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Autore: Petricor75    10/03/2021    0 recensioni
SCRITTO A QUATTRO MANI CON REAPERONZOLO
Post Alien Resurrection Director's Cut. Ripley8 e Call fanno i conti coi fantasmi dei loro rispettivi passati. E mentre cercano di capire come affrontare il presente e trovare un posto dove costruirsi una parvenza di vita, hanno l'opportunità di conoscersi meglio e sostenersi a vicenda. Potrebbero anche innamorarsi, nel frattempo.
Alien e i suoi personaggi non mi appartengono e questa storia è stata scritta senza scopo di lucro.
I commenti sono bene accetti, fateci sapere se vi piace la storia e perché. Basta solo un minuto, c'mon! ^__^
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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CAPITOLO NOVE

"Sono bellissimi, non è vero?", Call esclama, scambiando uno sguardo d'intesa con Ripley, mentre ammirano, vicine, il panorama dalla plancia della Betty. Il clone non riesce a trattenersi e allunga una mano per attirarla più vicina.

È elettrizzata quanto lei, al pensiero di dove si trovino.

Quando le aveva proposto la sua idea, notti prima, Call l'aveva piacevolmente spiazzata saltandole al collo. Si era ritrovata a circondarle la minuta schiena con le braccia, sorreggendola di peso. Le era sembrata così leggera. Le era sembrato così naturale tenerla tra le sue braccia.

"Non hai idea, Ripley! Sono sessanta-quattro anni che sogno di andarci!", aveva esclamato a due centimetri dal suo viso, obbligandola a soffermarsi sulle rotondità delle sue labbra.

"Aspetta, cosa? Ma quanti anni hai, scusa?", aveva domandato scoppiando a ridere.

"Cento-otto!", l'androide aveva risposto distrattamente. "Ehi! Non fare quella faccia! Tu ne hai duecento-novanta!"

Stringe la mano sul suo fianco, sorridente, guidata dal moto di tenerezza che il ricordo le ha suscitato.

"Sono solo dei cazzo di buchi per terra, gente!", Johner le guarda con espressione a metà tra l'invidioso e il disgustato, alzando infine gli occhi al cielo. -che spreco di carne!-, pensa tra sé, prima di ricordarsi che una è un clone con un discutibile senso dell'umorismo e il sangue acido, e l'altra un cazzo di robot.

"Non sono solo dei cazzo di buchi, ignorante!", Vriess lo apostrofa, manovrando la navetta a una cinquantina di metri sopra la cima degli alberi che adornano, assieme ai cenote e a varie costruzioni sparse, sia dell'epoca Maya e del periodo di dominazione spagnola, la penisola dello Yucatan.

"Si sono formati dall'impatto del meteorite che ha formato il Golfo del Messico. E non ci crederai, ma sono tutti collegati tramite canali sotterranei e l'acqua è sempre limpida e pulita!"

"Dovremmo farci un giro, prima o poi", Ripley sussurra all'orecchio di Call, provocandole un brivido che le corre lungo la schiena.

"Si, ma scordati di farmi fare un tuffo!", l'androide ribatte in tono serio.

Non passa molto tempo, prima che il paesaggio cambi, lasciando il posto a un'enorme distesa di roccia lavica solidificata.

"Sapevi che ai tempi degli Aztechi, questa valle era un lago?", Call domanda a bassa voce, prendendosi un po' di privacy anche in mezzo agli altri due compagni. La sua mano gioca affettuosamente con quella di Ripley.

"Non prima di cominciare il tuo libro, ma sono obbligata a correggerti, il nostro amico Mixtli racconta che erano cinque laghi collegati tra loro", l'ibrido puntualizza scherzosa intrecciando le loro dita insieme.

Call alza gli occhi al cielo, sorridendole.

"Che cazzo è successo a questo posto?", Johner domanda, osservando la distesa nera sulla superficie.

"Nel 2249 i vulcani Popocatepetl e Iztaccihuatl, a sud-est della vallata, esplosero simultaneamente, inghiottendo tutto fino a Tenochtitlan, solo i quartieri più a nord sono scampati al disastro", Call racconta con entusiasmo.

"Tenoc-ché?", Vriess domanda.

"Città del Messico. Dopo decenni di diatriba, la popolazione ha voluto tornare ad adottare l'antico nome azteco, così come hanno ripreso pian piano a parlare il Nahuatl, abbandonando lo spagnolo", l'androide prosegue.

"Fottuti coloni!", il giovane commenta con una faccia disgustata, virando a est.

