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Autore: margheritanikolaevna    13/03/2021    11 recensioni
Ann Leary ha i capelli viola, un segreto e una missione da compiere. La sua missione include portare via con sè il Bambino e lei non si fermerà davanti a nulla pur di completarla.
Un nuovo amore, un nuovo nemico, un nuovo finale.
Questo racconto è dedicato alla mia amica meiousetsuna, fantastica autrice qui su efp, le cui bellissime storie mi hanno fatto tornare la voglia di scrivere qualcosa che mi facesse battere il cuore
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Amici di efp, una piccola premessa: chi ha letto qualcosa di mio su questo fandom avrà visto che finora ho scritto racconti buffi, un po’ folli o demenziali. Ecco, stavolta no. Stavolta vorrei proporvi qualcosa di completamente diverso: una storia che, almeno nelle mie intenzioni, rispetterà fedelmente il canon nella caratterizzazione dei personaggi e nell’ambientazione, salva un po’ di necessaria originalità nella trama (altrimenti vi sembrerebbe di guardare la brutta copia di un episodio della serie!), nella struttura del racconto (che sarà a “cornice”) e nello stile, che spero vi piacerà.
 

 

Con le parole e le lacrime lei mi ha amputato qualcosa. Io le avevo donato la mia più intima importanza, e il suo autobus è ripartito, lasciando una qualche parte fondamentale di me dentro di lei come il pungiglione di un’ape. Adesso l’unica cosa che voglio è risalire in macchina e andarmene molto lontano, a sanguinare. (D. Foster Wallace)
 

 
 
CAPITOLO PRIMO
 
Prologo
 
Ritagliarono il cielo di Mandalore a misura delle grandi finestre della sua stanza da letto, aprirono le imposte e tirarono le tende, affinché il vecchio re potesse vedere tutta la città che si estendeva fino alla campagna e la campagna che si estendeva fino ai limiti dell’orizzonte e il fiume che scintillava, e il lago di mattina, e gli uccelli sugli alberi sotto di lui.
Affinché potesse vedere il suo regno e la prosperità che vi aveva portato.
Aveva regnato a lungo e saggiamente.
Le sue mani avevano impugnato la spada, stipulato alleanze, amministrato la giustizia e concesso clemenza.
Si era mosso silenziosamente su e giù attraverso il suo grande palazzo di pietra, così come lungo i confini del suo vasto regno, toccando le persone come se fossero state quadri ai quali raddrizzare la cornice.    
E adesso, dopo innumerevoli anni, era come se un’immensa somma – milioni di cose iniziate, portate avanti e concluse - fosse arrivata alla sua cifra finale. 
Così, nell’ora di un caldo pomeriggio primaverile il vecchio re, senza dire nulla a nessuno né fare alcun annuncio particolare, salì la lunga scalinata che portava alla sua camera, s’infilò tra le lenzuola candide e fresche e cominciò a morire.
“Padre, nonno, nonno!”
Le voci sfarfallavano intorno al suo letto di legno scuro.
“Come faremo senza di te?”
“Il regno andrà in rovina”
“Non puoi andartene adesso: ci sono ancora così tante cose da fare!”
Il vecchio sovrano aprì gli occhi e sorrise debolmente.
“Non sono mai stato una persona umile” disse - e la sua voce era ancora quella di sempre, solida e forte - “e mentirei se dicessi che non sono felice di vedervi tutti qui, intorno a me”.
“Ma non dovete essere tristi o preoccupati, perché nessuno che abbia avuto una famiglia muore davvero”.
Sospirò guardandosi intorno, e poi fece un cenno al suo nipote più grande.
Aykol, gli occhi velati di lacrime, gli si avvicinò.
“Devi fare una cosa per me” sussurrò il vecchio e poi gli disse qualcosa all’orecchio.
Il ragazzo annuì.
Allora il vecchio re chiuse gli occhi, il capo affondato nei cuscini.
“Adesso andate via tutti, per favore” aggiunse, con voce appena udibile.
 
ooOoo
 
 
“E’ qui” disse semplicemente Aykol, aprendo la porta con delicatezza.
Il vecchio re si tirò su a fatica e voltò la testa: erano riusciti a trovarlo o, molto più probabilmente, era lui che aveva voluto essere trovato così presto e apparentemente senza alcuna fatica.
I suoi passi erano silenziosi come sempre ma – considerò – era cresciuto almeno un po’ durante quei lunghi anni di lontananza, dato che adesso arrivava più o meno all’altezza del suo letto.
“Deve essere sconvolgente per te” mormorò “vedermi così…”.
“Non sconvolgente” rispose il suo ospite “direi: naturale”.
Il re non poté non notare che quella era la prima volta che udiva una sua risposta, anche se udire non era l’espressione più giusta, giacchè quelle parole senza suono erano fiorite direttamente nel suo vecchio cervello, come affiorate sulla superficie trasparente di un lago.
Era diventato incredibilmente più potente - pensò - o era lui ad essere diventato infinitamente più vulnerabile.
“In fondo” proseguì, mentre con un balzo saliva sul letto e si metteva accanto al re morente “come disse qualcuno una volta: le specie invecchiano diversamente”.
“G-grazie di essere venuto” la voce del vecchio sovrano era poco più di un sussurro.
“Io ringrazio te, padre, amico, fratello o qualunque altra cosa tu sia stato per me nel momento in cui ne avevo più bisogno”.
“Sono qui”.
La sua mano incredibilmente giovane si posò su quella avvizzita del re, picchiettata di macchie scure.
“Oggi sono io ad avere bisogno del tuo aiuto” disse il vecchio sovrano, gli occhi socchiusi.
“Nessuno che abbia avuto una famiglia muore davvero” ripetè “ma lei non l’aveva, lei era l’ultima della sua stirpe…”.
Lacrime spuntarono sotto le vecchie ciglia ingrigite.
“…e il suo ricordo morirà insieme a me. Per questo voglio ricordare la sua storia per un’ultima volta, ma…ormai sono così debole, così debole”.
Il suo ospite annuì e chiuse i grandi occhi scuri, dolcemente malinconici.
La sua mano si sollevò piano.
Il volto segnato del vecchio re parve distendersi, come risollevato.
Si tirò su a sedere, la schiena appoggiata contro la spalliera.
“Sì” disse, con voce più ferma.
“Lei si chiamava Ann Leary. E questa è la sua storia”.
 
  
 
 
Note&credits:
Alla fine della seconda stagione apprendiamo che Din Djarin, essendo il nuovo possessore della Darksaber, potrebbe rivendicare a buon diritto il trono di Mandalore. Ecco, io sono partita da qui.  
È un capitolo davvero breve, del resto un prologo serve solo a introdurre e, spero, a far venire un po’ di curiosità al lettore: gli altri saranno ben più corposi!
Il titolo è una citazione del racconto omonimo - disturbante e geniale - di David Foster Wallace, che in questa fase della mia vita mi piace particolarmente.
Il nome della protagonista è, invece, un omaggio al racconto “La strega d’aprile” di Ray Bradbury, uno dei più belli e poetici che io abbia mai letto.  Troverete sparse qua e là diverse citazioni del mitico Ray, del quale tanti moderni autori di fantascienza sono debitori!
Come potete notare, volutamente non ho chiamato invece per nome i protagonisti del primo capitolo, ma sono certa che li abbiate riconosciuti…
 
 
 
 
  
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