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Autore: ONLYKORINE    08/03/2021    1 recensioni
Lisa torna a Springfield dopo la laurea in veterinaria, non è contentissima, perché non le piace tanto la sua città. Avrebbe preferito passare l'estate, come tutte le altre, a Cambridge, dove ha frequentato il college.
Tornando a casa incontra vecchie conoscenti, nuovi amici, ex fidanzati e si rende conto di non aver un gran rapporto con i suoi fratelli. Per fortuna sarà solo un'estate.
(LisaxNelson)
Prometto di cambiare la trama con una migliore. Prometto prometto.
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bart Simpson, Lisa Simpson, Nelson Muntz, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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niente per il verso giusto

Niente per il verso giusto

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“Com’è andata?”
Lisa aspettava in macchina da dieci minuti. Aveva parcheggiato e aspettato il messaggio di Maggie e quando l’aveva vista arrivare aveva sospirato di sollievo. Un conto è esserci e sapere cosa fare, un conto era spiegare a qualcun altro e non poter gestire il tutto. Così un po’ aveva avuto paura che potesse andare male.
“Benissimo! Ho chiuso due dei tre bagni, come mi avevi suggerito. Ho mangiato la torta e poi ho detto che stavo troppo male, che sarei andata a casa. Hanno iniziato a ridere, penso che fosse il momento in cui avevano previsto di fare lo scherzo a me, ma poi Ashley ha fatto una faccia strana ed è corsa in bagno. Quando anche Tamara si è alzata, sono uscita. Forse avrei dovuto aspettare per godermi un po’ la scena…”
Maggie era salita in macchina sorridendo. Lisa le batté il cinque a mano aperta e le indicò la cintura, prima di accendere il motore.
La sorellina sbuffò. Ma poi obbedì e Lisa fece partire l’auto.

 

Quando tornarono a casa, ridacchiando, incrociarono Marge in salotto che copriva, con una coperta, un Homer addormentato sul divano. La madre sorrise alle figlie e chiese loro se andasse tutto bene. Maggie guardò Lisa ridacchiando e annuì, salendo le scale di corsa. Marge lanciò un’occhiata a Lisa e la vide sorridente. Contenta per le sue figlie, si sedette sul divano vicino al marito.

 

Maggie entrò in camera carica come una molla.
Aveva dato pan per focaccia a quelle oche che volevano soltanto prenderla in giro e, sorridendo, si lanciò sulla sedia a rotelle della scrivania e la spinse verso il muro prima di farla girare. Girò ancora un po’ e poi guardò Lisa.
“Oh, Lisa, è stato fantastico! Mi sono sentita… come Bart!” Rise ancora e ridacchiò verso la sorella. “Grazie. Non mi divertivo così da…” Poi divenne triste.
Sapeva da quanto tempo non si divertiva così tanto. Ma non voleva dirlo: era stato prima che sua sorella partisse.
Lisa le venne vicino e si sedette sul suo letto.
“Mi dispiace” iniziò. Maggie scosse la testa e sentì le lacrime pungerle gli occhi: doveva aver capito. “So che non…"
Ma Maggie non aveva intenzione di scusarla. Neanche per averla aiutata a fare quello scherzo strepitoso ad Ashley e alle altre.
“Tu non sai niente, Lisa: non c’eri.”

 

