Anime & Manga > Bungou Stray Dogs
Ricorda la storia  |      
Autore: Europa91    19/03/2021    2 recensioni
[Demons & Exorcist AU]
[Paul Verlaine x Arthur Rimbaud]
[Soukoku]
“Cosa sarebbe successo, se in una notte all’apparenza come tante, un esorcista avesse finito con lo scegliere di assecondare un proprio egoistico desidero, prendendo suo nipote per crescerlo come un figlio?
Forse il corso delle loro esistenze sarebbe stato diverso, o forse no, chi può dirlo.”

What if di “Of Sisters and Demons” in cui Arthur e Paul crescono Chuuya come un figlio.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Arthur Rimbaud, Chuuya Nakahara, Osamu Dazai, Paul Verlaine
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Sisters and Demons'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Cow-t 11 – Sesta settimana – M3

Prompt: 004. And when our children tell our story, they’ll tell the story of tonight.

Fandom: Bungou Stray Dogs

Rating: SAFE

Numero Parole: 7515

Note: questo è un what if delle vicende narrate nella serie di “Of Sisters and Demons”. La parte iniziale è ripresa da “Story of an Exorcist”, ma solo le prime battute perché poi come vedrete prosegue per conto suo. Perché io quando creo un AU devo anche crearci mille what if intorno, se no non sono contenta XD Potrei anche averci messo involontariamente spoiler della serie principale XD

 

 

 

 

 

 

Molto spesso nel corso della propria vita, viene spontaneo domandarsi, almeno una volta, come avremmo reagito se posti di fronte ad un bivio o a un problema, ci fossimo comportati in maniera diversa, se avessimo preso un’altra decisione, percorso un’altra strada. Questo è un racconto di quel tipo.

Cosa sarebbe successo, se in una notte all’apparenza come tante, un esorcista avesse finito con lo scegliere di assecondare un proprio egoistico desidero, prendendo suo nipote per crescerlo come un figlio?

Forse il corso della loro esistenze sarebbe stato diverso, o forse no, chi può dirlo.

Per quanto si possa cercare di sfuggire al proprio destino, Arthur Rimbaud scoprirà che ci sono cose che non si possono cambiare.

 

***

 

«Sai, penso che Chuuya dovrebbe venire con noi»

Arthur aveva osservato il suo compagno per un istante che parve durare un’eternità. C’erano solo loro due in quella stanza, più il neonato tra le braccia del demone che stava pigramente finendo di bere il suo latte. Sua sorella Marie riposava in un’altra camera mentre il marito si era assentato dopo cena per questioni di lavoro. Dunque erano soli, e quella frase uscita dalle labbra del biondo aveva avuto il potere di spezzare il silenzio e la quiete da cui erano circondati.

Il cacciatore era letteralmente rimasto senza parole. Non se lo aspettava. Paul stava ancora cullando il neonato che aveva ormai finito di mangiare e combatteva contro il sonno per non assopirsi contro la sua spalla. L’esorcista non poté fare a meno di trovare quell’immagine, per quanto insolita, adorabile. Il suo compagno, in quelle vesti di padre affettuoso faceva nascere in lui strani pensieri. Più che altro si trattava di sogni, fantasie irrealizzabili. Aveva invidiato la felicità di sua sorella, la famiglia che aveva costruito, il bambino a cui aveva dato la vita e che ora il demone teneva tra le braccia. Sapeva che da loro non sarebbe mai potuto nascere nulla di simile. Era un’utopia, e quella realtà era difficile da accettare. Per questo sbatté un paio di volte le palpebre incredulo dopo aver udito quelle parole. Cosa gli stava suggerendo di fare?

«Anche se ora ha l’aspetto di un essere umano noi sappiamo che non lo è. Potrebbe avere dei poteri, è pericoloso lasciarlo qui. Dovrebbe essere cresciuto dai suoi simili»

Il cacciatore dell’Ordine della Maddalena aveva ascoltato e processato ogni parola, restando in silenzio. Il suo sguardo continuava a saettare dal bambino, che ormai era quasi del tutto assopito, al demone, che lo ricambiava con intensità. Non poteva sfuggire a quello sguardo magnetico, non ne era mai stato in grado.

Arthur sapeva benissimo cosa doveva dire; che era un’idea assurda e che non avrebbe mai potuto separare Chuuya da sua madre. Eppure una parte di lui sapeva che Paul in fondo, aveva ragione. Perché il suo compagno ce l’aveva sempre. Per quanto gli costasse ammetterlo. Se quel neonato si fosse rivelato un demone anche Marie un giorno avrebbe potuto trovarsi pericolo. Cosa doveva fare? L’esorcista sapeva quale fosse la decisione giusta da prendere eppure non riusciva a smettere di pensare a quella visione che le parole dell’altro gli avevano suggerito. Continuava a figurarsi quel futuro davanti agli occhi, doveva solo allungare una mano per poterlo afferrare.

Avvolto dal silenzio della notte, il demone si avvicinò lentamente a lui, alzandosi dalla sedia dove era accomodato e facendo attenzione nello spostare il bambino su un solo braccio, per potersi destreggiare meglio. Chuuya non diede segno di aver colto quel piccolo cambio di posizione e continuò a dormire serenamente. Il biondo allora allungò la mano libera fino a sfiorare la guancia dell’esorcista. Quell’uomo era un libro aperto, lo era sempre stato. Solo osservandolo, Paul riusciva a scorgere i turbamenti del suo animo, i suoi più intimi pensieri. Aveva fatto quella proposta con apparente leggerezza ma in fondo era perché sperava di aiutarlo. Non sopportava di vederlo tormentarsi in quel modo.

Durante il corso della sua millenaria esistenza, Paul non aveva mai sentito parlare di bambini nati dall’unione di demoni ed esseri umani. Per quello che ne sapevano, Chuuya poteva essere il primo di una nuova specie. Fisicamente aveva un aspetto umano ma era davvero ancora troppo piccolo per poterlo affermare con certezza. In quel momento, il demone si limitò ad osservare ogni minimo cambio d’espressione sul viso di Arthur. Era stato un azzardo quella proposta, ma non gli era sembrata tanto male. Ultimamente era preoccupato per il suo esorcista, sapeva che c’era qualcosa che lo turbava e non aveva idea di come aiutarlo. Per questo Chuuya gli era parso la soluzione migliore. Senza contare che non sembrava essere particolarmente difficile occuparsi di lui.

