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Autore: dracosapple    08/03/2021    3 recensioni
La vita nelle campagne del Kansas scorre tranquilla e monotona per tutti, anche per il giovane Dean a cui non dispiace affatto essere un semplice ragazzo di campagna, gli va bene così, non pretende nulla di diverso per sé stesso, anche se vive negandosi la libertà per non deludere la sua famiglia.
Il destino però, anche se in modo crudele, certe volte presenta l'occasione di ricominciare, perché la vita è una sola, anche quando sembra distrutta e non resta altro da fare che rimettere insieme i pezzi.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Capitolo 7: Changes1
 
New York, New York, 12 febbraio 1989

 
Dean si svegliò con un mal di testa terribile, la sveglia sul comodino segnava le dieci del mattino e dalla cucina proveniva il chiacchiericcio attutito di Adam. La luce del sole filtrava attraverso la tenda della finestra e gli trafisse gli occhi ancora semichiusi. Gemette rigirandosi sul lato sinistro cercando di riaddormentarsi ma era impossibile, ormai era sveglio.
Non era stato un sonno realmente ristoratore, però non aveva avuto nessun tipo di incubo, probabilmente per merito di tutto quello che si era bevuto la sera prima.
Per qualche istante si chiese come avesse fatto a tornare a casa nello stato in cui era poi nella sua mente iniziarono ad apparire come dei flash le immagini della notte precedente: la folla che spingeva, il caldo, la musica pulsante, l’alcool che gli bruciava la gola, Cas che guidava la sua auto..
Cas…si tirò su a sedere di scatto. Cas l’aveva riportato a casa in braccio, letteralmente e poi?
Strizzò gli occhi cercando di ricordare. Erano seduti sul letto e lui aveva detto qualcosa a Cas, ma non riusciva a ricordare bene che cosa e poi Cas si era avvicinato a lui…no lui si era avvicinato a Cas.
Spalancò le palpebre portandosi le mani tra i capelli.
“Cazzo” pensò prendendosi la testa tra le mani. Per un secondo sentì di nuovo le labbra di Cas sulle sue, come si erano separati, qualcosa che gli aveva detto Castiel, probabilmente si era arrabbiato con lui.
Dean sospirò e si rigettò tra le coperte, non aveva intenzione di uscire dal letto, non dopo quello che aveva fatto. Per qualche strano motivo le cose con Castiel sembravano andare bene e lui si ubriacava e mandava tutto all’aria. Tipico.
Si ricordò che aveva ripromesso a Sam di telefonargli ma uscire dal letto in quel momento gli sembrava un’impresa troppo grossa. Aveva un martello pneumatico in testa, gli occhi che gli bruciavano e lo stomaco in subbuglio.
Ricordava quasi tutto della sera prima, tranne quei fondamentali particolari su cosa aveva detto a Cas e poi cosa Cas avesse detto a lui dopo il bacio.
Gliel’avrebbe chiesto? No, troppo rischioso. Se avesse ignorato la cosa magari anche Cas l’avrebbe fatto.
O forse anche Cas era ubriaco e si era dimenticato tutto. No, era troppo da sperare.
L’unica cosa positiva era che non aveva sognato niente quella notte, era sprofondato in un sonno senza incubi e senza sogni ed era stato fantastico.
Si stiracchiò cercando la forza di uscire dalla sua stanza, prima o poi avrebbe dovuto farlo, non poteva di certo rimanere in quel letto per sempre, anche se l’idea gli sembrò parecchio allettante al momento.
Inspirò profondamente e scese dal letto pensando che magari Cas non era in casa adesso.
Entrò in cucina dove trovò Adam e Charlie seduti al tavolo che chiacchieravano sottovoce.
-Ehi Dean, com’è andata la serata?- domandò subito Adam.
Il ragazzo si limitò ad alzare un pollice mentre si dirigeva verso i pensili per prendere una tazza e riempirla di caffè fino all’orlo, aveva un disperato bisogno di caffeina.
-Hai un aspetto orribile e questo vuol dire che ti sei divertito. Dai raccontami qualcosa!- lo incalzò il più piccolo sporgendosi verso di lui.
-Sta’ un po’ zitto Adam!- lo rimproverò Charlie. –Quanto hai bevuto Dean?-
-Il giusto- rispose lui con voce gracchiante. –Ma sto bene- si affrettò ad aggiungere.
-Avete visto Cas?- chiese poi finendo il caffè e versandosene subito un’altra tazza.
