare uno strano affetto nei suoi confronti, nonostante avesse cercato in tutti i modi di mantenere la loro relazione in maniera professionale, senza affezionarsi troppo, qualcosa era subito scattato dentro di lui, anche se a spiegarlo a parole era anche troppo complicato. Sua sorella avrebbe detto che si era innamorato, ma lui aveva escluso la possibilità, cercando di reprimere i sentimenti che comunque sentiva di provare nei confronti dell’altro.
Infine, come se non bastasse, da circa due mesi, aveva iniziato ad avere incubi più o meno ricorrenti su lui e quel demone che…
-Questo non lo scrivo nelle mie note personali…- mormorò il ragazzo chiudendo il taccuino su cui stava scrivendo fitto una rete d’informazioni pressoché inutili ma che lo aiutavano a tenere la situazione sotto controllo e ad avere un quadro completo di quello che stava accadendo nelle indagini. Ci ripensò subito dopo e sbuffando riaprì il taccuino riprendendo a scrivere. Aveva bisogno di appuntarsi tutto quello che sapeva e che gli passava nella testa. Compreso quel sogno.
Decise però di non segnare la parte finale dell’incubo, non era necessario scrivere proprio tutto. Kay era uno dei principali sospettati degli omicidi, se fino al momento si era salvato da un’incriminazione ufficiale era perché ogni volta sembrava avere un alibi stabile. Solo per il secondo cadavere forse si potevano avere degli appigli, ironia del destino, solo qualche ora prima il demone si trovava nella zona, ironia della sorte, a casa sua. Ma infine, non erano riusciti a ricavare niente, dato che sembrava che l’ora della morte fosse avvenuta quando il demone stesse già lavorando al locale.
Il secondo omicidio e il fatto che si trovasse stranamente in quella zona aveva reso Kay più sospetto agli occhi dei suoi superiori, che stavano discutendo sull’aumentarne la sorveglianza. I demoni poi erano una razza particolare nel loro mondo, nessuno sapeva bene che genere di cose potessero fare. Magari aveva il dono dell’ubiquità o poteva cambiare i ricordi delle persone facendo credere ai suoi clienti e datori di lavoro che fosse con loro in un momento diverso. Non avrebbe saputo dirlo e nemmeno tra i casi della polizia c’erano segnate molte informazioni.
La durata della loro vita era lunga, quindi per la sua teoria di collegare gli omicidi presenti e passati a un unico colpevole, Kay era sicuramente il candidato perfetto.
Per quello che lo riguardava però, ultimamente aveva rivalutato la sua possibile colpevolezza. Rimaneva sospetto, non la smetteva di provocarlo e di dargli i nervi, però, era anche vero che l’aveva aiutato in un paio di situazioni e l’aveva tirato anche su di morale. Quindi la parte che voleva credere alla sua innocenza era sempre più pressante rispetto a quella che voleva credere nella sua colpevolezza.
Per quanto riguardava l’Horizon affermava con tutto se stesso di non amare quel locale e ancora di meno chi lo frequentava. Alcuni dipendenti sembravano veramente strani e c’era uno di loro che ultimamente lo seguiva sempre con lo sguardo e che gli dava i brividi. Non capiva perché lo fissasse ogni volta che entrava dalla porta ma, soprattutto quando saliva di sopra nelle camere, sentiva i suoi occhi gialli che lo seguivano quasi rabbiosi, come se stesse commettendo il più grave dei crimini.
Aveva proposto più volte al suo capo di far diventare la sua visita ufficiale, ma quello gli aveva sempre risposto negativamente, sostenendo che avere un infiltrato fosse la cosa migliore che potesse loro capitare. Peccato che Daniel non la pensasse a quel modo.
Ivan invece sembrava divertirsi molto in quella faccenda, nonostante non lo riguardasse personalmente. Una volta aveva persino chiesto di portarlo per vedere qualche bella ragazza del locale e magari incontrare anche il famoso Kay. Per tutta risposta Daniel lo aveva fulminato con lo sguardo e ignorato i suoi successivi discorsi sull’argomento. Prese il nuovo fascicolo che era rimasto da un lato e si alzò mettendosi in tasca il taccuino. Guardò di nuovo la fotografia della donna scomparsa. Sarebbe dovuto andare all’Horizon per un incontro con Kay anche quella sera.