Lisa strabuzzò gli occhi alle parole della sorella e si interruppe, incapace di andare avanti.
“Non c’eri, non chiamavi, non ti facevi viva. Con tutti gli strumenti che abbiamo adesso…” La sua mano si sollevò a indicare il computer sulla sua scrivania, sotto le foto di quando era piccola appese al muro.
Lisa abbassò lo sguardo: era vero. Aveva ignorato tutti. Infatti non aveva raccontato a nessuno dei suoi compagni di loro, solo Kristen era a conoscenza della sua famiglia e da che città venisse lei.
“Sì, ma io…”
“Non penserai mica che quello che è successo oggi basti a sistemare tutto, vero?”
“Come?” Lisa sbarrò gli occhi: cosa intendeva Maggie?
“Mi hai aiutato, sei stata carina, sì… Ma non è che basta che tu torni per qualche settimana e noi siamo di nuovo amiche, ci mettiamo a giocare con Malibù Stacy e non è successo niente…”
“No, Maggie, hai ragione, ma…”
“Ma niente, Lisa. Tanto a settembre te ne andrai di nuovo, no? Dov’è che vai? Ah, sì, al Polo Nord…”
“Veramente è la Groenlandia…” Lisa non riuscì a stare zitta e sua sorella le scoppiò a ridere in faccia.
“Come se ci fosse differenza, precisina Lisa! Sarai sempre lontano da qui e farai finta di non conoscerci! Come se noi non fossimo veramente la tua famiglia!” La voce della sorella si incrinò un po’ e Lisa si sentì in colpa.
Quando Maggie si buttò sul letto, Lisa si avvicinò e provò a sedersi vicino a lei.
“Senti, perché non te ne vai nella tua stanza? Siamo uno schifo di famiglia ma almeno non dobbiamo dividere la camera per dormire…”
Lisa sentì la tristezza nel cuore e non disse niente, ma si alzò e uscì dalla stanza.

 

Maggie appoggiò la faccia sul cuscino e tirò su con il naso. Non voleva piangere. Quando sentì la porta chiudersi alle spalle della sorella, si girò sulla schiena, prese il cellulare dalla tasca della felpa e mandò un messaggio.
‘Che si fa quando i fratelli maggiori ti fanno girare le scatole?’
La risposta non tardò ad arrivare.
‘Si esce con un amico e si sparla di loro.’
Maggie sentì il cuore batterle forte. ‘Dove lo trovo un amico disponibile adesso?’
‘Io sono disponibile. Usciamo insieme?’
La ragazza sorrise, digitò sullo schermo la risposta, poi si asciugò le lacrime, aprì la finestra e sparì nella notte.

 

Quando chiuse la porta della stanza di Maggie, Lisa era devastata. Andò nella sua stanza trascinando i piedi, come se avesse sulle spalle il peso del mondo. Voleva suonare per tirarsi su, ne aveva estremo bisogno. In quella famiglia, in quella città, niente le dava serenità come il suonare il sax. E, dopo la discussione con la sorella, doveva assolutamente trovare il modo per estraniarsi e lasciar vagare la mente. O almeno provarci, visto che non ci riusciva da troppo tempo.
Entrò nella sua stanza e si diresse verso il sax, decisa a riprovarci, quando notò che lo strumento non era al suo posto, ma era vicino alla finestra. Probabilmente sua madre aveva pulito la stanza e si era scordata di rimetterlo vicino al letto. Lisa sbarrò gli occhi e sperò che il sax non fosse stato sotto il sole tutto il giorno. Si avvicinò e lo toccò: dannazione, non era freddo come doveva essere il metallo.
Lo tirò giù dal piedistallo e controllò le chiavi una a una. Sembravano rigide, e si muovevano con sforzo. Troppo. Avvicinò le labbra al bocchino e provò a suonare, soffiò e le sue dita si animarono magicamente sui tasti, ma quasi le scoppiarono i polmoni: il sax era muto. Dannazione!

 

***

 

