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Autore: zorrorosso    10/03/2021    5 recensioni
Una breve storia di donne, vittime e carnefici, della Rivoluzione Francese.
Questa storia partecipa al contest “Storie Incrociate” indetto su EFP da mistery_koopa
Genere: Avventura, Introspettivo, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore
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Rue de Cordeliers


“Marie Jean Antoine Nicolas de Caritat”

La giovane donna aveva una voce secca e prendeva lunghe pause silenziose, precedute da respiri lenti e seguite dal rumore dell’acqua della vasca e quello della penna intenta a scrivere, sul foglio.

“Armand Guy Simon de Coentempren”- la sua bella voce si fermò nuovamente. 

Era ben vestita, ma qualche cosa non tornava. 

Quella gamba tremante, quella mano nascosta, il fabbricato ricco delle vesti, ma la stoffa di cotone.

“Avanti! Che aspettate! Leggete!”- incitò lui, con quella sua passione infuocata che lo aveva trascinato dov’era e che, da quel momento in avanti, non l’avrebbe abbandonato mai più.

“Marguerite Élie Condorcet”- la voce di lei sembrava quasi colta dallo spavento, sopraffatta dall’ansia dei suoi respiri sottili. 

Prese un’altra lunghissima pausa, nel quale l’uomo la incitò.

“Avanti! Se siete qui per parlare, parlate! Che vi prende?”

Anche il tono della voce di lui sembrava incuriosito da tanta esitazione.

“Louise Julie Careau”- disse lei, la sua voce divenne soltanto un sospiro.

Il gomito dell’uomo si fermò sul pelo dell’acqua e non potè più udire il lento gocciolare nella vasca o il raschiare della penna sulla carta, segno del suo continuo scrivere. Seguì solo il rumore dello spruzzo e lo schiaffo di una delle mani sulla superficie fredda: il lento ristagnare della vasca, il muoversi di piedi e gambe e acqua dentro il rame di quella sala da bagno creata apposta per lui. 

Era stato imbrogliato!

“Come? Careau?”- chiese furiosamente.

La giovane sconosciuta esitò, ma non disse nulla. Il cotone delle sue belle vesti emise un fruscio, come se si fosse alzata e si fosse fatta avanti.

“Simone!”- gridò lui, cercando di alzarsi, ma era già troppo tardi.

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Citoyen, 

Sono appena arrivata da Caen. 

Il vostro amore per la Patria mi fa supporre che avreste sommo piacere nel conoscere i nomi degli infausti partecipanti di una occorrenza avvenuta in questa parte della Repubblica. 

Mi presenterò a casa Vostra alle otto. 

Abbiate la bontà di dedicarmi solo qualche minuto.

 

Bontà.

Per tutti gli errori e noncuranze in quel testo disgustoso, ipocrita, ingannevole e cattivo, la parola bontà era proprio l’ultima che avrebbe voluto leggere.

 

“Aidez-moi, ma chère amie!”

 

Quelle furono le sue ultime parole. Le ultime parole che le potè rivolgere. In punto di morte aveva chiamato lei.

Simone guardò la porta, divenuta maledetta in un lungo quarto d’ora, gli occhi infuocati da lacrime spese dietro ad un dolore incolmabile, in una notte caotica e infinita. Non avrebbe mai dovuto farla entrare, e invece...

La notte schiarì in un’alba troppo silenziosa.

Quasi tutte le mattine, dopo l’ultima rilettura, era Simone che portava i manoscritti in tipografia. Insieme a Catherine li correggeva, li allineava e ne assemblava pazientemente le matrici. Occhi e dita da orologiaia sapevano riconoscere i dettagli dei meccanismi, come i caratteri in lega di stagno e piombo. Occhi grigi e curiosi, i suoi. Occhi che sapevano riconoscere bene i dettagli. Che ingenua! Se n’era accorta fin dal primo momento eppure... Eppure gli diede retta.

 

“Fatela entrare!”- disse Jean Paul.

 

Simone studiò attentamente la sua ospite particolare, dalla testa ai piedi. Una donna quasi della sua stessa età e fattezze simili, solo più alta e dai capelli più scuri. 
Così, Citoyenne Charlotte Corday passò attraverso il suo sguardo e il suo silenzio nervoso con l’aria di colei che sapeva esattamente come sarebbe finita, la serata degli incubi divenuti realtà.

