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Autore: T612    12/03/2021    1 recensioni
2018 - 2023: Cinque ragazzini fuori dal comune che non sono gli Avengers, ma potrebbero diventarlo.
[Missing moments / Mama Nat / AU - Crossover Young Avengers: Elijah Bradley, Kate Bishop, Teddy Altman, William e Thomas Maximoff]
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Clint Barton/Occhio di Falco, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Steve Rogers/Captain America
Note: Missing Moments, Otherverse, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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CAPITOLO 6
_ 2023







 

Katherine si sorprende di avere tutto il tempo del mondo per raddrizzarsi contro lo schienale del sedile del guidatore, controllare lo stato dei propri capelli allo specchietto retrovisore ed aprire la portiera della macchina prima che Thomas si avvicini al bagagliaio ed appoggi la tanica di benzina sopra il tettuccio dell'auto. 

«Lo sai che la macchina non va avanti ad aria, vero? Se si accende la spia della riserva vuol dire che devi fare il pieno.» la prende in giro il ragazzo, dipingendosi sul volto una faccia da schiaffi che fa sbuffare Kate, costringendolo a sopprimere una risata sarcastica – Sapevi di non doverlo chiamare, sai a cosa andavi incontro

«Lo so, lo so…» liquida la battuta, chiudendosi la portiera alle spalle ed issandosi sulle punte per recuperare la tanica. «Perché ci hai messo così tanto?» 

«Non corro a velocità supersonica con una tanica di benzina in mano, Bellissima. Spericolato si, stupido anche no.» la riprende Thomas con tono leggero, osservandola curioso mentre aggira l'auto in sosta con aria scocciata, palesando il suo malumore mandando a quel paese con un gestaccio l'automobilista di passaggio che le suona dietro. «Perché non hai chiamato Bradley?» 

«Lascia perdere…» Kate tronca la conversazione sul nascere, risparmiandosi il riassunto di come Susan le aveva fatto accumulare un ritardo mostruoso dilungandosi con il brunch dopo le prove dell'abito, illudendosi di non essere così in riserva nonostante la lancetta sul cruscotto affermava il contrario da due giorni, ritrovandosi a piedi nel bel mezzo di un pedinamento ed impossibilitata a chiamare gli altri tre ragazzi perché erano a lezione. «Scusami per il disturbo, ti hanno fatto problemi a lavoro?» 

«Ho chi mi copre al centralino, stai tranquilla… e poi ho già terminato il mio turno di lavoro alla catena di montaggio, la supervelocità torna utile a volte.» la rassicura Thomas con una scrollata di spalle, puntellandosi alla portiera del passeggero mentre Kate si affaccenda con il serbatoio del Maggiolino, inclinando la tanica per fare rifornimento. «Il bersaglio di Romanov si è dato alla fuga quando la macchina ti ha lasciato a piedi?» 

«Già… ma gli ho piazzato un chip nella giacca, per stasera sono coperta.» Katherine liquida l'imprevisto con una scrollata di spalle, concentrata a non spargere la benzina in giro mentre gli occhi penetranti di Thomas la squadrano da testa a piedi. 

«Quindi per oggi abbiamo finito entrambi?» indaga il ragazzo con un tono fin troppo fiducioso per i gusti di Katherine. 

«Sembrerebbe di sì.» replica cauta con una scrollata di spalle, appurando di aver appena finito di svuotare l'intero contenuto della tanica nel serbatoio. 

«Pizza e partitina all’Xbox? È da un po' che non passiamo una serata solo noi due.» propone Thomas con prevedibile ed inguaribile ottimismo, incrociando le braccia al petto e vantando la sua solita faccia da schiaffi impressa sul volto. 

«C'è un motivo se non passiamo più una serata solo noi due, Tommy.» afferma Katherine lapidaria, improvvisamente interessata al tappo del serbatoio pur di non ricambiare lo sguardo color nocciola del suo migliore amico. 

«Non me la bevo la storia che Eli è geloso, abbiamo delle regole sacrosante tra noi ragazzi… quindi qual è l'altro motivo?» ironizza Tommy con un tono che gronda sarcasmo, irritato a sua volta per un qualcosa che Katherine ignora. 

«Non c'è un altro motivo.» scatta Kate prevenuta, inchiodando il ragazzo con lo sguardo rimanendo fedele al movente più ovvio… e sarà la giornataccia ancora in corso o l'idea della probabile sfuriata di Romanov – perché no, con il chip non è coperta per niente –, ma in quel momento trova irritanti le frecciatine di Tommy più del solito. «Chiariamo questa cosa una volta per tutte: non voglio darti false speranze, Thomas.»

«Kate, chiariamo un'altra cosa una volta per tutte: tu non sei al centro del mio universo.» replica sfrontato il ragazzo, esalando un sospiro spazientito che le suggerisce di aver frainteso alla grande l'intera dinamica, sputando finalmente il rospo che lo manteneva di malumore da settimane. «Sei solo uno dei tanti pianeti che mi ruotano attorno… ed ultimamente sei stata un'amica un po' di merda, quindi scusami se sto cercando di far funzionare le cose tra di noi.»

Thomas inclina la testa solo per guardarla irritato da sopra gli occhiali da sole, perdendo il sorriso ed abbandonando l'aria da spaccone pretendendo serietà… e quelle sono occasioni talmente rare che Katherine non le vede mai arrivare, generando sempre dei fraintendimenti colossali, soprattutto se ultimamente la comunicazione tra loro non è stata il massimo – Non ti azzardare a cercare la parte del giusto, Kate… lo sai che Tommy ha ragione. 

«Perdonami… ma sai, il lavoro… e l'ultimo paio di mesi sono stati un po'... eew.» Katherine azzarda un paio di giustificazioni in imbarazzo, maledicendosi in silenzio per essere saltata prematuramente alle conclusioni sbagliate… perdendo di convinzione, perché Tommy sta scuotendo la testa. 

«Non è solo il lavoro.» replica asciutto il ragazzo, svicolando con lo sguardo. «Bradley contribuisce in parte, ma lui posso anche capirlo… è che da quando è tornata Susan non hai più tempo, specialmente per me. Sono stanco di avere Billy come tramite.»

«Susan non mi prende così tanto tempo.» mente in automatico Kate, ritrovandosi le iridi nocciola di Thomas addosso che la scrutano con la stessa espressione di Eli quando le faceva notare l'influenza che la sorella esercitava su di lei… ammazzando un "stavolta è diverso" sulla soglia delle labbra, fissando il ragazzo spaesata. 

«Credo di aver capito il tuo ragionamento, sai? Mi eviti perché io ho la sfacciataggine di dirti tutto ciò che Eli pensa e tace per quieto vivere.» infierisce Thomas dando voce ad una risata spenta, scostandosi dalla portiera con un colpo deciso di reni, puntandosi l'indice contro. «Ma guarda un po', hai chiamato me per farti portare la benzina. Non Susan.»

«Thomas…» mormora Katherine sinceramente dispiaciuta, lasciando cadere nel vuoto la mano dalla quale Tommy si sottrae… e fa male, al punto che la ragazza si affretta a chiedergli un metro di giudizio per decretare di quanto si sia allontanata dalla sua cerchia ellittica di affetti. «Sono ai livelli di Mercurio? O sono finita dalle parti di Saturno?» 

«Mercurio è off-limits, nessuno ha il potere di spodestare Billy.» le sega brutalmente le gambe Thomas soppesando le parole con attenzione, al punto che Kate teme seriamente di essere stata declassata ai livelli di Plutone. «… ma ti aggiri ancora nell'orbita di Venere, puoi stare tranquilla Bishop. Altrimenti non ti portavo la benzina, dai.»

«Prima o poi ti arrivano due ceffoni Eisenhardt, farmi stare in ansia così…!» esclama Katherine sollevata, prendendo la rincorsa per premere la tanica vuota contro il petto di Thomas spingendolo all'indietro, afferrandolo per le spalle… e scoppiando a ridere al primo accenno di un sorriso da parte del ragazzo, smorzando lievemente la tensione. «Siamo ridicoli.»

«Tu sei ridicola.» la corregge Tommy, allungando prontamente una mano per cingerle i fianchi e scoccarle un bacio sulla guancia a sorpresa. «Allora, ora che sembri aver recuperato il senno… pizza e partitina all’Xbox?» 

Katherine sbuffa, rivolge gli occhi al cielo e cede, aprendo la portiera del passeggero a Thomas con fare forzatamente cerimonioso, allegandoci un'occhiata che lo scongiurava di non farla pentire della propria scelta, mettendosi poi alla guida. 

«Data la situazione, suppongo mi serva un breve corso di aggiornamento.» esordisce la ragazza dopo aver superato il secondo incrocio, tamburellando distratta contro il volante del Maggiolino gettando un altro ramoscello d'ulivo. «Come vanno le cose con Lisa? [1]» 

«L'ho piantata in asso dopo Capodanno.» replica Thomas con tono spento, fissando il paesaggio fuori dal finestrino di proposito mentre aspettano che scatti il semaforo verde. 

«Le mie fonti dicono che è stata lei a piantare in asso te.» commenta Kate leggera con una scrollata di spalle vantandosi dei gossip appresi di straforo, alimentando l'illusione di non essere stata un'amica così pessima se negli ultimi mesi era riuscita a tenersi aggiornata su chi si portava a letto chi, ingranando la marcia e svoltando in direzione di West Village.

«Billy ha frainteso l'intera faccenda.» mangia la foglia Thomas, scoccandole uno sguardo nocciola che trasuda rassegnata irritazione nel scoprire che il gemello aveva bisbigliato ai quattro venti le sue faccende private, ricambiando acuto alla sfacciataggine di Kate. «Non è così che ti risparmi le mie frecciatine, Bellissima. William me l'ha detto che tu e Bradley siete di matrimonio a fine mese.»

«Ti ha detto anche che ho provato a rifiutarmi dal fare da damigella a Susan e come alla fine mi ha presa per sfinimento?» Kate cerca di tirare acqua al proprio mulino, dipingendosi migliore di quella che è, con scarsi risultati a detta dell'occhiata che le riserva Tommy. 

