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Autore: crazy lion    16/03/2021    0 recensioni
Sono passati sei mesi dalla morte del suo cane Buddy e, in un giorno così triste, Demi ha un crollo.
Disclaimer: con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare veritiera rappresentazione del carattere di questa persona, né offenderla in alcun modo.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Demi Lovato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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SEI MESI

 
Quella mattina Demi rimase a letto più del solito. Non aveva voglia di alzarsi, né tantomeno di fare qualcosa. Si era data malata al lavoro e rimase a poltrire nel letto fino alle undici di mattina, tanto la giornata sarebbe stata orribile. Si alzò a fatica e si trascinò per casa in pigiama, con le ciabatte e senza lavarsi il viso o pettinarsi. Si guardò allo specchio. Appariva pallida e malaticcia, con il volto segnato da profonde occhiaie. Quella notte non aveva dormito. Mangiò qualcosa al salto per colazione e poi sprofondò nella sua sedia davanti al pianoforte, con un quaderno sulle gambe, decisa a scrivere qualcosa. Batman dormiva nella sua uccia vicino al divano e lei, intanto, pensava a Buddy. Il suo cane era morto esattamente sei mesi prima e la ragazza non r9usciva ancora ad accettarlo.
Sono triste perché non ci sei più, perché mi manchi, perché non posso più accarezzarti né abbracciarti. Eri la mia gioia, il mio conforto, l'unico che mi capiva solo con l'uso dello sguardo. Non mi giudicavi mai ed eri sempre buono con me. Non è giusto che tu te ne sia andato così presto.
Scriveva su quel foglio parole piene di dolore, grattando così tanto con la penna da rischiare di bucare la carta. Le braccia le formicolarono.
"Tagliati" le disse la sua voce interna. "Sai che poi ti farà stare meglio."
Ma non si faceva male da mesi. Si stava riprendendo a fatica dopo tutti gli anni passati a ferirsi, non aveva intenzione di ripiombare di nuovo in quel buco nero che sembrava non avere via d'uscita. Eppure, le braccia continuavano a formicolare, mentre il bisogno di tagliarsi era sempre più imperante. Doveva farsi male, se voleva stare meglio. Prese a respirare con affanno, mentre il peso al petto che sentiva da quella mattina diventava insopportabile. Le cicatrici che costellavano le sue braccia sembrarono bruciare, anche se non le riapriva da mesi. Non voleva più provare dolore, né sentirsi spaccata in due.
"Tagliati, fatti del male, procurati quelle cazzo di ferite. Te le meriti, brutta stupida che non sei altro!" urlò la voce nella sua testa e continuò a ripeterle parole velenose.
Non desiderava ascoltarle, così resistette. Canticchiò qualche canzone, accarezzò il suo cane che dormiva, fece qualche lavoro in casa, ma non era per niente lucida, lo sapeva. Faceva anche fatica a respirare e a muoversi, andava piano e non capiva bene quali gesti stava compiendo. Si sdraiò sul divano.
"Smettila, smettila, ti prego!" implorò, con le lacrime agli occhi.
"Non smetterò fino a quando non mi obbedirai. Non vedi come ti sei ridotta? Sei l'ombra di te stessa da quando Buddy non c'è più, sei caduta in una specie di depressione dalla quale non riesci a riprenderti."
Su questo, la voce aveva ragione. Da quel tragico giorno di luglio, Demi non era stata più la stessa. Aveva sofferto tanto, in quei mesi, si era data mille colpe. Se solo quel giorno non fosse uscita e fosse invece rimasta a casa, con il cane assieme a lei, tutto questo non sarebbe successo. Buddy non sarebbe stato ucciso da un coiote e lei non avrebbe visto il suo corpo martoriato da profonde ferite e con quell'orecchio mezzo strappato. Per mesi aveva avuto problemi di sonno, dormendo tre o quattro ore per notte tanto che per il medico di base le aveva prescritto lo Xanax, un ansiolitico, per due settimane la sera, aveva faticato a mangiare e non era riuscita più a lavorare bene come prima, nonostante la presenza di Batman.
"Mi dispiace di essere stata così idiota, di non averti protetto" mormorò rivolta al cielo.
Andò in giardino e si fermò nel punto in cui l'aveva seppellito. Accarezzò l'erba e la terra, disse una preghiera e poi rientrò, ributtandosi a peso morto sul divano. Batman le venne vicino e le leccò la faccia, ma lei non gli prestò attenzione e lui si allontanò, uggiolando, e si mise a giocare con una pallina. Demi amava il suo cane, voleva lo stesso bene sia a lui che a Buddy, ma in quel momento non aveva voglia di fare le coccole a nessuno. Sospirò e cadde in un sonno agitato.
Si svegliò di soprassalto, sudata, in lacrime e con il cuore a mille. Sembrava che volesse uscirle dal petto. La sua bocca era aperta, spalancata in un grido silenzioso al quale non riuscì mai a dare una voce. Aveva avuto un incubo, l'ennesimo di quei lunghi mesi. Buddy era di fronte a lei, vivo e vegeto, saltava e le correva incontro, ma lei non riusciva a toccarlo e lui, alla fine, spariva piangendo. Non era la prima volta che faceva questo sogno e ogni volta, al risveglio, si domandava come mai non riuscisse più a toccarlo. Non sapeva cos'avrebbe dato per potergli fare anche solo una carezza.
"Non puoi, è in cielo" le aveva detto sua madre quando gliene aveva parlato.
