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Autore: DanzaNelFuoco    10/03/2021    1 recensioni
Kei Nagai/Kaito
“Non lo capisci, vero?”
Kei scosse la testa.
“Non lo capirai mai.”
C’era una nota di tristezza in Kaito che Kei non gli aveva mai visto, nemmeno quando sua madre lo aveva costretto a cancellare il suo numero di telefono e ad ignorare la sua esistenza, fingendo di non essere mai stato suo amico. Persino allora Kai non aveva tirato fuori quello sguardo da cane bastonato che gli stava spezzando il cuore.
Forse, se lo avesse fatto allora, Kei avrebbe buttato alle ortiche tutti gli insegnamenti di sua madre sull’essere una persona rispettabile e sul posto che avrebbe dovuto avere nella società. Perché quello sguardo faceva fare cose strane al petto di Kei, cose irrazionali, cose che lo portavano all’esasperazione, perché non capiva.
Kei Nagai per la prima volta nella sua vita non capiva, per quanta logica provasse ad applicare al suo pensiero.
Genere: Angst, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kaito, Nagai Kei
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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COW-T #9 (28/02/2019)
Prompt: Se ne stava ranicchiato t
ra due auto in sosta e aspettava il prossimo colpo cercando di coprirsi il volto. (Romanzo criminale, Giancarlo De Cataldo) 

 

-  Take my hand (I won't give up on you)  - 



Kei ne stava rannicchiato tra due auto in sosta e aspettava il prossimo colpo cercando di coprirsi il volto. Doveva riflettere e doveva farlo in fretta, ma avere Sato che cercava di ucciderlo solo con le proprie mani a mezzo metro di distanza, un colpo dopo l’altro, non lo aiutava di certo. 

Come cazzo era possibile che il suo piano ben congegnato fosse andato a puttane così in fretta? 

“Kei, Kei, Kei. Te lo avevo detto che saresti finito male, no?” Sato ridacchiava felice come un bambino a cui avessero appena regalato delle caramelle. “Lo sai cosa ti aspetta, no?” 

Certo che lo sapeva Kei, Sato glielo aveva promesso così tante volte che ormai se ne era fatto una ragione. Gli avrebbe tagliato la testa e avrebbe aspetto che gliene ricrescesse una nuova. 

Kei se lo era sognato talmente tante volte che era quasi giunto al punto di chiedere a Tosaki di farlo per lui, così da esorcizzare il timore. Non aveva alcun dubbio che Tosaki glielo avrebbe rifiutato, solo per dispetto. O forse se fosse riuscito a presentare l’idea come abbastanza strategica… Ma poi tutto questo era successo, non c’era stato tempo e ora Kei si ritrovava ad un passo da affrontare l’esperienza più vicina alla morte definitiva che avrebbe potuto provare. 

Oh beh, tanto la sua vita faceva già abbastanza schifo prima, pensò mentre Sato gli sollevava il viso pesto tenendolo per i capelli. 

Diamine, di sicuro l’orrida faccia di Sato con quel sorrisetto compiaciuto non era l’ultima cosa che avrebbe voluto vedere prima di morire. 

E fu allora, mentre l’uomo col cappello sollevava il coltello militare per affondarlo nella carne morbida del suo collo, che Kei udì lo sparo.

Sato mosse qualche passo in avanti, prima di cadergli addosso, un proiettile che gli aveva fatto saltare mezza testa. 

Con che diamine gli avevano sparato, un bazooka? Fu il primo pensiero che passò per la mente ancora sotto shock di Kei. 

Ma Kei non poteva permettersi il lusso di perdere tempo con lo shock dell’ennesimo cadavere e dell’ennesima esperienza traumatica. 

Scostando con uno spintone il cadavere dell’Ajin, Kei si tirò in piedi incespicando. E una moto si fermò davanti a lui. 

“Kaito?” 

“Salta su!” 

“Cosa ci fai qui?” 

“Ti ho detto: salta su!” Gli fece un cenno con la mano, indicando con il capo le particelle di materia nera che già stavano volteggiando intorno al cadavere dell’uomo, ricostruendolo atomo per atomo. 

Prima che le cose potessero peggiorare - degenerare come sempre facevano i loro piani perfettamente studiati - Kei affondò il pugnale nella gola di Sato, per darsi qualche minuto in più di vantaggio e salì a cavalcioni sulla moto, stringendo le braccia attorno alla vita di Kaito, mentre questo si allontanava sfrecciando sulle strade deserte. 