-Sì è uscito un’ora fa, non so dove sia andato però- rispose Adam. –Sei riuscito a farlo muovere un po’ o era impalato come al solito? Sembra un esattore delle tasse-
Dean non rispose, non voleva dirgli che Cas con il maglione nero aderente e i jeans che indossava ieri sera sembrava tutto tranne che un esattore delle tasse.
-C’è dell’ibuprofene nella mia borsa sul divano- disse Charlie indicando il salotto. –Mi sa che ne hai bisogno- aggiunse la ragazza.
Dean rovistò nella borsa di pelle blu di Charlie finché non trovò quello che stava cercando, poi ingoiò la piccola pastiglia bianca con un bicchiere d’acqua e si massaggiò le tempie sperando che il farmaco agisse il prima possibile.
Tornò in soggiorno per telefonare a Sam e aspettò che il fratello gli rispondesse dall’altro capo della cornetta mentre si attorcigliava nervosamente il filo tra le dita.
-Pronto?- domandò la voce assonnata di Sam Winchester.
-Sono vivo- fece il maggiore schiarendosi la voce.
-Mmmmm mi fa piacere saperlo- bofonchiò Sam. –Cas ti ha riportato a casa tutto intero?-
Dean sussultò non appena udì il nome di Castiel pronunciato dal fratello. Avrebbe voluto dire a Sam cos’era successo ma se l’avesse fatto avrebbe dovuto spiegargli anche tutta la storia precedente e non era pronto.
-Sì, più o meno. Ho un mal di testa terribile-
-Te l’avevo detto di smettere di bere-
Dean alzò gli occhi al cielo. –Sì come vuoi. Hai da fare questo pomeriggio?-
-No, Jessica è da un’amica e Kevin sta monopolizzando l’appartamento per prepararsi a una gara di matematica o qualcosa del genere. Che hai in mente?- spiegò Sam.
-Nulla, volevo solo chiederti di uscire. Non ce la faccio a stare a casa-
-Okay, ci vediamo davanti alla Roadhouse dopo pranzo. Dean, stai bene?-
-Sì sto benissimo, a dopo-
Chiuse il telefono in faccia a Sam e si prese il viso tra le mani. La testa gli faceva un male terribile e non voleva stare in casa perché non riusciva a sopportare gli sguardi di Adam e Charlie.
Nonostante ormai si conoscessero abbastanza continuavano a guardarlo con quello sguardo preoccupato di quando era arrivato il primo giorno, ancora coperto di lividi. Aveva solo detto di aver avuto una lite violenta col padre ma in cuor suo sapeva che i due avevano intuito che c’era di più. E adesso Cas sapeva, sapeva tutto.
Quello era un altro dei motivi per cui non voleva stare dentro casa, aveva paura di affrontare Cas e quello che era successo con lui poche ore prima.
Si chiuse di nuovo nella sua stanza mentre l’angoscia e il panico tornavano a stringergli le viscere ma non appena si sedette sul letto sentì bussare alla porta.
-Dean sappiamo che sei lì dentro. Vuoi dirci che hai?-
Era la voce di Adam. Quel maledetto ragazzino non riusciva proprio a farsi gli affari suoi.
-Sto smaltendo la mia sbronza- rispose in malo modo. Voleva solo essere lasciato in pace, non era così complicato da capire. Aveva combinato un casino con Cas ed era solo colpa sua, come al solito.
-Sì certo, come no. Apri la porta prima che la butti giù-
Stavolta era la voce di Charlie che parlava. Sospirò e si rigirò nel letto dando le spalle alla porta. No, non avrebbe aperto. Non aveva voglia di mettersi a parlare con quei due di quando fosse incasinata la sua testa.
Sapeva di comportarsi da idiota perché Charlie era lesbica e Adam aveva detto apertamente che ognuno avrebbe dovuto essere libero di stare con chi più gli piace e probabilmente anche Cas era dello stesso avviso, ma quello era un problema solo suo e non ne avrebbe fatto parola con nessuno, si sentiva bloccato, ingabbiato, intrappolato nella sua stessa testa.
Non riusciva ad aprirsi e a parlare con nessuno.
I due bussarono ancora alla porta. –Dean apri o giuro che butterò giù la porta a calci!- esclamò Charlie risoluta.
-Va’ via!- ribatté Dean infilando la testa sotto il cuscino e gemendo. Ma perché non capivano che voleva essere lasciato in pace.
Strizzò gli occhi e prese un profondo respiro mentre sentiva i passi dei suoi due coinquilini allontanarsi. Davanti ai suoi occhi iniziarono a scorrere a sprazzi le immagini della sera precedente, mescolate a quelle del ragazzo ritrovato nel canale e di suo padre.
