Anime & Manga > Given
Ricorda la storia  |      
Autore: _SbuffodiNuvola_    10/03/2021    2 recensioni
“ Akihiko annuì: -Vedendoti aiutare Uenoyama e Mafuyu con il bambino, mi sono ritrovato a immaginarci in un possibile futuro. So che fare il genitore non è facile, ma...
-Va bene.
-E-Eh? -il batterista non se l’aspettava. Pensava di dover dire ad Haruki cosa aveva pensato, con un discorso ben articolato e magari una presentazione PowerPoint, e invece...
-Va bene. -ripeté Haruki. Gli sorrise, poi gli prese il viso e lo baciò: -Adottiamo un bambino.”
Genere: Comico, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Akihiko Kaji, Haruki Nakayama, Mafuyu Satō, Ritsuka Uenoyama, Sorpresa
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

-Non puoi andare più veloce? -la voce di Haruki, ovattata per il casco e faticosa da sentire per il vento, arrivò alle orecchie di Akihiko che, già irritato per l’interruzione della serata (che si prospettava perfetta) da parte di una chiamata di Uenoyama, dovette fare un respiro profondo per non buttare giù dalla moto il bassista dei Given nonché suo fidanzato e futuro marito. 

-No, Haru. Non posso andare più veloce del limite di velocità. -rispose il batterista cercando di mantenere un tono controllato.

-Ma Uenoyama ha detto che è un’emergenza!

-Ma che vuoi che sia! Da quando quei due vivono insieme c’è un’emergenza un giorno sì e l’altro pure!

Haruki non rispose. Non aveva argomenti per sostenere una tesi contraria all’ultima affermazione di Akihiko. 

Mafuyu e Uenoyama vivevano insieme da circa un anno, dopo aver finito il liceo. Frequentavano entrambi l’università e, grazie ai part-time che avevano da qualche tempo, riuscivano a dividersi i costi dell’affitto e di qualsiasi cosa richiedesse il vivere in un appartamento in centro Tokyo. L’unico problema era che non erano per niente abituati a vivere da soli, quindi succedeva spesso che Akihiko e Haruki dovessero andare di corsa da loro per risolvere problemi ridicoli, tipo fare la lavatrice o cucinare qualcosa che non sapesse di bruciato, al posto dei genitori e della sorella di Ritsuka e della madre di Mafuyu.

Anche quella sera era finita così. Akihiko era paziente, ma la sua, di pazienza, aveva un limite. Non come quella di Haruki, che, come sempre da quando avevano formato la band, si comportava da fratello maggiore fin troppo apprensivo e aveva trascinato il batterista con sé perché “con la moto si fa più in fretta. Controlliamo se stanno bene e poi torniamo a casa presto”. 

Non riusciva mai a dirgli di no. Dannazione.

-Cosa sarà successo stavolta? -domandò il bassista dopo qualche secondo. 

-Kedama avrà fatto pipì sul copriletto. -ironizzò Akihiko mentre svoltava nella via dove si trovava il condominio.

-Nah, Mafuyu avrebbe risolto il problema. -osservò Haruki mentre l’altro parcheggiava la motocicletta. -Ha quel cane da due anni, ormai è abituato a queste cose.

Scesero entrambi dal mezzo e, portandosi i caschi sottobraccio, si diressero verso il portone d’ingresso. 

Mentre aspettavano che qualcuno rispondesse al citofono, Haruki gli sorrise.

-Controlliamo solo che stiano bene. Poi torniamo a casa. -lo rassicurò stringendogli una mano. Akihiko fece un sorriso di ringraziamento. 

-Chi è? -chiese la voce di Mafuyu. I due lo sentirono a malapena: in quell’appartamento o stava succedendo il finimondo o... Akihiko non trovò una spiegazione sensata al caos che sentì dal citofono.

-Haruki e Akihiko. -rispose Haruki, che lanciò un’occhiata dubbiosa ad Akihiko.

La porta si aprì e il rumore proveniente dall’altoparlante del citofono si interruppe.

-Dimmi che anche tu hai sentito un bambino che piangeva. -fece Akihiko, non accennando ad un passo. L’espressione indecifrabile del suo fidanzato gli fece capire di non essere impazzito.

 

 

Nell’appartamento di Mafuyu e Uenoyama stava seriamente succedendo il finimondo.