La mattina dopo Lisa uscì dal ‘King's Toot's music store’ il negozio di strumenti musicali di Springfield, dove il nuovo proprietario le aveva consigliato qualche piccolo trucchetto per rimediare al danno dei tamburi secchi delle chiavi delle sax.
Secondo lui sarebbero bastate delle clamp sulle chiavi, ma ci sarebbe voluto qualche giorno, così le aveva anche consigliato di tenere il sax nella custodia da viaggio con uno straccio bagnato nella campana per qualche ora, poi avrebbe dovuto riprovare a suonare.
Lisa era scettica ma lui le aveva assicurato che le sue chiavi non erano rovinate e che avrebbe potuto farlo tranquillamente, così era uscita dal negozio alleggerita di cinquanta dollari e con il pensiero di tornare al più presto a casa per sistemare il danno.
Quando uscì dal negozio si diresse verso l’auto di sua madre e appoggiò la custodia del sax nel bagagliaio sopra alla coperta che vi aveva steso a casa: il suo povero strumento aveva già le chiavi in quello stato, l’ultima cosa che doveva succedere era che prendesse troppe vibrazioni. Chiuse piano il portellone del baule e fece qualche passo per salire in auto, quando vide un poliziotto dall’altra parte della strada parlare con un uomo vicino a un grosso escavatore, di quelli con un braccio mobile davanti, per raccogliere le cose di grosse dimensioni e spostarle. Quando il poliziotto indicò la strada e mosse la mano per intendere di proseguire la via l’uomo annuì e risalì sul suo macchinario e Lisa osservò altri due camion seguirlo.
“Lisa!” si sentì chiamare, così tornò con lo sguardo verso la strada, verso il poliziotto ancora fermo sull’altro marciapiede. Poi, lentamente, lo riconobbe e un sorriso le si dipinse sul viso.
“Ralph!” gridò, tentando di attraversare la strada. Ralph, il ragazzino pacioccone con cui aveva condiviso insegnanti, merende e lezioni!
Quando riuscì ad arrivare dall’altra parte della via lo abbracciò stretto: Ralph era un ragazzo d’oro, molto ingenuo e bersaglio facile per tutti, era stato un ottimo amico per Lisa.
“Avevo sentito dire che eri tornata” disse lui, sorridendo. Lisa abbassò lo sguardo, sentendosi un po’ in colpa: mentre era lontano era stato facile dimenticarsi di tutti, ma tornare lì, voleva dire affrontare tutte le sue mancanze.
“Eh sì… Sono tornata qui…” affermò, guardandosi intorno. Purtroppo il traffico mattutino non era una scusa valida per non tornare a guardare il ragazzo, ma lui era sempre il solito Ralph, infatti sorrise in modo dolce.
“Hai visto?” le chiese, indicando il distintivo.
“Sei un poliziotto!” Lisa sorrise felice. Sapeva che Ralph voleva fare il poliziotto fin dalle scuole medie, quindi esserci riuscito doveva dargli molta soddisfazione. “Ma che bravo!”
Lui arrossì e poi guardò la strada. Lisa ebbe l’impressione che le volesse dire dell’altro ma, avendo capito tempo indietro che la cotta per lei non gli era passata, decise di cambiare argomento, nel caso lui volesse farle qualche proposta a cui avrebbe faticato a dire di no. “Cosa voleva quell’escavatorista?”
“Oh, chiedeva indicazioni. Non era di qui.”
“Cercava qualcosa in particolare?” chiese Lisa. Una brutta sensazione la colpì, ricordandosi delle parole di Milhouse e della storia della petizione firmata per far chiudere lo sfasciacarrozze di Nelson.
“Sì, cercava l’officina di Muntz. Sai che adesso ha aperto…”
Lisa trattenne il respiro e lo interruppe subito dopo. “Oh, Ralph, mi sono scordata di una cosa importantissima, devo scappare, scusami tanto. Magari un giorno di questi passo a trovarti. Oppure vieni tu, ora lavoro al diner sulla West Hickory, ci prendiamo un caffè insieme!”
Appena il tempo dei saluti e Lisa salì in macchina per cercare di raggiungere al più presto la proprietà di Nelson. Non si preoccupò del sax nel baule né delle vibrazioni che stava prendendo mentre lei schiacciava il pedale dell’acceleratore, pensando solo al fatto che se avesse avuto il suo numero di telefono ora avrebbe potuto avvisarlo che gli escavatori stavano andando a casa sua per espropiargli tutto.

 

***

Quella mattina Steve sapeva che non ci sarebbe stata Lisa al diner sulla West Hickory, glielo aveva detto lei proprio il giorno prima, ma aveva deciso di andarci lo stesso. Sapeva che lei ci sarebbe stata. Anche quello glielo aveva detto Lisa, solo che lui non le aveva detto che lui la conosceva già. E che lei conosceva lui.
Davanti alla porta vetrata fece un sospiro profondo e spinse forte sulla maniglia; il campanello attaccato al soffitto suonò e la ragazza, quella per cui era tornato lì a Springfield, alzò gli occhi sulla porta.

 

Ellie stava togliendo le stoviglie pulite dal cestello della lavastoviglie, quando la porta si era aperta, lasciando entrare un cliente. Con un gesto meccanico alzò gli occhi sull’uscio e lo vide lì, immobile.
“Che ci fai qui?” gli chiese con la fronte aggrottata.