Sentì di nuovo il cuore iniziare a battere velocemente e il respiro farsi affannoso, aprì di nuovo gli occhi e si passò una mano sul viso. Era così stanco di tutti quegli incubi e di quella sensazione spiacevole che provava ogni volta che cercava di addormentarsi.
Voleva solo chiudere gli occhi e non sognare, non trovarsi quelle immagini orribili davanti ogni notte.
-Guarda che per smaltire la sbronza devi mangiare qualcosa- la voce di Adam lo riscosse.
-Che cazzo Adam ma cosa non capisci della frase “lasciami in pace”?-
-Stai di merda Dean, non ti posso lasciare in pace- replicò il ragazzo fuori dalla porta. –È da ieri sera che sei strano, anche prima di uscire. Da quando sei arrivato in realtà, c’è qualcosa che non va ma non lo vuoi dire. Dean, sarò solo un ragazzino ma puoi fidarti di me-
Dean non rispose. Quella scena gli ricordava quando aveva baciato Lee per la prima volta a scuola e quando era tornato a casa era totalmente sconvolto e si era chiuso in camera per ore mentre Sam era rimasto fuori dalla porta per ore cercando di farlo parlare.
-Come vuoi- riprese Adam con un sospiro di rassegnazione mentre i suoi passi si allontanavano nel corridoio.
Dean affondò la faccia nel cuscino. Avrebbe solo voluto urlare e sfogarsi, anche piangere gli sarebbe andato bene, ma era come avvolto in un blocco di cemento.
Passò dal letto sfatto alla doccia del bagno, con gli occhi chiusi lasciò che l’acqua tiepida gli scorresse addosso, avrebbe voluto che oltre al sudore quell’acqua lavasse via anche tutti i suoi pensieri.
Uscì dal box doccia e si guardò allo specchio, doveva decisamente tagliarsi i capelli e levarsi quell’ombra di barba che gli stava crescendo incolta donandogli qualche anno in più.
Si strofinò il viso con le mani e poi iniziò a radersi, alla fine si rese conto di essersi fatto un piccolo taglio sulla mascella e rabbrividì.
Dopo essersi vestito uscì di casa senza neppure guardare Charlie e Adam che stavano chiacchierando nel salone, tirò semplicemente dritto fino alla porta, poi dentro l’ascensore e poi fino in strada, dove il sole di febbraio gettava la sua luce senza scaldare.
Gli faceva ancora un po’ male la testa e aveva fame, così decise di evitare accuratamente la Roadhouse e di infilarsi in uno scalcinato bar prendendo un caffè schifoso che non riuscì nemmeno a mandare giù e nulla da mangiare, se si fosse messo qualcosa di solido nello stomaco era sicuro di vomitare, e non per la sbronza.
Iniziò a girovagare per il quartiere con la testa fra le nuvole, ripensando a tutto quello che era successo il quel breve lasso di tempo.
La sua vecchia vita, quella a cui era abituato da sempre, era andata totalmente in pezzi in un secondo senza neppure dargli il tempo di realizzare che cosa fosse successo e lui aveva preso la decisione più folle di tutta la sua esistenza ma nonostante adesso stesse cercando di riaggiustarsi sapeva che c’era qualcosa di spezzato dentro di lui e soprattutto quei pensieri continuavano a tormentarlo.
Non era solo il ricordo di suo padre che lo prendeva a calci o di sua madre così terrorizzata da non tentare nemmeno di proteggerlo, ma tutto quello che aveva assorbito per anni.
La vita in quel posto di campagna dimenticato da Dio gli aveva inculcato in testa che un uomo poteva stare solo con una donna, che avrebbe dovuto sposarsi e mettere su famiglia, così suo padre sarebbe stato fiero di lui.
Ci aveva provato e aveva visto com’era finita, lui non era così non poteva esserlo ma allo stesso tempo essere davvero sé stesso gli sembrava qualcosa di impossibile e lontano anni luce.
Iniziava a sentirsi le mani congelate e guardò l’ora sull’orologio al polso, tra poco avrebbe visto Sam e le cose sarebbero andate meglio. O almeno così sperava.
Si mise ad aspettare fuori dalla Roadhouse cercando di non farsi vedere e aspettò Sam per qualche minuto.
Il minore lo raggiunse dopo poco, con il viso arrossato dal freddo e le mani affondate nelle tasche del pesante giaccone.
-Stai di merda- esordì Sam senza neppure salutarlo.
-Grazie- rispose Dean accennando un sorriso sarcastico. –Anche tu non sei male-
I due fratelli iniziarono a camminare senza una meta precisa rimanendo in silenzio per un po’.
