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Autore: Europa91    20/03/2021    2 recensioni
[Demons & Exorcist AU]
[Soukoku]
[altre coppie]
“Tutti a questo mondo nascondono qualcosa. Tutti gli avevano in qualche modo mentito. Dal primo all’ultimo. Arrivati a quel punto della storia, il rosso sapeva di potersi fidare solo una persona, Dazai. Per quanto facesse fatica ad ammetterlo anche a se stesso, era sempre stato così. Il demone dei suicidi era l’unico ad essere sempre stato dalla sua parte.”
L’inferno è ormai sull’orlo di una guerra e tutti mirano allo stesso obbiettivo.
Nessuno conosce la verità nascosta dietro alla leggenda.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Chuuya Nakahara, Fyodor Dostoevsky, Osamu Dazai, Ougai Mori, Ougai Mori
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Sisters and Demons'
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Cow-t 11 – Sesta settimana – M3

Prompt: 008. Legacy. What is a legacy? It’s planting seeds in a garden you never get to see.

Fandom: Bungou Stray Dogs

Rating: SAFE (leggero Angst, gente che muore)

Numero Parole: 6010

Note: non so cosa dire. Questa storia si scrive da sola, le idee non si sono ancora esaurite e neanche io. Per la parte su passato di Fyodor come per il titolo ringraziate Holie, lei lancia idee e io mi perdo <3

 

 

 

 

Chuuya non aveva alcun ricordo risalente ai suoi primi anni di vita. Si poteva tranquillamente affermare che l’esistenza di Nakahara Chuuya iniziasse il giorno in cui Arthur Rimbaud, esorcista dell’Ordine della Maddalena, aveva aperto una porta e aveva trovato un bambino, rannicchiato vicino al cadavere dei propri genitori. Prima di quel momento, semplicemente c’era il nulla. Solo vuoto e oscurità. Chuuya non ricordava altro, neppure il viso di coloro che l’avevano messo al mondo o il suono delle loro voci.

Arthur lo aveva salvato, ma non solo, gli aveva dato una casa, un posto sicuro in cui crescere, a cui appartenere. L’esorcista gli aveva fornito una ragione per continuare a vivere, uno scopo, qualcosa a cui aggrapparsi.

Così, Chuuya era cresciuto in uno dei molti conventi affiliati all’Ordine, sognando il giorno in cui sarebbe potuto diventare lui stesso un esorcista, come l’uomo che lo aveva riportato alla vita, e a cui credeva di dovere tutto.

Ciò che il ragazzo non sapeva, era che anche Arthur Rimbaud aveva dei segreti, non era l’uomo perfetto che immaginava. Tutti a questo mondo nascondono qualcosa. Tutti gli avevano in qualche modo mentito. Dal primo all’ultimo. Arrivati a quel punto della storia, il rosso sapeva di potersi fidare solo una persona, Dazai. Per quanto facesse fatica ad ammetterlo anche a se stesso, era sempre stato così. Il demone dei suicidi era l’unico ad essere sempre stato dalla sua parte.

Non era innocente, tutt’altro. In passato, anche Dazai gli aveva mentito, lo aveva fatto dal loro primo incontro. Gli aveva nascosto la sua vera natura. Se ripensava a quei giorni, Chuuya non poteva fare a meno che provare una fitta di nostalgia. Dazai si era innamorato di lui a prima vista e aveva deciso che un giorno, avrebbe fatto di lui la sua sposa. Contro ogni possibile e ragionevole previsione, il tempo avrebbe finito con il dare ragione e quel bizzarro e insopportabile demone.

Dazai non aveva mai confessato al rosso la sua vera identità. Chuuya era arrivato a scoprirlo solo in seguito, quasi per caso, quando era troppo tardi. Quando ormai si era già perdutamente innamorato di lui. Aveva superato il punto di non ritorno.

Dazai semplicemente sapeva che non avrebbe mai potuto avvicinarsi al rosso se avesse rivelato la sua natura. Quando si erano incontrati, Chuuya studiava ancora come novizio per l’Ordine. Avrebbe preso i voti, se un demone con le sembianze di un ragazzino ricoperto di bende non avesse incrociato la sua strada. Se il rosso avesse saputo la verità, Dazai non avrebbe mai avuto una chance.

A quindici anni, quando si erano incontrati per la prima volta, Chuuya era un adolescente pieno di sogni e ideali, voleva diventare un cacciatore e sterminare tutti i demoni. Di certo non avrebbe mai accettato di uscire con uno di loro né tanto meno sposarlo. Se qualcuno gli avesse detto che sarebbe finito con il rincorrere Dazai fino all’Inferno, probabilmente gli avrebbe riso in faccia. Chuuya però era cambiato, non era più lo stesso ragazzino di allora. Crescendo aveva fatto pace con i propri sentimenti. Ammettere di amare un ragazzo non era stato facile per lui. Accettare che fosse un demone era stato anche peggio. Eppure, quando aveva capito che poteva esserci solo Dazai nella sua vita era stato disposto a tutto pur di riaverlo.