Quando Mafuyu aprì la porta, Akihiko fu tentato di tapparsi le orecchie con le mani: Kedama abbaiava e ululava, la televisione era accesa, il microonde era in funzione e dal bagno proveniva la voce di Uenoyama, ma le parole erano confuse a causa del pianto di un bambino che sovrastava tutto il resto. La cosa che lasciò perplessi il batterista e il bassista dei Given fu però la maschera da sub che Mafuyu aveva al collo.

-Entrate. -disse il cantante praticamente urlando per farsi sentire. -O la signora Suzuki ci denuncerà.

-Ma non è un appartamento insonorizzato? -fece Akihiko. 

-Non del tutto. -precisò Mafuyu. 

-Che diavolo succede? -chiese Haruki togliendosi le scarpe. -Da quando avete un bambino?

-Non è nostro. -rispose il più giovane. -È di Yayoi...

-QUALCUNO MI AIUTI! -urlò Uenoyama dal bagno. Haruki fece per dirigersi verso la stanza in questione, ma Mafuyu lo fermò e gli porse una molletta per il bucato.

-Mettitela sul naso. -disse solo.

-Perché? 

-Fallo e basta. -il cantante porse una seconda molletta ad Akihiko, poi indossò la maschera da sub e andò in bagno, lasciando i senpai più che perplessi. I due si guardarono, ma misero le mollette sul naso e raggiunsero Mafuyu.

Akihiko aveva visto Uenoyama nel panico tantissime volte, ma quella le batteva tutte: era chino sulla cassettiera del bagno, su cui era poggiato un fasciatoio azzurro con sopra un neonato che scalciava e piangeva. Il chitarrista armeggiava con un pannolino sporco ed uno pulito, non sapendo che pesci pigliare. Anche lui aveva una maschera da sub sul viso. La scena era abbastanza comica, ma Akihiko dovete trattenersi dal ridere per non far arrabbiare Uenoyama e peggiorare la situazione.

-Non rimanete lì impalati e datemi una mano! -esclamò il giovane. 

Haruki si riprese dalla sorpresa per primo e si affrettò ad avvicinarsi al fasciatoio. 

-È un neonato, mica un alieno! -disse. -Ue, butta via il pannolino sporco. Mafuyu, Yayoi non ti ha lasciato una borsa con tutte le cose per il bambino?

-È in salotto. -rispose l’interpellato.

-Portala qui. -ordinò il bassista. Mafuyu annuì e sparì in corridoio. Uenoyama gettò il pannolino usato nel cestino presente nel bagno.

Akihiko osservò Haruki rivolgersi al figlio di Yayoi, prendendogli le manine e facendogli il solletico sotto i piedini.

-Povero piccolo. -disse con una voce che Akihiko non gli aveva mai sentito usare. -Quei due non hanno capito niente, eh?

-Ehi! Non è colpa mia se è la prima volta che ho a che fare con un neonato! -si difese Uenoyama. 

Haruki lo ignorò, continuando a rivolgersi al bambino: -Adesso ci pensa lo zio Haru, va bene?

Il piccolo smise di piangere, dando sollievo alle orecchie dei tre uomini nel piccolo bagno.

Mafuyu tornò proprio in quel momento e lasciò una borsa a tracolla blu sul bordo della vasca.

-Passatemi le salviette umide. -disse Haruki allungando un braccio. -E il borotalco e la crema.

Mafuyu e Uenoyama si misero a cercare nella borsa. 

-Ora posso togliere la molletta dal naso? -domandò Akihiko. Haruki annuì, togliendo a sua volta la molletta dal proprio naso.

Dalla cucina arrivò il bip bip che annunciava la fine della cottura di qualunque cosa fosse presente nel microonde.

-Ah, è il biberon. -disse Mafuyu. 

-Vado io. -fece Akihiko, che si sentiva inutile a stare fermo impalato sulla porta del bagno. Si recò in cucina, ricevendo un’accoglienza calorosa da Kedama. Il cane gli fece le feste, correndogli incontro e scodinzolando allegro. Il batterista si abbassò al suo capo per accarezzarlo, poi andò verso il microonde e aprì lo sportello, trovando un biberon colmo di latte che mise sul tavolo. Lì, notò un biglietto scritto a mano su cui erano elencate le cose da fare per ogni esigenza del piccolo Daisuke (ah, sì, era quello il nome del bambino). Il tutto terminava con la firma di Yayoi.

