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Autore: Sofifi    14/03/2021    6 recensioni
Lily Luna Potter: figlia premurosa, alunna giudiziosa, seduttrice sfrenata.
Una serie di omicidi ad Hogwarts stravolgerà l’anno scolastico e la più giovane dei Potter, ben presto, si renderà conto di essercene invischiata sino al collo!
Col padre e lo zio a scuola ad indagare, Lily dovrà fare i conti con sua identità frantumata e le sue maschere: ne ha una per ogni occasione, ma come farle convivere? E, infine, cosa sceglierà? Rivelerà a tutti i suoi segreti e aiuterà gli auror a trovare il colpevole o manterrà il silenzio, salvaguardando così la propria reputazione?
Coppie: Albus/Scorpius, LilyLuna/Sorpresa, Harry/Ginny, e molte altre...
Genere: Angst, Drammatico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Albus Severus Potter, Harry Potter, Lily Luna Potter, Ron Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Albus Severus Potter/Scorpius Malfoy, Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Black Widow'
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PERSONAGGI PRINCIPALI:

Lily Luna Potter, Serpeverde, 5°anno, fidanzata di Tom Davies
Tom Davies, Corvonero, 7°anno, fidanzato di Lily Luna Potter
Albus Severus Potter, Grifondoro, 7°anno, fidanzato di Scorpius
Scorpius Hyperion Malfoy, Serpeverde, 7°anno, fidanzato di Albus
Harry Potter, ex Grifondoro, auror
Ronald Bilius Weasley, ex Grifondoro, auror
Carter Morgan, ex Corvonero, auror
James Sirius Potter, ex Grifondoro, auror



ALTRI PERSONAGGI PRESENTI NEL SECONDO CAPITOLO:
 
Ernest Shelley, ex Corvonero, auror anziano
Isobelle Verne in Shelley, ex Corvonero, moglie di Ernest Shelley
Lorcan Scamander, Corvonero, 6°anno
Suzie Parrott, Corvonero, 6°anno
Hansel Saxton, Corvonero, 6°anno
Nathaniel Cowley, Serpeverde, 6° anno
Benjamin Roberts, Serpeverde, 6° anno
Ileen Selwyn, Serpeverde, 5°anno, amica di Lily
Madalynn Nott, Serpeverde, 5°anno, amica di Lily
Grace Hoogan, Tassorosso, 5°anno










Black Widow

La Vedova Nera




CAPITOLO 2




2. 1

Parole.
Frasi.
Si rincorrevano e si mescolavano, accavallandosi.

Rumore.



Il Ministero era ormai quasi completamente deserto, le locande cominciavano a chiudere.
Ernest Shelley aveva appena terminato di verbalizzare l’ultimo caso. Con fatica si alzò dalla sedia e uscì dall’ufficio cominciando a barcollare lungo i corridoi bui in direzione dell’area camini.
Le gambe, gonfie e pesanti, dolevano ad ogni passo, e il signor Shelley sperò ardentemente di rientrare trovando la moglie addormentata… Non voleva sorbirsi per la centesima volta le sue suppliche e la sua preoccupazione!
Medimaghi pubblici, privati… Non sarebbero serviti proprio a nulla per il suo problema! Ne era più che sicuro, Ernest, lui non aveva alcuna malattia. Stava semplicemente invecchiando, e forse avrebbe dovuto ricordare alla sua dolce Isobelle la fortuna di essere sottoposti insieme a quella condanna, a molti negata.
Immerso com’era nei propri pensieri, non fece caso alla fioca luce che irrompeva nel corridoio, rischiarandolo, dalle fenditure di una delle porte alla sua sinistra, né ai rumori.
Raggiunse un camino e, dopo aver gettato una manciata di polvere volante a terra, sparì, lasciando il Ministero più vuoto di prima.