-Allora- iniziò Sam. –Che cos’hai?-
-Io? Niente- rispose l’altro guardando davanti a sé.
Sam alzò un sopracciglio e guardò in tralice il fratello. Quello non era solo un post sbronza, c’era qualcosa in più, ma come al solito Dean non avrebbe aperto bocca.
-Vuoi finirla di fare così?- sbottò improvvisamente il più piccolo con un moto di rabbia.
-Finire di fare cosa esattamente?- replicò Dean stupito.
-Di comportarti così!-
-Così come?-
-Come se non potessi capire che cos’hai o non volessi dirmelo perché devi fare l’eroe e sbrigartela da solo per non disturbare gli altri o non caricarli di un peso perché è una questione solo tua- ribatté Sam con voce dura.
Dean sgranò gli occhi mentre Sam si piazzava davanti a lui incrociando le braccia. Erano finiti in una strada con poche persone che passavano velocemente senza degnarli di uno sguardo.
-Lo fai da quando siamo piccoli, pensi che non me ne sia accorto? Ogni volta che hai un problema non ne parli con nessuno perché non vuoi che gli altri si preoccupino per te. Sai che ho chiamato la mamma per chiederle se sapesse qualcosa? Non ha voluto dirmi nulla, perché io lo so che mi stai mentendo, ti conosco meglio di chiunque altro e non mi muoverò da qui finché non mi avrai detto la verità- esplose Sam tutto d’un fiato.
-Woah Sammy-boy, che hai mangiato stamani a colazione?- fece Dean alzando un sopracciglio, stupito dall’audacia del fratello minore.
Per cinque secondi immaginò di dirlo a Sam, tutta la verità, senza togliere nessun particolare, e finalmente di togliersi di dosso quel peso che lo schiacciava giorno e notte.
Ma poi il pensiero di quello che era lo colpì. Era sbagliato e lo sapeva da tutta la vita, ma non poteva farne a meno, aveva visto com’era andato il suo tentativo di uniformarsi a quello che i suoi genitori si aspettavano da lui e aveva fallito, mandando la sua vita in pezzi.
Si era rovinato con le sue stesse mani e gli rimaneva soltanto Sam, non avrebbe distrutto anche questo.
Però era Sam, forse avrebbe capito? Se non ci avesse provato non l’avrebbe mai saputo.
E se Sam l’avesse abbandonato come avevano fatto i suoi genitori? Sarebbe riuscito a ripartire di nuovo da capo? Già adesso era così difficile cercare di non lasciare troppe tracce di sé, se Sam l’avesse abbandonato…però non poteva vivere con i se.
La sua testa era un disastro completo, aveva bisogno di qualcuno. Probabilmente Cas era arrabbiato con lui ma era l’unico che sapeva.
Inspirò profondamente cercando di mettere ordine nel suo personale caos.
-Okay. Andiamo da qualche parte…un bar. Ho bisogno di bere qualcosa-
Afferrò il fratello minore per un braccio e lo trascinò dentro il primo bar aperto. Era un locale piccolo e angusto, ma dietro il bancone scintillavano le bottiglie degli alcolici e a Dean questo bastava.
Ordinò un Jack e cola alla cameriera che non fece domande ma si limitò a guardarlo compassionevole. Uno che prendeva un Jack e cola alle tre del pomeriggio non doveva essere proprio in forma.
-Che stai facendo?- domandò Sam non appena la donna appoggiò il drink sul tavolo.
-Vuoi parlare? Okay, ma come dico io- rispose il maggiore dando un lungo sorso.
-Sono le tre del pomeriggio Dean…- protestò debolmente Sam indicando il bicchiere di liquido ambrato tra le mani del fratello.
-Mi serve- replicò il più grande.
Sam alzò le mani in segno di resa e aspettò che Dean scolasse il suo Jack e cola e poi ne ordinasse un altro.
Appena ebbe finito il secondo drink Dean alzò lo sguardo sul fratello che gli stava davanti. Nonostante fosse pomeriggio il locale era in una costante penombra ed era quasi vuoto, la luce soffusa faceva risaltare la polvere sui tavoli e gettava una strana ombra sul viso di Sam.
-Okay- iniziò Dean prendendo un respiro profondo e iniziando a torcersi nervosamente le mani, giocherellando con l’anello d’argento all’indice destro. –Ti ricordi il giorno che sono arrivato uh?-
-Sì, come dimenticare- rispose Sam.
-Ti ricordi che ti ho detto?- chiese poi Dean. Il suo cuore stava iniziando a battere all’impazzata, non poteva credere a quello che stava per fare, sentiva le viscere contorcersi e una voce nella sua testa che gli gridava di non farlo.