«Senti Arthur» provò a dire mentre continuava a depositargli delle lievi carezze; scostandogli anche di poco i lunghi capelli dal viso;

«Hai ragione» Furono le sole parole che lasciarono le labbra dell’esorcista. Il demone interruppe immediatamente quel contatto solo per essere sicuro di aver capito bene e di non esserlo immaginato.

«Scusa che hai detto?» il moro accennò ad un sorriso avvicinandosi alla testolina del bambino che il compagno teneva ancora in braccio.

«Dovremmo essere noi a crescere Chuuya. Un giorno potrebbe rivelarsi possedere un qualche potere demoniaco e allora anche Marie sarebbe in pericolo»

Il demone restò per un attimo a fissarlo, completamente a bocca aperta. In quel momento stentava a riconoscerlo. L’esorcista gli prese gentilmente il bimbo dalle braccia e prese a cullarlo.

«Domani ne parlerò con mia sorella. Non intendo fuggire nel cuore della notte come un ladro, né assumermi il ruolo di rapitore di bambini» concluse, per poi tornare a concedere tutta la sua attenzione al piccolo che riposava tra le sue braccia. Paul fece un passo in avanti prima di afferrarlo e portarlo verso di sé. In quel momento sembravano davvero una famiglia.

Presi dalla situazione, nessuno di loro aveva potuto notare una figura che si muoveva silenziosamente nell’ombra, poco distante dall’abitazione. L’essere misterioso, avvolto nel suo pesante mantello nero, aveva osservato tutta la scena, ascoltando le intenzioni dei due. Concluse che non aveva importanza, il piano che aveva meticolosamente preparato non ne avrebbe risentito. Sparì circondato dalle tenebre tornando nel luogo a cui apparteneva, all’Inferno. Solo il piccolo Chuuya fece una smorfia, avvertendo qualcosa che ai due adulti era sfuggito.

«Si sta per caso, svegliando?» chiese Paul confuso osservando il bambino che aveva ancora gli occhi chiusi. Arthur aveva sorriso non potendo fare a meno di notare il tono apprensivo che il compagno assumeva quando si trattava del piccolo.

«No, starà solo sognando» Rispose tranquillo. Il biondo storse il naso.

«I demoni non sognano» fu la sua lapidaria risposta. Arthur sorrise prima di posare delicatamente il bambino nella sua culla e sedersi in grembo al compagno.

«Gli insegnerò a farlo e se vorrai lo insegnerò anche a te» doveva essere una proposta innocente ma entrambi avvertirono una leggera nota maliziosa.

«Penso che mi divertirò ad osservarti col cucciolo» fu il turno dell’esorcista di storcere il naso.

«Non credere che farò da solo tutto il lavoro. È un mezzo demone, com’era la storia che doveva essere cresciuto da un suo simile, accomodati, portatore di tempesta» Paul sorrise prima di baciarlo con passione. Per il resto della notte a coprire il silenzio, ci furono solo baci e languidi sospiri.

 

***


Arthur si era preparato un discorso per affrontare Marie. Non era facile provare a convincere una madre a separarsi da suo figlio. In più, conosceva abbastanza bene il carattere di sua sorella, sapeva che non sarebbe stata una passeggiata. Aveva deciso di rinnegare la propria famiglia per vivere quell’amore impossibile e Chuuya era il frutto di quella relazione. Ogni minuto che passava, Arthur continuava a chiedersi se avesse davvero preso la decisione giusta.

«Si può sapere cos’hai questa mattina? Sei pallido e più silenzioso del solito»

Marie gli si era avvicinata e lo stava fissando cercando di capire cosa lo turbasse. Avvertiva quegli occhi blu come il mare, indugiare sulla sua figura. Fu Paul ad intervenire, ancor prima che lui riuscisse anche solo a pensare ad una risposta. Si era appena alzato ed indossava soltanto dei pantaloni chiari. Era scalzo e completamente a torso nudo, aveva pure lasciato i capelli sciolti.

«Ah conosci tuo fratello, ha il difetto di pensare sempre troppo» concluse con finta noncuranza, attraversando la sala per poi sedersi accanto al compagno. Il biondo sapeva di essere di bell’aspetto e molto spesso, nel corso dei secoli, aveva fatto leva su questo per ottenere ogni sorta di favore. Marie era rimasta distratta da quella visione tanto da aver smesso di pensare ad Arthur per concentrarsi completamente sul demone.

«Dannazione Paul vatti a vestire» sbottò allontanandolo e facendo per alzarsi.

«Avete già parlato voi due?» chiese con aria fintamente innocente. Fu allora che Marie tornò a rivolgersi al fratello.

«Arthur che succede?» il cacciatore si sentì in trappola e si appuntò mentalmente di farla pagare più tardi al biondo per questo colpo basso. Un lamento proveniente dall’altra stanza catturò però l’attenzione generale.

«Il demonietto si è svegliato. Me ne occupo io voi parlate» così dicendo Paul si alzò di scatto prima di sparire per andare da Chuuya. Arthur si mise a sedere invitando con un cenno la sorella a fare altrettanto.

«Certo che il tuo compagno adora il bambino» concluse lei cercando di sistemarsi nervosamente una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Non aveva idea di cosa stesse accadendo, ma aveva un brutto presentimento.

«Già. Non mi aspettavo nemmeno io che fosse così bravo ad occuparsi di Chuuya»

«Mio marito invece fugge sempre, ha quasi paura di prenderlo in braccio, anche se gli ho ripetuto più volte che non è fatto di vetro» provò a sorridere nonostante si sentisse sempre più a disagio. C’era qualcosa nello sguardo di Arthur che non le piaceva.

«Anche tuo marito è un demone»

«Arthur non girarci intorno, vai dritto al punto» il cacciatore prese un lungo respiro;

«Penso che sia più sicuro se Paul e io tenessimo Chuuya per un po'»

Marie rimase in silenzio per qualche secondo prima di scoppiare a ridergli in faccia;

«Più sicuro? Ma che stai dicendo? Mi hai assicurato che l’Ordine non sa e non saprà mai della sua esistenza»

«Infatti non lo sa. Intendevo sicuro perché tuo figlio è un mezzo demone, potrebbe avere dei poteri. Cosa faresti se un giorno li usasse senza controllo?»

«Anche mio marito è un demone»

«Quante ore passa fuori casa?»