Vi era soltanto più una lampada accesa al secondo livello. L’ufficio dell’undicesima squadra auror era illuminato a giorno da una plafoniera dalle dimensioni esagerate.
Carter Morgan, seduto alla scrivania, si massaggiava con gli indici le tempie pulsanti, sbarrando e schiudendo gli occhi cerchiati ad intervalli regolari.
Harry Potter e Ronald Weasley continuavano a camminare su e giù, su e giù, su e giù per la stanza, confrontandosi, battibeccando, borbottando… il tutto, il tutto, ad un volume decisamente troppo alto.
E allora Carter si mordeva il labbro, chiudeva gli occhi, e tornava a prendersi la testa fra le mani, esasperato, stanco, stufo, irritato.

Parole.

Chiunque. Potrebbe essere stato chiunque.”
Eppure deve esserci qualcosa. Un indizio. Nessuno è infallibile.”

Frasi.

E se fosse entrato qualcuno dall’esterno? Un vecchio seguace di Voldemort?”
Non saprei, Harry. Dopo tutti questi anni...”
E non dimentichiamoci dei professori…”
Ho sempre avuto l’impressione che la McGranitt fosse decisamente più affidabile di Silente, per questo genere di decisioni.”
Ma non possiamo escludere nessuno dalla lista dei sospetti.”

Si rincorrevano e si mescolavano, accavallandosi.

                                             ...qualche casino per conto suo...”
                                                                                                                           “...o così dicono.”
                                                       ...aver fatto una cosa del gene...”
          “...l’età di Hugo...”
                                                                 “...assassino a piede libero...”
...parlare nuovamente con Luna.”
                                                                                           “...come con Raptor...”
                                           “...lo sguardo di un assassino?”
       “Sono solo ragazzi.”

Rumore.

Un pugno sul tavolo.
Basta! Piantatela, adesso. Piantatela...
Il viso tirato di Carter si tinse improvvisamente di rosso vermiglio. I suoi occhi, secchi e arrossati, si posarono sui visi maturi e incolti dei colleghi, che ricambiarono il suo sguardo con un’espressione spiazzata.
Carter si passò una mano tra i capelli polverosi e con un colpo di bacchetta richiamò l’impermeabile gommato color antracite. A passi lunghi e ben distesi si avvicinò alla porta.
Quello che state facendo adesso… Non serve a niente” asserì, prima di lasciarsi l’ufficio alle spalle.
Ronald si voltò verso l’amico di vecchia data, che immobile osservava la porta con aria confusa.
Vado a chiamarlo?” chiese, trattenendo uno sbadiglio. Harry scosse la testa.
Ha ragione” proseguì dopo qualche istante. “Andiamo a casa, proviamo a riposare... continueremo domani mattina a mente fresca.”
Ron osservò il cognato, stupito… contrariato.
Da una parte c’era Lysander, poco più che un ragazzino, le lacrime di Luna, il viso pallido e smarrito della McGranitt, i suoi figli… Hogwarts, e un assassino a piede libero. Dall’altra c’era Hermione, una cena nutriente, un letto caldo. Cose che sembravano appartenere ad un’altra vita e in quel momento apparivano quasi frivole e insensate.
Harry gli poggiò una mano sulla spalla.
È per loro che dobbiamo essere al nostro meglio. In questo momento valiamo meno di zero, Ron. Non mi piace, non piace per niente ammetterlo, ma ha ragione Carter: non possiamo essere utili a nessuno in queste condizioni… e lo sai, lo sappiamo.”
Seguirono alcuni istanti di silenzio, poi Ronald annuì facendo su e giù con il collo.