-Che papà ti ha riempito di botte perché hai tradito Lisa con un’altra- disse Sam in tono monocorde.
Dean chiuse gli occhi e prese un altro respiro profondo, non bastavano due Jack e cola per quello, ne avrebbe dovuto prendere un altro. O altri dieci.
-Non è andata proprio così- aggiunse Dean con la voce tremante. Gli serviva un altro drink, così non poteva farcela. Alzò leggermente una mano per richiamare la cameriera e farsi portare ancora da bere.
-Dean forse dovresti smettere- suggerì Sam guardando il fratello preoccupato.
-Sono adulto e vaccinato- replicò l’altro mentre si rigirava il bicchiere di nuovo pieno tra le mani.
Stava iniziando a sentire un calore piacevole nella pancia e la testa un po’ più leggera, magari se avesse bevuto un altro po’ le parole sarebbero venute fuori da sé senza alcuno sforzo e avrebbe smesso di vedere suo padre di nuovo. La sera prima c’era riuscito, perché non farlo di nuovo?
-È stata Anna Milton- riprese poi Dean. –Lei mi ha visto e l’ha detto a Lisa perché sono amiche e Lisa l’ha detto a papà. In realtà quando sono tornato a casa lei era lì con loro…-
Sam stava guardando il fratello con crescente preoccupazione. –Ha esagerato, potevate risolvere la questione tra voi due, non serviva coinvolgere mamma e papà-
-Sam…-
Non poteva farlo, non poteva confessare al fratello di essere così. Sapeva di esserlo ma dirlo ad alta voce era terrificante, era come ammettere ufficialmente al mondo di essere sbagliato, diverso, strano.
Butto giù il resto del drink nel bicchiere e strizzò le palpebre. –Sam ho fatto un casino. A casa e ieri sera ed è tutta colpa mia se fossi stato più attento…-
-Dean, che è successo?- lo interruppe Sam in tono fermo. –Qualunque cosa tu abbia fatto dimmi che hai usato il preservativo-
-Non è quello è…Cas…io…Sam io ho baciato Cas- buttò fuori Dean a bassa voce.
-Che cosa?-
-Ieri sera…Cas e a casa…un altro ragazzo- mormorò abbassando lo sguardo.
-Hai tradito Lisa con un uomo?-
I due fratelli si guardarono negli occhi per qualche istante prima che Dean annuisse lentamente. L’alcol gli stava facendo effetto, si sentiva meglio e sul viso di Sam non c’era odio o disprezzo.
-Sei…gay?- domandò ancora Sam.
Dean annuì di nuovo.
-Quindi quello che ti ha fatto papà…è per questo- disse Sam. Stava iniziando a mettere insieme i pezzi con lentezza mentre scrutava con attenzione ogni cambiamento d’espressione sul viso del più grande.
Dean era teso come una corda di violino, anche se sentiva una leggera sensazione di torpore data dall’alcool, non forte come la sera prima, quel tanto che bastava a sciogliersi leggermente.
Sam inspirò profondamente. –Okay- disse semplicemente facendo spallucce. –E sei scappato qui dopo quello che è successo- continuò ricostruendo tutto. –Perché non me l’hai detto subito?- sbottò alla fine.
-Abbassa la voce!- lo rimproverò Dean. –Perché non sapevo come avresti reagito- confessò. Non era tutta la verità nemmeno lì, ma almeno stava facendo progressi, più o meno.
-Come pensavi che avrei reagito? Come papà?- domandò Sam indignato.
-No…non lo so…-
-Lui ti ha ridotto in quello stato- riprese Sam, stavolta la sua voce tremava di rabbia. –Che cosa ti ha fatto?-
-Quello che hai visto. E poi me ne sono andato di casa, non potevo rimanere lì- rispose il maggiore.
“Non potevo rimanere lì con la consapevolezza di essere uno sbaglio vivente e che i miei genitori non volevano più neppure guardarmi negli occhi” pensò.
-Ha detto che avrei dovuto sposare Lisa, perché quelli come me sono sbagliati Sam- aggiunse poi.
-Non è vero e io lo ucciderò- affermò Sam. –Metaforicamente parlando intendo-
-Grazie Sam- disse infine Dean sentendo una sorta di groppo alla gola. –Che dovrei fare adesso?- chiese poi.
-Devi andare alla polizia e dirgli quello che ti ha fatto! Una cosa del genere non può restare impunita, cercherò qualcosa nei miei libri dell’università Se solo fossi già un avvocato…- rispose il più piccolo.