 

Era di nuovo mattina, ma non c’erano revisioni da consegnare, non c’erano tirature da pubblicare. Solo silenzio.

 

Poche ore dopo, Jean Paul uscì da quella porta con dignità, ma senza respiro. Già rigido ed il volto leggermente gonfio, lavato nello stesso bagno che gli aveva procurato così tanto sollievo durante il lungo periodo di malattia. 
Lo trasportarono senza quasi parlare, più persone di quante Simone non ne avesse mai viste, nomi importanti e poderosi, intellettuali e oratori, gambe, piedi e pantaloni vagliarono quell’uscio per quelle di lui: per le sue, al posto suo. 
Proprio come il giorno in cui le sue stesse gambe vive, il respiro affannato di Jean Paul aveva varcato la soglia anni prima.

Aveva gli occhi di colore ambrato, il naso italiano e i capelli bruni. 

L’uomo di mezza età sorrise con modestia e fece un breve inchino entrando, ma per la giovane Simone, lui non era uomo da modestia, era il genio oratore appassionato, era il medico che tornava dall’Inghilterra. Selvaggio e infuocato, l’Amico del popolo aveva bussato alla sua porta e lei avrebbe sicuramente aperto. Lo aveva detto perfino a Catherine, perchè viveva sola ed era stato lei a chiederlo.
Dietro la porta chiusa della dimora di Simone erano passati anni di sofferenze e speranze, di salute decadente. Anni di silenzio e sorrisi, discussioni e dibattito, anni di Rivoluzione, passati a scrivere e correggere, ad ascoltare parole animate ed approvare filosofie di eguaglianza.

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Non ci sarebbero state copie da correggere e matrici da assemblare, al momento. La tipografia avrebbe fatto a meno di Simone.
Sotto un cielo afoso di Parigi, il giorno del quarto anniversario dalla presa della Bastiglia, Simone Evrard lasciò la sua abitazione in Rue de Cordeliers, diventata improvvisamente troppo stretta e soffocante.

Dalla Rive Gauche, attraversò a piedi tutto ciò che rimaneva delle terme romane di Cluny. Attraversò le rive della Senna, mentre Notre Dame la osservava dall’alto delle sue guglie medioevali. Era come se i millenni di storia cittadina si svolgessero proprio di fronte a lei, in un giorno apparentemente normale. 
La giovane donna rimase impassibile alla vista delle croci, noncurante del fatto che non ci fosse più posto per una divinità cristiana, nella vecchia Parigi. Dall’altra parte del fiume, la nuova e giovane città rivoluzionaria la stava attendendo, ma qualcosa non andava: nel pieno della Rivoluzione del pane e della fame, i cittadini del quarto stato non avevano ricevuto che tozzi.

 

Il Salon Careau, a Rue de la Chantereine, sulla Rive Droite e poco più a Nord de l'Opéra, era un posto vagamente conosciuto, almeno per fama. Si ricordava bene dell’articolo pubblicato in quel Sextidi di Vendémiaire, qualche mese prima. La copia del Giornale della Repubblica aveva fatto particolarmente scalpore perché, nascosto tra le voci di terre e regioni, si poteva distinguere chiaramente il nome di Mirabeau. 
Tuttavia Simone non era mai entrata e non aveva mai visto nessuno degli uomini di cui Jean Paul usava parlare. Nomi importanti e pericolosi che facevano parte della vecchia nobiltà. Da quel giorno in avanti, il Salon Careau rappresentava, per gente come lei, un luogo di tradimento e di condanna.

 

Citoyenne Julie Careau-Talma aprì la porta sbuffando. 
Per quanto non si notassero in lei i segni di una gravidanza, la donna camminava come se lo fosse stata. Altri bambini si rincorrevano e giocavano attorno, ma non c’erano governanti ad attenderli, tra le ampie stanze dell’abitazione, e il Salon con il grande atrio di ricevimento. Due gemelli che camminavano appena e altri due bambini, più grandi. Se fosse stata incinta, quello che portava in grembo sarebbe stato il quinto.
Come per istinto e con un senso di rancore, Simone portò una mano sul ventre. Da quando si era trasferita a Parigi c’era stata soltanto la sua orologeria e la tipografia del cognato. Ore di intenso lavoro manuale, pochi minuti per un bacio e una discussione. Amore, certo, ma l’amore non sfama bocche, non porta a casa il pane. 

