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Autore: Mary Aisha    13/03/2021    0 recensioni
I miei vecchi amici staranno urlando tutto il loro apprezzamento ai Depeche Mode.
-Collezionerai un altro poster, cara la mia Mary.- sorrido al solo pensiero.
Chissà se sarò mai fortunata a vederli dal vivo...
Genere: Avventura, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Prologo
Un sordo rombo nell'oscurità

 
    Dalla finestra si intravvede il cielo dipinto di scuro, simile ad un nero pece, caratterizzante un inusuale sera di Aprile.
Se non fosse per la strada attraversata da numerose vetture sfreccianti che animano con le loro luci l'asfalto della città, non si riuscirebbe a vedere minimamente nulla. Misuro con i passi il pavimento del soggiorno giallo, incontrando con lo sguardo la locandina del concerto di Billy Idol spiaccicato sulla superficie del muro. Me la regalò due anni fa un amico che riuscì a smorzare la mia demoralizzazione, siccome non ebbi la possibilità di andare a vedere il mio idolo assieme a lui. Ci tenevo così tanto ad esserci. 
  -Basta con i pensieri.- sbuffo pensando, coprendomi gli occhi con una mano.
Già, perché mi fa rabbia quel che sto perdendo stasera: un nuovo, bellissimo Tour che avrebbe potuto donarmi attimi di spensieratezza indescrivibile se ci fossi stata. Mi siedo di peso sulla poltrona di pelle, mentre l'irrequietezza che ho in corpo mi fa battere nervosamente le dita sui bracci della poltrona, portandomi addirittura ad affacciarmi nuovamente alla finestra. I miei occhi tornano a perdersi in quei piccoli faretti gialli e rossi presi a trapuntare la carreggiata sottostante al mio palazzo, trovandoli così irreali e lontani. Come lo è la sottoscritta, distante da tutto.
  -Bentornata frustrazione.-
Dopo alcuni minuti in preda al senso di tristezza causato da tutto ciò, mi scrollo da quei pensieri negativi sostituendoli con alcuni belli. Afferro la borsa ed evado dal mio appartamento, chiudendo la porta in faccia alla più triste noia e il più rumoroso silenzio. Essere ottimista è sicuramente la soluzione migliore che ho a portata di mano.
  -Ma sì...- penso -un giorno vedrò i Depeche Mode. Sarà per la prossima volta.-
Passeggiando per la strada, i miei occhi vengono istantaneamente rapiti dal colore verde mela del semaforo che si erge accanto a me.
Entro in un bar giusto per rinfrescarmi. Mentre aspetto di essere servita. Il barista, tra tutta la confusione là dentro, porge un orecchio per sentire quel che ho da chiedergli.
  -Un bicchiere d'acqua, per piacere.-
Bevo un altro bicchierino, un sorso alla volta e solo adesso mi accorgo dell'orecchino ben lavorato che il ragazzo porta nel lobo sinistro. Ogni volta che si avvicina per sentire le parole di un cliente, quel bijou torna in mostra, quasi fosse un'ostentazione fatta di proposito dal suo indossatore. Si mette in risalto in confronto a tutti i presenti che hanno una faccia da funerale. Quasi fosse colpa della canzone trasmessa dalla radio.



"Black day
Celebrate the facts
That we've see the back
Of another black day"