«Sfinimento… diciamo che ti sei sciolta per un paio di lacrime di coccodrillo.» replica il ragazzo pungente, rigirando il coltello nella piaga risentito, manifestando la sua intenzione di non voler passare sopra all'argomento facilmente. 

«Questo non può avertelo detto Billy.» riflette Kate a voce alta, gli occhi fissi sulla strada, ma la testa da tutt'altra parte impegnata ad elaborare congetture. «Chi mi ha demolito la reputazione?» 

«Te l'ho detto, con te Bradley tace per quieto vivere.» la illumina Thomas, ma il chiarimento non ottiene gli effetti sperati, costringendo Kate ad inarcare un sopracciglio attendendo la continuazione della risposta… la quale non tarda ad arrivare, pungente ed ironica. «Tu lo sai che Teddy ed Eli vivono sotto lo stesso tetto, si? E che Altman è spesso e volentieri a casa nostra?» 

«Delle comari pettegole, ecco cosa siete.» si lamenta Katherine a vuoto, realizzando la congiura… sentendosi grata di avere Thomas a guardarle le spalle sempre e comunque, a discapito dei loro estenuanti alti e bassi. «Mi farò perdonare Bellissimo, promesso.»

«Questa volta te la rendo facile, Katie.» scherza Tommy recuperando il sorriso, uno di quelli genuini e sinceri, non la brutta copia del ghigno ironico che gli ha solcato il volto nelle ultime settimane. «Sei una donna dotata di cervello, usalo

 

***

 

Theodore si fissa le stringhe delle scarpe nell'attesa, addossato allo stipite della porta d'entrata di Casa Kaplan, intento a torturarsi le pellicine delle unghie per noia mentre placa la tentazione di controllare l'ennesima volta lo schermo del cellulare… ma tanto sa di doverci rinunciare, William evidentemente si è di nuovo preso a letto, stanno entrambi accumulando un ritardo mostruoso – dimezzando collateralmente le possibilità di trovare subito parcheggio al campus –, e di quel passo ci sono delle alte probabilità che la porta gli venga aperta da Rebecca. Teddy non ha nulla contro la Signora Kaplan, al contrario pensa sia la persona più premurosa e gentile che conosca, ma la donna sa essere anche spaventosa se infuriata ed ogni volta che se la trova davanti Theodore ha la netta sensazione che sappia leggerlo come un libro aperto. Tecnicamente è il suo lavoro, il ragazzo lo sa bene, ma è anche perfettamente cosciente che dilungarsi in una qualsiasi conversazione di una durata superiore ai quindici minuti con Rebecca equivale ad una seduta gratis di psicanalisi… e non gli sembra una grandiosa idea parlare, sciogliersi, lasciarsi sfuggire qualcosa e farla infuriare per le motivazioni più disparate. Tipo la sua relazione con William, il reclutamento da parte degli Avengers ed il fatto che Rebecca fosse ancora all'oscuro dell'intera faccenda. 

Teddy suona di nuovo il campanello, si strappa una pellicina ed osserva impassibile la ferita verdognola rimarginarsi in un battito di ciglia, ricominciando da capo… nell'attesa prende in seria considerazione l'idea di chiamare Thomas per suggerirgli di sbrandare Billy a forza, solo per ricordarsi che Tommy deve essere già uscito per recarsi a lavoro, ritornando concentrato al presente quando sente dei passi avvicinarsi dall'altro lato dell'uscio. Passi troppo leggeri per essere di William. 

Rebecca Kaplan spalanca la porta di casa facendolo trasalire impercettibilmente, lo squadra dalla testa ai piedi da sopra la montatura degli occhiali mettendolo spiacevolmente in soggezione e sbuffa al cenno di un suo sorriso… ed eccola, la sfuriata, Teddy può quasi percepirla nell'aria statica tra loro. 

«William! Ti conviene scendere in cucina in due secondi netti!» strepita la donna sollevando uno sguardo adirato al soffitto, seguito da un tonfo al piano superiore che la dice lunga su quante volte Billy avesse spento la sveglia prima di udire i toni soavi della madre adottiva, la quale si apre in un sorriso zuccheroso quando torna a posare le iridi castane su di lui. «Teddy, caro, hai fatto colazione stamattina? Vuoi del caffè? Pane e marmellata?» 

Theodore prova educatamente a declinare l'offerta citando il piatto di bacon e uova strapazzate che il suo stomaco sta ancora digerendo, ma volente o nolente si ritrova seduto a tavola con una tazza di caffè ed un paio di fette biscottate farcite sotto il naso, conversando con Rebecca mantenendosi su toni neutri mentre continua a lanciare occhiate ansiose alla porta della cucina. 

«Alla buon ora, ti si fredda la colazione.» esordisce Rebecca quando William appare finalmente sulle scale con due occhiaie spaventose ed i capelli sparati in ogni direzione, intento ad infilarsi una felpa degli Arctic Monkeys che ha visto tempi migliori, il tutto mentre evita di inciampare sui gradini o far cadere a terra la borsa a tracolla carica di libri e blocchi per gli appunti – Theodore è sicuro che la rilegatura in cuoio del libro che sbuca dalla borsa sia del Monastero, ma si astiene dal commentare gli studi extracurriculari di Billy eseguiti a notte fonda quando teoricamente dovrebbe preparare almeno tre esami per l'università da dare da lì a due settimane, limitandosi a fissare il proprio fidanzato con uno sguardo che implora un "salvami". 

«Vado a cambiarmi anch'io, devo essere in ufficio tra mezz'ora.» annuncia Rebecca con tono scocciato prima di correre su per le scale, intrecciando le dita tra i riccioli corvini del figlio quando gli passa affianco. «E datti una pettinata William, per l'amor del cielo.»

«Siamo in ritardo, ne sei consapevole vero?» Teddy augura il buongiorno a Billy con tono asciutto, non potendo concedersi ad esternazioni vagamente più affettuose quando sa di trovarsi in prossimità della Signora Kaplan. 

«Non di troppo, dai.» William tenta di giustificarsi debolmente nel mentre che prende posto a tavola, rubandogli una fetta biscottata dal piatto ed appropriandosi della sua tazza di caffè fumante. 

«Lo sai che la notte è fatta per dormire, si? Già tiriamo tardi per colpa delle Ronde…» inizia Theodore quando decide che Rebecca non dev'essere più a portata d'orecchio, indicando con lo sguardo prima le occhiaie sul volto del moro e poi il libro del Monastero che sbuca dalla borsa [*]. 

«Ma io ho dormito… la mia forma astrale un po' meno.» afferma Billy con una scrollata di spalle, alzando gli occhi al cielo in forma preventiva quando Theodore minaccia di ricordargli che non è sano sedare gli incubi migrando nel Piano Astrale. «Non iniziare…»

«Lo dico solo per il tuo bene.» si giustifica Teddy raddrizzandosi contro lo schienale della sedia e mettendo le mani bene in vista per denunciare le proprie buone intenzioni, rassegnandosi a mostrare interesse per il libro quando lo sguardo gli cade nuovamente sulla borsa stracolma abbandonata ai loro piedi. «Sì può sapere di cosa parla?» 

«Portali interdimensionali [2]… alla "Doctor Who", per intenderci... sai a cosa mi riferisco Tee, sai parlare la mia lingua.» spiega William sbrigativo, finendo il caffè in un sorso solo ustionandosi la gola a detta dell'espressione che gli attraversa il volto, facendo cenno al ragazzo di raccogliergli la tracolla da terra e seguirlo. 

«Comunque tua madre l'ha presa bene… mi ha offerto la colazione.» ragiona Theodore a voce alta a distanza di qualche minuto, indicando distrattamente in direzione della cucina mentre il riflesso di Billy lo scruta da sopra il lavandino del bagno con cipiglio interrogativo. «Se fosse infuriata per-...» 

«Non lo sa ancora.» gli smorza l'entusiasmo Billy, chinandosi a risciacquarsi la bocca dal dentifricio e riponendo lo spazzolino, fissando poi i propri capelli con aria critica rinunciando in partenza a domarli, passandosi una mano sul volto ed allungando il collo per specchiarsi meglio, decretando passabile pure l'ombra di barba che non ha il tempo materiale di radersi. «Devo trovare il momento giusto per non farle fare un esaurimento nervoso.»

«Non credo esista, il momento giusto.» afferma neutro Teddy, riferendosi al discorso tenuto dal Capitano ancora un paio di mesi prima al compleanno dei gemelli, facendo giurare loro di mantenere un basso profilo ed insistendo al contempo sul informare i genitori nonostante ormai non servisse più il loro consenso dal punto di vista "legale". A conti fatti l'unica ancora all'oscuro di tutto era Rebecca, Tommy per quella volta se ne era lavato le mani e Billy aveva procrastinato per intere settimane, cedendo infine qualche sera prima promettendo di informarla il "giorno seguente" – e forse Teddy non dovrebbe sorprendersi per l'ennesimo rinvio, considerati quanti tabù sono presenti tra le quattro mura in cui si trova. 

«Se non la prende bene puoi sempre… cancellarlo, ecco.» azzarda Teddy scostandosi dallo stipite della porta del bagno quando Billy lo urta di lato per passare, attirandosi addosso lo sguardo allucinato del proprio fidanzato, il quale si blocca interdetto a metà strada dalla scarpiera. «Cosa? La mia è solo un'idea.»

«Non ho intenzione di cancellare la memoria a mia madre, Tee…!» strepita William sottovoce per non farsi sentire da Rebecca al piano superiore, raggiungendo il mobile e prelevando le sneakers. 

«Il mio è solo supporto morale in casi estremi, Bee.» replica pacato Theodore notando in sordina l'ironia latente dell'intera situazione, controllando distrattamente l'orologio per accertarsi di quanto monta il loro ritardo, decidendosi a spezzare una lancia in favore della propria futura suocera. «La stai facendo più tragica di quello che è Hon, tua madre sa essere comprensiva… l'ha presa bene la faccenda dell'università, e da come ne parlavi tempo fa sembrava dovesse cascare il mondo.»