Le due donne non riescono a staccarsi dal finestrino, mentre la Betty si avvicina al sito archeologico di Teotihuacan. È immenso e totalmente deserto, a riprova che nessuno si sposta più per turismo, da molto tempo, oramai. Call ordina a Vriess di toccare terra non lontano dal Tempio del Serpente Piumato.

——————————

"Un'ultima cosa, ragazze", Vriess le ferma, prima che salgano sul quad e si allontanino. Si sporge dalla sua sedia a rotelle ed estrae da sotto il sedile quattro involucri di dimensioni identiche, porgendone loro uno a testa.

"Il povero Elgyn ha avuto il buon senso di mettere questi al sicuro, prima di farsi ammazzare", dichiara alle facce perplesse delle due.

Johner si allontana di scatto dalla parete sulla quale era appoggiato, e l'aria annoiata di pochi istanti prima si trasforma in un'espressione di vivo interesse.

"Sono seicentomila crediti ciascuno. Vi faranno comodo"

"Oh, frena! Che cazzo è questa storia? E che cazzo c'entra Ripley? Lei non faceva parte dell'accordo!", Johner protesta, già sul piede di guerra.

"L'accordo prevedeva trecentocinquantamila a testa e trecentomila per la manutenzione della Betty!", il ragazzo s'impone in tono sicuro. Aveva calcolato l'imprevisto, preparandosi in anticipo.

"Vuoi la tua parte come da accordo, Johner?", lo sfida, guardandolo sgonfiarsi e allargare le braccia.

Call e Ripley sghignazzano divertite dall'alterco, contente di come Vriess abbia gestito la situazione.

Dopo aver stretto la mano al ragazzo e salutato con un cenno del capo il rozzo compagno, ancora seccato dalla spartizione della ricompensa, il clone si avvia verso il quad, lasciando un momento di privacy a Call e Vriess.

Non passa molto tempo, prima che la giovane la raggiunga, tirando su col naso, mentre la Betty si solleva da terra alzando un fitto muro di polvere e sparendo nella ionosfera nel giro di pochi secondi.

Un moto di tenerezza nei suoi confronti la incoraggia ad abbracciarla in vita, posare il mento sulla sua spalla e depositarle un affettuoso bacio sulla guancia, quando lei la raggiunge salendo alla guida del mezzo.

Percorrono a passo d'uomo il Viale dei Morti, commentando le varie costruzioni che sfilano ai loro lati. Il quad si arrampica senza fatica su per la ripida scalinata della gigantesca Piramide del Sole.

Il pavimento di acciottolato non è un problema, vista la quantità di coperte che vi hanno steso sopra. Gli stivali consunti delle due gettano lunghe ombre poco lontano.

"Quindi, giusto per capire a cosa possiamo aspirare, quanti sono un milione e duecentomila crediti?", Ripley domanda, invitando Call a sedersi tra le sue gambe e circondandola con le sue lunghe braccia.

"Abbastanza per vivere modestamente, soprattutto se ci troviamo un lavoretto per arrotondare", Call risponde, porgendole un pezzo di cioccolato che Ripley addenta direttamente dalla sua mano. "Cosa vorresti fare?", le domanda, mentre il sole di fronte a loro bacia l'orizzonte.

"Possiamo permetterci una cucina? Ne ho abbastanza di quelle merdose barrette militari!", il clone scherza, facendola ridere.

"Beh, se ci stabiliamo a Tlatelolco potremmo anche vendere cibo al mercato cittadino, che ne dici?", l'androide propone.

"Bella idea!", il clone commenta, già immaginandosi il loro semplice e appagante futuro.

"Ma sai cucinare, almeno?", Call domanda, voltandosi per guardarla in faccia, divertita, con un sopracciglio alzato.

"Non ne ho la più pallida idea!", Ripley ammette. "Ma una cosa la so", aggiunge godendosi l'espressione di aspettativa sui morbidi lineamenti della ragazza. "I coltelli li maneggi tu!", dichiara, sfiorandole il collo con la bocca. Le piace la sensazione di ruvidezza che la cicatrice della bruciatura le lascia sulle labbra.

Quando si sono svegliate, quella stessa mattina, si è preoccupata, notando che il segno non era scomparso durante la notte. Ma Call le aveva subito spiegato, facendola ridere per l'assurdità della giustificazione, che non aveva voluto 'scomodare' i suoi nanobot per una cosa di così poco conto.

Adesso che ci pensa, però, crede di sapere perché la giovane non si è sbarazzata di quel segno.

"Sai che c'è? Mi piace, questa bruciatura", le confessa sussurrando, tornando a baciarla delicatamente in quel punto. Call si preme contro di lei, abbandonandosi al contatto.