Le menzogne di Arthur erano state più gravi. Aveva nascosto a Chuuya la verità su se stesso, su quello che era in realtà. L’esorcista però non era stato il solo a macchiarsi di questa colpa, anche Paul, il demone che, per un certo periodo della sua vita era stato suo amante, condivideva il peso di quel silenzio. Dell’inganno che si era rivelata essere la vita di Nakahara Chuuya.

Lo avevano fatto per proteggerlo. Era solo una comoda scusa che amava raccontarsi. Chuuya sapeva di meritare di conoscere le proprie origini. Aveva sempre sospettato che quei due sapessero qualcosa riguardo all’incidente di Suribachi, dove era stata sterminata la sua famiglia. La realtà era stata anche peggio e lo aveva colpito come una doccia fredda. Se Chuuya in quel momento non avesse avuto Dazai al suo fianco, non era certo che avrebbe retto al colpo.

Solo una volta arrivato all’Inferno aveva iniziato a ricostruire il puzzle che era il suo passato. Era stato proprio lì che in maniera del tutto inaspettata aveva scoperto di essere in parte un demone. Era stato il giorno in cui aveva scoperto di aspettare un bambino da Dazai.

Dopo lo sgomento ed il rifiuto iniziali, Chuuya aveva più o meno accettato l’idea.

Se la gravidanza era stata una notizia facilmente assimilabile, la sua natura demoniaca lo era stata meno. Lo scoprire che Arthur, e per estensione Paul ne erano sempre stati a conoscenza fu come ricevere una pugnalata in pieno petto. Non si dava pace, non riusciva a capire perché quei due gli avessero mentito. Ormai però erano entrati in moto una serie di eventi molto più grandi di loro e non c’era tempo per porsi queste domande.

Da quando la notizia del bambino si era diffusa, l’Inferno era nel caos. Molti demoni ricordavano i versi di un’antica leggenda, lo stesso Paul tempo addietro l’aveva raccontata ad Arthur. Ovviamente nessuno si aspettava che un tale avvenimento potesse accadere.

Uno dei pochi a gioire di quella notizia, indossando il solito sorriso di scherno sulle labbra era stato uno dei Re dell’Inferno, il Boss Mori. Accanto a lui, dietro il suo trono fatto d’ossa umane, stava Elise, sua moglie dall’aspetto perenne di una ragazzina, che gli versava da bere compiaciuta quasi quanto lui.

«È giunto il momento che hai aspettato per così tanto Rintarou, sono felice per te» il demone sorrise afferrandola dolcemente per un polso per poi farle un tenero baciamano;

«Che abbiamo aspettato, mia futura regina» la ragazzina non poté evitare di ridere e arrossire per quelle parole.

«Ogni pedina sulla scacchiera si è mossa esattamente come avevo previsto. È stato un piano lungo ed elaborato, ci abbiamo investito del tempo ma i nostri sforzi stanno per essere ripagati»

«Non vedo l’ora di vederlo quel bambino» ammise lei con voce sognante.

«Ricordo che appena nato Chuuya era adorabile. Mio malgrado ha ereditato tutto da sua madre, vedremo come sarà quest’altro piccolo miracolo. Dazai è il mio braccio destro non potevo davvero creare un’unione migliore. I miei due diamanti mi stanno per regalare una gemma ancora più preziosa» Elise non disse nulla si limitò a servigli nuovamente da bere, mentre il Boss proseguiva con i suoi vaneggiamenti;

«Mi sembra solo ieri che hai iniziato a raccontarmi di questo piano e ora finalmente si è realizzato. Sono così felice Rintarou»

 

Inferno - Ventidue anni prima…
 

«Il portatore di tempesta è ancora sulla Terra. A quanto pare ora vive insieme a quel suo esorcista»

Mori se ne stava seduto sul suo trono con fare annoiato, ad ascoltare le notizie che Hirotsu, uno dei suoi sottoposti più fedeli, gli stava riportando. Il Boss non aveva il minimo interesse nel sapere cosa facesse quel demone o con chi andasse a letto. La cosa importante in quel momento, era non far scoppiare un’altra guerra contro l’Ordine o il Vaticano, stavano ancora guarendo dalle ferite provocate dall’ultima. Il suo pensiero andò immediatamente a Dazai, il ragazzino che aveva deciso di elevare a suo braccio destro, a erede. Non si era ancora pienamente ripreso dalla morte di quell’altro demone, quell’Odasaku, sperò di poter trovare presto una soluzione allo stato di apatia in cui era caduto.

Dazai era un demone incredibile, nonostante la giovane età era dotato di una spietatezza e di un cinismo che mancava anche ai più vecchi tra loro. Inoltre era dotato di grande intelligenza, che lui aveva contribuito ad arricchire e sviluppare. Da quando era morto quel suo amico però non era più lo stesso e Mori iniziava a stancarsi. Aveva bisogno di un erede nel pieno delle forze, qualcuno che fosse in grado di spodestarlo. Pensò a quanto a lungo avesse desiderato un figlio ma con Elise non avrebbe mai potuto averne. Sua moglie era stata creata utilizzando in parte il suo stesso potere, era in un certo senso una parte dello stesso Mori. Non sarebbe mai potuto nascere nulla da loro.