2. 2

Non si sentiva così provato da anni.
Carter si allontanò frettolosamente dall’ufficio, respirando a singhiozzo.
Raggiunse l’ascensore quasi di corsa e, una volta entrato, si lasciò scivolare lungo la sua parete metallica e fredda. Accovacciato a terra si portò le braccia attorno al busto: provò a controllare il respiro, mentre la nausea cresceva. Gli sembrò di tornare ai tempi dei M.A.G.O., quando per mesi aveva passato le sere a vomitare l’anima nel primo gabinetto trovato. Ringraziò lo stomaco vuoto e la fame, sentendosi improvvisamente ridicolo e, per la prima volta, inadatto al compito per cui aveva tanto studiato.
Erano passati quattro giorni dalla morte di Lysander Scamander, eppure le indagini erano ancora ad un punto morto. I giornalisti mettevano pressione, e il popolo aveva bisogno di rassicurazioni che l’undicesima squadra non poteva dare. Carter sapeva che il sentimento di impotenza e preoccupazione che soffocava il team non faceva altro che abbassare le probabilità di successo dell’indagine, e che in quell’occasione proprio lui sarebbe dovuto essere l’anello forte – quello che, per intenderci, riesce a quietare lo spirito del gruppo dall’irrazionalità crescente, quello che, rimanendo calmo, ristabilisce il metodo –, ma sapeva anche che per risolvere quella situazione non bastava il cervello, serviva bensì un qualcosa di diverso, che a lui purtroppo mancava: l’abilità di rimanere tranquilli nei momenti di tensione. Carter si sentiva inquieto e non riusciva a pensare in modo lucido, eppure non voleva fuggire dalle proprie responsabilità. Aveva imparato, con l’esperienza, a mettere da parte le proprie emozioni e a concentrarsi con freddezza sui corpi come se fossero oggetti, a trattare le persone come incognite, le prove come dati e i casi come problemi matematici. Aveva imparato a vedere nel proprio caposquadra un esempio, se non di abilità deduttive, per lo meno di condotta. Grazie all’importante ruolo avuto nell’arresto di Renn Dahl, “Il Delinquente Inacciuffabile”, era riuscito a guadagnare visibilità e rispetto, ed era stato notato da Harry Potter, che l’aveva voluto nella sua squadra.
La promozione lo aveva riempito di dubbi. Harry era molto diverso dal suo vecchio capo, l’aveva stimato e trattato con rispetto sin dal primo giorno, alla stregua di Ronald, e l’aveva ascoltato come se fosse stato suo pari. Carter aveva appreso che nelle prime tredici squadre un comportamento del genere era comune, perché erano formate soltanto da quelli che – per un motivo o per l’altro – erano considerati i migliori, quindi la funzione di caposquadra aveva un valore quasi unicamente burocratico, non vi era infatti un secondo – o braccio destro – e un terzo, ma soltanto compagni.
Le differenze tra l’undicesima e la trentacinquesima squadra, però, non finivano lì. Ronald ed Harry erano persone estremamente emotive, e non nascondevano questo lato del loro carattere nemmeno durante le indagini.
Harry aveva capito che oltre l’apparente imperturbabilità di Carter si nascondeva un uomo poco incline ad accettare le proprie emozioni, e si aspettava che, prima o poi, sarebbe scoppiato. Non avrebbe potuto predire che sarebbe accaduto proprio quel giorno, o forse sì, ma fatto sta che i suoi pensieri quando successe erano altrove. Harry non reagì all’uscita di scena di Carter perché era stato preso alla sprovvista, e non avrebbe saputo cosa dirgli. Non avrebbe potuto ammonirlo, dopotutto, per qualcosa che aveva fatto lui stesso per giorni: perdere la calma. E si rendeva conto, in fondo, che quello che pensava Carter era giusto.
Nonostante la stanchezza il volto semi-immobile dell’auror si distese in un sorriso quasi impercettibile, finalmente il collega rivelava i suoi veri colori. Ci erano voluti mesi perché quell’uomo mostrasse una crepa ed Harry si sarebbe aggrappato ad essa con entrambe le mani, continuando a girare il coltello nella piaga affinché lui, Carter e Ron non sarebbero diventati una cosa sola: una vera e propria Squadra con la S maiuscola, una nuova famiglia.
Le ombre e i pregi dei colleghi non dovevano mai essere sottovalutati in un lavoro come quello. Un dettaglio trascurato poteva significare la morte, e l’improvvisazione – usanza più comune di quanto a qualunque auror sarebbe piaciuto ammettere – poteva rivelarsi una strategia vincente solamente quando accompagnata da una sintonia e affiatamento eccezionali, che potevano essere raggiunti solo grazie alla perfetta conoscenza reciproca.
Sotto lo sguardo contrariato del cognato, che nonostante tutto seguì presto il suo esempio, Harry uscì dalla stanza, e si apprestò a raggiungere casa.

