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Autore: Gatto1967    16/03/2021    4 recensioni
Vi siete mai chiesti perché Paulina Giddings e Suor Lane/Maria abbiano deciso di fondare la Casa di Pony?
Come hanno preso una decisione che ha cambiato la vita di tanti bambini sfortunati?
E Miss Mary Jane?
Come si sono conosciute lei e Miss Pony?
Sappiamo che lavoravano insieme come infermiere, ma poi hanno preso strade diverse, perché?
Perché una persona buona come la futura Miss Pony ha deciso di lasciare un mestiere che amava?
E a proposito di Pony... che c'entrano i pony con un orfanotrofio?
Perché le sue fondatrici hanno deciso di chiamarlo proprio "Casa di Pony"?
E chi ha affibbiato il soprannome di Miss Pony a Paulina Giddings che un nome già ce l'aveva?
Parliamo anche della Croce della Felicità che Miss Pony dona a Candy... come l'ha avuta? Cosa significa per lei?
Tranquille/i!!!!!
Ci hanno pensato Tamerice e Gatto1967 a rispondere a tutte queste domande in questa fan fiction, un po' "La casa nella prateria", un un po' giallo alla Fantomas, e un po' Candy Candy naturalmente!
Questa storia è già stata pubblicata nel Candy Candy e Klin forum del circuito forumfree di cui Tamerice è admin, ma ovviamente la pubblicheremo anche su EFP.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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New York, anno 1876

-Edizione Straordinaria! Edizione Straordinaria!-
La voce dello strillone che vendeva i giornali per strada, appena fuori dal St Jacob Hospital, investì in pieno le due ragazze appena uscite dall’ospedale.
-Il massacro del 7° cavalleria del generale Custer a Little Big Horn! Edizione Straordinaria!-
La ragazza mora, paffutella e con gli occhiali si avvicinò al ragazzo dalla voce stentorea e comprò una copia del giornale. Raggiunta la sua amica bionda, lesse rapidamente l’inizio dell’articolo.
-Accidenti! Un reggimento quasi distrutto!- Fu il suo primo commento.
-Generale Custer… mi sembra di aver sentito questo nome…-
-Dico: ma dove vivi Mary Jane? Solo una “sbadatella” come te può ignorare chi sia il generale Custer!
È l’ufficiale più famoso dell’esercito americano! Era addirittura in procinto di candidarsi alle elezioni presidenziali!-
-Era?-
-Beh sì, era. Ormai non potrà più candidarsi a niente. Gli indiani Sioux l’hanno fatto a pezzi insieme al suo reggimento.-
-Sarà meglio che ci incamminiamo Paulina. I miei genitori ci stanno aspettando in quel ristorante vicino al fiume Hudson.-
-Sei sicura che la mia presenza sia opportuna? I tuoi sono venuti a trovarti dall’Indiana e io… che c’entro?-
-Ti ho già detto di piantarla! I miei ti conoscono fin da quando sei nata e sanno benissimo che per me sei come quella sorella che non ho mai avuto!-
-Va bene ma…-
-Niente “ma”, ok? Piuttosto… non mi va che mi chiami “sbadatella”, mi ricordi quell’arpia della Fletcher!-
Paulina ridacchiò.
-Non prendertela dai! Sai benissimo che la Fletcher vuole solo spronarti a essere meno distratta sul lavoro. Tu sei un’ottima infermiera ma sei veramente “sbadatella”.-
-Non parliamone più, ok?-
Paulina capì che non era il caso di punzecchiare ancora la sua amica di sempre. Si volevano davvero un gran bene, ma Mary Jane era molto suscettibile su quell’argomento.

Raggiunsero rapidamente il ristorante vicino all’Hudson River dove erano attese dai signori Frakes, i genitori di Mary Jane, che le accolsero calorosamente.
Mary Jane aveva ragione: i suoi genitori volevano un gran bene a Paulina che conoscevano fin dal giorno in cui era nata.
Le due ragazze erano nate a un mese di distanza l’una dall’altra, ed erano cresciute insieme nello stesso villaggio dell’Indiana.

-Ma come ragazze…- disse loro la madre di Mary Jane mentre sedevano a tavola aspettando le loro ordinazioni –Non ditemi che non avete ancora un fidanzato?-
-Andiamo Mamma! Lavoriamo tutto il giorno e non abbiamo il tempo di pensare a certe cose.-
-Si d’accordo, ma il lavoro non è tutto nella vita, e voi avete diciotto anni. Dovreste un po’ guardarvi intorno…-
-Come sta mia madre signora Frakes?- la interruppe Paulina un po’ per troncare l’imbarazzante discorso, e un po’ per sincerarsi delle condizioni di sua madre.
Nelle sue ultime lettere Carolyn Giddings rassicurava sua figlia circa le sue condizioni di salute che pure non erano ottimali.
-Sta bene Paulina. Ti manda i suoi saluti e si dispiace di non essere potuta venire con noi, ma l’emporio le dà sempre un gran da fare…-
In realtà la signora Giddings non stava affatto bene, ma non voleva dare pensiero a sua figlia. Voleva che Paulina vivesse la sua vita senza preoccuparsi per lei.