-Come fai a sapere queste cose, Haruki-san? -Akihiko sentì la voce di Mafuyu.

-Mia sorella ha avuto una bambina. Le davo una mano ogni tanto. -rispose Haruki. Poco dopo, lui, Mafuyu e Uenoyama entrarono in cucina. Uenoyama teneva in braccio Daisuke, che ora rideva per le espressioni che suo zio gli faceva.

-Adesso vi va di spiegarci come mai vi siete ritrovati a fare i babysitter? -chiese Akihiko sedendosi al tavolo. Gli altri lo imitarono.

-Yatake aveva promesso a Yayoi una cena a lume di candela, ma stasera i miei non potevano tenere Daisuke, quindi sono venuti qui senza neanche avvertire e ci hanno lasciato questa peste. -spiegò Uenoyama. La “peste” per poco non si mangiò una delle sue dita.

-Ah sì, Take-chan me ne aveva parlato. -disse Haruki, poi indicò il bambino. -Ha già mangiato?

Mafuyu fece no con la testa e prese il biberon che Akihiko aveva estratto poco prima dal microonde.  Fece per porgerlo a Uenoyama, così che lo desse a Daisuke, ma il chitarrista lo fermò.

-Controlla se è troppo caldo o no. -disse.

-E come dovrei fare? -fece il cantante.

-Versa alcune gocce sul polso o sul dorso della mano. -rispose Haruki, lasciando stupito Akihiko ancora una volta.

Mafuyu ubbidì.

Mentre il bambino beveva il suo latte, stringendo il biberon con le manine aiutato da Uenoyama, Akihiko osservò il chitarrista. Non lo aveva mai visto così... così tenero. Nemmeno con Mafuyu.

Ritsuka guardava il nipote con uno sguardo dolce e un sorriso appena accennato, senza accorgersi degli occhi degli altri tre su di lui. 

 

 

-Stavolta era un’emergenza reale. -osservò Haruki mentre toglieva le scarpe nell’ingresso del loro appartamento. Vivevano insieme da poco: visto che si sarebbero sposati presto, avevano deciso di acquistare un appartamento nuovo, più grande e insonorizzato per le esercitazioni di entrambi con i loro strumenti musicali.

-Per questa volta li perdono. -disse Akihiko. Lasciò le chiavi della motocicletta sul mobile all’ingresso e si diresse in cucina per prendere qualcosa da bere.

-Pensi che adesso se la sapranno cavare? -chiese Haruki. Lo aveva seguito e se ne stava appoggiato allo stipite della porta, osservandolo a braccia conserte. 

-Ti preoccupi troppo. -rispose il batterista porgendogli una lattina di birra. Aprì la propria e bevve un sorso. 

-Forse hai ragione. -disse Haruki, poi bevve a sua volta. 

Restarono in silenzio per un po’, il tempo che servì ad Akihiko per rivedere nella sua mente le scene a cui aveva assistito quella sera: Haruki che cambiava il pannolino a Daisuke, Haruki che dava consigli su come controllare se il latte da dargli fosse troppo caldo, Haruki che teneva in braccio il piccolo e lo faceva giocare.

Era stato uno spettacolo così dolce che il batterista aveva quasi desiderato che quel bambino fosse loro figlio. Si era sorpreso dei suoi stessi pensieri, poi però si era detto che era normale avere quelle fantasie quando stai con qualcuno per tanto tempo. Forse poteva anche proporlo ad Haruki, così per scherzo, e vedere la sua reazione. 

-Vado a farmi una doccia. -disse Haruki proprio in quel momento. Mise la lattina vuota sul tavolo e uscì dalla cucina senza lasciargli il tempo di dire alcunché.

Akihiko finì la sua birra e buttò le lattine nella spazzatura. Aprì la finestra e andò sul terrazzo, appoggiandosi alla balaustra per osservare il paesaggio notturno di Tokyo. Accese una sigaretta, che si portò alle labbra, senza nemmeno rendersi conto di quello che faceva, talmente era immerso nei suoi pensieri.

Un bambino piccolo da crescere con Haruki. Non gli sarebbe certo dispiaciuto insegnargli la batteria o fargli imparare a guidare la motocicletta e nemmeno lo stare sveglio di notte quando il piccolo piangeva.