20 dicembre 20XX ore 22. 15 – sala d’aspetto Horizon
Incominciava a perdere la pazienza. Era da poco più di un’ora che si trovava all’Horizon, aspettando che Kay finisse il suo incontro con una donna e che poi potesse dedicargli del tempo. Aveva dapprima fatto finta di niente, poi quando i minuti erano diventati quarti, aveva deciso di prendere qualcosa da bere. Seduto al bancone del bar del locale guardava sciogliersi il ghiaccio all’interno del bicchiere della limonata, profondamente seccato per il tempo perso in quel posto, soprattutto perché non gli era stato dato un rifiuto ma semplicemente una richiesta di aspettare che si liberasse. Quindi secondo il suo pensiero sarebbe stato sconveniente prendere e andarsene via dato che l’altro gli aveva chiesto di aspettarlo.
Però si stava esagerando.
-Posso offrirle da bere?- domandò una voce maschile dietro di lui poggiandogli una mano sulla spalla. Il giovane si voltò e trasalì leggermente. Era l’uomo che lo seguiva ogni volta con lo sguardo incattivito.
Lo guardò più da vicino. Era un bell’uomo, sulla trentina, capelli a spazzola castano scuro, occhi piccoli e di uno strano colore dorato. Erano proprio quegli occhi a dargli i brividi, e se li sentiva addosso ogni volta che andava nel locale, come un lupo sulla propria preda prima di attaccare.
Sorrise leggermente cercando di essere cortese nel rifiutarlo:-Grazie per l’offerta ma non si preoccupi. Ho già pagato la mia bibita.-
-Allora mi permetta di offrirle un altro giro.- disse non facendolo nemmeno rispondere e ordinando subito dopo: -Due bicchieri di J. B. con ghiaccio.-
-No, io… in realtà è meglio che non beva.- replicò poco convinto, non poteva certo dirgli che era in servizio e aveva bisogno di essere lucido.
-Suvvia, un bicchierino, non le farà poi così male.- insisté l’altro facendo quasi dardeggiare i propri occhi: -Ma lasci che mi presenti. Laurence, per servirla.- aggiunse sorridendo e alzando appena il bicchierino, invitandolo a fare lo stesso.
-Daniel.- rispose imitandolo nel gesto, maledicendosi subito dopo per avergli detto il suo vero nome, anche se probabilmente l’uomo lo conosceva già.
-Piacere di fare la sua conoscenza, Daniel.- disse Laurence facendogli un altro sorriso e allungando il bicchiere verso di lui, aspettando che facesse tintinnare il proprio contro quello dell’altro.
Forse lo aveva giudicato male. Non sembrava una persona così pessima. Di certo non sembrava troppo minaccioso quando sorrideva, di certo le apparenze potevano ingannare e non si poteva permettere di abbassare la guardia. Però… un bicchierino non avrebbe effettivamente fatto male a nessuno, no? Osservò il bicchiere colmo di liquido ambrato e decise di assecondarlo, prendendolo e allungandolo verso il suo ospite, facendo tintinnare il vetro.
20 dicembre ore 23. 15 – sala d’aspetto Horizon
-E poi non la smette di chiamarmi con quel ridicolo nomignolo, lo trovo insopportabile, ho sempre odiato quando si storpia il mio nome.-
L’altro rise alle parole del giovane che oramai gli aveva raccontato tutto quello che non gli piaceva dei modi di Kay. Il problema di Daniel e l’alcool era che dopo aver bevuto il primo bicchiere, aveva deciso che un altro non gli avrebbe fatto poi così male e così il successivo, quello ancora dopo e l’ultimo che aveva appena bevuto. Non era ubriaco e riusciva ancora a limitare quello che raccontava all’altro, ma forse non avrebbe retto il nuovo bicchiere che gli era stato passato.
