nel mio bar londinese,
era sempre pensieroso e
con lo sguardo lontano.
Quello mi disse d’esser poeta,
ma un poeta particolare,
di quelli che scrivon solo in autunno.
Raccontava, infatti, che non tutte
le stagioni gli eran propizie,
che i lavori migliori
venivan con le foglie arancioni.
Se ne stava all’aperto,
a rimirare il cielo nostalgico,
aspettando la fredda pioggia d’Ottobre.
Allora scriveva,
scriveva a più non posso,
quel poeta assurdo che
vergava le sue carte solo d’autunno.
Quando tutte le foglie
dagli alberi eran cadute,
il poeta d’autunno posava la penna
e fino all’autunno successivo
più non scriveva.