-Non se ne parla nemmeno. Nessuno mi crederebbe, sono…quello che sono, non si prenderebbero neppure la briga di starmi a sentire-  tagliò corto Dean.
-Ma non puoi fargliela passare così! Poteva ucciderti!- sibilò Sam con rabbia.
-Sì ma non l’ha fatto e io me ne sono andato okay? Non tornerò mai più là e credimi che non gli mancherò- replicò Dean con amarezza.
-Ma la mamma…- tentò di dire Sam.
-Alla mamma non importa. Mentre papà mi riempiva di colpi è stata ferma a guardare-
La voce di Dean adesso era piena di freddezza e di distacco e a Sam fece quasi paura. –Okay- disse di nuovo. –Dean, so che non vuoi sentirmelo dire, ma forse dovresti parlare con loro. Non adesso okay? Fa’ passare del tempo e…-
-No- lo interruppe Dean. –Ho preso la mia decisione e non intendo ritirarla-
-Come vuoi, era solo un consiglio. E con Castiel…che è successo?- domandò tentando di cambiare discorso, sapeva bene quando era il momento di lasciare perdere nonostante fosse preoccupato a morte.
Adesso c’era lui dall’altra parte della barricata e capiva benissimo come doveva sentirsi Dean quando erano più piccoli ed era lui che andava dal suo fratellone a chiedere aiuto.
-Ho fatto un casino cazzo… ero…ero ubriaco ieri sera e quando siamo tornati a casa gli ho detto tutto e poi l’ho baciato e adesso mi odia-
Stavolta il tono di Dean era di nuovo concitato e stava iniziando ad agitarsi sulla sedia.
-Come fai a sapere che ti odia, gliel’hai chiesto? Ne avete parlato?-
Dean non rispose limitandosi a fissare il legno del tavolo, era pieno di graffi e rovinato dal tempo e dall’usura, con un coltellino qualcuno aveva inciso le sue iniziali sul lato destro.
-Vedi qual è il tuo problema Dean? Tu non parli e dai per scontato che le persone non ti capiscano o pensino di te cose che non sono vere- sbuffò Sam.
-Mi odia per forza. L’ho baciato e poi mi ha detto qualcosa che non ricordo e poi se n’è andato- fece Dean.
Iniziava a sentirsi un po’ meglio, merito del Jack che gli circolava nel sangue.
-Lo stai facendo di nuovo! Parlagli, chiedigli cos’è successo, chiaritevi!- disse Sam scuotendo la testa al limite dell’esasperazione. –Non puoi pretendere di sapere che cosa passa nella testa delle persone se non glielo chiedi- aggiunse in tono piccato.
-Cosa dovrei fare? Mettermi lì e parlare di quello che è successo e dei miei sentimenti?- chiese Dean sarcastico facendo le virgolette con le mani quando disse la parola “sentimenti”.
-Sì dannazione! È così che fanno le persone, parlano, si chiariscono, non annegano nel senso di colpa perché si vogliono autocommiserare-
Il tono di voce di Sam si stava alzando e le poche persone presenti nel locale si voltarono a guardarli.
-Io non mi autocommisero e non annego nel senso di colpa. So quando è colpa mia e in questo caso lo è-
-Senti Dean fa’ come vuoi, basta che risolvi questa situazione, e non parlo solo di Cas, perché, lasciatelo dire, stai uno schifo e io non ti posso vedere così-
L’ultima dichiarazione di Sam lasciò il maggiore dei Winchester sbigottito e senza parole. Ma d’altronde come aveva potuto essere così stupido?
Quello era Sam, era ovvio che si sarebbe comportato così.
-Torna a casa, parla con Castiel, per adesso può bastare- aggiunse il minore alzandosi e facendo cenno a Dean di seguirlo.
Quando si trovarono fuori dal locale il sole stava iniziando a calare illuminando quella squallida strada di una delicata luce dorata, il freddo pungente fece rabbrividire i due ragazzi che ormai si erano acclimatati al calore del bar.
-Dean, risolveremo questo casino okay? Comunque andrà io sarò qui-
-Sì- rispose Dean, ma non ci credeva nemmeno lui. Sì, Sam non aveva reagito male e adesso era più che mai sicuro che Adam e Charlie si sarebbero comportati allo stesso modo e forse anche Castiel, ma una voce nella sua testa, quella che prima gli diceva di tacere, gli suggeriva che comunque andassero le cose lui aveva deluso la sua famiglia ed era tutta colpa sua.
Scosse la testa zittendo mentalmente quella voce e, dopo aver salutato Sam, si voltò per tornare a casa.