«Cosa vuoi insinuare? Ha un lavoro. È vero, mi lascia spesso sola, ma è per provvedere alla sua famiglia. Inoltre io credo che mio figlio sia umano»

«È ancora troppo piccolo per capire se abbia o meno dei poteri. Cosa faresti Marie se ti facesse del male? O se lo facesse a qualcuno che conosci?»

«Sono sua madre, posso insegnargli»

Arthur stava per dichiarare la resa quando Paul fece il suo ingresso nella stanza. Chuuya era tra le sue braccia e faceva volare sopra la sua testolina un biberon.

«Giuro che non sono io» ammise il demone orgoglioso. Il bambino allungò la manina per afferrare l’oggetto leggermente avvolto da un’aura nera mentre cercava di portarselo alla bocca.

Sia Marie che Arthur erano senza parole. Solo il biondo sorrideva radioso.

 

Qualche minuto prima…

 

Paul aveva raggiunto la stanza dove Chuuya stava dormendo. Non si sorprese di vederlo già sveglio ed in piedi, aggrappato ad uno dei lati della sua culla. Lo fissava con un’espressione arrabbiata, come se sapesse di essere stato tagliato fuori da una conversazione importante sul suo futuro.

«Ehi demonietto» disse prima di prenderlo tra le braccia. Il piccolo non disse nulla semplicemente felice di essere sollevato dal suo giaciglio.

«Zio Arthur e mammina stanno parlando quindi per ora io e te ce ne rimaniamo qui buoni buoni a aspettiamo» Chuuya alzò di poco la testolina per fissarlo ma non fece una piega;

«Bravo. Lasciamo gli esseri umani da soli. Noi demoni siamo superiori a queste cose» concluse continuando a passeggiare per la stanza, sempre con il bimbo tra le braccia. Ad un certo punto, si mise seduto sul letto cercando qualche peluche per intrattenere il piccolo. Sperò che Arthur riuscisse a farsi valere nel minor tempo possibile anche se dubitava che il suo compagno sarebbe riuscito a scamparla contro la sorella. Chuuya se ne stava buono seduto sul suo grembo a giocare con uno dei pupazzetti che il demone gli aveva dato tra le mani quando ad un certo punto aveva preso ad arrampicarsi su di lui. Prima aveva cercato tastando curioso con una manina e poi con la bocca era arrivato ad afferrargli un capezzolo, succhiandolo. Il biondo se lo staccò di dosso e fece un’espressione divertita;

«Mi dispiace cucciolo ma i rubinetti sono chiusi. Ti sembro tua madre forse?» il bimbo lo guardò male prima di iniziare a lamentarsi. Aveva fame e il demone non sapeva come comportarsi. Si alzò in piedi iniziando a cullarlo.

«Buono, buono. Ora zio Paul cerca un biberon» nemmeno il tempo di finire quella frase che vide suddetto oggetto volare sopra la sua testa, avvolto da delle leggere fiamme nere. Fissò prima Chuuya e poi ancora il biberon.

«Sei davvero un piccolo demone, avevo ragione» non poté che sorridere orgoglioso prima di spalancare la porta per mostrare ai fratelli Rimbaud la sua ultima scoperta.

 

***

 

Marie bevve il bicchiere d’acqua che Arthur gli aveva passato tutto d’un fiato.

Chuuya se ne stava tra le braccia di Paul a bere dal suo biberon. Da quell’oggetto che solo qualche minuto prima aveva fatto lievitare sopra la sua testa. Non poteva ancora crederci. Fu il bellissimo demone biondo il primo a parlare,

«Non conosco tuo marito. L’ho visto giusto ieri sera a cena, ma è un demone comune giusto? Non possiede particolari poteri?» la ragazza scosse la testa;

«No, non credo. Non l’ho mai visto fare nulla di strano» una folata di vento fece chiudere una porta e sbattere le finestre. Entrambi i fratelli si voltarono in direzione di Paul.

«Questo è il mio potere. Io sono un demone superiore, in molti mi chiamano portatore di tempesta»

«Quale pensi che sia il potere di Chuuya?» fu la domanda di Arthur. Non aveva ancora detto una parola, era rimasto in silenzio ad osservare i due.

«Non ne ho idea, levitazione forse? Ma penso sia più qualcosa legato alla gravità. Quando quel coso mi volteggiava sopra la testa sentivo come se l’aria si fosse fatta in qualche modo più pesante. Beh avrò tutto il tempo di scoprirlo giusto?» per l’ennesima volta riuscì ad attirare su di sé gli sguardi dei due fratelli.

«Non mi lasciate molta scelta vero?» Marie si era alzata in piedi solo per raggiungere il demone che teneva ancora tra le braccia suo figlio.

Paul glielo pose senza dire una parola e lei gliene fu grata.

«Mi assicurate che vi prenderete cura di lui?»

«Certo. Non gli mancherà nulla e potrai venire a trovarlo quando…»

«No» lo interruppe lei prima di scoppiare a piangere «non potrei sopportare di vederlo così, preferisco affidarlo a voi e sparire dalla sua vita»

«Ma che stai dicendo, sei sua madre, chiederà di te»

«Sono solo una sciocca che ha creduto ad una favola e non ha fatto i conti con la vita e la realtà del mondo. Di questo mondo. Mi sono innamorata di Rintarou e sono fuggita di casa per lui. Ci siamo sposati e i Rimbaud mi hanno ripudiato. L’unica cosa buona che credevo di aver fatto in questa vita è proprio Chuuya. Che pagherà per sempre il peso della mia colpa. Se l’Ordine o qualcuno dovesse mai minacciarlo sarebbe solo per causa mia. Una sciocca ragazzina che si è innamorata di un demone»

Arthur le diede uno schiaffo. Sia Marie che Paul restarono senza parole. Chuuya invece scoppiò a piangere spaventato.

«Non dire mai più una cosa simile. Anche io mi sono innamorato di un demone. Non si può comandare il proprio cuore. Questo bambino ha il diritto di conoscere sua madre e sapere che è nato dall’amore» la ragazza aveva le lacrime agli occhi, nonostante cercasse di fare il possibile per trattenersi e per calmare anche il figlio.

«Rintarou è cambiato dopo la nascita del bambino. È vero passa molto tempo fuori casa ma solo perché è impegnato col lavoro. Non vuole farci mancare nulla, fa questi sacrifici per il nostro bene» entrambi gli uomini gli scambiarono una lunga occhiata. In quel momento, Chuuya si mise ad urlare a pieni polmoni e Marie dedicò la successiva mezzora a provare a calmarlo. Alla fine la piccola furia si addormentò.