La musica che riecheggia è Black Day, e ci sono sedute accanto a me persone che parlano del concerto mancato questa sera: i miei vecchi amici staranno urlando tutto il loro apprezzamento ai Depeche Mode.
  -Collezionerai un altro poster, cara la mia Mary.- sorrido al solo pensiero.
Mentre lascio il locale sbatto la testa contro una persona.
  -Guarda dove metti i piedi.- mi dice una voce maschile, anch'essa influenzata dall'aria che si respira qui dentro. Chiedo venia, non riuscendo a scorgere i lineamenti della sua faccia, poiché la luce dell'ambiente illumina a stento la sagoma.
Esco e sembra che un mastodontico calamaio sia caduto a terra e l'inchiostro abbia inondato ogni cosa abbia incontrato. Mi aspetto che la luce torni a prevalere, al che il vento incomincia a soffiare. 
 Ritorna la luce a ravvivare la città. Soddisfatta a quella vista, osservo sorridendo il cielo e noto alcune gocce di pioggia cadere dall'alto con mia sorpresa.
Plic, plic. Cavoli, non ho portato con me l'ombrello. Le gocce finiscono sulle mie spalle delicatamente e mi appresto a camminare sotto i balconi, mio malgrado pochi in quei paraggi. Le vetture si contano sulle dita, ma i metri che mi rendono distante da casa sono innumerevoli. L'ultima risorsa rimastami è fare l'autostop alle poche auto in circolazione. Mi corpo come posso insistendo per un ultimo tentativo, ma l'ultima automobile nelle vicinanze, invece di rallentare, si allontana fino a divenire un tutt'uno con il buio pesto. Bene, ora sì che ho perso le speranze. La frustrazione non mi vuole proprio abbandonare!
In pochi attimi mi sento congelare: gli indumenti ormai sono irrimediabilmente impregnati di acqua. Il forte rumore dello scroscio è l'unica cosa che riesco ad udire, tutto il resto è sordo. Vederci qualcosa è impossibile. Bagnata come un pulcino, mi sporgo troppo dal marciapiede e cado in avanti per colpa del peso della borsa.
Una frenata brusca mi fa trasalire e non poco. Mi volto di spalle ritrovandomi dinanzi quella che deve essere una Porsche. Sembra prossima a travolgermi da un momento all'altro da quanto è vicina.
  -Mary, sei viva e vegeta per miracolo, grazie alla prontezza dell'autista.- commento nella mia testa.
Attendo ancora impaurita una possibile imprecazione da parte del guidatore, cui non si pronuncia affatto a riguardo, se non aprendo la portiera della sua macchina da corsa e venirmi incontro.
Questa sagoma indefinibile si priva del cappotto per coprire me. Ciò mi lascia spiazzata.
  -Presto, sali in macchina.- esordisce garbatamente.
Non c'è più nessuno per il centro, tranne una folle come me ed il mio salvatore.
Mi ritrovo in uno stato pietoso e sto irrorando il suo soprabito da come sono conciata.
  -Ferma, faccio io.- mi interrompe, impedendomi di chiudere lo sportello una volta che sono dentro l'auto.
Si siede di nuovo al posto guida e preme sull'acceleratore.
Difficile rivolgere lo sguardo verso colui che mi ha salvato e dato riparo, poiché mi sento in imbarazzo per avergli fatto prendere un colpo..
  -Meno male che stai bene. Temevo di averti travolta!- dice tirando un sospiro di sollievo.
  -Ti chiedo scusa per lo spavento che ti ho causato. Avrei dovuto stare più attenta.- dico impacciata verso il mio interlocutore, tenendo lo sguardo perso sul cappotto del proprietario, constatando che è molto più alto di me.
  -Non devi scusarti. Con il maltempo non potevi vedere un palmo dal naso.- replica in modo affabile, con quella voce calda e vellutata che mi pare familiare.
  -No, è che...dovevo starmene a casa. Invece sono uscita per non pensare ad un concerto che mi perderò...- spiego dispiaciuta guardando imbronciata la pioggia irrigare il parabrezza, mentre il tergicristalli esegue il suo dovere.
Allorché il ragazzo emette una risatina divertita per ciò che ha udito dalle mie labbra.
  -Cosa trovi divertente in ciò?!- domando irritata da quello stimolo uditivo, il quale mi spinge a incontrare i suoi occhi.
  -D-Dave!?- esclamo incredula a quella vista, sconvolta. Cioè, mi stavo facendo mettere sotto dal mio cantante preferito, e per di più non l'ho degnato di uno sguardo per tutto questo tempo?!
Sono seduta al'interno della sua macchina. Forse sono morta e non me ne sono neppure accorta!
  -Sì, sono io. In carne ed ossa.- la sua affermazione mi fa tornare alla realtà. -Così sei una mia fan.- osserva compiaciuto. 
Io annuisco deglutendo la mia saliva, al contempo stesso in cui noto i suoi occhi. Lui, la personificazione perfetta della giornata di oggi: vestito totalmente in nero, scuri capelli corti a spazzola, eccetto quelle iridi verdi che illuminano il buio. L'energia elettrica che rischiara la città non è all'altezza per eguagliare tale meraviglia.
  -M-mi chiamo M-Mary...e-etciù!- gli dico a stento per i brividi di freddo. Frugo nella borsa alla ricerca di un fazzoletto, ma non lo trovo. La sua mano me ne porge uno.
  -Bene Mary, indicami la strada di casa che ti riaccompagno.- mi dice.
Addito le traverse che deve imboccare con la vettura ed in pochi secondi sono già sotto casa. Con la sua galanteria, Gahan apre la portiera come in precedenza, stavolta accompagnandomi davanti al palazzo dove abito. Lo saluto prima di fare il mio ingresso nell'androne della residenza. 
Si infila nuovamente il suo cappotto nero pece dicendomi:
  -Riguardati.- e si allontana. Il tutto fa da cornice all'ultima scena della serata che mi ha rapito in modo indescrivibile.
Torna all'interno della sua Porsche animata dall'immancabile voce del rombo del motore.
  -Ci vediamo!- urla Dave, congedandosi con il bolide nero che sfreccia verso l'oscurità più assoluta.
Chiudo il portone alle mie spalle.
Il sogno della mia vita ha preso forma: visto di persona è tutt'altra cosa, così diverso da come appare nelle fotografie che non gli renderanno mai giustizia.
Perché ha detto che ci rivedremo? Ma non assisterò neppure al concerto di domani!
  
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