"Piace anche a me", la ragazza conferma.

"Lo so", l'altra ribatte in tono vagamente presuntuoso, facendola ridacchiare. "Però devi fare qualcosa, almeno per quella più profonda, perché io non saprei proprio come giustificare quella strana cosa che s'intravede sotto", il clone le fa notare, allontanandole dolcemente la mano che istintivamente la giovane si è portata al collo, come per coprire un difetto.

"Non farlo. Siamo solo noi", le dice sorridendo a bassa voce.

"Noi… mi piace", la ragazza afferma, sorridendo.

"E penso che mi piacerebbe anche fare una gita di qualche giorno a uno di quei cenote, sai?", le confessa, elettrizzata.

"Non ci credo!", il clone esclama con sorpresa.

"Già! Nemmeno io! Ma so che se mi resti vicina, potrei anche farmi una nuotata. Mi sento più sicura con te accanto", dichiara addolcendo la voce.

"Allora ti prometto che ti starò appiccicata", la donna le sussurra stringendola a sé.

Morbide labbra indugiano sulla sua fronte, e poi scivolano sulla punta del naso. Call chiude brevemente gli occhi, per poi riaprirli in quelli di Ripley.

Lei vorrebbe tanto concentrarsi sul suo sguardo, ma non riesce proprio a evitare le persistenti occhiate che finiscono sulle labbra della giovane. Le copre una guancia, estendendo il pollice sulla sua bocca per il bisogno di toccarle.

È talmente presa dal proprio desiderio, che serve che Call la imiti, perché si accorga che la giovane è mossa dalla stessa pulsione. L'espressione rapita che le legge negli occhi, quando sente la punta delle sue dita sulle sue labbra, le fa abbandonare qualsiasi proposito a trattenersi. Non c'è nessuna ragione di farlo, non più.

Così si avvicina lentamente, mentre Call la raggiunge a metà strada. È facile, come tornare a casa e mettersi in libertà, anche se nessuna delle due ha mai realmente vissuto quel semplice atto di quotidianità, almeno, fino a questo momento.

——————————

Per tutto il percorso, sia all'andata che al ritorno, Ripley la prese in giro, per essersi decisa a voler visitare un cenote, quando oramai si trovavano a più di mille chilometri dalla Penisola dello Yucatan.

"Non potevi farti coraggio quando stavamo sorvolando la zona con la Betty?"

Ed entrambe scoppiarono a ridere per l'ennesima volta. Il viaggio con il quad durò diverse settimane. Se la presero comoda.

Ripley era brava a cacciare, Call era brava a orientarsi.

"Facile, quando hai l'intera mappa terrestre salvata nel tuo meraviglioso cervello"

Un paio di volte la ragazza sbagliò strada apposta, così, tanto per vedere come reagiva il clone.

Era così facile scherzare, tra loro, così facile lasciar crescere il loro rapporto, lasciarlo fluire in maniera naturale.

Evitarono i centri abitati, per quel lungo viaggio. Volevano solo costruire il loro 'NOI'. Come se non ne avessero mai abbastanza, l'una dell'altra.

La prima volta che s'immersero nella limpida acqua del cenote Ik Kil, Ripley non lasciò mai la sua gentile presa su Call, inizialmente la giovane le si abbarbicò addosso come una scimmietta impaurita, finalmente sentendosi libera di mostrarsi terrorizzata e vulnerabile.

Dopo vari giorni di 'terapia d'urto', entrambe si divertirono a calarsi giù dalle liane, lasciandosi cadere ogni volta da un'altezza sempre maggiore.

Poi si tuffarono direttamente dal bordo, giocando a inseguirsi l'un l'altra, anche in apnea.

Finché la confidenza con l'acqua fu talmente tanta che il più delle volte si ritrovavano allacciate insieme, a rischiare di annegare perché troppo impegnate a fare altro, piuttosto che a stare a galla.

——————————

Tornarono verso Tenochtitlan a un certo punto, Call poteva parlare fluentemente il Nahuatl e Ripley lo imparò lentamente, negli anni.

Trovarono il modo di ottenere nomi e documenti falsi, non che la burocrazia contasse ormai più di tanto. Ma era una precauzione a dir poco obbligatoria. Solo nei loro momenti d'intimità e solitudine, non potevano fare a meno di chiamarsi l'un l'altra come erano abituate a fare.

Si stabilirono in un piccolo appartamento di due stanze, a nord di Tlatelolco. Scoprirono presto che il clone non se la cavava per niente male, in cucina, a patto di non metterle in mano un coltello. Ma tagliare gli ingredienti, convennero, era compito di Call.