-Che ne dici se spostiamo la nostra conversazione nella mia stanza? Ti andrebbe di salire?- chiese Laurence, rifiutando che il barman riempisse di nuovo il suo bicchiere.
-No, io… Devo vedere Kay. Non si è ancora degnato di farmi chiamare o dirmi di tornare a casa, sono qui da più di un’ora e…- alzandosi in piedi sentì la testa girargli e si appoggiò alla sedia cercando di non cadere. Gli scappò una maledizione dalle labbra.
-Non sembri reggere così bene l’alcool come mi dicevi…-
-Forse ho un po’ esagerato, una visitina al bagno degli uomini e poi sarò come nuovo.- rispose, con un sorriso, trovando di nuovo l’equilibrio e spostandosi verso l’ascensore, deciso ad andare a chiedere spiegazioni a Kay: -Anche se è impegnato dovrebbe almeno farmi delle scuse e farmi andare a casa, non farmi sprecare il mio tempo, l’ho aspettato due ore e lui sa benissimo che dovrebbe darmi la priorità rispetto agli altri suoi clienti…- una donna lo fissò per poi bisbigliare qualcosa al suo accompagnatore, ridacchiando.
-Aspetta. Forse è il caso che io ti accompagni di sopra, non sembri molto stabile sulle gambe.- replicò Laurence seguendolo per sorridere quando sbatté contro le porte dell’ascensore.
-Non ne ho bisogno.-
-Tanto la mia stanza è sullo stesso piano, non ci metto niente ad accompagnarti un po’ più avanti.- aggiunse, schiacciando il pulsante dell’ascensore.
Questo aprì le sue porte e i due vi entrarono. Daniel si appoggiò allo specchio abbassando lo sguardo verso il pavimento. La testa iniziava a girargli in maniera fastidiosa. Aveva bevuto troppo nonostante sapesse l’effetto che questo gli dava. Nonostante si fosse riproposto di essere lucido e di non strafare, dopo il primo bicchiere l’altro aveva preso ad ordinare ancora liquore e lui gli aveva fatto compagnia, per poi iniziare a parlare di Kay dopo aver finito il terzo bicchierino. Era più forte di lui, l’alcool gli piaceva e da molto tempo non era riuscito a godersi una serata in cui poter bere senza pensieri. Anche se forse aveva scelto la serata peggiore in cui farlo e soprattutto una compagnia sbagliata.
Nonostante avesse problemi nel mantenere un equilibrio e biascicasse alcune parole però, si sentiva ancora lucido.
-Dimmi, come mai tra tutti i nostri dipendenti hai scelto proprio Kay? Ho sentito che hai richiesto lui di proposito il tuo primo giorno qui. - domandò incuriosito.
-E’ una storia complicata, non c’è un vero e proprio motivo, ne ho sentito parlare da una conoscente e ho voluto dargli una possibilità. -
-Kay dice di non volere clienti maschi ma accetta te… la cosa è molto strana. Pensavo non fosse interessato alla clientela maschile, ma se continua così ruberà tutti i miei clienti maschili, già le donne sono sempre meno... se adesso inizia ad aprirsi anche con gli uomini prevedo pochi guadagni nel mio futuro…-
-Sono sicuro che i tuoi clienti non risentiranno del mio vedermi con Kay, non preoccuparti.-
-Diventa anche tu un mio cliente, sono sicuro che potrei soddisfarti di più rispetto a Kay, di certo ho più esperienza.-
Daniel rise: -Ti stai sbagliando, non facciamo niente di quello che immagini. Non sono quello che si può definire un vero e proprio cliente. E comunque non voglio cambiare, mi trovo bene con lui. – si mise sulla difensiva, cominciando a osservare le luci intermittenti dei numeri, fino a quando non si arrivò al terzo.
L’ascensore si fermò al terzo piano aprendo lentamente le porte.
-Bene, sono arrivato.- disse uscendo, cercando di camminare più dritto possibile, dandosi un tono.
-Aspetta, io…- mentre l’altro stava parlando una voce lo interruppe.
-Daniel, tutto bene?- domandò Kay mentre apriva la porta della sua stanza e si avvicinava verso di loro, un sorriso sul volto, ma gli occhi affilati che squadravano il collega.