La notte non offrì un lungo ristoro, ma le ore passarono, e presto fu mattina.











2. 3

Lo specchio lo consolava e lo distruggeva. Ancora in pigiama, Lorcan osservava la sua smorfia riflessa, un goffo tentativo di copiare l’espressione naturale di Lys: vispa, vitale, sicura… Caratteristiche che solo parzialmente appartenevano al suo viso a riposo, quindi piuttosto difficili da replicare con la sottigliezza richiesta dai suoi ricordi vividi.
Una volta l’espressione gli era venuta così bene che quasi si era illuso di avere davanti il fratello, però poi gli era venuto da sorridere, così, a modo suo, la magia si era rotta, e Lorcan si era trovato nuovamente davanti a se stesso, solamente se stesso, ed era scoppiato a piangere per quell’attimo perduto, e per tutti quelli passati.
Quella mattina tremava talmente tanto da non riuscire a tenere ferme le labbra, ad angolarle con precisione, a storcerle nel modo giusto, con la vista così annebbiata riusciva a malapena a distinguere i contorni umanoidi della figura riflessa allo specchio, che sarebbe potuta appartenere più o meno a chiunque, e che eppure Lorcan sentiva estranea e distante. Cellula dopo cellula il suo corpo abbandonava il passato, abbandonava Lysander, e a Lorcan sembrava di percepire questo processo ogni minuto del giorno. E si disperava, pensando che presto, troppo presto, del fratello non gli sarebbe rimasto che uno sfocato ricordo.



La morte di un gemello è sempre, oltre che a una tragedia, un’amara condanna.

Benjamin e Nathaniel avevano cominciato a passare sempre più tempo con Lorcan, Hansel e Suzie, illudendosi di farlo per star vicino e aiutare il fratello del loro defunto amico. In realtà, inconsciamente, si erano convinti che se avessero fatto finta che Lorcan fosse Lysander, tutto sarebbe stato più semplice. Ci era voluto poco, però, per rendersi conto che Lorcan non poteva che essere una pallida imitazione di Lys. I gesti, il ritmo della voce... tutto era sbagliato.
Benjamin era sempre più sconfortato, Nathaniel invece, oltre a tristezza, cominciava a provare rabbia. Perché Lys e non Lorcan? E perché tutti si preoccupavano tanto per lui? I due gemelli, dopotutto, non erano così legati. Loro erano stati i suoi migliori amici per sei anni, eppure nessuno aveva pensato che potessero essere loro ad aver bisogno di piangere, di sfogarsi, di qualcuno da abbracciare.
In realtà Nat si rendeva conto di avere pensieri estremamente egoistici, e capacitarsene lo faceva sentire decisamente in colpa, quindi si metteva – per quanto possibile – l’anima in pace, e rimaneva in quel piccolo gruppo in cui, per lo meno, poteva coltivare il proprio dolore senza badare al resto del mondo che, incapace di fermarsi, continuava ad andare avanti.
Lorcan sapeva di provocare disagio in chi lo incontrava, più volte era stato squadrato con facce stranite o confuse da chi non sapeva che Lysander avesse un fratello. Una ragazza dai capelli arruffati una volta era persino scoppiata a piangergli in faccia. E poi c’erano Hansel e Suzie, che inutilmente provavano a sostenerlo e confortarlo... Lorcan temeva che presto si sarebbero stufati di tutta quella negatività, e aveva deciso che, almeno per finta, avrebbe dovuto dimostrare di essersi un po’ ripreso. Inoltre voleva lasciare ai due amici più spazio: la loro relazione era cominciata da solamente due settimane e desiderava che i due coltivassero quel sentimento, non che stessero lì con lui a rabbuiarsi.
Allora provava a farsi vedere sereno, a parlare del più e del meno, a dar l’impressione di pensare ad altro... I giorni passavano e pian piano lui riuscì a convincere un po’ tutti che era vero, sì, Lysander era morto, ma il tempo per le lacrime era finito, ed era giunto il momento di fingere e ricominciare ad essere quelli di prima.
Benjamin e Nathaniel, irritati da quel comportamento, cominciarono ad allontanarsi; Hansel e Suzie invece, conoscendo la personalità dell’amico da tempo, si avvicinarono un po’ di più al capire cosa passasse per la sua testa: forse bisogno di solitudine, di rimettersi insieme un pezzetto per volta, forse bisogno di rifugiarsi nei ricordi ancora per un po’, senza nessuno che potesse distrarlo. In ogni caso, gli lasciarono più spazio; Lorcan raggiunse il suo obiettivo.