Certo, occuparsi di un bambino era una responsabilità veramente enorme, lo sapeva. Eppure si sentiva pronto ad affrontare la sfida. Doveva solo chiedere ad Haruki cosa ne pensasse.

-Akihiko, che fai qua fuori? 

Akihiko si voltò e vide Haruki appoggiato alla portafinestra. Indossava un paio di pantaloncini e una maglietta a maniche corte che usava come pigiama, sulle spalle aveva un asciugamano e teneva le braccia conserte.

-Avevo bisogno di una sigaretta. -rispose il batterista con semplicità. Osservò l’altro mettersi al suo fianco e guardare la strada sottostante.

-Va tutto bene? -gli domandò il bassista. Akihiko non rispose, ma sospirò: -Haru. -lo chiamò facendolo girare verso di lui. 

-Sì?

Akihiko si fissò le mani: -Stavo pensando che mi piacerebbe... mi piacerebbe adottare un bambino. 

Haruki non disse niente, perciò alzò lo sguardo su di lui e dovette trattenersi dallo scoppiare a ridere. Il bassista lo osservava con occhi e bocca spalancati, cercando di mettere insieme una frase.

-S-Sei s-sicuro? -riuscì a balbettare. Akihiko annuì: -Vedendoti aiutare Uenoyama e Mafuyu con il bambino, mi sono ritrovato a immaginarci in un possibile futuro. So che fare il genitore non è facile, ma...

-Va bene.

-E-Eh? -il batterista non se l’aspettava. Pensava di dover dire ad Haruki cosa aveva pensato, con un discorso ben articolato e magari una presentazione PowerPoint, e invece...

-Va bene. -ripeté Haruki. Gli sorrise, poi gli prese il viso e lo baciò: -Adottiamo un bambino. 

 

***

 

E da quel momento era iniziato tutto. Avevano fatto richiesta per l’adozione di un bambino di pochi mesi e dopo qualche settimana il piccolino, che i genitori naturali non erano in grado di crescere, era entrato a far parte delle loro vite. 

Naoya (così si chiamava) non dava mai problemi, piangeva solo quando aveva fame o doveva essere cambiato e sorrideva praticamente con tutti. Sembrava adorare in particolar modo Mafuyu, che lo teneva spesso in braccio e lo faceva divertire. 

Quando aveva iniziato a camminare, Haruki e Akihiko non potevano mai stare tranquilli: per evitare incidenti avevano coperto tutti gli spigoli della casa con la gommapiuma, avevano messo gli oggetti appuntiti in alto e tenevano sotto controllo ogni singolo passo del bambino.

Poi c’erano stati i primi giorni d’asilo e di scuola elementare. Haruki si era commosso e Akihiko aveva ripreso praticamente ogni cosa con una videocamera, esattamente come tutte le volte in cui Naoya aveva fatto qualcosa di speciale, tipo la prima parola o il primo brano suonato interamente con la batteria.

Naoya era un bambino curioso, dolce e ubbidiente e le maestre lo avevano ribadito spesso durante i colloqui genitori-insegnanti. Faceva amicizia facilmente e tutti gli volevano bene. Persino i bulletti della classe non lo disturbavano mai, anzi, lo invitavano a giocare con loro. 

Haruki e Akihiko erano fieri di lui. 

 

 

Un giorno, Naoya era nella sua cameretta a esercitarsi con la batteria. I suoi papà gliel’avevano regalata per il suo quinto compleanno, quando era risultato evidente che avrebbe continuato a prendere “lezioni” da Akihiko.

-Nao-chan. Vieni un attimo. -lo chiamò Haruki. Il bambino fece come gli era stato chiesto, portandosi dietro le bacchette.

-Che cosa c’è? -chiese ad Akihiko e Haruki, che lo aspettavano seduti sul divano. Le facce serie dei due uomini lo fecero spaventare.

-Nao-chan, questa è una mail per te. -disse Akihiko indicando il computer appoggiato sul kotatsu dove di solito mangiavano. Naoya si avvicinò al batterista, che lo fece sedere sulle sue gambe.