Qualche anno prima si era recato sulla Terra. Kouyou era una ragazza bellissima che con i suoi modi diretti e i suoi bellissimi capelli non aveva faticato a rubargli il cuore. Aveva creduto che fosse quella giusta, o meglio ci aveva sperato. Secoli prima, il suo predecessore gli aveva raccontato una leggenda secondo la quale un giorno da due demoni sarebbe nata una creatura così potente che avrebbe potuto assoggettare e governare l’Inferno. Mori aveva subito pensato che un giorno un tale essere avrebbe dovuto essere al suo servizio. Avere dei figli con Elise si era rivelato infruttuoso, aveva provato anche con altri ed altre amanti negli Inferi ma a quanto pare niente sembrava funzionare. Così aveva provato a sfogare la sua sempre maggiore frustrazione con delle giovani umane. Kouyou era solo l’ultima di una lunga serie. Aveva pensato fosse diversa. Ci aveva sperato. Era morta di parto, mentre cercava di dare alla luce la creatura che avevano concepito.

Non aveva mai sentito parlare nemmeno di quello Mori. Avere dei figli con degli umani era considerato una sorta di tabù che non andava infranto per nessuna ragione. Ne aveva presto compreso il motivo. I bambini concepiti non sopravvivevano al parto e si rivelavano esseri orrendi e sfigurati. Per un po' il Boss aveva accantonato quella folle idea, ma il vedere Dazai così depresso aveva fatto nascere in lui il desiderio di poter trovare un altro erede, una sorta di sostituto nel caso le cose fossero ulteriormente peggiorate.

Aveva svolto delle ricerche e aveva scoperto che la famiglia Rimbaud aveva due figlie in età da marito. Erano una famiglia di esorcisti famosa e rispettata, anche durante il corso dell’ultima guerra gli avevano dato parecchio filo da torcere. Per cui l’idea di trovarsi una sposa tra le fila nemiche lo eccitava.

Elise non era mai stata contraria al suo operato. Per i demoni non esisteva il concetto di fedeltà. Approvava ogni decisione del marito. Sapeva di essere solo un oggetto nelle sue mani e lo aveva accettato.

Marie Rimbaud era innocente. Non c’erano altri aggettivi per descriverla. La prima volta che Mori la vide si leccò le labbra pregustando il momento in cui l’avrebbe fatta cadere ai suoi piedi, assaggiando quel frutto proibito. Aveva sedici anni, lunghi capelli rossi e occhi blu come il cielo limpido. Era minuta e sempre sorridente. Sarebbe stato un gioco da ragazzi farla innamorare di lui.

Aveva recitato la sua parte e lei gli aveva creduto. Erano pure fuggiti insieme, sposandosi di nascosto in una cappella tra le montagne (in un terreno sconsacrato). Marie aveva sempre saputo che lui era un demone e incredibilmente lo aveva accettato. Era una Rimbaud, fiera e combattiva, si era addirittura messa contro l’intera famiglia per seguire il suo cuore. Qualche mese dopo, piccolo Chuuya era nato sano e senza difetti. Era perfetto. Mori aveva quasi pianto per la gioia. Finalmente poteva vantare un erede, sangue del suo sangue.

Aveva l’aspetto di un bambino umano ma al Re non importava. In fondo sapeva che prima o poi avrebbe manifestato un qualche potere. Avrebbe aspettato anche tutta l’eternità se si fosse reso necessario. La vera sorpresa fu ricevere, un giorno, la visita del fratello maggiore di Marie. Un’esorcista dell’Ordine, e in seguito del suo compagno, quel portatore di tempesta di cui era stato informato. Il suo inganno aveva funzionato, i due, nel breve tempo trascorso in sua compagnia non sembravano averlo riconosciuto. Mori aveva cercato il più possibile di non incrociarli e aveva tirato un sospiro di sollievo quando se n’erano andati.

«Non ci denunceranno all’Ordine. Siamo al sicuro» gli aveva sussurrato Marie prendendolo per mano. Il demone aveva sorriso, tutto stava procedendo secondo i piani. Era fin troppo facile.

Come sempre quando si ha un piano, anche se lo si reputa infallibile, possono capitare degli imprevisti. Delle variabili che possono sfuggire ad una qualche previsione o analisi razionale. L’attacco di alcuni demoni al villaggio di Suribachi era stato uno di questi.

Mori però nella sua abile mente di stratega aveva saputo sfruttare anche quegli eventi a suo vantaggio. Una parte di lui in fondo, si era stancata di giocare ad interpretare il ruolo di buon padre di famiglia, gli mancava l’inferno, ed Elise. Così aveva finto la sua morte. Nulla di più semplice. La vera rivelazione era stata osservare il potere di Chuuya scatenarsi in tutto il suo splendore, e trovarsi in prima fila per ammirarlo. Mori aveva osservato quelle fiamme nere irradiarsi dal corpo di suo figlio e distruggere ogni cosa. Lui stesso aveva dovuto trovarsi un riparo o sarebbe stato colpito da quell’ondata di devastazione. Era solo un bambino ma possedeva già le abilità di un demone superiore. Il Boss non poteva essere più fiero del suo erede.