Teddy si ricorda fin troppo bene i temporeggiamenti eterni di Billy quando era giunta l'ora di comunicare a Rebecca, rinomata psicologa e moglie di un defunto cardiologo, che Medicina non era esattamente nelle sue corde – la diatriba si era risolta solamente quando Thomas aveva preso in mano la situazione al posto del gemello, annunciando alla madre adottiva "numero due" che si era trovato un lavoro, mettendo in palio i risparmi che gli Shepherd avevano messo da parte per un college che non era intenzionato a frequentare. 

«Non stai davvero paragonando Lingue a-…» inizia a polemizzare William nel mentre che si infila le scarpe. 

«Dico solo che ora è questione di tempo prima che la tua faccia esca in prima pagina sul giornale, William… come la mettiamo?» insiste Theodore con gentilezza, mentre il ragazzo gli fa cenno di zittirsi quando i passi di Rebecca li raggiungono. «Devi dirglielo, Bee.»

«Non mi ha detto che cosa?» deduce la Signora Kaplan captando l'ultimo brandello di conversazione, raggiungendo la fine delle scale a passo sostenuto e soffermandosi nel bel mezzo del corridoio d'entrata davanti ai ragazzi, studiandoli con uno sguardo da lince mentre indossa le perle ai lobi. «Allora?» 

«Beh, non so esattamente come…» azzarda William fermandosi a metà del gesto di chiudersi la zip del giubbotto in pelle, guardando Theodore con aria spaesata e spaventata in cerca di aiuto… e puntualmente Rebecca fraintende il discorso, ma centra perfettamente il contesto non detto. 

«Oh tesoro, lo so… dai, è evidente.» li sorprende la donna con sguardo emozionato, scardinando la mascella di William nello stesso istante in cui Teddy si sente afferrare per le spalle e tirare giù in un abbraccio soffocante. «Benvenuto in famiglia Theodore!» 

«Siamo in ritardo, 'Ma.» cerca di darsi alla fuga Billy dopo un paio di secondi densi di sbigottimento, in palese sovraccarico emotivo e con uno sguardo pericolosamente azzurro, artigliando la mano di Teddy tirandolo con sé fuori dalla porta d'ingresso. 

«Adesso siamo in ritardo?» scherza il ragazzo lasciandosi trascinare via dalle braccia di Rebecca, sopprimendo una risata isterica mentre incespica sul gradino d'entrata. «Lo scusi, Signora Kaplan.»

«Rebecca, Theodore. Per favore.» lo riprende la donna per automatismo, nonostante ormai Teddy dubita di imparare a rivolgersi a lei in modo diverso dopo così tanti anni di convenevoli educati, sospirando rassegnata di fronte alla reazione tragicomica del figlio. «Ci vediamo stasera a cena, tutti e due

William finge di non sentirla, raggiunge la macchina a passo di carica e cerca inutilmente di forzare la portiera chiusa, anticipando l'apertura automatica delle chiavi facendo scattare la serratura con una scintilla azzurra… mentre Theodore si prende tutto il tempo per aggirare l'auto, salutare Rebecca da lontano con un cenno della mano e prendere posto sul sedile del guidatore. 

«L'ha presa bene… noi due, intendo.» spezza il silenzio Teddy una volta allacciatosi la cintura di sicurezza, compiendo uno sforzo disumano per non scoppiare a ridere di fronte al connubio tra l'esasperazione e panico dipinto sul volto del fidanzato, notando sollevato che almeno le iridi di Billy si sono nuovamente scurite tornando di un rassicurante color nocciola. «Cosa?»

«Pesach… non sono psicologicamente pronto ad una cena di famiglia, tu non sei pronto ad una cena con la mia famiglia.» sentenzia William con occhi sgranati, fantasticando in avanzamento veloce. 

«Mancano settimane a Pesach, Bee. Per ora tua madre ci ha solo invitati ad una comunissima cena.» Teddy si sforza di suonare conciliante, obbligandosi a non soffermarsi sul pensiero di una vera e propria cena in famiglia con più di due persone sedute al tavolo, avviando il motore dell'auto. «Pensi di scappare così anche quando le dirai che tu e Tommy avete i superpoteri?»

«Taci e guida, siamo in ritardo.»

 

***

 

«Non sono mai buone notizie se rimani a piantonare la porta, William.» la voce di Rebecca Kaplan lo sorprende, ritrovandosi gli occhi della sua madre adottiva addosso, intenta a studiarlo pensierosa stesa sul divano. 

«Non sono brutte notizie, solo… sono in vena di coccole.» ammette Billy restio molleggiando sui talloni, sollevando lo sguardo dalle frange del tappeto per fronteggiare Rebecca nel modo più cauto ed indolore possibile. «Dici che sono troppo grande per le coccole?» 

«No, certo che non lo sei.» concede la donna aprendosi in un sorriso, scostando il plaid dalle gambe in un gesto invitante. «Vieni qui, tesoro.»

William non se lo fa ripetere due volte, attraversa scalzo il salotto, aggira il tavolino da caffè e si lascia cadere tra le braccia di Rebecca, acclimatandosi contro il suo fianco e posandole il capo contro lo sterno – rimangono in quella posizione per un tempo indefinito, Billy rannicchiato sotto la coperta con il corpo di sua madre a fargli da bozzolo, mentre Rebecca familiarizza con un vecchio scenario che entrambi non spolverano da diversi anni, pettinandogli distratta i riccioli ribelli con la mano libera mentre continua a fare zapping sul televisore cercando qualcosa che non sia un programma spazzatura. 

«Ci sono problemi con Theodore?» chiede la donna con finta noncuranza dopo lunghi istanti di silenzio, compiendo lo sforzo di tenere le iridi castane incollate allo schermo per mascherare meglio il tentativo di impicciarsi. 

«No, con Teddy va tutto alla grande.» replica piatto William, fissando i numeri dei canali TV che si susseguono a ritmo cadenzato, riformulando incessantemente nella propria testa un principio di discorso che non ha ancora il coraggio di proferire. 

«Bene… sai, sono contenta per voi due.» continua Rebecca con il solito tono leggero, preparando il terreno per l'interrogatorio a cui William sa di non potersi sottrarre, soprattutto in luce dell'attacco di "mammite" che l'ha preso all'imbarazzante età di ventun anni. «Mi piace Ted, è uno con la testa apposto…» 

«Stai rovinando il momento Mamma, evita di iper-analizzare.» la bacchetta il ragazzo con tono svogliato, desiderando solo un po' di pace senza interferenze per ritrovare la convinzione con cui era sceso in salotto in pigiama, facendosi carico delle ultime verità scomode che attendevano solo di essere rivelate. «Guardiamoci un film e basta, come una volta.»

Rebecca acconsente in silenzio, gli bacia la fronte e prosegue con il suo zapping, mordendosi la lingua e decidendo su due piedi di aspettare i suoi tempi – non ci vuole troppo perché Billy ritorni a parlare, basta un fotogramma fugace di Ewan McGregor per fargli puntare il dito contro lo schermo ed invocare esaltato il suo nome, costringendo la madre a tornare indietro. 

«Moulin Rouge? Di nuovo?» ironizza la donna sintonizzando il televisore su una folla festante intenta a cantare una versione decisamente rivisitata di "Smell like teen spirits", scoccando al figlio uno sguardo a metà tra la rassegnazione e l'incredulità. 

«Ewan McGregor, Ma'.» spiega Billy con tono ovvio, indicando a palmo aperto il volto dell'attore e il suo completo elegante, come se il semplice nome bastasse ad elencare tutte le motivazioni per cui un film come "Moulin Rouge" andava visto infinite volte a ripetizione senza mai stancarsi. 

«Mi dici che ci trovi in McGregor?» indaga Rebecca divertita dalla sua reazione enfatica, abbassando il volume di un paio di tacche. «Meglio Ryan Gosling.»

«McGregor sta una spanna sopra a Ryan Gosling.» la contraddice il ragazzo, evitando di comparare apertamente tutti i musical visti e citare in causa il fatto che McGregor, dopo il ruolo di Obi-Wan Kenobi, si era guadagnato il primo posto come sua celebrity-crush. 

«Se lo dici tu.» concede la donna, abbandonando la resistenza iniziale dopo il primo quarto d'ora, iniziando entrambi pian piano a canticchiare le canzoni a mezza voce durante la proiezione come avevano fatto altrettante volte prima di quel momento. 

La famiglia Kaplan aveva una sottospecie di tradizione estesa ad amici e parenti, la quale consisteva nel radunarsi intorno al tavolino da caffè ogni giovedì sera e scegliere un film da guardare in compagnia, alternando l'occorrenza con la "serata-giochi" sfidandosi a Monopoli, Scarabeo o Jumanji – quella era una delle prime tradizioni andate perse con la Decimazione, forse perché dopo la morte di Papà nessuno aveva più avuto voglia di cantare o di sedersi intorno ad un gioco da tavolo. Gli mancano quei momenti, William ricorda con nostalgia anche le finte lamentele di Thomas in merito ai giovedì sera trascorsi con i suoi genitori… sollevando distrattamente lo sguardo sul pendolo di fianco al televisore chiedendosi dove il gemello possa essersi fermato a cena, e deve essere il genere di pensiero che assilla anche Rebecca quando capta il suo sguardo, chiedendogli dopo attimi calcolati se Billy ha una vaga idea di dove si trovi Tommy in quel momento. 

«Da Kate.» azzarda un'ipotesi William, senza muoversi di un millimetro dalla posizione assunta e ritornando con gli occhi nocciola puntati al televisore, congratulandosi da solo per il tono perfettamente insospettabile e sentendosi allo stesso tempo in colpa per aver di nuovo mentito a sua madre. «Perché me lo chiedi?» 