Dopo pranzo Paulina trovò una scusa per lasciare la sua amica da sola con i genitori, e se ne andò per i fatti suoi in giro per New York. Viveva in quella città già da un anno, e la conosceva appena.
La madre di Mary Jane non aveva tutti i torti quando diceva che avrebbero dovuto guardarsi un po’ intorno.

Dopo un’ora che girava a vuoto per quella città, una delle più grandi e famose degli Stati Uniti, Paulina cominciò a essere un po’ stanca. Veniva da una dura mattinata di lavoro, e quella camminata l’aveva fiaccata. Si decise a dirigersi verso l’appartamento che divideva con Mary Jane, ci sarebbe voluto ancora un po’ prima che la sua amica e i suoi genitori si recassero lì, sicuramente avrebbero voluto trascorrere del tempo insieme.
Nell’atto di girarsi per cambiare direzione e tornare verso casa sua, Paulina urtò contro qualcosa o qualcuno, e cadde rovinosamente a terra.
-Ehi dico! Volete fare attenzione quando…-
Si interruppe quando si avvide della persona che senza volerlo, l’aveva fatta cadere.
Si trattava di un bambino, o meglio di una bambina.
Davanti a lei c’era una bambina dall’aria poverissima, con abiti logori e sudici, lunghi capelli di un colore fra il castano chiaro e il rossiccio.
Paulina rimase sconcertata.
-E… tu chi sei?-
-Mi scusi… signorina…-
-Non… non fa niente piccola. Non mi sono fatta niente…- disse mentre si rialzava.
La bambina dimostrava intorno ai 7-8 anni e sembrava veramente appartenere a una famiglia poverissima. Probabilmente abitava nei bassifondi della città. I quartieri poveri di New York erano posti davvero brutti dove vivere.
-Dove abiti piccola?-
-Alla casa dei bambini senza genitori.-
Paulina rimase come paralizzata. Quella bambina viveva in un orfanotrofio.
-Vuoi… vuoi qualcosa da mangiare?-
La piccola fece vigorosamente di sì con la testa. Non mangiava da ventiquattro ore.
-Vieni con me.- disse Paulina porgendo la mano alla piccola orfana.

Poco dopo la bambina assaporava con gusto un panino con la salsiccia che Paulina le aveva comprato, lei la guardava con un misto di sentimenti contrastanti. Da una parte la contentezza di aver fatto del bene, sia pure in misura minima, a quella bambina. Dall’altra un sincero dolore se pensava alle condizioni in cui doveva vivere quella creatura.
-Dov’è…- stava per dire “il tuo orfanotrofio", ma si fermò in tempo -…la tua casa?-
-Non voglio tornare lì!- disse la bambina quasi piangendo e tremando.
Ma come diavolo la trattavano in quell’orfanotrofio? Si chiese Paulina.
-Ascoltami piccola: non puoi stare in mezzo alla strada. La strada è un posto pericoloso per una bambina come te.-
Era la verità. Che diavolo di prospettive poteva avere quella bambina in mezzo alle strade di una città come New York?
-Alla casa… mi picchiano…-
-Chi ti picchia?-
Come a voler rispondere alla domanda di Paulina una mano si abbatté pesantemente sulla testa della bambina dai capelli castano rossicci.
Era la mano di una donna sui cinquant’anni che cominciò a malmenare la bambina insultandola pesantemente e chiamandola con il suo nome.
-Basta, basta! Ma che maniere sono queste? Che modo è di trattare una bambina?-
La donna tirò via da una parte la piccola che piangeva e squadrò minacciosamente Paulina.
-Stammi a sentire sbarbatella! Provaci tu a mandare avanti una casa con cinquanta piccoli bastardi che non fanno altro che scappare per andare a rubare. Provaci tu a sentirti i rimbrotti dei poliziotti che ti chiedono conto dei guai che combinano questi sciagurati. Poi potrai parlare! Fino a quel momento TACI sgualdrina!-
Poi prese di nuovo a malmenare la piccola fuggiasca mentre la trascinava via.
Ripeté ancora il nome di quella bambina mentre la portava via imprecando.
Quel nome Paulina non lo avrebbe dimenticato più.

A lenti passi la ragazza si diresse verso casa, dove arrivò dopo un’ora circa trovandovi già Mary Jane e i genitori. Con loro simulò un atteggiamento sereno cercando di dimenticare quello che aveva visto.
Quella sera, dopo che i genitori di Mary Jane erano tornati in albergo, Paulina si mise a letto più presto del solito, ma non riuscì a chiudere occhio, pensava sempre a quella povera bambina orfana.



Scritto da Gatto1967
 
   
 
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