«Quando pensate di partire?» Furono le prime parole della donna, non appena li raggiunse in soggiorno. Arthur la fissò senza parole, non avrebbe mai pensato che potesse accettare la loro proposta, o anche solo prenderla in considerazione.

«Domani. Vorremmo comunque discuterne anche con tuo marito, far valere le nostre ragioni» Marie sorrise tristemente.

«Mio marito» iniziò col dire «Penso che abbia un’amante, e che ora si trovi da lei» Arthur si sentì per un attimo ribollire il sangue dalla rabbia, mentre Paul sembrava quasi divertito da quella rivelazione;

«Noi demoni non siamo famosi per la fedeltà» ammise incrociando le braccia dietro la testa

«Tu non mi hai mai tradito però» gli fece notare l’esorcista.

«Questo perché so che non potrei mai trovare di meglio» il moro arrossì di colpo distogliendo lo sguardo. Anche Marie sorrise;

«Siete fortunati ad esservi trovati. Mio figlio starà bene, ora ne ho la certezza»

«Perché pensi che tuo marito abbia un’amante?» domandò l’esorcista qualche minuto dopo. Quel demone non gli aveva dato una cattiva impressione o forse non lo aveva osservato troppo attentamente, volendo fidarsi del giudizio di Marie.

«L’ho sentito un paio di volte nominare una certa Elise» a quelle parole Paul sbiancò e anche il cacciatore se ne accorse.

«Elise hai detto? Ne sei proprio sicura?» chiese avvicinandosi. La ragazza si trovò ad indietreggiare quasi spaventata da quel repentino cambio di comportamento.

«Si si lo sono»

«Paul che sta succedendo?» domandò il cacciatore mettendosi tra il demone e la ragazza. Il biondo però si sforzò a sorridere.

«Nulla, mi devo essere sbagliato. Ora vado a vestirmi» concluse prima di lasciare la stanza.

Arthur sapeva che gli stava nascondendo qualcosa ma preferì non indagare. Forse ne avrebbero parlato una volta rimasti soli.

 

***

 

Anche quella sera, il marito di Marie si presentò qualche minuto prima di cena. Ad attenderlo, sul ciglio della porta trovò Arthur e Paul.

«Il bambino verrà con noi» a parlare per primo fu il biondo.

«Ovviamente non stiamo chiedendo il tuo permesso» aggiunse il moro.

L’altro demone sorrise;

«Come ogni genitore desidero solo il meglio per mio figlio. Se credete che possa essere la soluzione giusta…»

«A che gioco stai giocando Mori?» Arthur non disse nulla ma pregò di aver capito male. Non poteva trattarsi davvero di quel Mori, del Boss. Uno dei sette Re dell’Inferno. Si voltò a bocca aperta a fissare il suo compagno che in quel momento lo stava apertamente sfidando. Preferì non pensare a tutte le implicazioni che quella rivelazione avrebbe portato.

«Non conosco nessun Mori» fu la risposta del demone dai capelli corvini che alzò la braccia in segno di resa e si limitò a guardare entrambi confuso.

«L’unico con quel nome è il Boss e sicuramente un demone di rango superiore come te lo avrà già incontrato» Paul però non diede alcun segno di cedimento né di confusione. Se possibile il ghigno comparso sul suo volto si allargò.

«Certo che l’ho già incontrato, qualche centinaio di anni fa. Per questo ti ho riconosciuto, all’inizio, lo devo ammettere non ci avrei mai pensato. Rintarou, sono secoli che non usi quel nome»

«L’unica che lo usa è mia moglie» fece una pausa «Elise» concluse alzando lo sguardo per incrociare quello dell’esorcista che fino a quel istante aveva osservato quello scambio di battute in completo silenzio.

«Non mi guardare in quel modo cacciatore» Arthur stava per reagire ma il braccio di Paul si frappose tra loro.

«Voglio sapere cosa hai in mente»

«Mi sono semplicemente innamorato di un’umana e avuto uno splendido erede, non era previsto ma è capitato, di storie di amori proibiti è pieno il mondo, ma non dovrei certo discuterne con voi. Sono rimasto sorpreso del fatto che il Vaticano abbia chiuso un occhio ma dopotutto voi Rimbaud siete speciali, lo siete sempre stati»

«Per questo hai scelto mia sorella?» il Boss sbuffò annoiato;

«Per l’ennesima volta non l’ho scelta. Marie è così dolce, mi ricorda la mia cara Elise»

«Ti conosco Mori. Tu non sei solito agire mai senza un piano. Non credo a nessuna delle tue parole»

«Allora non farlo ragazzino. Prendete pure il moccioso, crescetelo, se ci tenete così tanto» fece per andarsene.

«Perché?» a parlare era stata Marie. Era comparsa sul ciglio della porta e aveva ascoltato solo una parte di quella discussione, ma gli era stata sufficiente per capire di essere stata solo presa in giro. Una pedina in un piano ancora poco chiaro. Solo un pedone sulla scacchiera di quel demone che si era rivelato completamente diverso da come si immaginava.

«Come ho detto prima, voi Rimbaud siete speciali. Prima di te, avevo già provato a creare degli ibridi con delle umane. I bambini non riuscivano mai a vedere la luce. Chuuya però è nato sano. Senza problemi o deformazioni. È un capolavoro. Il nostro capolavoro Marie»

«Perché creare un ibrido?» Era stato Paul a parlare. Stava processando tutte quelle informazioni. Arthur invece era corso a sorreggere la sorella, che dopo quelle rivelazioni, aveva quasi avuto un mancamento.

«Se te lo dicessi non sarebbe divertente, magari potrebbe venirti in mente di fare lo stesso» aggiunse sorridendo e facendo un occhiolino in direzione del biondo.

«Dove pensi di andare?» L’esorcista non era solito alzare la voce, per cui anche il compagno si voltò stupito a fissarlo. Marie si era calmata anche se ancora in lacrime mentre il cacciatore si stava avvicinando alla porta vicino a dove stava Mori.