2. 4

Lily era sdraiata, il ginocchio destro racchiuso tra le cosce umide di Tom, la gamba sinistra intrappolata nel lenzuolo blu.
Il suo corpo morbido toccava in più punti quello definito del ragazzo, eppure non vi si fondeva mai. Allungò il braccio, ormai segnato dalle pieghe della maglietta sul quale era appoggiato, e con l’indice ripassò i solchi sul petto di Tom. Era così diverso da… No, non doveva pensarci.
Aprì gli occhi, fingendo indifferenza. In quei giorni si sentiva così strana, così distante... Guardò il bellissimo ragazzo sdraiato ancora nudo di fronte a sé, il ragazzo che non avrebbe mai amato, si riaggiustò la maschera esteriore e si sforzò di sorridere.
Non era amore quel letto tiepido, non era amore quel corpo solido, eppure
passare le serate con Tom solitamente non le dispiaceva. Quel giorno invece, avrebbe solamente voluto rivestirsi il più in fretta possibile e andarsene via.
Si sentiva malinconica, e quella sensazione la infastidiva. Non poteva, si ripeteva, sentirsi così per una persona che conosceva a malapena; non era come se fosse morto, che so, Al, o James, o uno dei suoi genitori. Era solo Lysander, eppure ciò che la seccava di più era pensare che quello che per lei era solo Lysander, per qualcuno potesse essere una persona importante. Insomma, saperlo.
Lily si inumidì le labbra, sovrappensiero, e baciò Tom: prima sulla fronte e poi sulle labbra. La porta della stanza cigolò aprendosi, rumore, parole, ecco rientrare i compagni di stanza del suo ragazzo. Con un’occhiata veloce Lily controllò che le tende attorno al letto fossero ancora serrate, poi mosse il ginocchio destro fino al sesso ormai molle di Tom, facendolo gemere. Sorrise, ignorando il malumore, e lo baciò ancora una volta.
Mi farai morire...” mugugnò Tom, perdendosi nello sguardo lascivo della ragazza, che, senza smettere di guardarlo, ghignando, si tirò su a sedere sul letto, pronta a rassettarsi.
Se ne sarebbe andata senza destare alcuno scalpore: dopotutto i compagni di Tom erano ormai rientrati, e lei non aveva di certo l’abitudine di restare a dormire dal suo ragazzo, anzi, a dirla tutta non aveva mai condiviso l’intimità del sonno con nessuno. I sogni, pensava, rendono vulnerabili. E lei voleva essere forte.

