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Autore: Fiore di Giada    18/03/2021    0 recensioni
– Solo in una terra unita, saremo tutti liberi. – mormorò. Ne era sicuro, con la cacciata dello straniero, tutto sarebbe stato diverso.
Nessuno avrebbe conosciuto l’angoscia di una eterna simulazione.
Per questo, non si pentiva di avere partecipato ad una rivolta.
Il suo solo errore era stato l’accordo con Francesco IV d’Este, duca di Modena e Reggio.
Di quella fiducia così avventata si pentiva, perché aveva condannato a morte tanti giovani, senza alcuna utilità per il loro sogno.
(ovviamente, il periodo è il Risorgimento, qui però ce lo siamo dimenticato, bah)
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Età vittoriana/Inghilterra
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La luce del sole dell’alba illuminava il limpido cielo azzurro e i raggi dell’astro si infiltravano nella cella.

Alessandro Berselli si sollevò dal suo giaciglio e alzò lo sguardo verso la finestra.

Per alcuni istanti, restò immobile, le mani giunte, come in preghiera. Tanti pensieri si accavallano nella sua mente.

Il giorno della condanna sua e dei suoi compagni era giunto, puntuale, crudele, inesorabile.

Quella giornata fredda, ma serena, avrebbe veduto la conclusione del suo percorso terreno.

Non aveva timore della sua prossima morte.

La sua vita, per quanto fiorente di promesse e speranze, era una inezia rispetto al comune obiettivo suo e dei suoi compagni.

Italia… Italia unita… – sussurrò, lo sguardo fisso davanti a sé. Quelle due parole rappresentavano il faro della sua esistenza, fin da quando aveva cominciato a comprendere le condizioni del suo paese.

Pur di contribuire a questo processo, aveva rotto il fidanzamento con Laura Abbati, la figlia di Carlo Abbati, ricco orefice.

Sospirò. Di lei ricordava ancora la figura prosperosa, seppur non grassa, e il suo volto dai lineamenti regolari, circondato da una massa opulenta di capelli neri.

Non aveva dimenticato il suo sguardo cupo, ardente d’amore, ombreggiato da lunghe ciglia curve.

Laura, oltre quel corpo voluttuoso, racchiudeva un animo gentile e generoso.

Lo avrebbe seguito, ne era certo, ma lui aveva preferito fingere un repentino innamoramento per un’altra donna, pur di distruggere quel sentimento.

Il suo cuore, di solito fermo, tremava alla possibilità di un’offesa a lei.

Perdonami, mia bella. – mormorò. Ne era certo, lei aveva sofferto, a causa del suo presunto tradimento, ma era meglio così.

Lei non avrebbe subito alcun danno, perché non lo meritava.

Inoltre, per quanto limpido, il suo sentimento per lei svaniva davanti alla spropositata grandezza del suo sogno.

L’Italia doveva essere unificata e liberata dalla tirannia delle potenze straniere.

Ormai, il tempo era giunto.

Solo in una terra unita, saremo tutti liberi. – mormorò. Ne era sicuro, con la cacciata dello straniero, tutto sarebbe stato diverso.

Nessuno avrebbe conosciuto l’angoscia di una eterna simulazione.

Per questo, non si pentiva di avere partecipato ad una rivolta.

Il suo solo errore era stato l’accordo con Francesco IV d’Este, duca di Modena e Reggio.

Di quella fiducia così avventata si pentiva, perché aveva condannato a morte tanti giovani, senza alcuna utilità per il loro sogno.


Il rumore di passi echeggiò nel silenzio e due guardiani si avvicinarono alla prigione.

Alessandro, a passo rapido, uscì e porse le mani ai due militi.

Questi alzarono i sopraccigli, perplessi. Quel giovane alto e robusto, dai folti ricci castani, aveva assunto un contegno dignitoso, seppur velato di malinconia.

Era ben diverso dal fanatico assassino che, con fierezza, aveva rivendicato il suo ruolo nella congiura che, per poco, aveva ucciso il duca.

Eppure, erano la stessa persona.

Come era possibile un tale contegno in un individuo simile, che non aveva supplicato la grazia per il suo crimine?

Anzi, aveva quasi invocato la pena capitale a gran voce per se stesso e non si era sottomesso alla giustizia del tribunale, proclamando la sua fede nell’Italia unita.

E’ triste. Un giovane come te avrebbe avuto diritto a ben altro futuro. – dichiarò un guardiano, dispiaciuto.

Sbarrò gli occhi, perplesso. Perché aveva detto quella frase?

Aveva compianto il destino di un assassino e di un fomentatore di disordini!

Alessandro sorrise e lasciò che i due gli legassero le mani dietro la schiena. Quasi provava piacere nel sentire le corde strette attorno alle sue braccia.

Pur essendo in celle separate, quelle fibre costituivano un legame coi suoi compagni.

Sì, l’unione dei cuori avrebbe permesso loro di affrontare la pena con serenità di spirito.

Il mio destino è certo. E io l’attendo con intrepidezza e maschio coraggio.* – rispose calmo. Forse, la loro azione non era stata vana e aveva colpito gli oppressori.

Sì, il loro sangue non era stato vano e avrebbe contribuito alla costruzione d’una Italia libera dal piede dello straniero.

Poteva spegnersi libero da rimpianti e rimorsi.

Le guardie, dopo averlo legato, lo guidarono fuori dalla prigione.


Diverso tempo dopo, Alessandro, a passo rapido, si avviò verso il patibolo.

I guardiani, sempre più sorpresi, posarono lo sguardo su di lui. Aveva mantenuto un contegno stoico, malgrado la sua sorte già scritta.

E anche i suoi compagni erano stati coraggiosi e fermi, degni di ammirazione.

Salì le scale, accompagnato dai guardiani, e collocò la testa sotto il cappio. Presto, tutto sarebbe terminato.

Riusciva a vedere i volti dei suoi genitori, morti in un incendio durante la sua infanzia, e dei suoi cari amici.

Accennò ad un sorriso. Lui era stato ateo e aveva creduto nella fine di ogni cosa, con la conclusione dell’esistenza.

Si era sbagliato? Era un’immagine distorta della sua mente?

Non lo sapeva.

Sarebbe bello sbagliarsi su questo. Chissà…, pensò. Non gli dispiaceva credere nella possibilità di un ricongiungimento con le persone da lui amate.

Per alcuni istanti, il corpo di Alessandro ondeggiò, come un pendolo, poi rimase immobile, come un pupazzo torturato in un gioco crudele.



P.S.: non mi piace.

Mentre sentivo un servizio di RaiStoria sulla Destra storica, ho pensato a Ciro Menotti e ho scritto questa breve storia.

Infatti, il protagonista è ispirato a lui. (la città è la stessa. Mi perdonino i modenesi se ho scritto castronerie)

* la frase che ho citato è di un altro coraggioso patriota, Emanuele de Deo, di cui sono orgogliosamente conterranea, impiccato a 22 anni ai tempi della Repubblica Partenopea.



   
 
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