«Voglio sapere che intenzioni hai. Cosa ne vuoi fare di Chuuya perché sappi che non te lo permetterò mai. Anche a costo di far scoppiare un’altra guerra» Paul giurò di non averlo mai visto così arrabbiato. Era eccitato da quello sguardo freddo e senza pietà. Il suo compagno stava sfidando apertamente uno dei Re degli Inferi. Se possibile si innamorò di lui ancora una volta.

Mori sorrise, per nulla intimorito.

«Per ora posso solo aspettare. Attenderò che il mio piccolo erede cresca e sviluppi qualche potere, poi tornerò a farmi vivo» i due amanti si scambiarono un’occhiata. Il demone non era a conoscenza dei poteri già attivi del bambino. Qualche secondo dopo si dissolse davanti ai loro occhi.

La mattina successiva, Marie decise di partire insieme a loro. Non le era rimasto nulla, non c’era nessun futuro per lei nel villaggio di Suribachi. Grazie alle sue conoscenze Arthur la nascose in uno dei conventi dell’Ordine, avrebbe trascorso il resto della sua vita rinchiusa tra quelle mura in preghiera, sperando di ricevere il perdono per i suoi peccati. Non rimpiangeva nulla, aveva solo creduto ad un sogno rivelatosi poi essere un incubo.

Ufficialmente il piccolo Chuuya era uno dei tanti orfani abbandonati davanti ad uno degli orfanotrofi gestiti dall’Ordine della Maddalena. L’esorcista Arthur Rimbaud mosso da compassione decise di adottarlo e crescerlo insieme al suo compagno, un demone che assunse l’identità fittizia di Paul Verlaine.

Al tramonto di un giorno d’autunno, il mondo conobbe ufficialmente Chuuya Rimbaud Verlaine.

Gli ingranaggi del destino però erano già in moto, e sfuggirci era impossibile.

 

***


Qualche anno dopo…

«...And when our children tell our story, they’ll tell the story of tonight.»

«Cosa stai leggendo papà?» il biondo alzò pigramente la testa dal pesante volume che reggeva tra le mani. A quanto sembrava la sua pausa lettura poteva dirsi già conclusa per quel pomeriggio.

«Un vecchio libro» rispose tranquillamente. Il bambino si fece largo tra le sue braccia fino ad arrivare con il sedersi sul suo grembo. Subito si mise a protestare, come il piccolo principino viziato che era;

«Ma papà, è scritto in una lingua che non conosco, sei cattivo»

«È solo in inglese. Lamentati col tuo altro genitore per questo. Meglio perdere tempo ad insegnarti il latino e altre lingue morte»

«A me il latino piace» esclamò con una smorfia che urlava Rimbaud da da ogni angolazione.

«Bah parlarlo è una rottura» concluse incrociando le braccia al petto volendo troncare quell’assurda conversazione;

«Tu papà quanti anni avevi quando si parlava latino?» il demone rimase qualche secondo senza parole

«Ehi moccioso quanti anni credi che abbia?» il bimbo finse di pensarci;

«Molti?» il biondo non riuscì a trattenere una risata.

«Ecco dove eri finito Chuu, ti stavo cercando dobbiamo ripassare la tua lezione» Arthur era appena entrato nella stanza e osservava con una punta di rimprovero i due.

«Quante volte ti ho detto che non devi disturbare tuo padre, prima finisci gli esercizi e poi potrai giocare con lui» il bambino si alzò e fece per andarsene sbuffando contrariato ad ogni passo;

«Bravo piccolo ascolta tua madre» Chuuya si mise a ridere mentre Arthur assunse un’espressione ancor più contrariata ed esasperata;

«Con te farò i conti dopo» promise.

«Oh non vedo l’ora» l’esorcista fu solo lieto che il bambino fosse già uscito dalla stanza.

Per fortuna, a sei anni Chuuya era ancora troppo piccolo per capire i doppi sensi delle battute di Paul. Arthur non voleva pensare cosa sarebbe successo una volta cresciuto. Una parte di lui avrebbe desiderato rimanesse per sempre un tenero neonato.

Se l’erano cavata bene. Contro ogni previsione avevano superato questi primi anni da genitori senza particolari problemi. Chuuya non era un bambino troppo vivace o impegnativo per cui anche occuparsi di lui non era difficile. Ogni tanto usava inavvertitamente il suo potere e lì interveniva Paul a calmare la situazione. Arthur non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce ma era felice di aver preso quella decisione. Chuuya stava crescendo serenamente e giorno dopo giorno apprendeva e scopriva cose nuove. Il demone gli insegnava come controllare i suoi poteri mentre lui cercava di addestrarlo come esorcista. Lo avrebbero lasciato libero di scegliere la sua strada, una volta adulto avrebbe deciso da solo quale sarebbe stato il suo futuro. Per ora, Chuuya aveva solo sei anni, ci sarebbe stato tempo per preoccuparsi di queste cose, come del fatto che un giorno il suo vero padre sarebbe potuto tornare a reclamarlo.

I giorni trascorrevano felici e sereni. Arthur non sapeva chi ringraziare per quei doni che la vita gli aveva concesso. Paul e Chuuya erano più di quanto avesse mai potuto desiderare o sperare.

Fu davvero un periodo felice. La loro casa era piena di sorrisi e risate, come nei sogni che molto spesso Arthur si era ritrovato a fare, prima che Chuuya arrivasse a riempire le loro giornate.

«Quando avrò un fratellino?»

Era un tranquillo pomeriggio di primavera. L’esorcista stava compilando dei documenti per conto dell’Ordine, erano dei rapporti sull’ultima missione conclusasi qualche giorno prima. Paul era comodamente seduto sulla sua poltrona a leggere l’ennesimo libro, questa volta un romanzo in tedesco. Chuuya stava giocando sul tappeto con dei soldatini, quando, di punto in bianco, se n’era uscito con quella richiesta. Arthur aveva alzato lo sguardo dalle sue carte cercando allarmato una risposta all’indirizzo del compagno, che per una volta era rimasto senza parole e fissava il bambino davanti a lui indeciso su come rispondere.

«Demonietto perché questa domanda?» chiese dopo quella che parve un’eternità il biondo, cercando di mostrarsi tranquillo. Non si sentiva ancora pronto per affrontare il discorso su come nascono i bambini. Chuuya non aveva mai fatto domande strane o sofferto il fatto che i suoi genitori fossero due uomini ma forse, ora che aveva iniziato la scuola, stava iniziando a confrontarsi con il resto dei suoi coetanei. Arthur aveva sollevato la questione dopo il primo giorno che lo aveva accompagnato all’istituto (ovviamente essendo in parte un Rimbaud, il bambino avrebbe studiato nelle migliori scuole del paese) ma lui non ci aveva dato peso. Ora stava iniziando ad essere preoccupato.