«Ultimamente mi sembra di vivere con due estranei, tutto qui.» commenta asciutta la donna, acuendo la stretta al cuore di Billy perché effettivamente con il passare dei mesi Rebecca era stata relegata sempre più ad una figura di sfondo. «Devo preparare il pranzo per cinque domenica?» 

«Tommy e Kate non stanno insieme, Ma'... e in ogni caso devi seriamente piantarla di cucinare per un esercito, i nostri pranzi di famiglia sono imbarazzanti anche senza la presenza di fidanzati e fidanzate.» commenta William con tono brusco, rendendosi conto della frase espressa solo quando sua madre interrompe le carezze ritmiche lasciandolo inspiegabilmente a corto d'aria, come se qualcosa di crepato da tempo si fosse ufficialmente rotto. «Mamma…»

«Sai, i pranzi diventano imbarazzanti quando i commensali non si parlano da parecchio tempo. Qualcuno dice sempre mezza parola di troppo.» Rebecca si sforza di assumere un atteggiamento analitico, nonostante Billy glielo legge negli occhi quanto la sua ultima esternazione l'ha realmente ferita. «Perché non ci parliamo più, tesoro? Parlarci nel vero senso della parola.»

Quella espressa da Rebecca è una domanda estremamente sciocca, dato che entrambi conoscono la risposta… dopo la Decimazione ognuno si era chiuso nella propria bolla e parlare di qualsiasi cosa era diventato improvvisamente difficile, principalmente perché non c'era più suo padre a fare da intermediario tra madre e figlio. Jeff aveva l'incredibile capacità di saper intuire un problema appena si palesava nell'aria, deviando l'argomento in esame dall'apprensione morbosa e spesso immotivata di Rebecca, lasciando a Billy la possibilità di rimuginarci sopra per tutto il tempo che reputava necessario, accogliendolo poi a braccia aperte quando giungeva a confessarsi, decidendo insieme quale fosse l'approccio più utile per disinnescare i picchi ansiogeni di sua madre. 

«Non parliamo più perché tendi a dare di matto quando non puoi prevedere o controllare certe situazioni, Mamma.» ammette con semplicità William, nonostante comprenda perfettamente le reazioni della donna, considerata tutta la fatica che i suoi avevano fatto per farsi accettare i documenti per l'adozione e tenendo conto di tutte le stranezze a cui lui e Tommy li avevano testati fin da piccoli – A pensarci bene, in effetti, certi episodi potevano tranquillamente essere le prime avvisaglie dei loro poteri… 

«Sono più perspicace di quello che credi, William.» afferma Rebecca con tono conciliante, decidendosi a mettere il film in pausa e costringendo Billy a raddrizzarsi contro lo schienale del divano, sottintendendo che quella in corso era una discussione seria che andava affrontata con più compostezza di quella attuale. «Puoi parlarmi di qualunque cosa. A prescindere da quello che dirai non smetterò mai di volerti bene… lo sai, vero?» 

William percepisce con fastidioso imbarazzo le lacrime formarsi agli angoli dei propri occhi in risposta allo sguardo amorevole di Rebecca, deglutendo a vuoto perché tutto ciò che desidera in quel preciso istante è confessare a sua madre quanto incasinata sia diventata la sua vita... ritrovandosi tuttavia sprovvisto delle parole giuste per rendere innocua la costante minaccia di morte che grava sulla sua testa come una spada di Damocle. 

«Lo so… okay, in effetti c'è qualcosa che dovresti sapere… e probabilmente sarà dura da digerire all'inizio, ma…» William si fa coraggio dopo lunghi istanti di silenzio, perdendo di convinzione dopo un paio di frasi perché è decisamente partito con il piede sbagliato. 

«Un respiro profondo, tesoro.» lo incoraggia la donna, attendendo paziente che Billy trovi le parole più adatte per esprimersi. 

«L'altro giorno… quando hai-... dedotto che io e Teddy stiamo insieme, ecco…» azzarda il ragazzo dopo una decina di secondi, cambiando approccio, incredulo della piega positiva e fiduciosa assunta dalla conversazione. «Non era specificatamente quella la cosa che dovevo dirti… era una delle tante, ma non la più urgente.»

«Devo preoccuparmi?» scatta subito Rebecca bruciando parecchie tappe, spalancando gli occhi all'armata appena fiuta l'odore di guai all'orizzonte. 

«Cosa? No!» si affretta a tranquillizzarla Billy, rendendosi improvvisamente conto di essere caduto nella ragnatela intessuta da sua madre per strappargli qualche nuova informazione di bocca, rassegnandosi velocemente all'idea che ormai il discorso l'aveva iniziato e tanto vale portarlo a termine. «No, no… puoi stare tranquilla, io e Tommy la stiamo gestendo.»

«State?» chiede Rebecca ancora più confusa, corrucciando le sopracciglia con aria interrogativa perché evidentemente il coinvolgimento di Thomas non era contemplato e non doveva rientrare tra i parametri positivi – Calmo, William. Ricorda quello che ha detto Teddy, se Mamma va in escandescenza puoi sempre cancellarle la memoria e chiedere a Romanov di intercedere. 

«Vedi… come te lo spiego?» ragiona Billy a mezza voce, coprendosi il volto con le mani e tirandosi i ciuffi di capelli ribelli all'indietro – Natasha aveva parlato di genetica quando aveva definito cos'erano i Mutanti… poteva sempre riciclare la spiegazione, no? 

«Okay, allora… gli esseri umani hanno un certo numero di cromosomi, no?» esordisce William con una scelta di parole oltremodo discutibile. «E delle strane combinazioni possono causare… anomalie, ecco. Mi segui fino a qui?» 

«Non capisco dove tu voglia andare a parare, tesoro…» mormora Rebecca vagamente confusa, sforzandosi di razionalizzare man mano le varie informazioni. 

«Quello che voglio dire è che esistono degli errori in genetica… anche se magari quello che inizialmente si crede un errore è solamente lo stadio successivo di una scala evolutiva. Perché siamo destinati ad evolverci, cambiare…» prosegue Billy con maggiore sicurezza, tirando un mezzo sospiro di sollievo quando una madre annuisce, dandogli cenno di riuscire a seguire il suo discorso a grandi linee. «Ecco, io e Tommy a quanto pare siamo uno scalino sopra la media.»

«Parli per presunzione o…?» azzarda la donna con tono interrogativo, inarcando un sopracciglio in modo spaventoso. 

«Te lo mostro, ma promettimi di non spaventarti.» William pone subito le mani avanti, scatenando un mezzo sorriso tra i lineamenti di sua madre. 

«Se chiedi a qualcuno di non spaventarsi in genere ottieni l'effetto contrario, lo sai vero?» ironizza la donna per smorzare la tensione, studiando attentamente i movimenti del figlio quando si spinge all'altro capo del divano mettendo un po' più di distanza tra loro e rivolgendo il palmo sinistro aperto verso il soffitto. 

«Lo so, ma credimi faccio prima a mostrartelo… e può essere una novità spaventosa.» ammette il ragazzo sopprimendo una risatina isterica prima di ordinare all'impianto elettrico di spegnersi, evocando poi una pallina di luce azzurrina sul palmo della mano per rischiare la stanza semi-buia, ricambiando lo sguardo sgranato di Rebecca con le sue iridi luminose che hanno inghiottito la sclera in un uniforme bagliore biancastro. «Uno scalino sopra la media, vedi?» 

William si "spegne" ed ordina alle lampadine di riaccendersi… ed arrivato a quel punto è pronto a qualsiasi reazione: alle urla, agli insulti e le minacce, anche ad un segno della croce come quello di John Kesler quando Billy aveva manifestato i poteri per la primissima volta il giorno della Decimazione – Okay, un segno della croce forse no. Quello sì che sarebbe spaventoso, soprattutto se eseguito da sua madre. 

«E… ehm-mh.» Rebecca non urla e non va nemmeno in escandescenza, si limita ad articolare monosillabi senza suono per qualche istante, sorprendendo Billy in positivo perché un approccio pragmatico era l'ultima delle ipotesi a cui si era psicologicamente preparato. «Anche Thomas lo sa fare?» 

«No, lui hai un superpotere diverso.» afferma William con tutta la calma e la compostezza di cui è capace. «Corre velocissimo, sa far esplodere le cose…» 

«Superpoteri? Tipo gli Avengers?» chiede chiarimenti Rebecca, prendendosi del tempo per scegliere con cura le parole, cercando di definire l'inspiegabile con termini conosciuti per non iniziare a dare di matto. 

«Mh-m. Siamo stati reclutati, ci stanno addestrando… è questo che intendevo con "la stiamo gestendo".» prosegue Billy con cautela, vagamente spaventato dal inspiegabile mutismo di sua madre… arrivando a desiderare l'elenco di disturbi psicologici che potevano giustificare l'intera situazione, sulla falsariga delle minacce a vuoto legate a qualche disturbo alimentare immaginario per tutte le volte in cui William saltava i pasti. «Mamma, dí qualcosa.»

«Sto… elaborando.» lo placa la donna, chiudendo gli occhi e respirando a pieni polmoni, al punto che Billy può quasi vedere le rotelle muoversi nel cervello di Rebecca, perché sicuramente sua madre doveva aver notato qualcosa a cui non aveva dato peso e che ora di colpo quel qualcosa assumeva una spiegazione più o meno sensata. «Okay va bene, è solo una stranezza in più da aggiungere alla lista.»

«Stranezza?» si sorprende William per la curiosa scelta di parole, obbligandosi a non scardinarsi la mascella di fronte alla reazione quasi utopica di Rebecca. 

«Non è un termine necessariamente negativo… tu e Thomas siete sempre stati diversi, speciali.» lo rassicura la donna, fissando lo sguardo sulle lampade appese alle pareti per ricacciare indietro le lacrime, dando per scontato che se entrambi iniziano a piangere la situazione sarebbe degenerata irrimediabilmente. «Scusa, sto scaricando la tensione… avevo paura che fosse qualcosa di peggio, tipo una espulsione dal college o un cadavere nel bagagliaio della macchina.»