 
 
 
 
Quando rientrò nell’appartamento era ormai buio. Aveva vagato di nuovo da solo coi suoi pensieri e non si era reso conto dell’ora. E poi almeno aveva smaltito un po’ i drink. Era rimasto un po’ davanti alla Roadhouse di Ellen, senza muoversi pensando se entrare o no.
Quella donna aveva capito più di quanto Dean avesse mai detto ed era tentato di chiederle un consiglio, ma non entrò. Si limitò a sbirciare da una delle finestre polverose le due donne, madre e figlia, che si affaccendavano qua e là servendo ai vari tavoli.
Dean si sentì un vero stronzo ingrato per come si stava comportando ma già dire la verità a Sam l’aveva prosciugato di tutte le sue forze, non poteva parlare anche con Ellen, non ancora, anche se una parte di lui gli diceva che quella donna avrebbe potuto aiutarlo ancora una volta.
Stava per aprire la porta ma quella si spalancò rivelando un trafelato Adam, con i capelli sparati da tutte le parti, che stava per uscire di casa.
-Adam…-iniziò Dean. Voleva scusarsi per quella mattina ma il ragazzo lo salutò distrattamente e gli gridò un –sono in ritardo ci vediamo domani mattina!- e poi scomparve, inghiottito dalle porte dell’ascensore.
Sul divano era gettato malamente un trench beige, segno che Castiel era in casa.
Cas. Il solo pensiero gli fece contrarre le viscere mentre un groppo gli si formava in gola.
Gettò uno sguardo in cucina ma non c’era traccia di Charlie, così si avvicinò al frigorifero e stappò una birra. Dio, si sentiva così confuso, era come se fosse diviso in tanti piccoli pezzi che non riuscivano ad incastrarsi tra loro, ed era frustrante, come se non riuscisse mai a completare quella specie di puzzle che era diventato.
Non si era nemmeno reso conto di aver finito la birra in tre sorsi, ma gli serviva un po’ di coraggio e quello era il miglior modo che conosceva.
E se Cas lo avesse davvero odiato? No, non poteva pensare a quello adesso, se fosse andato lì con quello spirito avrebbe fatto ancora peggio.
Contò mentalmente fino a dieci mentre con lo spirito del condannato a morte camminava nel corridoio fino alla porta della camera di Cas, accanto alla propria.
Dalla stanza di Cas proveniva un suono soffuso che Dean riconobbe, era Wild World di Cat Stevens, canticchiò un paio di parole della canzone prima di bussare alla porta.
-Avanti- fece la voce di Castiel.
Dean entrò nella stanza guardandosi attorno, non era mai stato lì. Era una camera grande quanto la sua ma sembrava molto più piccola per via di tutte le cose che erano sparpagliate in giro: libri, vestiti, fogli scritti in una grafia un po’ svolazzante affollavano l’ambiente.
Sulla scrivania Dean vide un libro di Shakespeare aperto e uno di uno scrittore russo di cui non riuscì a leggere il nome perché parzialmente coperto da un quaderno fitto di appunti.
Per terra c’era il giradischi da cui proveniva la musica che Dean aveva sentito fuori dalla porta e altri fogli ricoperti di scritte. C’era anche una libreria straripante e alle pareti erano appese alcune stampe.
-Ah ciao Dean- disse Castiel. Era seduto sul letto sfatto con un libro aperto tra le gambe e lui stesso aveva un aspetto un po’ stropicciato, con la camicia sgualcita, senza cravatta e dei vecchi jeans.
-Cas…io…ecco…- si sentiva la gola secca e le parole rimasero bloccate tra le sue corde vocali.
-Volevi parlarmi di ieri sera?- suggerì con tono pacato.
-Sì. Mi…mi dispiace- balbettò Dean. –Io non dovevo fare…quello che ho fatto. Baciarti dico-
Castiel lo guardò inclinando la testa di lato. –Te lo ricordi?-
-Sì, più o meno. Mi ricordo che ti ho raccontato di…di mio padre e tutto il resto-
-E poi?-
-E poi ti ho baciato e tu te ne sei andato-
Castiel sospirò massaggiandosi le tempie. –Sì, perché non eri in te e dovevi dormire. Ti ricordi che cosa ti ho detto?-
-No io…ricordo che te ne sei andato. Mi dispiace Cas, ero ubriaco, non volevo-
-In vino veritas Dean. Quello che diciamo e facciamo quando siamo ubriachi è mosso dalla verità-
Castiel adesso lo stava guardando con una specie di mezzo sorriso.
-Non ce l’hai con me?- domandò Dean abbastanza sorpreso.