Chuuya si era avvicinato a lui fissandolo annoiato.

«Una mia compagna di classe. Ha detto che tra qualche mese i suoi genitori le daranno un fratellino con cui giocare. Quindi ho pensato che prima o poi anche voi me ne regalerete uno, vero?»

Paul aveva finalmente sorriso per voltarsi in direzione del compagno.

«Se farai il bravo, magari un giorno» gli concesse.

«Non mettergli strane idee in testa. Chuuya i tuoi genitori non possono darti un fratellino» il bambino si voltò verso Paul in una muta richiesta d’aiuto.

«Non ho detto nulla di male» rispose il demone prendendo il figlio adottivo in braccio.

«Chuu noi siamo due maschi, non possiamo avere bambini» provò a spiegare l’esorcista.

«Però avete me»

«Tu sei un dono del Signore» Paul lo guardò malissimo e pure il piccolo non parve soddisfatto da quella risposta;

«Ora chi è che gli mette strane idee in testa?» mormorò prima di tornare a rivolgersi a Chuuya;

«Tranquillo, tu pensa solo a giocare e fare il bravo demone che ci penserà papà a convincere tua madre» Arthur alzò per l’ennesima volta gli occhi al cielo.

Quella sera dopo aver messo a letto il piccolo, fu l’esorcista a risollevare quella questione.

«Paul a volte mi chiedo davvero cosa ti passi per la testa, non puoi dire certe cose davanti al bambino» il biondo sbuffò palesemente contrariato.

«Sai, all’Inferno c’è questa leggenda secondo cui due demoni…»

«Non mi interessano le storie dell’Inferno, noi viviamo sulla Terra. Se vogliamo crescerlo al meglio non possiamo riempirgli la testa di strane fantasie» fece una pausa prima di sedersi sul letto accanto al compagno «Sappiamo entrambi che non sarà facile, Chuuya sta crescendo e con lui i suoi poteri. Presto non gli basteremo più, farà sempre più domande e non so se riusciremo a dargli tutte le risposte»

Il demone gli strinse la mano «Stiamo combattendo questa guerra insieme. Affronteremo tutto insieme, penseremo ad ogni problema quando si paleserà sulla nostra strada»

«Vorrei avere il tuo ottimismo» ammise stancamente il moro

«L’idea di avere altri figli non era male» Arthur si voltò a fissarlo completamente sconvolto da quelle parole;

«Insomma, voglio dire» proseguì il biondo «Chuuya da neonato non era così male, ora è cresciuto, va a scuola si è fatto degli amici» l’esorcista gli diede un veloce bacio a stampo;

«Papà Paul si sente messo da parte» sorrise dolcemente;

«Non è vero. Solo che mi manca essere il suo eroe»

«Ma lo sei ancora. Chuuya ti guarda sempre con occhi colmi d’ammirazione, soprattutto quando usi il tuo potere»

«Guarda in quel modo pure te, quando gli racconti tutte quelle cose sull’Ordine» sorrisero entrambi.

«Beh è pur sempre nostro figlio»

Quella notte Arthur fece un sogno. Questa volta, nella loro piccola parentesi di vita familiare oltre a Paul e Chuuya, c’erano due culle, una rosa ed una azzurra. L’esorcista si sporse quel tanto che bastava per vedere al loro interno. Il bambino aveva dei capelli scuri ed enormi occhi azzurri, leggermente più chiari di quelli di Chuuya e lo guardava con stupore. Non resistette alla tentazione, ed allungò le braccia per tirarlo a sé. Paul lo raggiunse poco dopo con un fagotto rosa. La loro bambina aveva i capelli dello stesso biondo cenere del demone e i suoi occhi smeraldini. Chuuya sorrise ad entrambi ricordando loro di come sarebbe stato un ottimo fratello maggiore. Ogni fibra di Arthur sapeva che quella sarebbe stata l’ennesima utopia ma per qualche istante volle crederci.

Quando si svegliò il suo demone stava ancora russando disteso accanto a lui. Ripensò a quel sogno, si chiese perché non si sentisse mai appagato, perché doveva continuare a desiderare di più. Quando in realtà, nel corso della sua vita sapeva di aver già ricevuto più di quanto avesse mai sperato. Aveva un compagno che l’amava e stavano crescendo insieme uno splendido bambino. Allora perché dentro di sé sentiva questa sensazione di vuoto? Perché non riusciva a colmare questo sentimento? Si prese il viso tra le mani cercando di trattenere le lacrime. Non voleva svegliare Paul, non voleva che si preoccupasse per lui.

All’improvviso si vide volare un fazzoletto nella sua direzione. Alzò lo sguardo. Chuuya era in piedi, sul ciglio della porta che lo osservava spaventato. Non usava mai i suoi poteri se non c’era il demone nelle vicinanze, quella era stata una rara occasione.

«Perché piangi Arthur?» chiese piano con voce tremante. L’esorcista si spostò quel tanto che bastava per fargli posto nel letto;

«Nulla piccolo. Ho fatto un brutto sogno. Vieni, puoi dormire con noi se vuoi» Chuuya non se lo fece ripetere due volte e corse tra le braccia dello zio. In realtà Arthur sperava che la presenza del bambino accanto a sé potesse in qualche modo calmare quel vortice di pensieri ed emozioni che lo avevano travolto al suo risveglio. Abbracciò forte il piccolo, ispirando l’odore dei suoi capelli. Aveva tutto ciò che un tempo aveva desiderato, eppure non gli bastava.

 

***

 

Le stagioni si susseguirono, i giorni passarono, Chuuya cresceva e loro non potevano che esserne orgogliosi. Arthur ogni tanto sognava ancora utopie irrealizzabili ma cercava di non pensarci. Non ne aveva mai fatto parola con nessuno, anche se Paul aveva iniziato ad intuire che qualcosa, nel profondo, lo turbasse. Tra le missioni per conto dell’Ordine e crescere Chuuya, le loro giornate proseguivano serene. Fino al quindicesimo compleanno del ragazzo.