-Riesci a leggere? -gli domandò Haruki, seduto accanto a loro. Gli occhi verdi del bambino scrutarono lo schermo: sotto un testo non molto lungo c’era una fotografia di un uomo e una donna che tenevano in braccio un neonato dai capelli biondi.

-Chi sono? -chiese Naoya.

Haruki guardò Akihiko, poi disse: -Loro sono i tuoi genitori naturali. La tua vera mamma e il tuo vero papà. 

Il bambino annuì. I due uomini gli avevano già spiegato che lui non era veramente loro figlio, ma era stato adottato. Naoya, però, non aveva mai fatto domande sui suoi genitori naturali, come se non gli fosse importato molto di loro.

-E perché ci hanno scritto una lettera? -domandò il piccolo guardando Haruki.

Fu Akihiko a rispondere: -Qui c’è scritto che vorrebbero che tu tornassi da loro. Sono pronti ad essere una famiglia. 

Naoya spostò di nuovo lo sguardo sullo schermo, senza dire una parola.

-Però devi essere tu a scegliere. -disse Haruki. -Noi non ti metteremo fretta. Pensaci con calma, va bene?

Il bambino rimase in silenzio per un attimo, il tempo che servì al bassista per guardare Akihiko con espressione preoccupata.

-Nao-chan... -lo chiamò Akihiko accarezzandogli i capelli biondi.

-Voglio incontrarli. -dichiarò Naoya, anche se non sembrava tanto convinto. Stringeva le bacchette della sua batteria con entrambe le mani e tremava impercettibilmente.

Akihiko e Haruki si scambiarono un altro sguardo, poi il batterista diede un bacio sulla testa al piccolo che teneva sulle gambe: -Allora gli mandiamo una mail con scritto così, va bene, campione?

Naoya annuì.

 

 

Due giorni dopo, di domenica mattina, Haruki e Akihiko accompagnarono Naoya a casa dei suoi genitori naturali. Lasciarono la macchina in un parcheggio poco lontano e così fecero anche due passi. Naoya camminava in mezzo ai suoi papà, tenendo una mano ad entrambi come facevano sempre quando camminavano per strada. Era stranamente silenzioso e aveva le sopracciglia aggrottate.

-Agitato? -gli chiese Haruki, che un po’ agitato lo era. Naoya fece no con la testa.

I due uomini erano pronti a qualsiasi decisione da parte del bambino. Se avesse voluto rimanere con i suoi veri genitori non avrebbero protestato. Era una scelta di Naoya e non volevano che il piccolo si sentisse in colpa. Certo, per loro sarebbe stata dura dirgli addio. Gli volevano bene come se fosse stato figlio loro.

-Naoya, non devi preoccuparti per noi, va bene? -disse Akihiko notando che la presa del bambino si era fatta più stretta sulla sua mano. Naoya annuì.

Poi arrivarono alla loro meta. 

Era una villetta non molto grande, con un piano solo e un bel giardino. Accanto alla porta d’ingresso c’era un passeggino.

I tre si avvicinarono e Haruki suonò il campanello. Ad aprire fu una giovane donna dai capelli biondi e gli occhi verdi, proprio come Naoya. 

-Oh! Benvenuti! -disse sorridendo.

-Ciao Eri. -salutò Haruki facendo un sorriso a sua volta.

-Entrate, entrate. -li invitò lei.

Akihiko guardò Naoya e si abbassò al suo capo. Notò che il piccolo guardava la madre con un’espressione indecifrabile.

-Coraggio, campione. -gli disse accarezzandogli la testa dolcemente. Naoya deglutì, poi entrò in casa per primo. 

 

 

Akihiko e Haruki tornarono quella sera, per sapere cos’avrebbe deciso Naoya. 

Nel piccolo salotto della villa la tensione si poteva avvertire chiaramente. Il batterista e il bassista seduti alla destra del kotatsu, Eri e Hiroji (i genitori naturali di Naoya) a sinistra. Sayuri, la bambina che aveva avuto la coppia da un anno, giocava lì vicino.

Naoya stava in piedi a capotavola e si tormentava la maglietta con le mani. 

-Ho-Ho deciso cosa voglio fare. -annunciò alzando la testolina bionda. Guardò i quattro adulti che aveva davanti, che gli sorridevano dolcemente.

-Diccelo pure, tesoro. -disse Eri.

-Io ehm... -Naoya si schiarì la voce. Non era abituato ad essere al centro dell’attenzione in quel modo e Akihiko lo sapeva.