-Non capisco perché dovrei essere arrabbiato con te in qualche modo. Pensi che abbia un problema con te perché sei gay?-
Quella domanda lo colpì come un pugno. Quella parola lo spaventava a morte, un conto era pensarlo ma dirlo così candidamente come aveva appena fatto Castiel…era un altro conto.
-Dean, a me non importa. E poi ti ho anche detto che mi è piaciuto quello che hai fatto, solo che eri ubriaco e non mi andava di farlo così-
-Aspetta, ti è piaciuto? Cioè sei…sei come me?-
Dean adesso sentiva un misto di sollievo e preoccupazione. A Cas non importava, anzi era perfino piaciuto quella specie di bacio che si erano scambiati, poteva stare tranquillo. Anche se quella voce adesso stava tornando prepotente urlandogli all’orecchio quanto quello che stava facendo era abominevole.
-Non lo so, forse sì forse no. Ha importanza?- domandò Castiel alzando le spalle. –Se mi piace una persona non m’importa cos’ha in mezzo alle gambe-
Dean lo guardò ammirato. Quello che aveva detto Cas era così…libero. Se suo padre avesse sentito una cosa del genere l’avrebbe definitivamente ucciso, non poteva esistere una cosa del genere.
Castiel si alzò e si mise in piedi di fronte a Dean guardandolo. Il biondo si sentì immediatamente a disagio sotto quegli occhi così blu e così profondi.
-No- riuscì a sussurrare poi –non ha importanza-
Dean fece un piccolo, minuscolo passo in avanti per trovarsi più vicino a Castiel, poteva sentire il suo respiro adesso.
Cas alzò una mano e gliela appoggiò sulla spalla, come aveva fatto la sera prima in ascensore e Dean sentì i muscoli del suo corpo involontariamente rilassarsi e si rese conto di essere stato in tensione tutto quel tempo.
In quel momento anche la voce nella sua testa si azzittì completamente, c’era solo il disco di Cat Stevens che continuava a girare pigramente.
Dean appoggiò una mano sul petto di Cas e sentì il cuore dell’altro battere sotto il suo palmo aperto, Castiel abbassò lo sguardo sulla mano di Dean e poi lo alzò di nuovo sul suo viso.
-Dean, non sei ubriaco adesso vero?-
-No- rispose con voce roca. Sì aveva bevuto ma non era ubriaco, ne era certo. E poi anche se lo fosse stato in quel momento era come se tutto l’alcool fosse evaporato dal suo corpo, si sentiva perfettamente lucido e cosciente.
-Bene- disse piano Castiel –perché vorrei che adesso tu ricordassi tutto-
Dean deglutì e prima che avesse il tempo di rispondere sentì la bocca dell’altro sulla sua. Sussultò prima di rilassarsi di nuovo, sentendo le braccia di Cas avvolgersi attorno alla vita e i loro corpi caldi uniti insieme, di nuovo.
Dean schiuse lentamente le labbra lasciando che la lingua uscisse e si facesse spazio nella bocca di Cas, era un bacio caldo, lento e bagnato.
Non si ricordava che fosse così bello. Non si era mai soffermato più di tanto sui baci con gli altri ragazzi, puntava a concludere e basta.
Sentì il bisogno di avere di più e spinse la sua lingua con più forza contro quella di Cas che ricambiò immediatamente, iniziarono a stringersi più forte mentre il bacio si faceva più intenso.
Dean voleva di più, giù nel suo basso ventre si stava irradiando una strana sensazione di piacere e ancora più giù sentiva il sangue affluire come non mai.
-Ragazzi! Ragazzi! Qualcuno mi apra! Ho dimenticato le chiavi!- gridò la voce di Charlie fuori dall’appartamento.
 
 
Spazio autrice: ehilà, buonasera a tutt*! Come state? Vi ringrazio di essere arrivat* fin qui e ringrazio anche chi mi lascia sempre una recensione o mi mette fra i preferiti, seguiti…insomma chi si mette a seguire i miei deliri! Mi fa molto piacere <3 con l’università che è ricominciata a pieno ritmo aggiornare spesso sta diventando complicato ma io non demordo!
Come al solito, ascoltate le canzoni e se vi va lasciatemi una recensione per sapere che ne pensate, un abbraccio e (spero) a presto!
 
P.S. nei generi della storia ho selezionato “angst” e state tranquill* che ne avrete. Non so fra quanto ma non vi preoccupate, arriverà. D’altronde è una Destiel quando mai abbiamo avuto delle gioie da questi due? *pensa al finale di serie* ç_ç

1Brano di David Bowie (<3) del 1971

 
  
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