-Kay…-
-Laurence, non ti ho forse detto che lui è uno dei miei clienti, o sbaglio? Non hai il permesso di avvicinarti ai miei clienti.- domandò il demone all’altro, calcando sull’aggettivo possessivo. Laurence alzò, per tutta risposta, le spalle come se l’informazione non lo toccasse minimamente.
-Volevo soltanto farci due chiacchiere. Non ho fatto niente di male.- si allontanò verso la sua stanza, dopo aver gettato uno sguardo che non sembrava essere dei più amichevoli all’altro.
Kay afferrò un braccio di Daniel e lo trascinò velocemente nella sua stanza, come se avesse fretta di mettere più distanza possibile tra loro e l’altro dipendente.
-Ehi! Che ti prende? E cos’era quel discorso sui tuoi client? È sembrato fossi una tua proprietà. - domandò il giovane abituandosi gradualmente alla luce fioca che regnava in quel posto al contrario del locale illuminato a giorno. Era grato che Kay non amasse le luci, perché in quel momento sentiva di non riuscire a sopportare troppa luminosità.
-In qualche modo essendo un mio cliente abbiamo una specie di contratto, no? Non sei un oggetto che possiedo, ma sei una persona legata a me in qualche modo. Tu invece, che ci facevi insieme a Laurence?-
-Beh, abbiamo bevuto qualcosa insieme e poi mi ha accompagnato perché avevo qualche problemino a deambulare fino alla tua stanza.- disse sedendosi sul letto dell’altro che sembrava mezzo sfatto. Evidentemente tra lui e la sua cliente si era consumato ben più che una semplice conversazione. Guardò le lenzuola con un po’ di disprezzo, e subito si accorse di avere gli occhi di Kay addosso.
All’altro non ci volle molto nel buttarsi sopra di lui e farlo sdraiare sul letto, e Daniel non oppose nemmeno quella che poteva chiamarsi una vera e propria resistenza.
-Che cavolo fai?- domandò mentre lo osservava cercando in qualche modo una via di fuga dalla situazione che si stava facendo troppo spinosa, soprattutto per via della condizione psicologica in cui si trovava. Sentiva un eccitamento verso l’altro che non aveva mai provato in precedenza e resistere alla tentazione di toccargli i lunghi capelli argentei che scendevano ai lati del viso era insopportabile.
-Non dirmi che sei geloso perché ti ho lasciato tutto questo tempo da solo, ignorandoti.-
-Affatto. Semplicemente sono infastidito per il fatto di aver perso del tempo che avrei potuto spendere in maniera più proficua,- replicò, irritato: -adesso, per favore, spostati.-
Kay lo guardò sospettoso. Era come se l’alcol avesse portato alla luce una parte di Daniel che non conosceva. Aveva visto il lampo di gelosia nei suoi occhi quando l’altro aveva guardato le lenzuola, e anche se le sue parole dicevano qualcosa, il suo corpo rispondeva diversamente a quella presa di posizione da parte sua. Sentiva chiaramente il battito del suo cuore andare più veloce, le guance arrossati e un accenno nella parte bassa dei pantaloni.
-E se invece approfondissimo il nostro rapporto?- domandò stringendo una mano attorno al polso destro dell’altro per fermarglielo sul letto, senza metterci però troppa forza, come se si stesse divertendo a provocarlo, sapendo che la cosa lo infastidiva. Stava giocando con lui, provocandolo e aspettando una sua reazione.
-No. Sai perfettamente che la situazione non deve essere modificata, e non voglio di certo…- il suo sguardo si posò sulle sue labbra socchiuse e gli tornò in mente il sogno che ormai lo tormentava da parecchi giorni in un momento sbagliatissimo. Le labbra di Kay che si univano alle sue… Quella sensazione di calore che provava ogni volta che si svegliava… No, non doveva pensarci. Non in quel momento. Alzò lo sguardo nei suoi occhi, che lo scrutavano come a leggerlo dentro, e in quel momento seppe benissimo quello che voleva. Avvicinarsi all’altro era pericoloso, ma era ciò che voleva fare. Chiudere la distanza tra di loro e far avverare quel sogno che lo tormentava.