Alla vista di quella scena, Simone provò una sensazione di disgusto e rancore: lei che in tutto quel tempo non si era potuta permettere neppure una gravidanza, si trovava di fronte a quella dama insofferente e spettinata, che ne portava avanti il frutto di almeno cinque. E con una negligenza sfacciata. 

“Siete qui per mio marito? Non c’è. Cosa volete?”- disse senza neanche guardarla.

“No, sono... Sono qui per voi. Sapete cos’è successo ieri?”

Julie si sedette, fece cenno a Simone di accomodarsi e la guardò meglio.

“Siete proprio voi? Con quale audacia vi presentate da me?”

“Eravate nella lista dei nomi di Corday”

“Dev’essere stata davvero una triste delusione per il vostro... Uomo, o qualsiasi cosa fosse stato per voi...”- Julie esitò, il volto e la bocca arricciati in un senso di disgusto compiaciuto, non sapendo come definire il compagno di Simone, ma senza davvero preoccuparsi di un giudizio.

“Congiunto”- la corresse Simone.

“Eravate ufficialmente congiunti?”- chiese lei con un tono incredulo.

“Al Tempio della Natura. La Dea di tutte le Dee”- disse fermamente, cercando di trattenere le lacrime. Simone abbassò lo sguardo. Non indossava anelli.

 

Julie si rilassò ancora di più sul suo divano, alzò gli occhi con l’aria di chi ha sentito quelle parole fin troppo spesso negli ultimi mesi e di cui ne conosceva chiaramente il significato.

“Non eravate ufficialmente sposati, dunque?”- disse rapidamente e senza alcun tatto. 

Julie sospirò, alzò gli occhi e controllò il ritratto del marito sul muro della sala, come se quello fosse stato l’unico sistema per tenerlo in casa.

Per quel giorno, non c’era spazio per le cortesie e l’educazione. Per dire o spiegare. Tutti i suoi sentimenti erano appassiti dietro la porta dello studio di Jean Paul, nell’ultima occhiata di conquista e realizzazione della missione definitiva di Charlotte Corday.

“Perché, che dire di voi? Joseph Talma era iscritto all’albo degli attori. Con la vecchia legge, nessun sacerdote vi avrebbe mai sposato!”

“Ho dovuto fare tutto da sola: convincerlo a deporre l’albo degli attori e diventare borghese. Alzare la posta e pagarlo di più di quanto non facesse la Comédie. Trovare un sacerdote cristiano disposto a sposarci! Che errore!”- ribattè la donna.

Julie si lasciò andare e chiuse gli occhi, in lacrime. 

“Voglio il divorzio!”- esclamò senza voltare lo sguardo verso Simone.

“Come? Non stavate dicendo che il mio matrimonio Repubblicano non vale più del vostro?”

“Viviamo o no in questa nuova Repubblica? Come per il Marchese di Mirabeau, è arrivato il momento di sfruttare le sue nuove leggi a mio favore!”

Simone non rispose. 

“Siete venuta fin qui, rischiando la vostra vita a casa dei bianchi... Per cosa? Per raccontarmi di quella folle di Corday? Per niente!”- Julie alzò le spalle. 

“Comunque adesso siete compromessa e questa Corday, ha in un certo senso tradito anche me. Ebbene, mia cara Citoyenne Simone, la voglio proprio vedere! Come avrebbe detto il vostro folle compagno, voglio vedere la sua testa rotolare! Presentatevi con me alla Place de Grève se sangue verrà versato, sangue si verserà”- Julie guardò dalla finestra.

Nessuna guardia Repubblicana marciava per le strade, così la donna la congedò le chiese di partire.
Con quella lenta realizzazione, Simone notò quanto fosse pericoloso frequentare il Salon per una come lei. Fino a che le due donne si fossero trovate insieme, sotto quel tetto alle soglie dell’Opéra, a tiro delle baionette repubblicane, erano donne morte. 