 

***

 

Lisa arrivò a casa di Nelson proprio nel momento in cui la prima ruspa stava per oltrepassare il cancello automatico. Accelerò, pigiando sul pedale con tutta la sua forza e passò fra il palo del cancello di ferro e il mezzo pesante, fermandosi di traverso proprio sulla sua traiettoria.
“Fermi!” gridò, scendendo velocemente dall’auto con le braccia aperte. Si sentì carica e piena di vita: non le succedeva da una vita. Dall’ultima manifestazione a cui aveva partecipato, probabilmente.
“Ma che succede? Chi sei, tu?” L’uomo che scese dall’escavatore era basso e tozzo, con un accento marcato. “Dobbiamo lavorare, ragazzina, spostati” rimarcò, con esasperazione.
“Non potete entrare!” Lisa, con la voce grossa, mantenne la sua posizione. L’uomo guardò dietro di lei e chiese ad alta voce: “Figliolo, potresti dire alla tua ragazza di spostarsi? Già siamo in ritardo, se vuoi il lavoro finito entro la settimana, ci conviene iniziare al più presto…”
Lisa non si voltò. Aveva imparato da tempo a non distrarsi in quelle occasioni. “Non potete…” esclamò ancora, ma questa volta venne interrotta da una voce alle sue spalle: “Lisa… Lisa…” La mano di Nelson le prese il braccio e lei l’abbassò prima di voltarsi.
“Nelson, so come funziona: non devi farli entrare!”
“Ehm…” Nelson alzò una mano verso l’uomo e disse: “Calvin, dammi un attimo”, poi prese Lisa per mano e si allontanò di qualche passo.

 

Nelson si era allontanato da Calvin e gli altri perché aveva già visto sulle loro facce qualcosa che non gli piaceva, ma prima doveva risolvere il problema davanti a lui, vestito di jeans e con una maglietta rossa a pois troppo accollata per essere estiva. Sospirò quando Lisa continuò a guardare verso gli operai. Cosa ci faceva lì? E perché diamine non voleva che Calvin portasse via tutto?
“Lisa… Che stai facendo?” sussurrò.
La ragazza si voltò verso di lui e i suoi occhioni lo immobilizzarono sul posto. “Milhouse mi ha detto della petizione. Non puoi farti portare via tutto!”
Nelson scoppiò a ridere. “Milhouse? Petizione? Cosa dice quell’idiota?”

 

Lisa si bloccò nel momento in cui lui rise. Sentì le guance prendere fuoco: stava ridendo di lei? Di lei che voleva aiutarlo?
“Diceva che volevano buttarti fuori…”
“Buttare fuori me? Me?” chiese lui, smettendo di ridere. Quando lei annuì, lui sospirò. “Ok. Ascolta, ho chiamato io Calvin. Lui e i suoi porteranno via tutto il ciarpame. Li… li ho chiamati io…”
Oh. Lisa sbarrò gli occhi e arricciò le labbra imbarazzata. Oddio. Guardò velocemente verso gli operai e poi portò di nuovo lo sguardo su Nelson.
“Li hai chiamati per… ripulire?”
“Già. Ti ricordi i topi?” Il viso di Nelson ora era strano. Lisa annuì senza dire niente.

 

“Se avete risolto, noi dovremmo iniziare i lavori…” Calvin fece un passo e Nelson vide chiaramente Lisa voltarsi verso di lui.
“Sì, potete entrate” disse, con il tono di una regina e il disappunto di chi ha perso un incontro di pugilato.
Calvin rise un po’ sguaiatamente e indicò l’auto di Lisa. “Allora, tesoro, dovresti spostarci la macchina, il mio escavatore ancora non vola!” E rise ancora, voltandosi verso gli altri che gli fecero cenni d’assenso.
“Non mi chiami ‘Tesoro’!” gridò Lisa, aggrottando la fronte e facendo un passo verso di loro.
Calvin rise ancora e disse, salendo sul mezzo: “Va bene, amore, che ne diresti allora di portarci un bel caffè?”
Lisa, che stava per salire in macchina, si voltò verso l’uomo e gridò: “Il caffè lo può venire a prendere al diner per un dollaro e cinquanta la tazza!”
Nelson soffocò una risata, mentre Calvin rimase a occhi spalancati fermo sul gradino della ruspa.
“Lo faccio io il caffè, Calvin!” gridò e l’uomo fece una smorfia di assenso.