Quando apprese che Rimbaud aveva preso Chuuya con sé la sua mente partorì un nuovo e folle piano. Suo figlio, il suo erede sarebbe stato cresciuto per diventare un esorcista, era così assurdo tanto da essere divertente, come sempre avrebbe saputo sfruttare la situazione a suo vantaggio. Mentre pensava alla mossa successiva Dazai gli si palesò davanti agli occhi. Fu colto da un’illuminazione. Perché non mettere insieme quei due? Dazai e Chuuya. Ricordava che tanto tempo fa, il suo maestro gli aveva sussurrato una frase: “solo un diamante può lucidare un altro diamante” non aveva compreso subito il suo significato, però quei due erano proprio quello, i suoi gioielli più preziosi. Non sarebbe stato semplice ma era certo che sarebbero andati d’accordo. In un modo o nell’altro.

 

Presente…

 

Vedere Chuuya negli inferi lo aveva riempito di orgoglio. Sia come padre, che come stratega. Tutto era andato come aveva previsto e il Re non poteva che esserne fiero.

Come sempre però qualcosa o per meglio dire qualcuno doveva turbare la sua quiete.

Aveva appena terminato l’ennesimo calice di vino e posato pigramente il bicchiere sul tavolo che si era visto comparire davanti agli occhi le figure di Paul e del suo esorcista, quel Rimbaud di cui aveva scordato il nome e di cui ovviamente non importava nulla. Aveva sorriso educatamente prima di decidersi a rivolgere loro la parola, non tradendo una certa nota di fastidio, data dalla loro presenza.

«Miei signori, a cosa devo il piacere e l’onore per questa visita? Non capita molto spesso di accogliere un Rimbaud all’Inferno» aggiunse con un ghigno.

«Siamo qui per Chuuya» a parlare era stato proprio l’esorcista dai lunghi capelli corvini che lo fissava con disprezzo. Mori pensò di ringraziare la presenza del demone biondo, se non ci fosse stato lui probabilmente il cacciatore avrebbe già cercato di avere la sua testa, e ne avrebbe avute tutte le ragioni.

«Lo sospettavo» ammise con fare accomodante “penso che si trovi con suo marito al momento” concluse con un sorriso che fece irritare ulteriormente l’uomo davanti a lui.

«Qual è il tuo piano?» questa volta a porgere una domanda era stato il portatore di tempesta. Il Boss sapeva che quel demone non andava sottovalutato, aveva avuto modo, nel corso dei secoli di riconoscerne il valore e le potenzialità. Paul poteva rivelarsi una fastidiosa spina nel fianco, per quanto facilmente manipolabile.

«Non ho nessun piano, come voi attendo il lieto evento. Ho fatto i miei più sinceri auguri alla giovane coppia e sono felice per loro»

«Perché non riesco a credere ad una sola parola?» Mori aveva accavallato lentamente le gambe, non tradendo nessuna particolare emozione.

«Libero di pensare come credi. Ve lo chiederò un’ultima volta, mi avete disturbato solo per questo?»

Arthur era furente. Se non ci fosse stato Paul al suo fianco probabilmente avrebbe già attaccato quel subdolo individuo. Ogni cosa di quel demone lo irritava, ancor più di quanto avessero mai fatto il biondo o Dazai. Mori trasudava arroganza e superiorità. L’esorcista sapeva che in quanto Re non andava sottovalutato, come sapeva che con ogni probabilità in uno scontro diretto contro di lui, sarebbe stato il cacciatore ad averne la peggio. Tuttavia Arthur avrebbe voluto togliersi almeno la soddisfazione di tirargli un pugno.

«Inoltre» aveva proseguito il Boss con un tono di voce più basso e quasi mellifluo «siete sicuri che Chuuya voglia vedervi?» aveva completato quella frase con il solito sorriso di scherno, non smettendo un secondo di sfidarli con lo sguardo. Paul riuscì ad afferrare il compagno per un polso prima che raccogliesse l’ennesima provocazione. Mori era pericoloso, ed era facile cadere in una delle sue trappole. Sapeva dove mirare e colpire per ottenere maggior danno. Era sempre stato così da quando lo conosceva. Si vociferava che avesse ottenuto la corona eliminando con le sue stesse mani il suo predecessore. Purtroppo nessuno all’infuori di Dazai poteva confermare né smentire quella teoria. Era l’unico ad essere stato presente il giorno dell’incoronazione dell’attuale Boss.