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Simone si allontanò in fretta dal Salon Careau, ripensando come il percorso per lei e Jean Paul, era già arrivato a termine e partito di nuovo. Dopo quella notte, nulla aveva più un senso: non c’erano blu o bianchi, rivoluzionari e controrivoluzionari: come nelle parole di Julie, c’era solo ripicca e vendetta. La città e i suoi veri cittadini, il quarto stato, procedevano la loro vita quasi come sotto il regno di un sovrano feudale. Jean Paul lo stava lentamente notando e quelle accuse ai Generali, alle alte teste bianche, ne erano la prova.

La giovane donna pensò come forse la vera condanna a morte di Citoyen Jean Paul Marat arrivò il giorno in cui i Marsigliesi si scontrarono con il Comune, l’anno prima, il giorno in cui cominciarono i massacri di settembre. Nonostante i nemici stranieri alle porte e i mercenari in contrattacco, a dispetto della morte e dei pericoli, la città procedeva la sua vita con normalità. Il Comitato di Sorveglianza aveva combattuto alacremente. 
Allora Simone non era tra la folla. Per lo meno, in quella settimana dove il sangue sgorgò più dell'inchiostro delle tirature di l'Ami du Peuple, ormai smesso e del Giornale della Repubblica, da poco cominciato, Simone era rimasta nella sua posizione di combattimento, tra il piombo delle matrici, armata delle sue stesse parole.
Ci fu solo rabbia e vendetta alla notizia della presa di Verdun, i Repubblicani si resero presto conto di come la Prussia era alle porte di Parigi, contro la loro città, pronti a schiacciare gli ideali della Rivoluzione.

Durante quel mese infuocato, tra il sangue, l'inchiostro e il dolore, lì in quel tribunale di verità e follia e tra le parole appassionate di Jean Paul, il Re fu definitivamente deposto e solo così nacque la Repubblica. 

 

Il primo Nivôse arrivò in fretta sulla testa del traditore della Patria. 
Luigi Capeto fu giustiziato d’inverno. Faceva freddo e l’uomo era vestito soltanto di una camicia e un paio di culotte di seta grigia. Eppure cercò di non tremare, di mantenere la sua umana dignità, di dimostrare a tutti di essere ancora un uomo, un Re, capace di negare. Cosa significava tutto questo?

In principio, Simone ricordò essere rimasta stranamente indifferente allo spreco di quel sangue necessario. Ascoltò le parole di Citoyen Robespierre come un dato di fatto: sangue andava sprecato. Luigi Capeto andava ucciso. 
Era ancora Gennaio quando il Re arrivò alla ghigliottina.

Simone riconobbe tra le bandiere della Città e quelle delle croci di Saint Denis e Saint Michel, il Tricolore della Rivoluzione, sventolare per la prima volta: rosso, bianco e blu.

Tuttavia, guardando gli occhi di Jean Paul, notò qualcosa, notò quel risentimento di un medico che, in passato, era stato pronto a compiere il Giuramento di Ippocrate, quello di salvare tutte le vite possibili e di non nuocere. Fu solo un attimo. Fu allora che arrivò per Jean Paul il tempo di nascondersi dal pubblico, di guardarsi le spalle. Dapprima dovette procedere a giustificarsi di fronte al tribunale rivoluzionario. Quando fu assolto, Simone lo accolse di nuovo in Rue de Cordeliers al numero trenta, a braccia aperte, senza pensare al poco tempo che avrebbero ancora passato insieme.
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La pioggia scrosciava fitta tra le cuciture della mantella di Simone in piedi, tra la folla.

Il boia porse l'ombrello alla donna dalle vesti di cotone e lo sguardo dritto e orgoglioso verso il pubblico, sprezzante del pericolo e del suo destino. Era stato tutto meticolosamente calcolato e la sua giustizia non portava altro che applausi di orgoglio e congratulazione. 

 

[...] accada quel che deve, ho l'onore della ghigliottina, le mie fredde ceneri verranno seppellite tra gli uomini del Pantheon e la mia memoria sarà più onorata di quella di Giuditta. La Pace tornerà”.

 

Solo attimi dopo, Madame la Guillotine strappava via la vita di Charlotte Corday.

Simone vide la sua testa rotolare e Julie non sorrise, con entrambi i gemelli in braccio, lanciò un solo sguardo sulla testa della giustiziata e salutò la giovane donna con un cenno della testa.
Una vita per un’altra.

