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Autore: gio194    09/03/2021    1 recensioni
Il protagonista è Sean, un personaggio, un uomo, una coscienza immerso/a in un viaggio “interiore” alla ricerca di risposte su sé stesso/a e sulle persone che ruotano intorno alla sua vita. Sospeso sulla soglia tra sogno e realtà, sanità e follia, Sean si trova ad interagire con il ‘mondo’ circostante… e lo fa in un modo tutto suo.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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SESTA PARTE. Ripensai per tutta la settimana a quella discussione bislacca con il Dottor Homes. Rimasi estremamente delusa dal suo atteggiamento da 'latore di perle di saggezza so-tutto-io'. Sean, il povero Sean, lo sentivo più russare che parlare. Oramai riuscivo a capire a menadito in quale fase del sonno si trovasse, dato che il suo respiro variava come in una sinfonia melodica. Il piccolo Rudy riusciva persino a trarre ispirazione artistica da quei suoni cadenzati, proprio come farebbe una Musa, o piuttosto una cornamusa un poco scordata. Tra fasi R.E.M. e fasi non R.E.M. la settimana volò via e arrivò il giorno in cui sarei dovuta ritornare da Homes. Quell'uomo vantava numerose lauree e riconoscimenti, ma io assistetti solamente alla sua scenata isterica sulle coppie in crisi, con annesso dibattito filosofico. Eppure qualcosa dentro di me mi spingeva a ritornare da lui, dal luminare cafone in grado di curare i casi neurologici più disperati, ma dotato di una sciatteria illimitata.
Non appena entrata nella sala d'attesa, vidi uscire due persone visibilmente sconvolte. "Ecco ci risiamo", pensai, pentendomi quasi di essere di nuovo lì.

-"Prego! Può entrare", disse Homes con un tono piuttosto compassato.
Dopo esordì: -"Lei deve essere qui per il caso di Sean Ross. Quindi, se non erro, parliamo di narcolessia mmh...Mi diceva che ne soffre da diversi anni e che nessuna cura farmacologica si è rivelata efficace...bene...poco bene. Sembrerebbe non esserci alcun rimedio!"

-"Lei mi delude nuovamente Homes", dissi stizzita."

  -"Io la deludo ma lei non collabora Dizzy", replicò Homes. -"Secondo lei, cara Dizzy, come potrei mai aiutare un paziente che è affetto contemporaneamente da grave narcolessia e da depressione maniacale. Lei si presenta qui per conto del fratello, quindi il paziente è praticamente inesistente ai miei occhi. Guardi che io sono un medico, non un mago, o un indovino..."

-"Homes, il paziente dorme praticamente da tre anni", cominciai quasi a singhiozzare.

-"Dizzy, ci deve essere un legame con la situazione della moglie. Cerchi di capire cosa può essere successo trai i due. Dobbiamo scavare nell'inconscio, nel passato", disse Homes come preso da un'illuminazione.

-"Ma io non saprei proprio cosa fare...", pronunziai tremolante.

-"Mi spiace, non posso fare di più al momento Dizzy."

- "Cosa vuol dire che non può fare di più Homes? È la seconda volta che mi presento da lei nella speranza di trovare aiuto concreto... e mi dice che devo essere io a trovare la risposta? Mi perdoni ma lei è matto..." All'istante mi bloccai per evitare di risultare volgare.

-"Si fidi di me anziché inveirmi contro,  Dizzy. Ci saranno dei conflitti irrisolti, ma ho bisogno di più informazioni per capire." Homes sembrava quasi aver subito una metamorfosi. Era come se Bestia fosse un po' meno bestia con l'aiuto di Bella, che nel frattempo era diventata un po' più bestia e meno bella. Insomma, riuscimmo a trovare un punto d'incontro.

-"Mi tolga una curiosità Homes. È la seconda volta che ci incontriamo, e ho visto uscire dal suo studio sempre persone, coppie come le chiama lei, visibilmente deluse, torve."

-"Io non posso di certo illuderle, dando loro una falsa speranza. Se ricercano Fede, carità e speranza, si rivolgano a Dio piuttosto, non a me. Preferisco piangere con loro, dare loro conforto, consolazione etc., anziché illuderle. Loro cercano rifugio nella Fede, sperando che Dio faccia passare e cancelli come un colpo di spugna tutte le loro sofferenze. Ipotizziamo che sia realmente così: l'essere umano si rivolge a lui per debellare qualsiasi forma di sofferenza, che sia esteriore o interiore, ed esaudisce all'istante le loro richieste. Secondo lei potremmo ancora parlare di medicina senza le malattie, di letteratura senza la 'madness' dei poeti, di amore o amicizia senza la solitudine interiore. Nell'ultimo esempio le specifico che parlo di 'loneliness', non di 'solitude'. Infatti gli aggettivi corrispondenti sono 'lonely' (sentirsi solo) e 'alone' (essere solo). Beh, capisce che c'è una grande differenza. La sofferenza serve a crescere, maturare, migliorare in senso lato. Dio, in poche parole, li accompagna nella sofferenza, non toglie loro le castagne dal fuoco. Sono solito ripetere ai pazienti che è proprio la sofferenza ad alimentare la speranza, e che i problemi vanno affrontati, non elusi. Mi perdoni... non voglio sconvolgerla con queste verità esistenziali".

-"Sì, ma una volta instaurate le relazioni umane per alleviare la sofferenza, spesso esse stesse generano sofferenza. È come se fosse un circolo vizioso, essendo la sofferenza una condizione intrinseca dell'umanità...già", aggiunsi, interrompendo un entusiasta Homes, che abbozzò un sorriso e non sembrò affatto infastidito dal mio intervento.
Ci scambiammo degli sguardi d'intesa per qualche istante, dopodiché mi avviai verso l'uscio dello studio, sentendomi un po' sollevata e un po' sconvolta per il fare impetuoso ma allo stesso tempo rassicurante di Homes. In fondo pensavo che James Jacob Homes avesse ragione: "nessuno si salva da solo!".

Non appena uscita Homes mi chiamò, mi voltai e disse compiaciuto: -"Dizzy, lei hai detto 'spesso', io dico 'sempre'!" -" 'Quasi sempre', James", replicai e me ne andai.


   
 
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