Arthur dopo quell’ultima domanda si era fatto improvvisamente silenzioso. Aveva sentito Paul trattenerlo e si era parzialmente calmato a quel tocco. Forse perché nel profondo del suo animo sapeva quanto Mori avesse ragione. L’ultima volta che aveva visto Chuuya risaliva a quasi un anno prima, quando suo nipote aveva di nascosto raggiunto l’Inferno. Da allora non era più tornato. Non era rimasto troppo sorpreso dalla notizia delle nozze con Dazai quanto di ricevere un dispaccio dal Vaticano che lo informava dello stato interessante del rosso. L’Ordine sarebbe intervenuto, erano sull’orlo di una nuova guerra, solo per ottenere la creatura che sarebbe nata da quell’insolita unione. Per questo si era precipitato lì, per proteggerlo ancora una volta. L’esorcista non aveva cercato di fare altro da tutta una vita. Non aveva potuto salvare sua sorella, Chuuya era tutto ciò che rimaneva di lei ma non solo, gli voleva bene, lo aveva visto crescere ed allevato quasi come un figlio. Non avrebbe permesso a nessuno di torcergli un capello. Sarebbe andato anche contro il Vaticano per questo.

Probabilmente Chuuya lo odiava, e ne avrebbe avuto tutte le ragioni. Gli aveva mentito per tutta la sua vita. Non gli aveva mai rivelato la sua natura in parte demoniaca, non gli aveva mai raccontato la verità sull’incidente che aveva distrutto la sua famiglia. Come spesso si dice; la strada per l’Inferno è lastricata di buone intenzioni e quelle di Arthur lo erano. Aveva mentito al nipote ma al solo scopo di proteggerlo. Come poteva raccontare quella verità ad un bambino senza passato, dopo averlo trovato sul luogo dove si era consumato un massacro. A quel tempo, non era nemmeno sicuro di cosa fosse successo in realtà. Avrebbe appreso dei poteri di Chuuya in un secondo momento. L’esorcista aveva provato a convincersi di essere nel giusto, di aver agito solo per tutelare e proteggere il nipote, allora perché le parole di Mori gli avevano fatto così male? Forse perché conosceva Chuuya ed era certo che in quel momento loro due fossero le ultime persone che volesse vedere o avere al suo fianco.

«Conosco mio nipote meglio di te» aveva ammesso sprezzante, cercando di darsi un tono. Boss o no, non aveva intenzione di chinare il capo di fronte a Mori. Non lo aveva mai fatto con nessun demone non avrebbe iniziato in quel momento, lui era un Rimbaud, affrontava ogni problema di petto.

«Ma Chuuya non sa di essere tuo nipote o forse mi sbaglio?» come previsto ogni parola uscita dalle labbra del Boss era un colpo letale.

«Non sbagli. Ho sempre pensato che non fosse un dettaglio rilevante»

«Povero piccolo. Perdere i genitori in un tale massacro senza sapere di esserne stato la causa»

Paul aveva drizzato le orecchie;

«Quanto sai dell’Incidente di Suribachi

«So quello che sono riuscito a ipotizzare, quindi penso di saperne tanto quanto te amico mio» il biondo aveva stretto i pugni, c’era qualcosa che ancora gli sfuggiva, anche se non riusciva a capire cosa potesse essere.

«Dieci demoni adulti e di classe media fatti appezzi da un ragazzino mezzo umano che non aveva mai dimostrato di possedere alcun potere. È sicuramente una storia interessate, non ho potuto fare a meno di documentarmi»

«Come fai a sapere che prima di quel giorno Chuuya non aveva mostrato alcun potere?» Mori si zittì di colpo. No, non aveva parlato a sproposito, ne era sicuro. Il biondo stava solo cercando di condurlo in trappola.

«Te l’ho detto, mi sono documentato come hai fatto tu. Non credere di essere il solo ad avere un cervello, portatore di tempesta»

«È tuo figlio vero?» sia Arthur che Mori fissarono il demone sorpresi;

«Era da un po' che sto riflettendo. Ho visto le fiamme nere di Chuuya. È un tipo di potere che può appartenere solo a un demone di classe superiore. Marie non poteva aver sposato in demone comune. In più, il fatto che durante i millenni non si fossero mai registrati casi di ibridi tra umani e demoni mi ha insospettito. Hai ragione, Boss. Ho fatto anche io le mie indagini. La mia domanda ora è solo una: perché spingersi a tanto? Cosa hai in mente?»

Il sovrano sorrise per poi alzarsi dal suo trono ed avvicinarsi a lui;

«Amo questo posto. Voglio solo il meglio per l’Inferno e intendo fare il possibile per ottenerlo»

«Non sto scherzando Mori»

«Nemmeno io moccioso» e così facendo fece comparire un’arma da sotto la manica. Era una specie di coltellino, un bisturi. Rudimentale seppur affilato. Anche Elise era magicamente comparsa dietro il marito, con una chiara espressione ostile dipinta sul volto.