-Prenditi il tempo che ti serve, Nao-chan. -lo rassicurò Haruki. Il bambino annuì, poi si voltò verso Eri e Hiroji e disse: -Mi sono divertito oggi, grazie per tutte le cose belle che abbiamo fatto. 

-Di nulla. -rispose Hiroji. 

-Però... -balbettò Naoya. -Io non voglio stare con voi. 

Akihiko si sentì improvvisamente strano. 

-Io voglio stare con papà Haru e papà Aki. -continuò il piccolo. -Voglio suonare la batteria nella mia cameretta con le note musicali sul muro con papà Aki, giocare con Tama e con lo zio Mafuyu. E voglio aiutare Natsuko a imparare a parlare bene insieme allo zio Ritsuka.

Akihiko sorrise, con le lacrime agli occhi. Quel piccoletto era veramente straordinario.

-E voglio sentire papà Haru che suona il basso nella band insieme al papà Aki e agli zii. Perché loro sono la mia famiglia. -terminò Naoya. Era tutto rosso in viso.

Haruki si voltò verso Akihiko, poi entrambi guardarono Eri e Hiroji, che erano pallidi in viso. Akihiko si era aspettato che Naoya volesse stare con loro, magari per avere una mamma come tutti i suoi amichetti. E invece lo aveva reso fiero di lui ancora una volta.

Il batterista dei Given si trattenne dal mettersi a urlare di gioia e si limitò a fare un piccolo sorriso.

-Beh, un po’ ce lo aspettavamo. -commentò Hiroji dopo qualche attimo di silenzio.

-Noi per niente, ad essere sinceri. -disse Akihiko osservando il bambino che si tormentava ancora la maglietta.

-Lo avete cresciuto voi. -fece Eri. -Mentre noi... beh, lo abbiamo abbandonato.

-Però noi pensavamo volesse avere una famiglia come tutte le altre, come i suoi amici. -spiegò Haruki. -E soprattutto più tranquilla di quanto lo siamo noi.

-Ma a me piace quando suonate il basso e la batteria a casa! -protestò Naoya. La sua espressione fece ridere tutti i presenti.

 

 

-Tutto è bene quel che finisce bene, insomma. -disse Yatake quando Akihiko ebbe terminato di raccontare quello che era successo il giorno prima.

-Già. -commentò Haruki.

-Ma se ti sei beccato un infarto quando Nao-chan ha detto di voler incontrare Eri e Hiroji! -fece Akihiko. Il bassista arrossì: -Anche tu hai avuto paura, ammettilo!

-Anche Mafuyu si è spaventato quando ce l’avete detto. -disse Uenoyama prima che un cuscino lo beccasse dritto in faccia. 

-Mafuyu, perché mio fratello non ti ha conosciuto prima! Potevi aiutarmi con questa tua mira! -commentò Yayoi, che piangeva dalle risate. 

-Mafuyu! -esclamò Uenoyama.

-Sì, Uenoyama-kun? -rispose il cantante in modo molto simile a come si rivolgeva a lui quando si erano appena conosciuti. Il chitarrista diventò tutto rosso. 

-Guardate! -esclamò Daisuke in quel momento. Tutti si voltarono verso la direzione che il bambino indicava, trovando Naoya che teneva le manine di Natsuko, la bambina di un anno che Uenoyama e Mafuyu avevano adottato, per aiutarla a camminare. 

-Fai piano, Naoya. -si raccomandò Haruki, anche se fu inutile, considerando che il bambino si muoveva pianissimo.

-Nacchan sta imparando benissimo! -disse Daisuke. Quel bambino era la copia maschile di Yayoi, ma con gli occhiali. 

-Diventeremo parenti, Ue-sama? -fece Akihiko mettendo un braccio sulle spalle del chitarrista.

-Guarda che è un papà geloso. -rispose Mafuyu.

-Smettila! -esclamò Uenoyama.









*angolo autrice*
Ciao a tutti! Questa è la prima fanfic su Haruki e Akihiko che abbia mai scritto: non è un granché, ma ho notato che in questo fandom manca questo genere di storia perciò ecco qua!
Spero vi sia piaciuta ❤️

   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Given / Vai alla pagina dell'autore: _SbuffodiNuvola_