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Autore: gio194    14/03/2021    1 recensioni
Il protagonista è Sean, un personaggio, un uomo, una coscienza immerso/a in un viaggio “interiore” alla ricerca di risposte su sé stesso/a e sulle persone che ruotano intorno alla sua vita. Sospeso sulla soglia tra sogno e realtà, sanità e follia, Sean si trova ad interagire con il ‘mondo’ circostante… e lo fa in un modo tutto suo.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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SETTIMA PARTE

Dove mi trovo? Questo luogo mi sembra di conoscerlo, è il borgo marinaro di Marsen! 

-“Sean, che fai ancora lì impalato, vieni che stasera ci si diverte alla grande”. 

Non credevo a miei occhi, non capivo come fosse possibile che colui che mi stava parlando in quel preciso istante aveva le sembianze di Jeremy, il fratello di... Iris? Incredibile...

-“Hai visto Sean? Hai visto che uscita figa ho organizzato? Ti presento la mia comitiva: Thomas, Joseph, Becky, Jacob, Isa...”

Furono tutti molto cordiali, ci salutammo e ci scambiammo vari baci e abbracci con ciascuno di essi. Ma l’occhio mi cadde su un’altra persona presente lì in mezzo. Salutai anche lei, e sebbene inizialmente non ne avessi colto i connotati del viso, in quanto ero rimasto quasi ipnotizzato dalla sua maglia rossa, sentii presto uno strano sussulto interiore alla vista dei suoi occhi. Non capivo cosa mi attraeva... non era certamente un viso ‘angelico’... ma i suoi occhi, il suo sguardo mi comunicavano tanto.

-“E infine ti presento mia sorella...” 

-“Piacere, Iris” disse la ragazza con malcelata timidezza e con un tono di voce acuto. 

All’imbarazzo iniziale subentrò ben presto un’accenno di intesa reciproca. Iniziammo a parlare del più e del meno e nel mentre passeggiavamo lungo le stradine affollate di turisti, che si trovavano lì in occasione della festività del santo locale. C’erano anche vari negozi artigianali con i prodotti tipici, tra cui una rinomata gelateria.

Notavo con immenso piacere che tutt’intorno vi era un’atmosfera di spensieratezza, negli sguardi delle persone, nei loro gesti articolati e nell’incedere dinoccolato. A dire il vero provavo un po’ d’ansia alla vista delle stradine affollate, ma non soffrivo di agorafobia o di particolari stati d’ansia. Preferivo sinceramente delle situazioni più intime, più cordiali e meno movimentate.

Tuttavia quell’afosa serata estiva mi rasserenava, e poi c’era quella leggera brezza marina che rendeva più sopportabile l’aria umida e ‘appiccicaticcia’.

-“Sean tu che lavoro fai?”

-“Eh, beh che dirti...”

-“Mi sembri così serioso, secondo me hai un incarico importante”, disse Iris interrompendomi.

-“Beh in realtà non svolgo ancora alcuna mansione lavorativa però studio...” 

-“Capisco... fai il mantenuto allora” disse con un sorriso smagliante al limite del beffardo. 

-“Sto scherzando comunque eh, volevo solo abbattere questo muro d’imbarazzo che si frappone tra di noi!”

-“Addirittura parli di ‘muro’, no io credo che ci sia più un velo d’imbarazzo”, controbattei sorridendo.

-“Non nominare il nome di Schopenhauer invano caro Sean.”

Quest’ultima sua espressione fece ridere fragorosamente entrambi, tanto che attirammo l’attenzione degli altri membri del gruppo che sogghignavano piuttosto incuriositi.

-“Sai, mi piace la tua ironia caro!”

-“Anche tu non sei da meno cara mia!”

-“Caspita mi sa che ci completiamo a vicenda, dobbiamo convolare subito a nozze!”

-“Certo che senso ha conoscerci, intanto partiamo, poi durante il viaggio avremo tutto il tempo di conoscerci.”

D’improvviso ci interruppe Jeremy: “piccioncini mi spiace interrompere il vostro convivio ma dobbiamo avviarci verso il centro dove ci aspetta una serata danzante all’aperto!”

“No Jeremy proprio ora che stavamo ‘tubando’”, dissi e subito incalzò Iris: “già, stavamo pianificando le nozze. Io lavoratrice precaria in un ambulatorio medico lui studente... cosa aspettiamo?”

Jeremy era a metà tra l’incredulo e il basito, forse perché vedeva la sorella esprimere in un modo insolito, o forse perché avevo scoperto un suo lato nascosto, quella perspicacia e sottigliezza, quel lume nei suoi occhi che lui non aveva mai notato. Io invece me ne accorsi subito, sin dalla prima frase che lei mi aveva rivolto. 

-“Senti Sean, non badare troppo a lei, è fatta così, è disinibita, svampita, penso che ci provi con chiunque.” 

-“Questo è ciò che pensi, che percepisci tu... non è detto che rispecchi la verità”, dissi quasi stizzito. 

Jeremy capì che ciò che aveva detto mi aveva infastidito e cambiò prontamente discorso: “tutti in pista guys, ci aspetta una serata memorabile”.

Almeno su questo punto Jeremy aveva certamente ragione. Infatti la serata fu in tutto e per tutto memorabile. Mi sentivo talmente a mio agio che anche un pezzo di legno come me, incapace di muoversi a tempo di musica e di coordinare i passi, fu attratto da quel clima di serenità venutosi a creare nella comitiva. 

L’unica nota stonata della serata fu il fatto che io e Iris non parlammo più, o meglio, ci fu impedito di farlo per via della musica ad alto volume e anche perché non ci fu in effetti l’occasione di farlo. 

La magia della serata, con le luci, il cielo stellato, le imbarcazioni lussuose attraccate sul porto, erano una cornice perfetta, a livello delle migliori riproduzioni cinematografiche... ma forse mancava un pizzico di pathos, di follia, di uno sconvolgimento causato da una qualsiasi divinità panica a coronamento di una serata già di per sé memorabile per un ragazzo privo di entusiasmo e di autostima come me, Sean.

-“Parti domani”, mi bisbigliò all’orecchio Iris, e dal tono della voce percepii una malcelata amarezza.

-“Sì domani...”, le dissi avvicinandomi a lei toccandole leggermente i capelli, con immenso dispiacere, come a voler far trapelare dalle mie parole quel senso di incompiutezza che strideva con l’armonia generale della serata. 

-“Ci vediamo raga, è stata una serata fantastica.”

-“Mi sono divertito tantissimo raga.”

-“Non poteva andar meglio.”

Tutta la compagnia espresse più o meno all’unisono questo giudizio.

Alla fine ci congedammo tutti, baci e abbracci sovrabbondavano, e ci separammo in due gruppi. 

E fu piuttosto beffardo il fatto che nella foga del momento io e Iris non ci scambiammo nemmeno un abbraccio. Annuimmo a vicenda e i nostri sguardi si incrociarono per qualche secondo nel mentre ci allontanavamo l’uno dall’altra. 

Il suono della musica man mano diventò un semplice sussulto. Ci avviammo verso il parcheggio. La serata era finita. Ero incredulo. O forse semplicemente insoddisfatto. 

 

 

 

 

 

 

   
 
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