«Chuuya è il mio erede. Ho solo piantato il mio seme in un giardino attendendo di vederlo crescere e raccoglierne i frutti. Ho grandi speranze per lui e Dazai, oltre che un progetto per la creatura che nascerà da loro. Peccato che voi non potrete mai incontrarla. Vita Sexualis»

 

***

 

In una residenza posta a qualche chilometro di distanza, un altro abile burattinaio stava godendo internamente per i risvolti inaspettati di quella storia. Fyodor non avrebbe mai pensato di ottenere tale risultato, la guerra che incombeva su di loro era più di quanto avesse mai sperato. Tuttavia ne era segretamente divertito.

Osservò il lago ghiacciato fuori dalla finestra, mentre si rigirava tra le mani un crocifisso di legno chiaro.

«Presto saremo di nuovo insieme» sussurrò al nulla.

 

Seicento anni prima…

L’Ordine non esisteva. L’umanità era a conoscenza dell’esistenza dei demoni e ai fedeli veniva detto di prestare attenzione a quelle losche ed infide creature che avevano come unico scopo quello di rubare le loro anime e condurli alla dannazione eterna.

Fyodor non era sempre stato un demone, un tempo possedeva delle ali bianche che riflettevano la luce del Signore e viveva nello splendore dei cieli. Poi era caduto, insieme ai suoi fratelli era precipitato in quello che poi sarebbe stato l’inferno. Lì non c’era nessuna luce ad avvolgerli. Erano stati esclusi da qualsiasi grazia. Giurò a se stesso che avrebbe fatto il possibile per tornare a casa.

Aveva vagato per secoli sulla Terra, mischiandosi agli esseri umani. Non li odiava, erano le creature preferite del Signore, più che altro li osservava con una nota di curiosità mista ad invidia. Non capiva davvero cosa avessero di speciale, erano deboli e facilmente manipolabili. Cadevano in preda delle loro emozioni e dei loro più bassi istinti. Non erano troppo diversi da degli animali.

Stava passeggiando senza meta, quando era stato colto da un’improvvisa tempesta di neve. Fu allora che l’aveva incontrata per la prima volta. Era quasi completamente assiderato quando una figura lo aveva raggiunto a condotto al riparo. Solo una volta giunti in un villaggio aveva scoperto trattarsi di una ragazzina.

Madeleine Rimbaud aveva dodici anni e Fyodor restò abbagliato dalla luce che emanava. Aveva lunghi capelli biondi, occhi blu come il mare e una voce dolce. L’ex angelo era certo che un giorno quella ragazzina sarebbe diventata una santa o qualcosa di simile. Era buona, non sapeva in che altro modo descriverla. Passava le sue giornate ad occuparsi dei più deboli, dei bisognosi. Accudiva e raccoglieva gli orfani, dava loro cibo e riparo. Aveva fatto lo stesso con lui. La cosa che maggiormente lo stupì fu quando lei ammise candidamente;

«So che sei un demone, eppure sei diverso da come si legge nei racconti» il moro stava mangiando della minestra e per poco non si strozzò dopo aver udito quelle parole. Aveva sempre saputo che in qualche modo quella ragazza era speciale e ne stava avendo giorno dopo giorno la riprova.

«Sarà perché un tempo ero un angelo» aveva risposto. Così avevano iniziato a parlare. Madeleine era un fiume di domande, amava interrogarlo su tutto, Paradiso, Inferno, angeli, demoni non c’era limite alla sua innocente curiosità. Poi un giorno era stata lei stessa a fargli una confessione;

«Sai, ho anche io un potere. Non è niente si speciale, vedo solo le cose prima che accadono, sono come dei sogni ad occhi aperti. Avevo predetto anche il tuo arrivo, per questo sapevo dove trovarti» il demone aveva sgranato gli occhi, poi le aveva sorriso;

«Sei una veggente piccola Madeleine»

Quella rivelazione lo aveva colto di sorpresa, ma in fondo l’aura di santità che la ragazzina emanava era talmente forte che non si sarebbe dovuto stupire. Decise comunque di andarsene e riprendere il suo viaggio.

Rivide Madeleine una decina di anni dopo, si era fatta suora e viveva in un convento, dove si erano riuniti un gruppo di esorcisti. I suoi fratelli demoni avevano iniziato ad aumentare le loro scorribande sulla Terra e il Vaticano non poteva lasciar correre, così aveva iniziato a costruire una sorta di armata per combatterli. La ragazza non era cambiata, se possibile si era fatta solo più bella. I sentimenti che il demone aveva iniziato a nutrire per lei e tentato inutilmente di celare erano tornati. Quella volta non era stato in grado di trattenersi.

Madeleine lo aveva accettato ed amato senza remore, per lei, Fyodor era il suo angelo. Era convinta che un giorno Dio li avrebbe perdonati per i loro peccati e accolti nel regno dei cieli. C’era stato un momento in cui il demone aveva invidiato quella sua fede incrollabile, avrebbe tanto voluto essere come quella ragazza. Invece col suo amore era finito con il macchiarla.

Non aveva mai creduto nell’amore, era un sentimento che era sicuro di essere incapace di provare, però quello che nutriva per Madeleine ci andava molto vicino. Per un po' furono felici, poi come sempre la realtà venne a bussare alla loro porta.