Il rosso non era cresciuto molto in altezza. Per la gioia di Paul il suo demonietto non gli arrivava nemmeno alle spalle. Aveva indubbiamente preso da Marie, anche lei era parecchio minuta e non somigliava al fratello maggiore. Era un nervo scoperto quello della statura, una questione che era meglio non sollevare con leggerezza se non si voleva essere scaraventati contro un muro o fuori da una finestra. Chuuya era nel pieno dell’adolescenza e nonostante avesse sempre avuto un ottimo rapporto con i genitori ora stava attraversano una sorta di periodo di ribellione.

«Non ho ancora deciso se entrerò nell’Ordine»

Quelle parole facevano ormai parte della loro quotidianità. Paul aveva aperto di poco la porta della cucina, con l’intenzione di fare colazione quando le urla del compagno e del loro amato figliolo lo avevano raggiunto finendo col rompergli un timpano. Rimpiangeva i giorni in cui al rosso bastava un biberon per essere contento e ad Arthur una sana sessione si sesso pre lavoro. Quelli si che erano davvero bei tempi.

«Parlaci tu. Non mi ascolta» Chuuya lo aveva raggiunto e aveva come sempre cercato il suo sostegno. Il biondo non ne era affatto stupito, era lui il genitore permissivo mentre ad Arthur era toccato il ruolo della madre severa. Era da giorni, cioè da quando avevano festeggiato il quindicesimo compleanno del ragazzo, che l’esorcista continuava a domandargli se avesse deciso cosa fare del suo futuro. Non era un mistero per nessuno che avrebbe desiderato fare di lui un cacciatore, in fondo si trattava di una sorta di tradizione di famiglia. Peccato che Chuuya avesse ereditato un forte lato demoniaco che la vicinanza e l’influenza di Paul avevano contribuito a coltivare.

Tutti e tre sapevano che prima o poi il ragazzo avrebbe dovuto fare una scelta. Avevano cercato di rinviare quel momento il più a lungo possibile. Paul era intervenuto nella discussione desiderando solo che terminasse il prima possibile per potersi gustare in pace una colazione con la sua famiglia.

«Arthur abbiamo ancora tempo. Anche se Chuuya dovesse accettare, dovrebbe compiere almeno diciotto anni prima di prendere i voti» il viso dell’esorcista passò dall’infuriato allo sgomento. Come sempre il demone aveva ragione e odiava ammetterlo.

«Dove stai andando ora?» si limitò a domandare dopo aver visto il ragazzo afferrare il cappotto con l’intenzione di uscire di casa.

«Oggi è martedì, significa che le lezioni iniziano alle ore dieci, quindi vado a farmi una corsa per l’isolato. Qui mi sento soffocare» usò il suo potere per aprire e poi sbattere la porta. Arthur si sedette sulla prima sedia disponibile mentre Paul gli versava una tazza di caffè caldo appena fatto.

«Che bella l’adolescenza vero?» ricevette solo una serie di grugniti in risposta.

 

***

 

Chuuya a volte si sentiva soffocare in quella casa. Non ce l’aveva coi suoi genitori, voleva bene ad entrambi ed era grato per tutto quello che avevano fatto per lui. Per tutto quello che gli avevano insegnato. Aveva solo bisogno di spazio e soprattutto di tempo per schiarirsi le idee. Era il suo futuro quello in gioco. Non era facile prendere una decisione simile.

Demone o esorcista. Erano due cose agli antipodi.

Eppure per uno strano scherzo del destino lui avrebbe potuto essere entrambi. Possedeva tutte le caratteristiche di un demone ma aveva l’aspetto di un essere umano. Poteva entrare in terreni consacrati ma anche utilizzare i suoi poteri infernali. Per certi versi era il degno figlio dei suoi genitori.

Sapeva che Arthur e Paul non lo avevano messo al mondo. L’aveva scoperto verso gli otto nove anni, quando a scuola aveva imparato come nascevano i bambini. Allora aveva alzato la mano e chiesto con innocenza perché lui avesse due padri. Nella classe era calato il silenzio. Tornato a casa Arthur gli aveva detto la verità, che lui in realtà era suo zio e i suoi genitori erano morti. Chuuya si ricordava di avergli sorriso e di averlo abbracciato. Arthur e Paul sarebbero sempre stati la sua famiglia, non aveva mai avuto bisogno d’altro. Ora però quella stessa famiglia gli stava stretta. Perché doveva prendere una decisione, non avrebbe potuto essere entrambi? Rise da solo per l’assurdità di quel pensiero.

Stava ancora correndo cercando di sfogare in qualche modo la sua frustrazione quando sentì il suono di un ramo spezzarsi e qualcuno cadergli letteralmente addosso. Non riuscì ad evitare lo scontro.

«Ti sei fatta male ragazzina?» quando aprì gli occhi vide solo uno strano ragazzo dai capelli scuri che gli stava porgendo una mano bendata. Si scostò senza troppe cerimonie;

«Guarda che sono un ragazzo» ripose seccato.

«Ah» c’era una leggera nota di delusione in quel verso o se l’era immaginato?

«Dai spostati che avrei una certa fretta» disse provando a scansarlo.

«Io mi chiamo Osamu Dazai»

«Chi se ne frega»

«Che maleducato. Nella tua scuola per piccoli esorcisti non vi insegnano l’educazione? Sono molto deluso» Chuuya si voltò a fissarlo a bocca aperta.

«Come hai capito che sono un’esorcista?»

«Lo stemma sulla tua maglietta. L’Ordine della Maddalena. È parecchio famoso dalle mie parti»

«Ah giusto, e dove sarebbero le tue parti?» Dazai gli rispose con una linguaccia;

«Io non ci parlo con gli sconosciuti» Chuuya sentì una vena sopra la sua tempia premere sempre più forte. Conosceva quello strambo ragazzo da poco meno di cinque minuti e già sentiva una voglia irrefrenabile di prenderlo a pugni.

«Chuuya» sussurrò a denti stretti;

«Come?»

«Mi chiamo Chuuya Rimbaud Verlaine» Dazai smise per un attimo di ridere. Fissando il rosso sorpreso.

«Sei un Rimbaud dunque»

«Allora?»

«Nulla»

«Hai fatto una smorfia non appena sentito il mio nome completo, come minimo mi devi una spiegazione non credi?»

«Hai ragione. Vedi alla mia gente non piacciono i Rimbaud» Chuuya soffocò una risata;

«Sai che novità, neppure a me piace esserlo» Dazai lo fissò incredulo per qualche istante. Non si aspettava una risposta simile. Aveva sempre creduto che fossero una famiglia di fieri esorcisti dediti alla causa. I cagnolini fedeli al guinzaglio del Vaticano.