-Sei facile da leggere come un libro aperto. A cosa hai appena pensato?- domandò curioso. Conosceva bene la psiche umana e sapeva capire quando sul volto di qualcuno passava una nota di desiderio. Soprattutto se il desiderio era per lui.
-A un sogno che faccio ultimamente.- non era il caso né di mentire né di approfondire la questione.
Nel giro di un paio di secondi a quella risposta, fu Daniel a prendere in mano la situazione e a spingersi verso il volto dell’altro, lo sguardo stranamente deciso mentre lentamente chiudeva le palpebre raggiungendo le labbra di Kay. Fu un bacio quasi delicato il loro, come se Daniel avesse paura di romperlo in mille pezzi a forzare più la pressione tra le loro labbra. Dopo un attimo di smarrimento da parte del demone, preso completamente alla sprovvista da quell’azione inaspettata dell’altro, il volto si distese e le labbra si allargarono in un sorriso. Le mani si portarono dietro la nuca dell’umano e lentamente, dischiudendo le labbra, la lingua iniziò a premere su quelle di Daniel, che dopo qualche istante si rilassarono.
Dischiuse la bocca e la sua lingua incontrò quella del demone dopo qualche secondo, ricambiando il bacio e cominciando a far unire e separare i loro respiri che sembravano cercarsi da secoli. Sentì un piacevole e improvviso calore dentro tutto il suo corpo. Come una fiamma che scavava dentro di lui, lasciandogli segni infuocati a ogni nuovo lembo che raggiungeva.
Lo sentiva dentro di lui e lo sentiva anche nell’altro, un calore che lo conquistava e lo faceva sentire come se non ne avesse abbastanza. Lo sentiva sotto la sua pelle, ogni parte di lui percepiva l’eccitazione che fluiva a ritmo quasi insopportabile. Ne voleva ancora di più.
Era come se quel bacio gli avesse fatto perdere la ragione, o avesse semplicemente dato avvio a quello che realmente voleva, scacciando la sua mente razionale. Scacciando la parte di lui che ancora s’interrogava se l’altro era veramente colpevole, spingendo da parte tutti i dubbi che aveva provato sul suo sesso e sul ruolo che aveva nell’indagine.
Era come aver ceduto il suo corpo a qualcuno che non era veramente lui. Qualcuno che avrebbe voluto essere, una persona con meno pensieri, a cui non interessava il dopo ma soltanto il momento che stavano vivendo. La mano libera si spostò tra i suoi capelli, accarezzandoli. Erano piacevolmente morbidi al suo tocco, e v’indugiò, tirandoli appena.
La mano del demone scese lungo la sua camicia slacciandogli un bottone, infilandosi nel varco aperto per iniziare a toccare la pelle dell’altro. Un sospiro gli scappò dalle labbra che vennero poi, nuovamente, ricatturate in un bacio. Quando anche l’altra mano lasciò la propria per andare a toccare l’interno coscia del giovane, Daniel si staccò da Kay spingendolo via, aveva il respiro affannato, ma si sentiva più lucido di prima, come se avesse ritrovato quella parte di se stesso che aveva tanto cercato di soffocare.
-Io… mi-mi dispiace.- disse, alzandosi traballando, portandosi una mano alla bocca, decisamente imbarazzato, più con se stesso che con l’altro. Aveva veramente ceduto a quella parte di lui che desiderava Kay? Cosa era scattato per fargli perdere la ragione in quel modo?
Forse stava di nuovo sognando, chissà.
Kay lo guardò leccandosi in modo sensuale le labbra, ancora umide del sapore dell’altro. No. Non era un sogno, lui si trovava proprio lì davanti.
-Non devi scusarti, inoltre, non sembra esserti così dispiaciuto.- sussurrò, indicando il cavallo dei suoi pantaloni.