«Sempre positiva, vedo.» ironizza Billy, soffocando una risata isterica di fronte ai parametri di giudizio di sua madre. 

«In quanti siete? Tu, Tommy, Teddy e chi altro? Eli e Kate?» conta ad alta voce Rebecca, asciugandosi le lacrime fantasma con il dorso della mano, lasciando vagare lo sguardo nella stanza prima di focalizzarsi su Billy ed aprirsi in un sorriso ironico. «Si spiegherebbe perché siete qui quasi ogni sera a cena con una fame da lupi.»

«Non mi aspettavo che reagissi… così.» ammette il ragazzo con tono nervoso, grattandosi distrattamente il retro della nuca, insicuro sul dove posare le mani. 

«Che ti aspettavi? Che vi cacciasi di casa o pazzie del genere?» scherza la donna, scrollando le spalle come a togliersi di dosso la sola idea di compiere un gesto simile. 

«Più o meno.» ammette Billy con riluttanza, stringendosi nelle spalle con aria colpevole. 

«William, te e Thomas siete praticamente figli miei. Vi voglio bene per quello che siete, stranezze comprese… altrimenti che razza di genitore sarei?» conferma Rebecca con tutta la tranquillità del mondo, allungando una mano ad accarezzargli una guancia prima di afferrarlo per le spalle e trascinarselo addosso in un abbraccio stronca-fiato. «Però voglio parlare con il tuo… insegnante? Coach? Come si chiama in questi casi?» 

«Mentore, Ma'.» il ragazzo soffoca una mezza risata contro la sua spalla, divincolandosi nella morsa delle braccia di Rebecca quanto basta per tornare a respirare. «Preferisci Rogers o Romanov?» 

«Capitan America è davvero un'opzione?» si sorprende la donna, sciogliendo la presa e scrutandolo con sospetto, chiedendosi se la sta prendendo in giro o meno… dipingendosi un'espressione esaltata sul volto quando William annuisce e mormora un "Sì, Mamma" divertito. «Voglio Capitan America allora.»

«Okay.» sorride Billy, lasciandosi trascinare di nuovo nella posizione assunta ad inizio serata, accoccolandosi contro il fianco di Rebecca come se nulla fosse. «Ti voglio bene, Mamma.»

«Anch'io te ne voglio, tesoro.»

 

***

 

«Hai--…?» 

«…- voglia di noodles? Sì, ti prego.» lo interrompe David prima che Tommy possa formulare l'intera domanda, evitando di puntellarsi allo stipite della porta quando vede l'altro ragazzo afferrare il giaccone e venirgli incontro. 

«Quanti gattini hai salvato dagli alberi finora?» scherza Thomas avviandosi a seguito del collega, regolando l'andatura per non pestargli i talloni e fermandosi giusto il tempo necessario per timbrare il cartellino ed uscire in pausa pranzo. 

«Tommy, lo sai benissimo che non salvo gattini dagli alberi… credo di essere quasi impazzito stamattina, c'è stato un boom di telefonate e ho dovuto fare da solo il lavoro che ipoteticamente avremmo dovuto gestire in cinque.» si lamenta il ragazzo, stropicciandosi gli occhi stanchi con una mano color caffelatte, togliendosi gli occhiali da vista e pulendo le lenti sul bordo della felpa prima di posare nuovamente lo sguardo su Thomas. «A proposito di gente che non lavora, è da un po’ che non ti vedo da queste parti… sei venuto qui per farti pagare i tuoi quindici minuti mensili?» 

«Tu scherzi, ma per me quei quindici minuti sono tre mesi di lavoro no-stop. È sfiancante.» chiarisce Tommy lapidario, spintonando David con una spallata lungo il corridoio. «Velocizza il passo, ho fame.»

«Ti impegni ad essere così insofferente ai ritmi dei comuni mortali o hai seguito dei corsi?» lo spinge David in risposta, continuando a tenere le mani in tasca ed aprendo la porta d'uscita dagli uffici della sede amministrativa dello SWORD addossandosi di schiena al vetro smerigliato.

«Credo sia una dote naturale, sai?» replica a tono Thomas, dipingendosi un sorriso sardonico sulle labbra ed incassando l'insulto di risposta con allenata impassibilità, puntando alla metropolitana senza troppi ripensamenti. 

L'"impiegato del mese" David Alleyne era la persona più interessante che Thomas avvesse mai avuto il piacere di incontrare nei suoi turbolenti ventun anni di vita. Il ragazzo non aveva molti amici, Tommy non sapeva se attribuirne la causa alla sua noiosissima osservanza alle regole o alle sue capacità sovrumane che lo rendono di fatto un indiscreta ed inopportuna enciclopedia vivente [3], ma avevano più o meno legato in quei mesi trascorsi allo SWORD e l'idea che il ragazzo conosceva perfettamente come a Thomas piace bere il caffè e glielo faceva trovare ogni mattina sulla scrivania, era uno dei pochi motivi per cui non aveva ancora chiesto il licenziamento. 

Il lavoro allo SWORD era stata una gentile concessione da parte di Romanov, alla sua Mentore non piaceva l'idea di saperlo libero e incontrollato in giro per il mondo e, da quando Thomas aveva abbandonato gli studi, l'impiego agli uffici era diventata la sua nuova e tediosa routine – a conti fatti non aveva di che lamentarsi: percepiva uno stipendio, all'Agente Brand non interessava davvero come Tommy gestisse la mole di lavoro a patto che rispettasse le consegne e David lo intratteneva ogni giorno con gossip sempre più succulenti. 

«Alla fine hai risolto con la tua amica? Ti ho coperto con Abigail per una giusta causa?» David spezza la monotonia delle chiacchiere vuote portate avanti fino a quel momento, sistemandosi gli occhiali scesi sulla punta del naso e stringendo gli occhi a fessura per leggere quante fermate manchino a Times Square. 

«Chi, Kate?» si ridesta Thomas, appeso alla maniglia che pende dal soffitto della carrozza, distogliendo lo sguardo dalla tappezzeria consumata dei sedili. «Sì, più o meno… domani va comunque al matrimonio di Susan, ma almeno ha ripreso a parlarmi.»

«Sono curioso, ti dà fastidio che Katherine vada al matrimonio di per sé o ti rode perché porta Bradley come accompagnatore?» indaga David con una frecciatina che colpisce e lascia il segno, bruciante e vagamente doloroso, istigando Thomas a fulminarlo con uno sguardo risentito. «Per me chiunque è un libro aperto, te compreso Eisenhardt.»

«Credo di aver appena capito perché stai antipatico alle persone.» ribatte Thomas infastidito, valutando se mettere il broncio o meno per palesare l'orgoglio ferito, rinunciando in partenza all'idea del probabile silenzio imbarazzato che si sarebbe inevitabilmente creato. «Hai ricevuto qualche chiamata interessante? C'è un nuovo Sire Malvagio in città?» 

Thomas pone il quesito con tono leggero, mascherando ad arte i secondi fini della richiesta – Abigail, sfruttando le informazioni iper dettagliate su ogni argomento conosciuto da David, lo aveva assegnato al centralino per smistare le telefonate recapitate al numero verde rilasciato da Romanov a pochi mesi di distanza dalla Decimazione. La maggior parte delle volte il ragazzo si ritrovava a discutere con ipocondriaci e cacciatori di notorietà, ma ce n’erano altre in cui le segnalazioni riportate erano rilevanti ed avevano aiutato Natasha più di qualche volta a gestire eventuali problemi, stabilire le Missioni dei ragazzi e tenere d'occhio Barton senza intervenire personalmente. 

«Credo ci sia stato un momento che ha rasentato l'epicità a metà mattinata quando qualcuno ha segnalato il furto di un furgone OSCORP, ma è stato ritrovato a distanza di tre isolati con una ruota a terra.» lo accontenta David con un breve aggiornamento, scrollando le spalle con aria rassegnata e stanca. «Non è successo nulla di eclatante, la maggior parte della gente ha telefonato solo per sapere se ci sono stati aggiornamenti sui cinque tizi ripresi ieri sera in centro. Qualcuno li ha filmati e ha caricato il video su YouTube stamattina presto, sono diventati virali nel giro di due ore.»

«Chi c'è nel video?» indaga Thomas drizzando le orecchie preoccupato, considerato che la sera prima erano tutti e cinque in centro per conto di Romanov – David sapeva che lui e Billy erano dei Mutanti, negli ultimi mesi di conoscenza era finito per scoprire a grandi linee in cosa consistevano le abilità di Tommy, ma Rogers era stato categorico sul non condividere determinate informazioni con i civili per evitare di attirare sui ragazzi attenzioni premature ed indesiderate. 

«Nulla di che, cinque tizi vestiti da Avengers… hanno quasi distrutto la facciata della cattedrale di St. Patrick inseguendo dei rapinatori.» David liquida il discorso con un cenno distratto della mano, sottintendendo che quella non è la notizia più strana che gli è capitato di ricevere da quando presta servizio al centralino, facendo cenno a Thomas di scendere dalla carrozza quando giungono alla loro fermata e non lo vede muoversi. «Hanno fatto più visualizzazioni di Spidy ai tempi d'oro… da questa parte, Thomas.»

«Più visualizzazioni di Spiderman? Wow.» ripete il ragazzo con tono che si sforza di suonare incredulo, sperimentando nel mentre uno spiacevole ronzio molto simile a quello provato da una corsa supersonica a timpani scoperti – Thomas ricorda ancora la quantità spropositata di like che aveva lasciato sotto i video amatoriali apparsi in rete qualche mese prima degli Accordi, c'era stato addirittura un periodo in cui lui e William giravano per New York con il naso per aria nella speranza di vedere "l'amichevole ragno di quartiere" in azione, provando ogni volta una scintilla di speranza a scaldargli il petto nel sapere che i supereroi erano in circolazione per rendere il mondo un posto più sicuro… ora trova oltremodo surreale l'idea di aver sostituito Spidy, aiutando i ragazzi a tenerne viva la memoria portando avanti il suo operato sotto la guida di Romanov. 