«Sai» proseguì il rosso «io non sono sicuro di voler diventare un cacciatore. Non voglio deludere mio padre ma sinceramente penso che non sia quello che fa per me»

«E cosa vorresti fare?» era davvero curioso di sentire quella risposta. Chuuya sorrise.

«Non lo so. Mi piace pensare che il mondo possa essere qualcosa di più che bianco o nero. Che esistano più di due possibilità, perché bisogna sempre scegliere?»

«Prendere delle decisioni è quello che fa di noi degli adulti» concluse con voce saccente.

«Se ti chiedessero da un giorno all’altro di scegliere e da quella scelta dipendesse tutto il tuo futuro come ti sentiresti?»

«Mi hanno appena spedito qui per trovarmi una sposa, stai chiedendo alla persona sbagliata»

«Mi stai prendendo in giro?» Dazai alzò le braccia in segno di resa;

«No, giuro. Avrei troppa paura a prendere in giro un futuro esorcista» ma il rosso non se sembrò molto convinto; quel ragazzo bendato aveva un qualcosa di strano ma non riusciva a capire cosa fosse. Non aveva mai trovato nessuno che lo irritasse in quel modo.

«Cosa hai fatto di male per meritarti una punizione simile?» chiese decidendo di dargli corda. Magari si sarebbe stancato più facilmente e lo avrebbe lasciato in pace.

«Credimi che non ne ho idea. Poi io non la vedo come una punizione, non ho mai pensato di trovarmi una compagna e creare una famiglia ma mai dire mai» Chuuya non lo stava ascoltando, ripensava alla lite che aveva avuto quella mattina con Arthur, si sarebbe dovuto scusare con lui.

«Le famiglie sono sempre problematiche» disse quasi senza rifletterci.

«Immagino, credo, cioè non ne ho mai avuta una» il rosso questa volta lo guardò a bocca aperta.

Dazai gli raccontò di essere orfano e di aver sempre vissuto in solitudine. C’era stata una sola persona che gli era stata accanto, questo amico che però era venuto a mancare. Non si dilungò sui particolari della sua morte e Chuuya non fece domande. Ascoltò in silenzio.

Inaspettatamente decise di fare altrettanto. Raccontò a Dazai, praticamente ad uno sconosciuto, della lite avvenuta con Arthur, del fatto di essere stato cresciuto da due uomini e come presto si sarebbe trovato di fronte ad una scelta che potenzialmente gli avrebbe cambiato la vita. Non sapeva nemmeno lui perché lo stava facendo, forse aveva solo bisogno di sfogarsi. Eppure era così facile aprirsi con quel ragazzo. Era l’essere più insopportabile che avesse mai avuto la sfortuna d’incontrare ma su certe cose aveva trovato una sintonia che non aveva mai provato con nessuno. Quando finì il racconto Dazai lo guardava. Non c’era nessuna traccia di rimprovero, delusione o derisione.

«Penso che qualsiasi scelta prenderai farai la cosa giusta» concluse prima di rubargli un veloce bacio a stampo.

Chuuya si toccò le labbra incredulo. All’inizio non aveva neppure realizzato quanto successo. Ci mise qualche secondo per rendersene conto. Ovviamente la sua prima reazione fu uno scatto d’ira come Dazai non ne aveva mai visti.

«Brutto idiota» era furente come poche volte gli era capitato in vita sua. Per questo non si accorse di aver inavvertitamente attivato il suo potere. Delle fiamme nere presero ad avvolgerlo e per qualche secondo la sua vista si oscurò. Non era mai successa una cosa simile, aveva perso il controllo. Fu allora che avvenne un secondo fatto inaspettato.

Bastò un semplice tocco di Dazai perché le fiamme cessassero. Quando riprese il controllo, Chuuya si trovò stretto tra le braccia dell’altro. Non riusciva a muovere un muscolo si sentiva solo stanco e spossato.

«Sei un demone, piccolo esorcista» concluse sorridendo;

«Senti da che pulpito, brutto idiota bendato» restarono in quella posizione per più tempo di quanto sarebbe stato saggio.

«Puoi anche lasciarmi andare ora» il rosso provò a divincolarsi da quella presa ma l’altro non sembrava intenzionato a lasciarlo andare.

«Penso di aver preso una decisione Chuuya» concluse con tono solenne il demone moro. Il più piccolo ebbe un brutto presentimento, sentì quasi un brivido percorrergli lungo la spina dorsale.

«Voglio che tu diventi mia moglie» un pugno lo raggiunse in pieno volto.

 

***

 

Per quanto la storia possa cambiare, per quanto le decisioni prese da ognuna delle parti coinvolte possa essere ugualmente importante; certe cose sono destinate a ripetersi.

Dal suo trono di scheletri umani, il Boss Mori sorseggiava del vino sorridendo in direzione della sua sposa. Mandare Dazai sulla Terra si sarebbe rivelata la sua mossa vincente, si domandò quanto tempo ci avrebbe messo il suo erede ufficiale ad incrociare la sua strada con il sangue del suo sangue.

Era questo il vero intento del Boss. L’unione tra Dazai e Chuuya, anzi ottenere il frutto che sarebbe nato da essa. Svuotò in un solo sorso il bicchiere. Nessuno avrebbe mai potuto intaccare un simile piano, era il suo capolavoro. Avrebbe sfruttato un’antica profezia e avrebbe esaudito il suo più grande desiderio: governare l’Inferno.

 

***

 

In quello stesso istante Fyodor sorrideva avvolto nelle ombre;

«Dazai è arrivato sulla Terra. Ha già incontrato il figlio di Mori» lo informò un sottoposto. Il ghigno sul viso del demone si allargò.

«Perfetto. Tutto sta procedendo secondo il mio piano»

 

***

 

Dazai e Chuuya sarebbero dovuti essere solo pedine di una storia molto più grande di loro eppure avrebbero finito con il ribaltare le carte in tavola. In questa partita come in tutte quelle che avrebbero mai giocato. Presto anche l’Inferno avrebbe scoperto quanto sarebbe stato pericoloso mettersi contro l’invincibile Duo Nero. Ma questa è tutta un’altra storia.

 

  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Bungou Stray Dogs / Vai alla pagina dell'autore: Europa91