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Autore: GladiaDelmarre    08/03/2021    3 recensioni
Una serie One Shots che parlano di missing moments.
Ognuna di queste associata ad uno dei cinque sensi: vista, gusto, olfatto, udito, tatto.
E forse, alla fine, esisterà anche un sesto senso, quello che serve a comprendere la vita e le sue ragioni.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Sense of Life '
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Nemmeno il primo favo di miele, il cui succo denso e vischioso gli era scivolato giù dagli angoli della bocca e sul mento, aveva avuto un sapore tanto dolce. Era stato molto tempo fa, nell’Eden forse? Crowley non lo ricordava più. Non in quel momento, mentre quel corpo solido e morbido allo stesso tempo gli si premeva addosso.

La bocca dolce di Aziraphale era sulla sua, e Crowley non riusciva a ricordare a quando risalisse quel maledetto miele.

Ma non era poi molto importante.

Quello che era importante era la sua bocca. Dolce più di quel miele, morbida come niente altro.

Pochi istanti prima, quando si erano seduti sull’autobus, Aziraphale gli aveva preso la mano, e poi con l’altra gli aveva girato il viso e lo aveva baciato, goffamente, sbattendo prima col naso sul suo.

Era stato un contatto inaspettato quello delle sue dita, ancora di più quello delle sue labbra. Un bacio esplorativo, un contatto umido, elettrizzante, che gli aveva addensato il sangue e quelli che dovevano essere gli organi interni della sua forma umana.

Era quello l’amore?

Lo aveva inseguito nei secoli, nel primo contatto con la pioggia e nei profumi dei ricordi, nel sapore del sale, nel caldo di tramonti lontani, negli echi di una chiesa abbandonata.

Anche Aziraphale lo sentiva, bruciante come fuoco liquido, scendere dalle labbra al collo, avvampare la pelle delicata delle guance, la punta delle orecchie, e poi il cuore. Quello era l’amore che aveva fuggito e lo aveva attratto nei millenni, nelle memorie di melodie antiche, nel profumo dei fiori tra i suoi capelli, nel sapore del té sulle labbra che stava baciando in quel momento.

 

Non fu il pudore a farli allontanare. Le cose umane non erano più di loro competenza, e avevano appena salvato il mondo. Potevano ben concedersi un po’ di indulgenza. Ma a che pro bruciare tutto in pochi istanti? Perché correre, affrettarsi? Avevano aspettato tanto. Che fosse solo una notte o tutto il tempo del mondo, entrambi sapevano che dopo quell’assaggio nessuno dei due ne sarebbe mai più stato davvero sazio.

 

L’appartamento era rimasto al buio, la luce non era servita a ritrovare l’uno la bocca dell’altro.

I capelli di Aziraphale erano sottili e scivolavano tra le sue dita, e profumavano di nuvole e vento. Quelli di Crowley avevano ancora attaccato l’odore del fuoco, della Bentley che aveva dato la sua vita per portarlo al di là del cerchio ardente che aveva stretto Londra.

Crowley lo stava stringendo con un ardore disperato, come se volesse spezzarlo, come se stesse per spezzarsi. Aziraphale si sciolse lentamente, districandosi dalle lunghe membra dell’altro, come se stesse svolgendo le sue spire. Slacciò il papillon facendolo scorrere sotto il colletto, e poi sbottonò un poco la camicia. La pelle chiara del petto luccicava translucida alle luci notturne, sempre troppo bianche e fredde. Crowley ci affondò il viso, per sentirne l’odore, ancora. Era maschile ma dolce allo stesso tempo, centinaia di volte più intenso di quello che conosceva già. Non c’era più traccia della colonia, se non in un vago ricordo appena agrumato. Ma quello era lui, Aziraphale, senza filtri, senza scudi, senza più protezione. Si chiese se fosse la sua anima a profumare così.

Si lasciò spogliare, incapace di farlo lui stesso, incantato dalle ombre sul corpo dell’altro, dal colore rosato dell’incarnato florido dell’angelo, che nemmeno quelle luci fredde riuscivano a nascondere.

Quando finalmente toccò la sua pelle, quella della schiena e delle cosce, tornò a perdersi. Il suo corpo ossuto, che non aveva mai considerato come di alcun interesse, venne totalmente risvegliato dalle sensazioni che il toccare quello di Aziraphale gli suscitava. Il suo corpo, fino a quel momento, non era stato altro un mero involucro. Era stato convinto di avere sensi estremamente sviluppati, ma tutto quello che c’era stato prima era nulla.

Ora Crowley era un unico, glorioso organo per sentire il sapore della pelle di Aziraphale, per ascoltare i suoi respiri e i minuscoli gemiti involontari, per godere della magnificenza della forza delle sue braccia e delle mani che gli stringevano i fianchi, per cercare negli occhi del suo compagno il desiderio, il permesso di continuare.

Aziraphale aveva imparato a trarre molto dalla sua esperienza terrena, ma nulla poteva prepararlo al piacere di essere toccato da colui che era stato con lui per tutto quel tempo, amico e nemico, compagno e nemesi, dolore e amore e ora, per la prima volta, amante.

 

Ognuno per la sua strada, Crowley e Aziraphale hanno intrecciato le loro esistenze, e imparato l’uno dall’altro a comprendere la bellezza e la sofferenza, il piacere e la crudeltà. Esseri perfetti, un tempo, dotati di saggezza e intelligenza incomparabile con quella umana, hanno però imparato da esseri più piccoli e transienti che ciò che vi è di più bello al mondo è concentrato in cose piccole, spesso semplici, in quelli che sono i bisogni primari, legati all’esperienza sensitiva dell’esistenza.

 

Per Aziraphale, per Crowley, che hanno scelto di fare della Terra la loro dimora, il senso della vita è racchiuso nel tempo che hanno speso insieme, negli incontri in tempi e luoghi diversi, nelle sensazioni che hanno esplorato e fatto proprie, nell’amore che, finalmente, hanno deciso di vivere senza più pensare al posto da dove vengono, ma solo alla direzione verso cui andranno.

 
   
 
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