Ogni tanto Ripley ignorava questa regola, così, tanto per fare qualcosa di proibito. In qualche occasione, fu abbastanza sfortunata da forare un paio di padelle, di quelle buone, e peggio ancora, rovinare irrimediabilmente il filo dei coltelli preferiti da Call, e le toccò offrire il pranzo per un mese intero all'amico che riuscì a procurarle del cioccolato di buona qualità, per farsi perdonare.

In realtà, sapevano entrambe che non c'era alcun bisogno di farsi perdonare niente, ma il rito le divertiva. Ricordava loro quei primi tempi in cui si erano legate, a dispetto delle loro tante differenze.

Per quattro giorni a settimana, fornivano il pranzo a un certo numero di clienti abituali, impegnati nelle fabbriche limitrofe. Le raggiungevano con il loro fidato quad. Esquites, Tamales e Nopales non mancavano mai, nel loro menu giornaliero.

Non di rado capitava che qualche loro cliente, non necessariamente di sesso maschile, facesse all'una o all'altra qualche complimento 'di troppo', ignorando la relazione che le due non si sforzavano minimamente di nascondere. Tutti coloro che ci provavano, comunque, presto si stancavano di insistere. Le due erano inequivocabilmente fedeli e votate l'una all'altra. E tutti si trovavano d'accordo, alcuni di malavoglia, che fossero davvero una bellissima coppia.

Si dissero a parole che era una giusta precauzione e una buona copertura, quando decisero di ufficializzare la loro unione, ma sapevano che erano solo scuse. Non ne avevano bisogno, ma lo desideravano entrambe.

Ogni tanto capitava anche qualche famiglia, che dopo aver ordinato le pietanze, si sedeva a consumarle poco lontano. A volte c'erano dei bambini, lo sguardo di Ripley s'incupiva leggermente, in questi casi e Call se ne accorgeva sempre, rattristandosi a sua volta, per empatia e per impotenza. Una volta, Call le aveva anche proposto di pensare a una soluzione come l'affidamento, ad esempio, ma riflettendoci insieme, avevano capito che, in un certo senso, non sarebbero mai state completamente libere dal rischio di essere scoperte o individuate. Non era il caso di esporre un bambino a un pericolo simile e a ciò che ne sarebbe conseguito. Fortunatamente erano momenti rari, rispetto a quelli sereni e spensierati, e sostenendosi a vicenda, riuscivano sempre a superare "la giornata no".

Almeno una volta al mese, tornavano a Teotihuacan, lontano da tutti. Sembravano non averne mai abbastanza, di rivivere e ricordare la loro prima notte in cima alla Piramide del Sole.

——————————

Dopo quasi un ventennio, furono costrette a spostarsi, non sapendo come giustificare il fatto che nessuna delle due invecchiava. A dire la verità, Ripley cominciava ad avere qualche filo bianco tra i folti capelli, ma erano talmente pochi che le sole persone che potessero accorgersene, erano solamente lei e Call.

Call, dal canto suo, esternamente era sempre la stessa. Non aveva idea di quanto avrebbe potuto vivere, ancora. Non c'erano notizie che qualcuno dei suoi simili avesse mai cessato di funzionare per cause naturali.

Pian piano aveva istruito Ripley sulla sua fisiologia e il suo funzionamento.

Un paio di volte il clone se l'era fatta sotto, non riuscendo a svegliarla al mattino. Call l'aveva avvertita che poteva capitare, quando, per usura, qualche parte interna si danneggiava improvvisamente e il suo organismo la bloccava in quello stato finché i nanobot non avevano riparato il danno. Ma anche sapendolo, non aveva potuto fare a meno di vegliarla tutto il tempo con il costante terrore che non si svegliasse più.

Call si teneva periodicamente in contatto con altri Auton scampati al Ritiro del Prodotto, ma non era interessata a stringere rapporti più stretti. La sua vita con Ripley la appagava totalmente.

Il momento della giornata che entrambe preferivano, era quando la sera Ripley si sedeva sulla loro enorme e comoda poltrona, Call le si accoccolava in grembo, e insieme leggevano. Avevano cominciato con "L'Azteco", subito dopo essersi stabilite a Tenochtitlan, l'unico libro di vera carta che avessero mai posseduto, poi erano passate al digitale, per l'impossibilità di reperire altri volumi fisici.

E i loro oggi e domani iniziavano sempre con entusiasmo da parte loro, anche se quel che avevano programmato per il giorno attuale era solamente un'altra mattinata in cucina e poi a servire pasti in giro per il centro.

FINE

   
 
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