Con il senno di poi, quello fu uno strano arrivederci.

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L’estate passò lenta e silenziosa sulle strade della città.

Dopo i lunghi funerali pomposi, i lunghi sproloqui di Robespierre, Danton e David, destinati alla Patria e alla nazione, la giovane vedova quasi si aspettava il contrattacco Repubblicano, la vendetta al sangue versato. Tutto ciò era fin troppo lontano dal suo cuore vuoto. La giustizia su Corday non era ancora abbastanza e considerava la rivendicazione di altri prigionieri e traditori come un dovere. 

Julie si avvicinò a lei senza dire una parola. Si sedette con fatica, il volto pallido e gli occhi di una donna che anche per quella notte non era riuscita a chiudere occhio. Le porse uno dei suoi pargoli più scalmanati, e annusò l’altro con fare indifferente.

“Proprio come Castore e Polluce?”- chiese Simone, riferendosi ai due figli, in un tono passivo.

“Infatti. Castore e Polluce, Talma... Per mia sfortuna...”- disse lei, più attenta alla folla, che ai suoi figli.

 

Di nuovo Vendémiaire, maledetto Vendémiaire, quasi un anno dopo la condanna morale, un Tridi particolare, quello nel quale Simone decise di attendere di fronte alla porta del Tribunale. Voleva sapere, voleva vedere la Vedova infame, voleva capire la ragione di tutto quel dolore.

Le accuse caddero fitte come la pioggia d’autunno, ma la voce flebile, lo sguardo spento di una donna vestita di bianco colsero l’attenzione delle due giurate.

 

“Se non ho risposto, è perché la Natura stessa si rifiuta di rispondere a una simile accusa lanciata contro una madre! Mi appello a tutte le madri che sono presenti!”

 

In un attimo, anche tutte le altre donne della giuria del tribunale si zittirono.

Citoyen Hébert aveva azzardato le sue accuse, le aveva fatte passare come popolari, aveva corrotto e costretto il povero Dauphin alla menzogna tramite tortura, fino alla mancanza totale di empatia. Julie riprese il bambino sulle ginocchia, lo strinse a se e gli diede un bacio sulla fronte, senza lasciarlo piangere. Simone vide una lacrima rigarle il volto, mentre cercò di rimanere completamente impassibile.

 

Con rabbia, affogò quei ripensamenti nell’immagine indelebile dell’acqua insanguinata nella vasca in Rue de Cordeliers, numero trenta, ma non poté portare avanti quella facciata fredda e imperturbabile, pesante come il piombo delle matrici e nera come l’inchiostro delle tirature, se non con il suo stesso silenzio.
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Note:

Questa storia partecipa al contest “Storie Incrociate” indetto su EFP da mistery_koopa

https://www.freeforumzone.com/d/11738012/Storie-Incrociate/discussione.aspx/1

Sviluppo dei Prompts:

Terme: La protagonista attraversa le terme di Cluny per raggiungere la casa di Julie.

Bandiera: il tricolore invertito (rosso, bianco e blu) è stato sventolato per la prima volta durante l’esecuzione di Luigi XVI.

Avventura (genere): La protagonista compie un viaggio attraversando la città e sfida il pericolo in questa strana alleanza involontaria con Julie (fazioni contrastanti). La protagonista cambia idea sul suo pensiero iniziale.

Illuminismo, età delle Rivoluzioni: la storia è ambientata nel 1792-1793 durante la Rivoluzione Francese.
 

Fonti: Wiki. (Ricerca del fatto o del personaggio storico in tre lingue: Inglese, Francese e Italiano)

 

Come ho calcolato il calendario Repubblicano:

https://stevemorse.org/jcal/french.html

 

Testi:

“The French Revolution”, T.Carlyle.

https://www.gutenberg.org/files/1301/1301-h/1301-h.htm

“Quatrevingt-treize”, V.Hugo.

https://www.gutenberg.org/files/49372/49372-h/49372-h.htm

La maggioranza dei fatti storici e delle quote che ho citato sono vere e ritrovabili, alcune sono state leggermente modificate e tradotte ai fini della storia, ma sono riconoscibili con quelle originali. Ci sono anche dei fatti volutamente falsi e immaginari.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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