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Autore: Duchessa712    16/03/2021    5 recensioni
Shiho si guarda allo specchio e prova a immaginare ciò che non esiste più - una famiglia felice, due genitori innamorati, due sorelle che si volevano bene
[La storia è candidata agli Oscar della Penna 2022 indetti sul forum Ferisce più la penna]
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Shiho si guarda allo specchio e prova a immaginare ciò che non esiste più - una famiglia felice, due genitori innamorati, due sorelle che si volevano bene - e a dimenticare ciò che conosce - formule e numeri che sembrano non portare a niente, l'odore del sangue, il rimbombo delle pallottole, voci di corridoio che sono scampoli di pettegolezzi.

Fallisce sempre, Shiho, forse perché di fantasia non ne ha mai avuta molta e si è sempre aggrappata a ciò che di concreto aveva davanti - esperimenti, topi, risultati - o a quello che riesce a recuperare con notevole sforzo dall'inconscio - Akemi, soprattutto, il cui viso diventa un po' sbiadito col passare dei giorni, la sua voce, di cui forse sbaglia la cadenza, la risata, che forse era più squillante ma contenuta. (Quando se ne è accorta, che, a volte, al volto di Akemi, alla sua voce, al suo sorriso, alla cadenza dei suoi passi che preannunciavano un po' di stordente libertà, si sommano il viso e la voce e il sorriso e i passi di Ran, si è chiusa in bagno e ha aperto al massimo il rubinetto del lavandino per nascondere i singhiozzi soffocati con le nocche).

Shiho sa di avere i colori di sua madre, la sua freddezza, la sua intelligenza, la sua bellezza - Akemi aveva la sua dolcezza, la voce carezzevole come le coccole che ha ricevuto troppo di rado: questa è la convinzione che è nata in lei dopo aver ascoltato le cassette abbastanza da impararle a memoria.

Suo padre, invece, è una figura ancora più sfocata, un'ombra che non riesce a venire alla luce e nonostante l'insistenza con cui Shiho cerchi di afferrarla sembra costretta a rimanere lì, nel nero dei corvi che ha avvolto la sua vita e la sua morte.

Si sfiora il viso pallido, traccia il contorno degli occhi chiari e delle labbra sottili e prova a immaginarsi da grande (sembra davvero una bambina più che una scienziata che conduce una ricerca) solo che a lavorare di fantasia lei non è mai stata brava. Riesce ad arrivare fino ai diciotto anni, che è il massimo fino a cui è cresciuta, se si spinge al limite fino a venti, ma non di più.

Non vede sua madre o suo padre o sua sorella - e non sa cosa provare, non sa se piangere o ridere, perché Shiho è fatta di pezzi che non hanno più un posto, neri prima che potessero mai essere bianchi.

Si guarda allo specchio e cerca tracce di chi era - prima di Shinichi e dell'apotoxina e dell'organizzazione - e le restano solo tesori a metà: l'ombra di suo padre e la voce di sua madre e il calore del l'abbraccio di sua sorella (quello non lo dimenticherà mai, non potrà mai confonderlo con Ran) e certe volte non è abbastanza.
   
 
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