-Ah… No. Questo non significa niente.- disse sedendosi su una poltroncina lì davanti, evitando di rimanere sul letto. Sentiva ancora le pulsazioni della sua eccitazione, ma con un po’ di calma avrebbe risolto tutto, forse. Il solo saperlo essere lì a pochi metri da lui lo faceva impazzire. Quella situazione era paradossale. Come aveva potuto lasciarsi andare in quel modo sotto il suo tocco? E perché nella sua mente voleva soltanto riscacciare di nuovo la parte razionale di lui e lasciarsi nuovamente andare?
-Non sarà che ti piaccio davvero?- chiese Kay sorridendogli.
-No. Sono venuto per lavoro, la sai.- disse, approfittando per ricomporsi ancora di più e recuperare la cartellina bianca che aveva portato con sé, tirando fuori un fascicolo con all’interno la fotografia della donna scomparsa.
-Oh… La conosco, è una delle mie clienti. Anche lei è scomparsa? In effetti, non la sento da circa un mese.- disse sedendosi sul letto, portando i piedi sul copriletto senza nemmeno sfilare le scarpe. Osservò il giovane iniziare la sua solita routine, ovvero scribacchiare tutte le sue risposte su un vecchio e ormai quasi finito taccuino. Gli umani erano veramente strani.
-Un mese?-
-Sì, un mese.- ribadì Kay, mantenendosi inespressivo.
- È scomparsa una settimana fa, ti aveva forse dato il benservito?-
-A me aveva detto che voleva tentare di riconciliarsi con suo marito, quindi pensavo fosse andata bene e avessero risolto i loro problemi… evidentemente non è andata così bene come credevo se è scomparsa da tutto questo tempo.- sbuffò Kay alzando le spalle.
Daniel chiuse il taccuino e ripose il fascicolo nella cartellina, rimettendola nella borsa scura che portava sempre con sé. La situazione sembrava ripetersi ogni volta, a ogni nuovo omicidio o scomparsa, Kay era invischiato nella faccenda, ma per qualche motivo non sembrava essere possibile incriminarlo in nessun modo.  Che si stesse solo prendendo gioco di lui? Forse non era implicato in quei casi, forse avrebbero fatto meglio a seguire un’altra pista. Sì… Ma quale? Si portò una mano sulla fronte, aveva un cerchio alla testa insopportabile. Perché si era messo a bere con quel tipo? A proposito di quel tipo… e se avesse fatto delle richieste simili anche alle altre clienti del demone oltre che a lui?
-Quel tipo… Laurence… Ha fatto storie simili a tutte le tue clienti? Perché mi ha proposto di diventare un suo cliente invece che rimanere con te, forse…-
La bocca di Kay si allargò in un ghigno che non faceva trasparire per niente buoni propositi, che però Daniel perse, dato che ancora cercava di evitare l’altro nella zona del viso, specialmente in quella delle labbra.
-Ora che ci penso alcune delle mie clienti si sono lamentate riguardo Laurence. Per questo lo avverto sempre di stare lontano dalle persone che vengono da me… Inutile che ti dica che molte se ne infischiano e ci stanno ugualmente. Per molte donne non importa con chi stare, basta che ci sia qualcuno che estingui il loro senso di solitudine. -
-Devo informarmi meglio su questa faccenda. Potrebbe essere in qualche modo implicato in questa storia.- finalmente c’era uno spiraglio di luce in quella totale oscurità.
-Basta tu ci stia lontano, non è qualcuno di affidabile.-
-Sai dirmi se ha dei poteri particolari o è un semplice essere umano?- chiese, sperando nella seconda ipotesi.
-No, Mi dispiace. Come avrai notato non siamo amiconi che fanno grandi conversazioni su faccende private.- rispose sarcastico.
-Forse potrei provare…- il giovane fu interrotto dalle parole dell’altro, che anticiparono i suoi stessi pensieri.
-Vorresti rischiare di trovarti a faccia a faccia con un assassino?- chiese il demone.