«Non l'hai visto? Nei social non si parla d'altro.» si sorprende David spalancando le iridi scure, risalendo insieme le scale della metropolitana ed inoltrandosi nel mare di gente che popola la piazza. 

«Non entro su Twitter da un po', ultimamente non ho avuto tempo di perdermi via con il cellulare.» arranca una scusa Thomas, risparmiando la menzione al fatto che seguiva dei ritmi inconciliabili con gli orari dei notiziari, per non parlare dello schermo del proprio cellulare ridotto ad una costellazione di graffi e crepe dove è già tanto se riusciva a leggere il nome associato alle chiamate in entrata. 

Sono quasi usciti dalla piazza quando di punto in bianco appare il logo del Daily Bugle nello schermo principale di Times Square, presto seguito dall'iconico jingle che sovrasta il vociare della folla, facendo scattare parecchie teste in alto verso la stempiatura e l'occhiata burbera di Jonah J. Jameson… la bolgia indica, sussurra ed attende in fermento l'annuncio della prossima catastrofe, ma l'unica cosa che Thomas prova è una fortissima sensazione di straniamento quando vede la propria sagoma in movimento proiettata sul maxischermo, mentre David punta l'indice verso l'alto. 

«Eccolo! Questo è il video di cui ti parlavo.» esclama il ragazzo al suo fianco, mentre Tommy sgrana gradualmente lo sguardo nel vedere lui, William, Theodore, Katherine ed Elijah irrompere nel piazzale di St. Patrick – nello specifico vede sé stesso schiantarsi contro i portoni della cattedrale e disintegrare lo schermo del cellulare, quando la sera prima aveva provato inutilmente a rallentare con una fiammata collaterale. «La gente è letteralmente impazzita di loro, nessuno sa chi-...»

David si interrompe di colpo, spalanca la bocca sorpreso quando assorbe i pochi dettagli che gli mancano, specchiandosi nelle pupille dilatate di Thomas, ricollegando la zazzera di capelli bianchi del velocista allo schermo ai suoi ricci scarmigliati color platino. 

«Come ho fatto a non capirlo prima? Al centralino non si è parlato d'altro--…» le note di "Black Widow" irrompono dal suo smartphone a sorpresa interrompendo le prime congetture abbozzate di David, il quale ammutolisce quando lo sguardo gli cade sullo schermo crepato ed intravvede un "Natasha" inequivocabile, mentre Tommy prova inutilmente a premere sull'icona del verde senza ottenere alcun risultato. «Thomas?» 

«Scusa, devo-andare,-è-un-emergenza.» annuncia il ragazzo, velocizzando talmente tanto la frase espressa da farla suonare come un'unica parola incomprensibile e lunghissima, girando i tacchi e lasciandosi David alle spalle senza pensarci due volte, doppiando i propri pensieri cercando una soluzione per aver commesso l'involontario affronto di perdere la chiamata di Romanov, soprattutto quando lui era l'ultima persona da chiamare in caso di emergenza – Il primo vicino con un telefono, il primo-... vicino… West Village. Kate. 

«Tommy, che ci fai qui?» esordisce la ragazza quindici lunghissimi secondi più tardi, interrompendo la mitragliata di colpi sul legno aprendogli l'uscio fresca di doccia, ancora in accappatoio e con tanto di asciugamano in testa. «Scusami, ero sotto la do-...»

«Accendi-la-TV,-un-notiziario-qualsiasi.» afferma il ragazzo interrompendola bruscamente, sorpassandola quando Katherine si limita a guardarlo confusa senza decifrare nemmeno una sillaba, prendendo l'iniziativa affrettandosi a recuperare il telecomando del televisore. «Siamo in TV. Romanov ha provato a contattarmi, ma il mio cellulare si rifiuta di collaborare da ieri sera.» 

«E Romanov ha chiamato te?» replica Kate scettica, chiudendosi meglio l'accappatoio sul petto e perdendo la verve ironica quando si riconosce in formato pixel nel servizio del Daily Bugle. «Perché ha chiamato te?» 

«Eli non risponde mai al telefono, te a quanto vedo eri sotto la doccia, mentre Billy e Teddy… boh, non lo so, con ogni probabilità sono all’Università o al Monastero e non rispondono nemmeno loro.» elenca Thomas con voce meccanica, riguardando ancora ed ancora lo schermo, cercando di non lasciarsi scappare dalle dita la consapevolezza che Rogers e Romanov avevano promesso di tutelarli soprattutto per far fronte all'eventualità che le loro facce finissero in TV. «Sono l'ultimo da chiamare, ma l'unico che risponde a quanto pare.»

«Stavo per raggiungere Susan e controllare le ultime cose per domani, mi hai trovato per--… lascia perdere. Il mio cellulare è sotto carica in camera, vado a recuperarlo, magari…» l'annuncio di Katherine si perde nel vuoto mentre attraversa il monolocale a passo incerto, ancora sotto shock per la notizia – un conto era fantasticare, progettare e aspirare alla carica da Avengers, un'altro era fare davvero i conti con quella precisa possibilità. Lo sapevano da settimane ormai, era questione di tempo, ma ora che il momento è finalmente giunto fa decisamente uno strano effetto. 

«Ho una chiamata persa da Nat e due da-...» tenta di aggiornarlo la ragazza, presto interrotta dalle note incalzanti del Boss che le ricordano che Steve Grant Rogers è "Born in the U.S.A." [4] e la sta chiamando per la terza volta nel giro di tre minuti. «Pronto? Sì, Cap… Thomas è qui, l'abbiamo appena visto. Okay, va bene. Ah-a, ci vediamo dopo.»

«Cos'ha detto?» la interroga Thomas sforzandosi di scandire tutte le sillabe per non velocizzarle, mantenendo uno stato di calma apparente… ma Katherine chiude la chiamata e si porta lo schermo oscurato del cellulare alle labbra in religioso silenzio, zigzagando con lo sguardo lungo le pareti dell'appartamento con aria seccata, facendo mente locale tagliando fuori Tommy dall'intero processo. 

«Kate, pensi di rendermi partecipe o…?» insiste debolmente Thomas timoroso che la seccatura si trasformi in rabbia e venga indirizzata contro di lui, ma in tutta risposta Katherine gira i tacchi nervosa e raggiunge la camera da letto a lunghe falcate, chiudendosi poi la porta alle spalle. 

«Se entri te ne faccio pentire.» lo ammonisce Kate appena Thomas accenna ad abbassare la maniglia e seguirla, bloccandosi sul posto giusto in tempo per non fare danni, mormorando un "okay, ti aspetto qui" prima di addossarsi alla parete a fianco e scivolare giù fino al pavimento. 

Katherine riemerge dalla camera da letto qualche minuto più tardi con espressione infastidita, vestita di tutto punto e con i capelli intrecciati ancora umidi, rischiando di inciampare su Thomas quando svolta l’angolo con gli occhi fissi sulla rubrica del cellulare e lo trova steso a terra a pancia in su mentre scruta il soffitto con sguardo vacuo, con le gambe tese puntellate alla parete nel tentativo di evitarsi i crampi dopo aver corso a velocità supersonica per tre chilometri e mezzo senza aver fatto un minimo di riscaldamento. 

«Siamo nei guai? Più di quello che già siamo?» indaga il ragazzo con tono mesto, studiando il profilo di Katherine dal basso – Romanov era già indispettita per via della loro bravata della sera prima a St. Patrick, erano riusciti a tenerla buona solamente perché Billy aveva cancellato le bruciature dai portoni e ricostruito le parti demolite con la magia, ma ora che sono ufficialmente venuti meno all'accordo di attirare meno attenzione possibile, Thomas non se la sente proprio di assistere ad una paternale accorata da parte di Rogers. 

«Appena gli altri tre si fanno vivi ho l'ordine di scortarci tutti al Complesso, tutto qui.» annuncia la ragazza con una scrollata di spalle intascando lo smartphone, lasciando intendere che lei non ne sa molto più di lui sulla faccenda, addossandosi alla parete e lasciandosi scivolare fino al pavimento al suo fianco, afferrando la sua mano tesa e chinandosi leggermente in avanti per porre un quesito dall'importanza capitale con un ghigno di sfida. «Dovevo uscire a pranzo con Eli, ma dato che non risponde… ho degli avanzi del giapponese in frigo, mangiamo?» 

 

***

 

«Eli, Kate è fuori che ti aspetta!» si lamenta Faith rassegnata, interrotta da un secondo colpo di clacson che richiama il ragazzo fuori in strada con una certa urgenza, obbligandolo a calzare le scarpe a balzi lungo il corridoio d'entrata ed infilare il giaccone mentre tenta di aprire il portoncino, consigliando a Nana di darsi una calmata perché l'ha sentito il clacson e sì lo sa di essere in ritardo – non che abbia così tanta voglia di sorbirsi due ore di lamenti a vuoto da parte di Susan perchè, a meno di diciotto ore dalle nozze, i centrotavola non erano come quelli che lei aveva sostituito per la terza volta nell’ultima settimana… ma purtroppo la sua antipatia nei confronti della donna non è una motivazione sufficientemente valida per venire meno all’impegno preso con Katherine, soprattutto quando i rapporti con la sua fidanzata si aggirano sul passivo-aggressivo dalla sera prima.

Elijah si chiude la porta di casa alle spalle, intasca le chiavi e raggiunge a passo spedito il Maggiolino accostato al ciglio della strada, bloccando le scuse accorate per il ritardo sulla soglia delle labbra quando apre la portiera del passeggero e si trova il viso di Thomas ad un palmo del proprio naso. 

«Siamo stati convocati.» lo anticipa Katherine sporgendosi sopra il cambio quando nota la sua espressione confusa dipinta sul volto, picchiettando contro la spalla del biondo come a suggerire di cedergli il posto. «Ho appena finito di litigare con Susan al telefono, giusto perchè tu lo sappia.»