A volte però non sono i sogni a renderci deboli, ma quelle emozioni che ci rifiutiamo di ammettere ad alta voce.
Indossare una maschera le pesava, eppure le dispensava l’importanza che aveva sempre bramato. Finalmente il rispetto, l’invidia, l’ammirazione... e persino l’odio... tutti quei sentimenti non erano più rivolti ad un cognome, ma a un nome: Lily Luna. E lei con orgoglio accettava il suo nuovo destino da protagonista.

Fu andando contro la sua stessa logica che Lily, una volta raggiunta la sala comune di Corvonero, si fermò ad osservare l’unica figura presente, quella che la tormentava da giorni.
Lorcan, a sua volta, notò la silhouette estranea ma nota della minore dei Potter, e i suoi occhi titubanti, discreti ma curiosi, che lo osservavano con un vago imbarazzo e un ancor più vago timore.
Mille pensieri, mille calcoli, mille contraddizioni si agglomeravano nella mente della più giovane, che avrebbe soltanto voluto voltarsi, alzare le spalle e andarsene via, eppure Lily continuava a restare e a fissare Lorcan con sguardo perso.
Mi dispiace così tanto...” riuscì finalmente a proferire dopo troppi secondi, avvicinandosi al ragazzo e al sofà sul quale era seduto, “so che non serve a nulla, purtroppo non posso cambiare il passato… Però ho dei fratelli, posso immaginare come ti senti, e non so cosa fa-”
Non devi fare nulla”, la interruppe Lorcan con un sussurro asciutto, “e poi non puoi capire, non puoi immaginare quello ch-”, la sua voce si spezzò, “ed è meglio così.”
Lo so.”
...Aveva una cotta per te”, le riferì poi dopo alcuni istanti di quiete, “non so se avrebbe voluto che tu lo sapessi ma… dopo quello che è successo a maggio ha continuato a pensarti...”
Lily non si infastidì nello scoprire che Lysander non aveva tenuto la loro avventura segreta, forse perché aveva capito che era stata semplicemente una confessione fraterna, forse perché stava già pensando alla mano di Lorcan, posata tra le sue cosce a dimostrazione di un desiderio inesprimibile, che sapeva di proibito, ma nonostante tutto condiviso.
Ognuno aveva le proprie ragioni per ricercare quel contatto: Lorcan voleva poter provare le sensazioni già vissute dal fratello, trasformarsi in lui per un momento, per ritrovare quel legame che lentamente, lo sentiva, si stava affievolendo, Lily invece voleva illudersi che fosse ancora maggio, dimenticare tutto il resto, e tornare a quando aveva imparato a toccare i suoi primi corpi estranei, tornare a quelle prime iniziative timide come la mano di Lorcan tra le sue cosce.
Quella mano e quel desiderio straziante vinsero qualunque giudizio, qualunque logica: dimenticarono il luogo, le più banali accortezze, e cedettero ai loro istinti e pulsioni.
La sala era fredda e vuota; il coprifuoco già scoccato. E i loro corpi bollenti si cercavano, si trovavano, si fondevano – a far da testimone il firmamento soltanto, che dalle ampie vetrate sembrava inondare la stanza. Con gli occhi lucidi volti al passato si osservavano, senza far caso a null’altro, e il presente si legava ai ricordi, rendendoli vivi per solo un istante. Veri. Un istante. Serenità e malinconia, sensazioni opposte ma indissolubilmente legate, si alternavano in una danza di fluidi nella quale sudore e lacrime malamente represse reggevano il gioco. Paura e mancanza, sicurezza e passione, impeti e slanci – tra labbra, tra fianchi, tra sguardi.

Ma un rifugio precario non può durare per sempre, e fuori imperversava tempesta.