-Potrei trovarmi già adesso a faccia a faccia con un assassino, non dimentichiamocelo.-
-Hai ragione.-
-Beh, ci penserò quando sarà il momento.- si alzò dalla poltroncina e recuperò la busta, appallottolandola e infilandosela in tasca:-Adesso è meglio che me ne vada a casa. Domani dovrò alzarmi presto.-
-Rimani qui. Sei ubriaco, uscire a quest’ora potrebbe essere stupido e tornare indietro in taxi non è un’esperienza che consiglio, specialmente se caschi dal sonno. Io ho finito di lavorare, rimani qui con me questa notte.-
-Mi stai prendendo in giro?- Daniel sgranò gli occhi alla proposta dell’altro, come paralizzato dalla decisione a quella proposta.
-No. Resta a dormire qui. - ripeté il demone con un tono dolce, che ancora non gli aveva mai sentito.
Daniel arrossì leggermente ripensando a quello che era successo poco prima:- Se resto tu non…-
-Non ti farò dormire, logico.- completò la sua frase, sarcastico.
-Non hai proprio alcun pudore…- disse il giovane sbuffando appena, divertito nonostante tutto dalla situazione.
-Non si può fare una battuta con te.-
-Non sono interessato a demoni di mezz’età.- mentì a se stesso, sorridendogli e capendo che una parte di lui stava iniziando ad abituarsi all’altro, ai suoi modi di fare e alle sue provocazioni e in qualche modo ricambiava il favore stuzzicandolo.
-Demone di mezz’età?- domandò stupito sporgendosi verso di lui e tirandolo poi giù nel letto in una morsa soffocante: -Sappi che hai decretato la tua condanna. Adesso rimarremo per sempre così, fino a quando non morirai per inerzia. - aggiunse con una risata.
-Ehi! Non ho detto che rimango!- esclamò l’altro cercando di staccarsi dall’altro e dalla sua stretta.
-Troppo tardi. Non intendo rialzarmi per aprirti la porta.-
-Se mi permettessi perlomeno di sistemarmi, non devi fare niente, giusto allentare la presa, prometto che non me ne andrò, questa notte rimarrò qui a disturbarti con il mio russare…-
-Non scappare.- disse l’altro lasciandolo e mettendosi a un lato del letto coprendosi subito dopo con un lembo del lenzuolo, lasciando all’altro la tanta agognata libertà: -Buonanotte.- sussurrò.
Daniel si spostò al lato opposto, sorridendo senza però ricambiare l’augurio, addormentandosi dopo qualche istante.
21 dicembre 20XX ore 01. 18 – camera di Kay – Horizon
Il demone passò una mano tra i capelli del giovane addormentato sorridendo. Quel giovane era diverso dalle donne che aveva avuto nella sua stanza, perché non voleva accettare il suo tocco e i suoi baci? Per quale motivo lo respingeva in quel modo nonostante lo volesse così come lui voleva l’altro? Gli esseri umani erano strani, lo aveva sempre pensato.
C’era qualcosa che lo infastidiva, anche lui si stava comportando in maniera diversa dal solito. Era come se Daniel si fosse infilato dentro di lui, come a voler occupare prepotentemente un posto che Kay credeva sarebbe per sempre rimasto vacante. Sapeva di essere contento di trovarsi assieme a quel giovane in quel momento, riusciva a percepirlo grazie ai vari stimoli del suo corpo. Nonostante non ammettesse i suoi sentimenti, non si lasciasse andare e nonostante fosse un dannato ficcanaso, non poteva fare a meno di provare una certa tenerezza nei suoi confronti.
Non era amore, ne era sicuro, ma passare il tempo con lui era piacevole e fino a quel momento non gli era mai successo con nessuno.
-Dormi bene Daniel.- sospirò, poggiando un bacio sulla sua testa.
-Vedremo quanto ancora ti ci vorrà prima di cedere ai tuoi stessi sentimenti.- concluse alzandosi dal letto e portandosi alla finestra.
Il cielo coperto dalle nuvole temporalesche gli impediva di vedere le stelle, ma la Luna faceva appena capolino dalle nubi, illuminando la strada sottostante e gli edifici di fronte.
Kay aprì il vetro e un filo di vento gli arrivò addosso, chiuse gli occhi ricaricandosi con il soffio vitale e lentamente, scivolò via dai suoi cupi pensieri.
  
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