"Ma nei sogni io riesco a toccare le persone. Perché con lui non è così?" aveva ribattuto, ma Dianna non aveva saputo cosa risponderle.
Andò in cucina e prese due pastiglie di Trilafon, fuori orario, ma non importava. Era un neurolettico che serviva, fra le altre cose, a curare l'ansia grave. Gliel'aveva dato la sua psichiatra, aumentando la dose negli anni. Ora erano arrivate a dieci milligrammi e sembrava andare meglio.
"Questo mi aiuterà" mormorò, senza fiato.
Ma poco dopo tutto accadde molto velocemente. Lei che correva verso il bagno e che si toglieva la maglia e la canottiera senza quasi rendersene conto. Dopo un po' si ritrovò nuda, seduta in doccia e con una lametta in mano. Credeva di averle buttate via tutte, ma ne aveva trovata una in un cassetto, dentro un astuccio viola in cui c'erano anche dei trucchi. Era un pezzo di taglierino. Lo appoggiò sul polso e lo spinse contro la pelle con più forza, in orizzontale, fino a creare una sottile linea rossa. Non era una soluzione, lo sapeva, si trattava soltanto di un palliativo, un sedativo che l'avrebbe tenuta tranquilla per qualche minuto per poi rigettarla nel vortice delle sue tempeste. A quel taglio ne seguirono altri, sempre superficiali, ma che le bruciavano la pelle e riaprivano vecchie cicatrici. Si godeva il rumore della lama che martoriava la sua pelle, che la disttruggeva, che incideva, che feriva per sempre. Alcune ferite erano graffi che stavano già iniziando a richiudersi, ma c'erano anche sette tagli che ricoprivano il suo braccio, dal polso a tutto l'avambraccio e il sangue sgorgava piano, lento e costante. Singhiozzò, ma non uscì nessuna lacrima dai suoi occhi. Stavano tutte uscendo, scarlatte, dai suoi tagli. Il suo braccio era martoriato da ferite che si era inferta da sola, facendosi violenza.
"Guarda che schifo hai fatto" mormorò., poi serrò le labbra per non gridare per il dolore.
La pelle tirava e bruciava come fuoco vivo. Si sentì incredibilmente leggera, tutte le brutte sensazioni causate da quella giornata orribile e senza senso e dall'incubo scorrevano via assieme al sangue, che gocciolava pigro sul piatto doccia. Quella sensazione di benessere, di avere il controllo su se stessa, unita all'effetto calmante del Trilafon, non sarebbe durata a lungo, lo sapeva, ma voleva godersela fino alla fine. Ci era ricascata, ma al momento non le importava. Guardò i punti nei quali la lama aveva inciso con rabbia la sua carne, i contorni delle ferite talmente precisi da far quasi paura. Non pensava più a Buddy e alla sua morte, né a quanto questa la facesse soffrire. Ma forse era vero. Nonostante si fosse ripresa e i suoi fan credessero che aveva superato i suoi brutti momenti, con i disturbi alimentari e l'autolesionismo, non era del tutto così e, anche se stava meglio, magari non meritava nulla di buono dalla vita. L'unica cosa che sapeva di meritare era quel dolore.
Ma che sto dicendo? Ragiono così perché mi sento male, ma in realtà so che non è vero.
La sua vita poteva essere meravigliosa, solo che in quel momento non vedeva altro che sofferenza intorno a sé. Non capiva più a cosa stava pensando, in che direzione la sua mente volesse portarla. Respirò a pieni polmoni per tranquillizzarsi del tutto e, quando fu sicura di essere tranquilla, si alzò. La sensazione di leggerezza era scomparsa. Respirò l'odore nauseabondo del sangue mentre una profonda stanchezza la invadeva. Si inginocchiò, per un momento, lasciando che una vertigine passasse e immergendo le mani nel sangue. Ce n'era ovunque. Le sue mani, le braccia, le gambe, forse persino il suo viso ne erano ricoperti.
Sospirò, chiuse le porte della doccia e aprì l'acqua. Il getto caldo sulle ferite le fece bruciare ancora di più, soprattutto quando si lavò con il bagnoschiuma. Il rosso del sangue sparì nello scarico. Demi rimase sotto il getto d'acqua per qualche altro minuto, poi uscì, si mise del Neosporin sulle braccia, una crema che serviva a proteggere da punture di insetti e tagli. Era antisettica, l'avrebbe aiutata. Aspettò che si asciugasse, poi ci passò del disinfettante. Si avvolse attorno al braccio una garza. Sapeva che i tagli si sarebbero sgonfiati il giorno dopo e che per un po' avrebbero fatto male e prurito, soprattutto una volta che si fossero formate le croste.
Si asciugò i capelli mentre le ultime forze la abbandonavano, poi andò a letto e sprofondò nel cuscino e sotto il piumino. Batman la raggiunse e le si sdraiò accanto, mentre un senso di debolezza le fece quasi rivoltare lo stomaco. I pensieri su Buddy erano tornati, forti e imperanti, a tormentarla. Avrebbe solo voluto avere anche lui vicino.
"Ciao, piccolo" disse a Batman, accarezzandogli la testa e la schiena.
Lui le leccò la faccia e la fece sorridere.
"Ho fatto una cosa brutta" sussurrò ancora la ragazza, mentre i suoi occhi minacciavano di chiudersi.
Lui abbaiò, come per chiederle di cosa si trattava.
"Non importa, ma spero di non farlo mai più. Ne parlerò con le mie terapiste quando ci andrò."
Triste e stanca, Demi cadde in un sonno profondo e senza sogni.
   
 
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