2. 5

Le giornate si rincorrevano; la routine era di nuovo sul trono, riconosciuta sovrana del giorno – quasi da tutti.
Lysander era ormai per Lily un pensiero lontano, relegato alle riflessioni notturne, e così Lorcan, il suo errore; ogni volta che lo incontrava travestiva la vergogna di indifferenza e lo osservava, troppo vanitosa per evitare il suo sguardo, troppo imbarazzata per mostrare nuovamente se stessa, parlare, spiegare.
Le capitava in Sala Grande, soprattutto, di vederlo. E anche quella sera lo guardava, mentre Scopius guardava lei, e lui chiacchierava con Suzie, e Ileen parlava, parlava, parlava del nuovo lavoro di gruppo che avrebbero svolto con Grace, e Madalynn Nott si inventava l’ennesima dieta – l’ultima cosa di cui, così pelle e ossa, avresti bisogno, pensava Lily, che però poi sempre approvava le pazze idee dell’amica-rivale:
Sì, mi sembra un buon piano d’azione, Mad”, convenne infatti, “e Ileen, ormai persino i professori avranno sentito quanto sei entusiasta del tuo nuovo gruppo di lavoro, forse è ora di darci un taglio, eh?”
Ed ecco quegli occhi tristi posarsi finalmente su di lei, ed eccolo abbozzare un sorriso stanco, tirato, imbarazzato, ma pur sempre un sorriso – ricambiato.
Come per un riflesso involontario.



Allo stesso tavolo, poco distante dal gruppetto delle ragazze del quinto anno, sedeva Benjamin Roberts, la forchetta immobile tra l’indice e il medio, la mano sinistra ad accompagnare, ancora una volta, il bicchiere alle labbra.
Nonostante continuasse a bere, aveva l’impressione che la gola gli diventasse sempre più secca, così arida da fargli mancare il respiro.
Sarà la folla… sarà il rumore...” pensò, sapendo di sopportare ben poco, in quel periodo.
Poi però arrivarono i crampi allo stomaco, presto violenti, e Ben ripensò alla morte di sua zia e a sua madre che per un anno, da allora, non aveva fatto altro che ammalarsi di continuo. “Somatizzazione del dramma,” si disse, “non può essere altro.”
Nathaniel, inconsapevole dello stato dell’amico, continuò a mangiare l’arrosto speziato servito quella sera, senza porsi troppe domande nemmeno quando Ben gli annunciò che se ne tornava in camera: erano abituati a ritirarsi presto, la gente era sempre di troppo, e le lacrime si versavano soli.
Anche per quello ultimamente le parole tra loro si erano ridotte al minimo: il mondo sensibile aveva come perso importanza, da… allora.

Quando un ragazzo, dal tavolo dei Tassorosso, venne portato in infermeria accusando gli stessi dolori di Ben, Nathaniel non si allarmò. Se ne avesse saputo qualcosa, forse l’avrebbe fatto.

In ogni caso, a quel punto, qualunque azione sarebbe stata inutile. Il futuro era già scritto.













NOTE:

Ciao a tutti e grazie per essere arrivati fin qui.
Mi dispiace aver fatto passare tutto questo tempo prima di aggiornare, purtroppo però non è stato un anno facile. Come sappiamo i tempi non sono dei migliori un po' per tutti, in aggiunta alla pandemia ho avuto però anche dei problemi personali, abbastanza risolti, e problemi familiari, che invece andranno avanti ancora per un po'... Insomma, non ho avuto proprio la testa per scrivere, infatti questo capitolo è stato scritto un po' a febbraio del 2020, e un po' tra febbraio e marzo del 2021... Lo so, un disastro!
Purtroppo non posso promettere di riuscire a fare aggiornamenti costanti, ma non lascierò la storia incompiuta, è un mio obbiettivo finirla, e ho già la scaletta degli avvenimenti bella pronta... devo solo trovare il momento e la calma per scriverla.
Spero che a qualcuno piaccia, e nel caso ci siano errori, orrori, o cose che non vi piacciono, sentitevi liberi di farmelo sapere: scrivo per migliorare e ogni consiglio è utile! Se volete, fatemi anche sapere se la storia vi sta piacendo, mi sarebbe utile per capire se sto andando nella direzione giusta.
Ancora grazie a tutti... e spero che la storia stia cominciando ad appassionarvi!











  
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