 

* * * 

 

Kaito in qualche modo lo aveva trovato e lo aveva aiutato. Di nuovo. 

Ancora peggio, aveva parlato con Tosaki e Tosaki aveva deciso che sì, d’accordo, Kai poteva restare anche se era umano e non faceva parte del governo. Purché sapesse che se moriva erano tutti problemi suoi perché lui lì non ci sarebbe dovuto essere. 

Probabilmente tutto quello che faceva Tosaki era per dare fastidio a Kei. 

Che pensiero irrazionale, si rimproverò il ragazzo. Sicuramente in qualità di funzionario governativo Tosaki aveva scelto la strategia che reputava migliore. 

In ogni caso doveva assolutamente parlare con Kaito e convincerlo ad andarsene. Quell’idiota sentimentale non capiva che stava mettendo la sua vita in pericolo per nulla, per un ragazzo con cui era stato amico troppi anni prima perché valesse davvero qualcosa. 

Kai non era un Ajin, Kai sarebbe morto e non sarebbe tornato indietro. Kei lo aveva coinvolto anche già abbastanza. 

Diamine, Kaito sarebbe dovuto tornare a casa da sua madre, da suo padre che probabilmente era già uscito dal carcere e dal suo gatto, se ancora ne aveva uno. Sicuramente non si sarebbe dovuto far assegnare una stanza al quartier generale vicino a quella di Kei e di Nakano. 

Kei non lo poteva permettere e non lo avrebbe permesso, pensò mentre dirigendosi a grandi passi verso la sua stanza, bussando ed entrando senza aspettare risposta. 

“Kai…” 

Il ragazzo stava sdraiato sul letto a fissare il soffitto come se contenesse le risposte dell’universo, le braccia incrociate sotto la testa. 

“Non dire niente” lo pregò.  

“Perché sei qui?” Kei lo ignorò. 

“Per aiutarti.” 

“Sì, ma perché? Ti ho abbandonato in mezzo alle montagne.”

“Sì, sono finito in riformatorio per averti aiutato.”

“Ti hanno arrestato?!” 

“Ho aiutato un Ajin a scappare,” Kaito si tirò su per poterlo guardare in faccia, “ti aspettavi che mi dessero una pacca sulla spalla e mi dicessero di non farlo più?”

“No, ma…” 

“Non lo capisci, vero?” 

Kei scosse la testa. 

“Non lo capirai mai.”

C’era una nota di tristezza in Kaito che Kei non gli aveva mai visto, nemmeno quando sua madre lo aveva costretto a cancellare il suo numero di telefono e ad ignorare la sua esistenza, fingendo di non essere mai stato suo amico. Persino allora Kai non aveva tirato fuori quello sguardo da cane bastonato che gli stava spezzando il cuore. 

Forse, se lo avesse fatto allora, Kei avrebbe buttato alle ortiche tutti gli insegnamenti di sua madre sull’essere una persona rispettabile e sul posto che avrebbe dovuto avere nella società. Perché quello sguardo faceva fare cose strane al petto di Kei, cose irrazionali, cose che lo portavano all’esasperazione, perché non capiva. 

Kei Nagai per la prima volta nella sua vita non capiva, per quanta logica provasse ad applicare al suo pensiero. 

“Se tu me lo spiegassi!” 

Kei non aveva urlato, eppure nella sua testa vi era un eco, come se lo avesse fatto. 

“È inutile” gli disse Kai, una malinconica rassegnazione negli occhi. 

“Come pretendi che io capisca se non sei razionale!”

 Kai avrebbe voluto ridere. Razionale. Tutto si riduceva a questo con Kei. 

Razionale

Non c’era niente di razionale nel mondo. 

Kei poteva fingere quanto volesse di poter applicare il suo ordine strategico all’universo, ma alla fine dei giochi le cose veramente importanti erano disordinate ed entropiche e illogiche. 

Kai buttò al vento ogni briciolo di razionalità e quando l’ebbe fatto ci gettò dietro anche il buon senso. In due passi coprì la distanza che li separava, gli gettò le braccia al collo e gli chiuse le labbra con le proprie. 

Oh

Oh, risuonò nella mente di Kei, come se ogni pezzo del puzzle fosse finalmente andato al suo posto. 

Oh, gli mancavano le premesse per capire e ora aveva tutto un senso. 

Kei lasciò che le sue mani si posassero sulle spalle dell’amico, tirandoselo più vicino. 

  
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