Alcuni demoni avevano ucciso una famiglia nei pressi del convento. Padre, madre e cinque bambini, il più piccolo di pochi mesi, erano stati ritrovati completamenti fatti a pezzi e resi irriconoscibili. Il Vaticano non aveva esitato e aveva messo in campo la sua nuova forza d’azione per combattere la minaccia. Una delle suore del convento aveva fatto la spia e aveva rivelato della tresca tra Madeleine e un misterioso forestiero.

Ci misero poco a trovarli. Era un paese piccolo e con gli incentivi giusti la gente era sempre disposta a tradire. Fyodor a distanza di secoli ricordava quel giorno come se fosse avvenuto solo pochi istanti prima. Pioveva, c’erano lui e Madeleine abbracciati tra le coperte dopo aver consumato l’ennesima notte di passione. I biondi capelli di lei sparsi ovunque del piccolo giaciglio che dividevano, e il suo profumo di fiori che gli inebriava completamente i sensi. In un attimo però i cacciatori entrarono nella stanza. Gli strapparono la ragazza dalle braccia e iniziarono a colpirlo ripetutamente.

Nessuna di quelle armi però aveva effetto su di lui. Non era un demone, neppure uno di classe superiore. Fyodor era un ex angelo e le armi della Chiesa non potevano nulla contro di lui.

Quegli uomini non avevano modo di saperlo, come neppure Madeleine che si era gettata sul compagno tentando di fargli scudo con il proprio corpo. Fyodor l’aveva afferrata tra le braccia, era completamente sporca di sangue, con ferite ovunque. In pochi secondi utilizzò il suo potere e polverizzò il nemico con una sola occhiata, nessuno ebbe il tempo di accorgersi di cosa stesse succedendo. Madeleine intanto gli sorrideva cercando, con le sue ultime forze di accarezzargli una guancia;

«Mi dispiace» provò a sussurrare tra le lacrime;

«Non parlare, vedrai che ti riprenderai» ma lei gli posò dolcemente un dito sulle labbra;

«Sapevo da anni come sarei morta. L’avevo visto accadere e non ne sono pentita. Ora però prima di andarmene da questo mondo voglio lasciarti la mia ultima previsione:

Un giorno, quando le leggi del Signore verranno completamente sovvertite, si verificherà un evento totalmente imprevisto. Due demoni maschili concepiranno una creatura. Un essere che non avrebbe ragione di esistere di natura. Quando questo avverrà anche la Veggente tornerà a questo mondo e sarà l’inizio della fine dei tempi.

Quindi aspettami Fyodor, un giorno rinascerò a tornerò da te» con queste ultime parole Madeleine spirò tra le sue braccia all’età di soli ventidue anni.

Il Vaticano insabbiò l’intera faccenda. La suora nota con il nome di Madeleine Ribaud venne proclamata prima beata e poi santa dalla Chiesa. L’Ordine di esorcisti che fu causa della sua morte venne ribattezzato Ordine della Maddalena in suo onore. Il fratello minore della ragazza accettò di arruolarsi come cacciatore e da quel momento in poi, ad ogni generazione, ogni Rimbaud avrebbe servito l’Ordine, ricordando il sacrificio e il coraggio della ragazza.

La vera storia di Madeleine si perse tra le pieghe della storia, come il suo potere e il suo amore per un demone. L’unica cosa che rimase fu quell’ultima profezia che assunse un po' le sfumature e i toni di una leggenda. Dopo seicento anni nessuno conservava la verità su quei fatti. Nessuno ne aveva memoria, tranne chi ne era stato diretto testimone.

Fyodor si rigirò il crocifisso bianco tra le mani un’ultima volta, presto Madeleine sarebbe rinata, e insieme avrebbero in qualche modo fatto ritorno in Paradiso dopo aver raso al suolo il resto. I demoni e gli esseri umani dovevano pagare per i loro peccati.

La bambina di Chuuya e Dazai sarebbe stata la reincarnazione della sua amata. Non ne aveva il minimo dubbio.

 

***

 

Chuuya sbuffava annoiato dal letto dove era stato confinato a riposo. Non doveva affaticarsi, erano state queste le parole dello strano e viscido demone che lo aveva visitato quella mattina. Se ci pensava non poteva nascondere un moto di disgusto o forse era solo l’ennesimo attacco di nausea. Si trattava del secondo, per cui si alzò dal suo comodo giaciglio solo per andare a rimettere.

Quando Dazai fece capolino lo trovò in bagno. Fu subito al suo fianco.

«Come ti senti Chibi?» Chiese dolcemente, massaggiandogli la schiena, dopo avergli scostato una ciocca ribelle di capelli dal viso. L’altro lo incenerì con lo sguardo,

«Come vuoi che stia. Questo coso mi dà il tormento» ammise fintamente scocciato indicandosi il basso ventre ancora piatto.

«Potresti anche iniziare a chiamarlo bambino e non coso» suggerì divertito.

«Sei sicuro che sarà un bambino e non qualcosa di demoniaco e deforme?»