 

Lisa chiuse la portiera e girò la macchina verso il cancello, ma questo era bloccato dall’escavatore che era venuto verso di lei, bloccandole l’uscita. Aspettò che l’uomo maleducato che guidava si spostasse per lasciarla passare, ma lui ghignò nella sua direzione e non si mosse.
Il colpo che Nelson diede sul tettuccio della macchina per attirare la sua attenzione e farle segno di retrocedere fino all’abitazione, la stupì come se le avesse dato uno schiaffo sul sedere.
Lisa ingranò la retro e si girò per percorrere la strada verso il piazzale davanti alla casa. Quando scese, Nelson l’aveva quasi raggiunta. “Vuoi un caffè anche tu?” le chiese e lei annuì. Se doveva rimanere lì, tanto valeva bersi un caffè.
Il frastuono del ragno meccanico che sollevava una carcassa la fece incassare la testa fra le spalle e le vibrazioni del terreno quando l’auto cadde per terra, le fecero sbarrare gli occhi. Guardò il baule dell’auto: il sax!

 

“Non è che hai uno straccio bagnato?”
Alla domanda di Lisa, Nelson si chiese se per caso fosse finito su candid camera. “Un… che?”

 

***

 

“Che ci fai qui?”
Ellie aveva sentito il cuore rimbalzare nel petto appena Steve era entrato dalla porta. Lui, con i capelli scuri che si arricciavano sul collo, il viso abbronzato e il sorriso più bello del mondo, stava lì, con lo sguardo incerto.
“Ciao, Ellie, cercavo proprio te.”
Oh. La ragazza pensò per un attimo di averlo sognato. Poi si riscosse e prese la caffettiera, uscendo da dietro il bancone. “Mi spiace, sto lavorando” disse.
“Posso aspettare” rispose lui, annuendo e sedendosi su uno degli sgabelli. Ellie non disse niente, lo guardò con la coda dell’occhio e annuì, dirigendosi in fondo al locale per servire un cliente vicino alla vetrina.

 

Steve guardò la ragazza e seguì tutti i suoi movimenti: sembrava che danzasse. Si allungava e le sue braccia volteggiavano verso il tavolo, accarezzando l’aria, si spostava e seminava nel mondo suoni e profumi, svegliando i sensi di tutte le persone presenti. Questo, perlomeno, era quello che sentiva Steve. Ma lei era la sorella di Nelson e Steve sapeva quando Nelson fosse protettivo nei suoi confronti. E cavolo, Nelson tirava di boxe da dieci anni.
Non che per Ellie non ne valesse la pena, eh. Lei era speciale e Steve non la vedeva da due anni. Due anni in cui si era ripromesso di non cercarla. E sapeva che lei sarebbe stata arrabbiata con lui.
“Chi non muore si rivede, eh?” Ellie era tornata al bancone e si era sporta per appoggiare la caffettiera, ma Steve non rispose alla sua provazione.

 

Ellie un po’ ci rimase male quando lui non disse niente. Il bello, fra di loro, era che si erano sempre detti tutto, Steve frequentava casa sua da quando lei era piccola e, da che lei ne avesse memoria, lui l’aveva sempre stuzzicata e trattata come una sorellina piccola. Beh, fino a due anni prima.
“Sono tornato la settimana scorsa” disse solamente. Nient’altro.
“Buon per te”. Ellie girò intorno al bancone, per mettere almeno quella distanza fra di loro. Se lui era tornato una settimana prima, perché lei non lo aveva saputo? “Nelson lo sa che sei tornato?”
Lui annuì. “Gli ho scritto stamattina: vado da lui stasera. Ha detto che è impegnato con lo sgombero del cortile”.
Ellie scosse la testa su e giù: era vero, suo fratello era impegnato. Sentì il cuore in gola mentre caricava i bicchieri sporchi nel cestello e chiese, senza guardarlo: “E allora perché sei qui?”
“Per te.”
Il bicchiere le cadde di mano, ma prima di fracassarsi contro il piano, lui lo afferrò al volo. Ellie alzò lo sguardo e Steve le sorrise.

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***Eccomi! Sono tornata! Spero di trovarvi ancora tutti qui!
   
 
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