«Non deve aver preso bene il nostro ammutinamento forzato, immagino.» deduce Eli con ironia nella speranza di mascherare il sollievo per l’obbligo mancato, indietreggiando dalla portiera per lasciare a Thomas l'area di manovra necessaria per reclinare il sedile anteriore e farsi spazio sul retro di fianco al gemello, prendendo poi posto in auto a sua volta. «Dovevamo pranzare insieme però, se io ora avessi fame?»

«McDrive.» replica prontamente Theodore dai sedili posteriori allungandogli un sacchetto di carta che odora di fritto, accettando il proprio pranzo con famelica rassegnazione, pestando il piede contro il tappetino quando Kate parte con una sgommata verso nord ricordando a tutti i presenti di allacciarsi la cintura, levando un coro di accorate imprecazioni in sokoviano miste a qualche altro tipo di sentita contestazione. «Calma Schumacher, calma!» 

«Sì può sapere perché tu non rispondi mai al telefono?» li ignora Kate, fulminando il proprio fidanzato con un'occhiataccia obliqua a tratti terrificante, sottolineando che l'arrabbiatura della sera prima non è ancora acqua passata, anzi sembra aumentata per un qualche motivazione sconosciuta ad Elijah. 

«Stavo dando una mano a Nana con le faccende di casa ed il telefono è rimasto in camera, scusa.» si giustifica Elijah, dimenandosi sul sedile per recuperare lo smartphone dalla tasca posteriore dei jeans e strabuzzando gli occhi di fronte alle sette chiamate perse di Rogers, le cinque di Romanov e le tre di Katherine, ignorate a causa della suoneria in silenzioso. «Cosa diavolo è successo?» 

«Hai presente la tua splendida iniziativa disorganizzata di incitarci all'inseguimento ieri sera?» chiede retorica la ragazza, criticando apertamente i suoi contrordini della sera prima che erano solamente serviti a remare contro i tentativi di Kate di coordinarli, quando doveva essere lei quella al comando grazie alla maggiore visuale del campo di battaglia. «Ecco, a quanto pare eravamo sul giornale stamattina, siamo diventati un trend su Twitter intorno alle dieci, al punto che Jameson ci ha visti su YouTube e ci ha dedicato il servizio TG di mezzogiorno.»

«E se te lo stai chiedendo, ora Susan è incazzata come una iena e ha minacciato di non volere più Kate come damigella di nozze.» rincara la dose Thomas con tono seccato, soffocando un sibilo quando William gli rifila una gomitata contro le costole perchè evidentemente non c’era davvero il bisogno di richiamare in campo le discussioni via telefono diventate pubbliche per colpa del vivavoce, mentre Katherine in risposta pesta il piede sull'acceleratore e sorpassa un paio di auto con spericolata audacia. «Bishop!»

«Quel stramaledetto vestito mi sta troppo bene per perdere così l’occasione di indossarlo, ho il diritto di avere un diavolo per capello!» brontola la ragazza indispettita alludendo il fatto che, vestito da damigella d'onore a parte, non le andava troppo a genio l'idea di sprecare in quel modo l’occasione per mantenere dei rapporti quantomeno civili con la sorella, dopo così tanti mesi di tolleranza reciproca e rinnovato pseudo-affetto.

«Ed io te lo ripeto, non è un valido motivo per farci fare un incidente! Ti prego Kate, accosta.» strepita Theodore dai sedili posteriori, ancorato saldamente alla maniglia di sicurezza dall’inizio del viaggio in macchina, obbligando la ragazza a far scendere la lancetta dell'acceleratore ad una cifra consona agli autovelox lungo la strada ed inserire la freccia per fermarsi a bordo strada. «Dammi le chiavi, guido io.»

Il tratto d'auto restante prosegue in silenzio, Elijah non si azzarda a fiatare e si sazia con il proprio panino, mentre l'impianto stereo copre l'imbarazzo e le paranoie di ognuno man mano che raggiungono la meta. Il sentore di disagio che li assilla non si placa nemmeno quando arrivano al Complesso ed accedono all’ingresso secondario del garage, salgono le scale e raggiungono la sala riunioni, dove Rogers e Romanov li attendono in piedi al lato del tavolo con le braccia rigidamente conserte. 

«Ragazzi.» li accoglie il Capitano con tono di voce teso e la stella bianca trapuntata al petto, facendo loro cenno di prendere posto al tavolo senza dare alcuna spiegazione alle uniformi ufficiali indossate dall’uomo e la collega. «Mi spiegate perchè avete sempre il cellulare in tasca, ma quando vi chiamiamo per delle questioni urgenti non rispondete mai?»

Elijah apre bocca per giustificarsi, ma lo sguardo di Natasha li gela sul posto suggerendo a tutti e cinque di restare in silenzio, deducendo che quella di Steve sia una mera domanda retorica, cadendo con lo sguardo sulle copie del New York Bulletin e il Daily Bugle di quel mattino dove c’è una loro fotografia sgranata in prima pagina, sotto ad un “Young Avengers: alleati o minaccia?” a caratteri cubitali decisamente poco rassicurante.

«La prima pagina di stamattina, se non l’avete ancora vista… e per la cronaca, non sono il tipo di persona che dice “ve l’avevo detto”--...» prosegue Rogers colmando il silenzio, puntando i pugni sulla superficie del tavolo di vetro ed indicando con il mento le copie del giornale abbandonate sul ripiano.

«Non hai idea di quanto sia felice di sentirtelo dire, Cap.» ironizza Elijah a mezza voce, mordendosi l’interno del labbro inferiore quando Katherine gli rifila un calcio agli stinchi da sotto il tavolo a metà del discorso del Capitano, intimandogli di fare silenzio.

«Ma se fossi quel tipo di persona-…»

«… -ipoteticamente parlando-...» rimarca Thomas sempre a mezza voce, beccandosi una seconda gomitata da parte di William, in una dinamica che Eli percepisce solamente con la coda dell’occhio, insieme ad un secondo calcio sotto il tavolo da parte della propria fidanzata, stavolta rivolto a stinchi altrui.

«…- probabilmente direi qualcosa come “Visto? Questo è l’esatto motivo per cui vi avevo pregato di mantenere un basso profilo.» conclude Rogers, fulminando i due ragazzi per i commenti espressi in sottofondo, rivolgendo un veloce sguardo a Natasha cercando un qualche tipo di intesa prima di proseguire, ritornando a puntare le iridi celesti su Elijah e Thomas. «Hai qualcos’altro da aggiungere Eli? Tommy? O possiamo proseguire senza altre interruzioni?»

«Siete qui perchè avete quasi distrutto la Cattedrale di St. Patrick, non perchè siete finiti in TV… almeno quello l’avevamo messo in conto.» li rassicura Romanov con voce di velluto quando il silenzio imbarazzato si protrae per un paio di secondi densi come il miele, instillando nei presenti una punta di giustificata tensione. «Le gelosie ed i bisticci interni al gruppo vanno lasciati in spogliatoio quando siete sul campo, credevo di essere stata sufficientemente chiara su questo punto.»

Elijah abbassa lo sguardo sulle proprie mani, interessandosi improvvisamente alle pellicine e alle unghie mangiucchiate, mentre avverte su di sé lo sguardo di Romanov, Rogers e Katherine… ed il ragazzo non ha le forze di sottrarsi alle critiche, negare o giustificarsi in qualche modo. Meglio stare zitto, soprattutto quando il mezzo disastro della sera prima è effettivamente in parte colpa sua.

«Quindi ora che facciamo?» si azzarda a pronunciarsi Theodore quando deduce di essere l’unico membro del gruppo disposto ad un dialogo pacifico, con Kate ancora furiosa per la discussione avvenuta in auto che continua a lanciare occhiate di fuoco a tutti i presenti, Billy con il naso sepolto in mezzo al giornale intento a leggere l’articolo del Daily Bugle scritto sul loro conto, mentre Elijah e Thomas si spiano in cagnesco, ridotti al silenzio dagli adulti come dei cinquenni capricciosi. «Ignoriamo Jameson? O tranquillizziamo tutti con una conferenza stampa?»

«Se vi calmate entro un quarto d’ora e vi cambiate in tempi utili, i giornalisti sono già di sotto muniti di domande pre-concordate.» prende la parola Romanov spiazzando i ragazzi dal primo all’ultimo, spiegando implicitamente il perchè entrambi i loro mentori sono in uniforme e li scrutano con sguardo terribilmente serio. 

«Se siete collaborativi ci togliamo tutti velocemente dall’impiccio e William ti può teletrasportare da Susan, Katherine.» interviene Rogers con fare propositivo e conciliante, in un blando tentativo di far accettare loro l’idea più velocemente che in atrio c’è un’orda di giornalisti a cui darli in pasto, rivolgendo lo sguardo a Billy ancora assorto alla lettura, il quale sembra non aver minimamente prestato attenzione alla proposta o la discussione in corso. «Sempre se William è d’accordo, ovvio.»

«Cosa? Sì, sì certo.» acconsente il ragazzo sfarfallando indice e medio mettendo in mostra lo sling-ring indossato alle dita, chiudendo il giornale ed indicando a palmo aperto la loro foto in prima pagina. «Jameson ci ha già bollati come "Young Avengers", avete intenzione di presentarci al mondo con i soprannomi che ci ha affibbiato il Daily Bugle o ce li dobbiamo inventare noi in questo quarto d'ora?» 

«Perché, che propongono?» chiede Katherine con una punta di curiosità a colorarle la voce, alzandosi in piedi nel tentativo di dare il buon esempio e contagiare i compagni. 

«Patriot, Hawkeye, Speed, Hulkling e Wiccan.» annuncia William indicandoli uno ad uno, partendo da Eli, passando per Kate, Tommy e Teddy, prima di puntarsi il dito allo sterno con espressione dubbiosa. «La Wicca non è una specie di culto o religione?» 

