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Autore: Rosette_Carillon    13/03/2021    1 recensioni
Marta e i suoi sensi di colpa per la morte di Harlan, il non voler accettare l'eredità ricevuta, e gli incubi che la perseguitano ogni volta che chiude gli occhi.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Benoit Blanc, Benoit Blanc, Marta Cabrera
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                                                                                                                     Assassina
 
 
 







 



 
 
Vede il luccichio della lama puntata contro di lei. L’ira sul volto di Ransom, la sua mano che si allunga verso di lei, la afferra con violenza e la spinge.
Sente il suo corpo cadere nel vuoto, lo stomaco le si contrae e le manca l’aria. Si sveglia con un singhiozzo, agitata, e si ritrova per terra.
Si passa le mani fra i capelli, ansimando, cercando di tornare alla realtà.
Era un sogno, solo un sogno. Solo un sogno.
Si guarda attorno. È in salotto, sul pavimento. Si è addormentata sul divano.
Le fa male la testa, ha sbattuto contro il pavimento coperto dal tappetto, ma sarebbe potuta andare peggio, pensa, guardando la vicina lampada da terra.
Qualcuno sta suanando il campanello all'ingresso: è stato quel suono a svegliarla.
Reggendosi al divano si mette in piedi. Si passa una mano sul volto, e, prima di andare ad aprire, cerca di ricomporsi e fingere che vada tutto bene.
Sono giorni che evita chiunque per paura delle domande. Non vuole rispondere, ma non può nemmeno mentire.
Fuori, fermo all’ingresso, il detective Blanc aspetta paziente. Fa per suonare nuovamente, ma la porta viene aperta, e la minuta figura di Marta compare davanti a lui.  
La donna saluta, e si scusa per non aver aperto subito.
L’uomo non risponde subito, la osserva a lungo, attentamente, facendola quasi sentire a disagio e ricordandole il periodo delle indagini.
<< Va tutto bene? >> chiede poi.
Marta fa per rispondere, ma tace. Deglutisce a vuoto, e il suo sguardo spaurito è una risposta sufficiente. In silenzio, si scosta per fare entrare l’uomo, che la segue in salotto senza toglierle gli occhi di dosso.
<< Ho bisogno del suo aiuto, >> comincia la donna, torcendosi nervosamente le mani << non sapevo bene a-a chiedere e- >>
<< Mi dica. >>
<< Questo… >> indica il salotto con gesto nervoso della mano << tutto questo, i-il testamento non è mio, non- >>
Blanc la osserva interdetto << che significa ‘non è suo’? È comparso fuori un nuovo testamento di cui non so nulla? >> scherza, in un tentativo fallito di far rilassare la donna.
<< Lei sa cos’è successo. Lei sa che è colpa mia…la morte di Harlan… lei, >> calde lacrime cominciano a rigarle le guance, e se le asciuga con gesti nervosi mentre continua a parlare nonostante la voce le si spezzi. << Sono un’assassina, non dovrei essere qui, non- >>
Per un momento, Blanc non sa come reagire. Si è forse perso qualcosa?
Per un momento, Blanc si convince che la donna davanti a lui sia davvero un’assassina.
Per un momento. Poi torna in sé, poi si rende conto che davanti a lui c’è solo una donna spaventata e sconvolta.
<< Marta, mi ascolti bene, >> comincia l’uomo, invitandola a sedersi sullo stesso divano dove poco prima si era svegliata. << Harlan Thrombey è morto per proteggerla- >>
<< No! È morto perché sono un’incapace. Avrei dovuto chiamare l’ambulanza, invece mi sono fatta prendere dal panico, e ho fatto quello che mi ha detto lui. Ha mai visto un’infermiera che obbedisce a un paziente? >>
<< Lei si ostina a voler vedere il rapporto che aveva col signor Thrombey in maniera solo professionale, eppure è stata lei stessa a dirmi che lui la considerava un’amica, >> fa una pausa soppesando le parole << chissà, forse una figlia…quello che voglio dire è che lui ti voleva bene. Tu sei una delle vittime di quel caso, e sei quella che ne è uscita viva. Ransom ha cercato di uccidere anche te, ti ricordo. >> Le dà del ‘tu’ per errore, senza quasi rendersene conto. Perché in quel momento gli sembra così spaventata e persa, quasi una bambina, che vorrebbe solo esserle vicino.
<< No, >> lei scuote la testa << no. >>
<< Marta, ragiona. Il signor Thrombey ha scritto quel testamento prima che… capitasse tutto. Avrebbe comunque lasciato tutto a te. Ti voleva bene. Sei una brava persona, una brava infermiera, non permettere che una famiglia di psicopatici ti rovini la vita più di quanto abbia già fatto. Non ti sto chiedendo di dimenticare, ma di accettare il testamento. >>
La donna scuote la testa. Non può, non ci riesce.
Ha sbagliato. Ha sbagliato tutto. Quell’eredità non è sua, non le è mai appartenuta, avrebbe dovuto renderla ai suoi legittimi proprietari.
Si prende la testa fra le mani e piange.







 
  
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