«Sia quel che sia sarà perfetto» aggiunse prima di baciargli dolcemente la fronte. Chuuya odiava quando faceva così. E odiava ancor più se stesso perché non riusciva a fare a meno di tutte quelle piccole attenzioni. Il moro lo prese delicatamente tra le braccia e lo riportò a letto.

Restarono per un po' in silenzio.

«Credi che scoppierà una guerra?» chiese dopo un po' il rosso. Dazai rispose senza giri di parole, cercando il suo sguardo, non aveva senso mentire.

«Lo trovo altamente probabile. Non capita tutti i giorni che quella che si credeva essere solo una vecchia leggenda si manifesti»

«Vorranno il bambino vero?» non riuscì a nascondere la preoccupazione che provava in quel momento.

«Devono solo provarci. Ti proteggerò Chibi. Nessuno vi farà mai del male»

«Non mi fido di Mori» Dazai annuì. Ripensando alla reazione del Boss quando gli aveva personalmente comunicato la notizia.

«Non mi fido nemmeno io. Ma non è il solo dal quale dobbiamo guardarci le spalle» il rosso non poté evitare di sospirare per l’ennesima volta;

«Maledetto il giorno in cui ti ho incontrato» il demone dei suicidi rise, prima di farsi spazio sul letto accanto a lui.

«Io invece non passa giorno senza che ne sia grato» provò ad abbracciarlo

«Idiota» ma non fece nulla per scansarsi

«Ho trovato una moglie splendida e presto avremo un bambino tutto nostro. Ho i miei motivi per essere felice non credi? Inoltre data la tua natura demoniaca sei più longevo di un essere umano. Trascorreremo l’eternità insieme» Chuuya si rabbuiò, come accadeva ogni volta che si ricordava di quel particolare, il fatto di essere in parte un demone. Il suo compagno se ne accorse immediatamente e tentò di correre ai ripari;

«So che ora vorresti parlare con Arthur, avrai molte domande…»

«Non ho intenzione di rivederlo. Mi ha mentito. Ma d’altronde l’hanno sempre fatto tutti. Tu per primo» non voleva accusarlo ma era arrabbiato ed era facile prendersela anche con Dazai.

«L’avranno fatto per proteggerti» odiava quando cercava di fare la persona ragionevole

«Non cercare scusanti. Il giorno dopo in cui ho scoperto che tu eri un demone, Arthur mi aveva promesso che da quel momento in poi sarebbe stato sincero. Ora so che ogni parola uscita dalle sue labbra era solo una menzogna. Non voglio vederlo perché non ho nessuna fiducia in lui. Non è più il mio eroe e non è mai stato l’uomo che credevo» Dazai si fece più vicino.

«Non essere così duro con lui Chibi, è stato come un padre per te» Chuuya scoppiò a piangere affondando il viso nel petto del compagno.

«Per questo fa così male» il moro lo cullò dolcemente aspettando che quella momentanea crisi passasse. Chuuya era ancora nei primi mesi gravidanza, non doveva subire forti stress, potevano far male al loro bambino. Il demone posò con fare innocente la mano sul grembo del compagno;

«È incredibile che un essere così piccolo possa avere un tale potere» Chuuya lo guardò confuso, asciugandosi con la manica della camicia alcune lacrime;

«Non mi sono mai pentito della mia scelta. Ho scelto di sposarti e il perché lo sai. Sto piano piano accettando anche l’idea del bambino. Non sopporto solo sapere che il mio passato sia rivelato una menzogna» Dazai lo fissò asciugandogli le ultime lacrime comparse sul volto pallido.

«Vado a cercare Arthur. Avete bisogno di parlare. Hai bisogno di lui» fece per andarsene ma Chuuya lo trattenne, afferrandolo per una manica.

«No, non mi lasciare. Potrai andare da lui domani, ora resta ti prego» il demone dei suicidi non riuscì a dirgli di no. Non quando il suo compagno di dimostrava così fragile. Chuuya non era mai stato così. Era forte, orgoglioso e fiero, e queste erano solo alcune delle cose che Dazai amava di lui. La notizia della gravidanza e la rivelazione della sua natura demoniaca però avevano fatto crollare quelle poche certezze che il rosso aveva costruito. Si era sentito smarrito, confuso e tradito. Per questo Dazai non poteva fare altro che restare al suo fianco.

Il demone sapeva che presto ci sarebbe stata una guerra, non si poteva evitare, gli eventi erano già in moto.

Sarebbero stati loro due soli contro il mondo.

Si erano messi contro il Vaticano, Mori e quel nemico ancora senza nome che Dazai sapeva agire nell’ombra.

Lanciò un’ultima occhiata al rosso che intanto si era addormentato tra le sue braccia.

Si, valeva decisamente la pena combattere per lui e per quella vita che avevano creato insieme. Qualsiasi sarebbe stato il loro epilogo non si sarebbe arreso. Aveva già perso qualcuno d’importante, non avrebbe mai potuto immaginarsi un’eternità senza Chuuya al suo fianco.

  
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