«Sì… e credo sia il pentacolo che ti frega, Bee. Appare ogni volta che esegui un incantesimo particolarmente complesso, tipo quello di ieri sera.» interviene Theodore con una spiegazione ed una scrollata di spalle, seguendo l'esempio di Katherine per solidarietà nei confronti dell'amica, sollevando una mano sulla quale appaiono squame verdi ed artigli. «Vogliamo parlare di "Hulkling"?» 

«Okay ragazzi, abbiamo capito che la redazione del Daily Bugle scarseggia di inventiva.» taglia corto Elijah alzandosi in piedi ed avviandosi verso il corridoio che porta allo spogliatoio, in un tenue tentativo di rientrare tra le grazie della propria fidanzata, la quale gli scocca uno sguardo leggermente meno adirato. «Andiamo?» 

«Speed mi piace, io come alias me lo tengo.» annuncia Thomas con tono fiero, seguendo i compagni a ruota e trascinando il gemello con sé, rivolgendosi infine a Romanov e Rogers prima di voltare l'angolo. «Che genere di domande avete concordato?» 

«Nulla di sconveniente, inopportuno o a cui non sapete dare risposta.» li rassicura Rogers osservando divertito il corteo fermo davanti alla porta della sala riunioni, scambiando un mezzo sorriso divertito con Natasha. «Cominciate a familiarizzare anche con l'idea che ci sarà il vostro nome su ogni genere di rivista scandalistica, oltre a dover iniziare a convivere con i reporter e i fotografi che vi raggiungeranno a frotte ogni volta che verrete avvistati.»

«Steve, non spaventarli.» commenta ironica Natasha, scoccando uno sguardo all'orologio appeso alla sala riunioni. «Vi ricordo che non abbiamo tutta la giornata, ragazzi. Siate collaborativi

Elijah non sa perché, ma ha come l'impressione che le parole di Romanov siano indirizzate ad un altro paio di soggetti specifici oltre a sé stesso, ma non ha tempo di curarsene perché un quarto d'ora dopo si trovano tutti e cinque sotto una pioggia di flash, vestiti di tutto punto ai piedi dello scalone d'ingresso mentre Rogers conclude il suo discorso introduttivo e li indica con un ampio movimento del braccio. 

«Avengers-...»

 

***

 

«Potrei offrirmi di cucinati la cena, ma sembri già di cattivo umore.» si palesa Steve, addossato alla libreria che divide la sala riunioni dal mini-ufficio istituito da Natasha, il quale cerca di non soffermarsi sulle sue mani giunte davanti alle labbra, i suoi occhi ad un passo dalle lacrime o il suo misero sandwich eletto come cena. 

«Sei qui per fare il bucato?» chiede Natasha ricomponendosi, addossandosi allo schienale della sedia girevole ed alzando il mento, scrutando il borsone ai piedi di Steve con sospetto. 

«E per vedere un'amica.» contratta l'uomo, sottolineando implicitamente che i suoi buoni propositi di essere più presente non erano semplici tentativi utili a rientrare tra le sue grazie, ma veri e propri impegni che le aveva giurato di rispettare. 

«È ovvio che la tua amica sta bene.» continua caparbia Natasha nella propria farsa, rivolgendo brevemente lo sguardo al soffitto per ricacciare indietro le lacrime, perché nonostante tutto Steve non si è ancora riguadagnato il diritto di vederla piangere. 

«Ho visto un branco di balene mentre attraversavo il ponte.» tenta di coinvolgerla l'uomo propositivo, saggiando il terreno per capire se può procedere o se gli conviene battere una ritirata strategica. 

«Nell'Hudson?» gli dà corda Natasha, concedendogli un tacito permesso. 

«Ci sono meno navi, l'acqua è più pulita.» spiega Rogers scollandosi dalla libreria con un leggero colpo di reni, avanzando di un paio di passi nell'ufficio. 

«Allora, se sei venuto qui per dirmi di guardare il lato positivo…» lo frena subito la donna liberando una risata ironica vuota, incurvando leggermente le labbra soppesando le proprie opzioni e cadendo con lo sguardo sulla propria misera cena, ritornando con le iridi verdi puntate sul Capitano. «Sto per tirarti in testa un panino al burro d'arachidi.»

«Scusa, la forza dell'abitudine.» si giustifica accondiscendente Rogers, gettando il mazzo di chiavi sopra la scrivania e prendendo posto sulla sedia di fronte, mentre Natasha gli cede il proprio sandwich che improvvisamente non ha più voglia di mangiare sotto lo sguardo rassegnato dell'uomo – sono dei piccoli progressi, fino a qualche anno prima, dopo una giornata del genere, sarebbe sicuramente finita per digiunare senza sforzo per quarantotto ore di fila. «Continuo a dire a tutti che dovrebbero andare avanti, e crescere. Alcuni lo fanno… ma noi no.»

«Se andassi avanti chi farebbe questo?» replica Romanov alla sterile considerazione del Capitano, alludendo all'intera baracca a cui l'uomo l'aveva messa a capo pur di farla rimanere, ribaltando le loro posizioni in modo quasi surreale considerato chi dei due alla fine era finito per abbandonare il tetto sopra la loro testa. 

«Magari non serve più che vada fatto.» ragiona Steve in via ipotetica, scrutando i suoi occhi acquosi di un verde incredibile… e non ha tutti i torti, gli aggiornamenti ormai erano fini a sé stessi dato che apparentemente i maremoti non erano una sua competenza e Barton aveva messo ben in chiaro che non esisteva più un pretesto per spingerlo a tornare indietro. Anche i ragazzi avevano trovato la loro strada e negli ultimi mesi avevano imparato ad autogestirsi, togliendole l'onere ed il privilegio di fare loro da madre più che da Mentore, nonostante continuavano tutti e cinque ad essere una presenza fissa nella sua vita con gli allenamenti, i raduni in salotto dopo le Ronde e le camerate che si popolavano a fasi alterne all'occorrenza. 

«Non avevo niente prima, poi è arrivato questo. Questo lavoro, questa famiglia…

e mi ha resa una persona migliore.» ci tiene a specificare Natasha, ingoiando il groppo in gola all'idea che sono già cinque anni che James non c'è più, che Yelena si è dissolta, che la sua seconda famiglia si è disgregata. «E anche se loro sono… andati, io cerco ancora di essere migliore.» 

«Penso che dovremmo rifarci una vita.» commenta Steve atono, nonostante non ci creda lui per primo, non importa se si è trasferito in un appartamento a Brooklyn per non vedere più il fantasma del fratello, di Sam o di Sharon attraversare le pareti di ambienti familiari e costringerlo a voltarsi ad ogni mezza chiacchiera trasportata dal vento quando il cervello decideva di giocargli brutti scherzi.

«Comincia tu.» lo sfida Natasha, come a sottolineare che a quella situazione si erano condannati da soli e che lei, a prescindere, è decisa a non muoversi di un millimetro dalla propria posizione, aprendo la finestra pop-up della telecamera puntata sul vialetto d'entrata con un gesto automatico. 

«Sa-.. Salve, salve… c'è nessuno? Sono Scott Lang, ci siano conosciuti qualche anno fa all'aeroporto, in Germania--...?» li chiama una voce estranea, spingendo entrambi a prestare reale attenzione alla ripresa della telecamera… perché l'uomo che grida contro l'obbiettivo non ha l'aria di essere un giornalista, mentre il furgone alle sue spalle non assomiglia per niente al Maggiolino viola di Kate o alla Volvo scassata di Theodore, senza considerare che avevano dato ai ragazzi i telecomandi per aprirsi i cancelli da soli. «…- ero diventato enorme, avevo una maschera. Ero irriconoscibile--...»

«È un vecchio messaggio?» chiede Steve confuso, con l'aria di chi ha riconosciuto l'uomo e gli sembra di aver appena visto un fantasma. 

«… --Ant-Man, lo so che mi conoscete, sono sicuro-…»

«È all'ingresso principale.» conferma Natasha incredula, mentre una fiammella speranzosa si accende nel suo petto ed inizia ad irradiare calore, facendo evaporare pian piano il mare di lacrime che serba al proprio interno. 

«… --ho bisogno di parlare con voi.»

 

***

 

Quel giorno il mondo non ricominciò a girare con un gran frastuono o con un cigolio lieve,
ma piuttosto, con un brusio eccitato sempre più forte fino a diventare assordante. 







 

Note:

[*] L'illustrazione è reperibile nel mio account Instagram: @tilde_stuff

[1] Lisa Molinari AKA Coat of Arms, nei comic lei e Thomas si sono conosciuti nel Riformatorio per Mutanti: lui è evaso ma da quel momento in poi si è impegnato a comportarsi bene, Lisa invece è uscita per buona condotta un mese dopo la sua fuga, ma è ricaduta nel giro dei malavitosi poco dopo. Si sono frequentati per qualche settimana nel periodo di "Dark Reign", ma lei ha rifilato un due di picche a Tommy sostenendo la tesi del "abbiamo due vedute ben diverse sul codice morale di un supereroe", schierandosi ufficialmente con i Villain.

[2] William ha una vera e propria fissazione per il Multiverso, ogni occasione è buona per aprire tutte le finestre possibili e sbirciare nelle altre Dimensioni, ma dato che logicamente non dovrebbe farlo scatena ogni volta dei disastri di proporzioni cosmiche. 

[3] I poteri di David AKA Prodigy sono di origine mutante e consistono, in parole povere, nell'apprendere le conoscenze delle persone con cui entra in contatto. Il problema fondamentale è che tali "conoscenze" vanno dalla piena comprensione della teoria del mondo quantico per via di quella volta che ha stretto la mano ad Hank Pym, al cosa piace a Scott Summer e Jean Gray quando vanno a letto insieme, non perché l'abbia chiesto o i due se ne siano vantati in qualche modo, ma semplicemente perché sono compagni di banco e David assorbe passivamente ogni cosa.

[4] La storia delle suonerie personalizzate non è farina del mio sacco, nei fumetti parte davvero "Born in the U.S.A." ogni volta che Steve telefona a Katherine.

   
 
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