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Autore: Helen_Book    21/03/2021    1 recensioni
Eileen ha perso la voce e la capacità di trasformarsi. Sente di non aver nulla da offrire al proprio branco. L'incontro inaspettato con un lupo randagio cambierà totalmente la sua esistenza e la porterà ad addentrarsi nei più oscuri ricordi del suo passato.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Sovrannaturale
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Tu non sei un lupo.

Quel pensiero la travolse come una doccia fredda. Di scatto, si allontanò, perdendo l’equilibrio. Cadde, battendo il sedere per terra.

Ahi, che male.

“Eileen, stai bene?” chiese Roman, cercando di trattenere un sorriso.

Non osare ridere, vedrai che mi comparirà un altro livido.

Gli rispose, massaggiandosi l’osso sacro.

Il sorriso scomparve, sostituito da un’espressione cupa. Il cambiamento repentino la confuse.

Questa volta, fu il suo momento di toccarla.

Con delicatezza le prese il braccio e alzò la manica del maglione. Capì che era alla ricerca del livido che le aveva causato dolore prima, durante il litigio con Genny.

Lo trovò con facilità. Violaceo, era in netto contrasto con il colore della pelle.

“Mi dispiace per Genny. Non ci sono giustificazioni per ciò che ha fatto” lo sguardo tormentato le faceva venir voglia di rassicurarlo subito “Voglio che tu sappia che non è una persona cattiva. Ha sofferto molto…” lasciò in sospeso il discorso. Perso nei ricordi, le parole gli rimasero bloccate in gola.

Senza pensarci due volte, gli accarezzò la guancia, sperando di tranquillizzarlo.

Era abituata a scontrarsi con altre persone. Le dispiaceva che il primo incontro con sua sorella si fosse rivelato un disastro. Si ripromise di riprovarci con lei.

Come aveva già fatto in passato, chiuse gli occhi, cullandosi nella sua carezza. Era così bello.

Ogni cellula del suo corpo le confermava quello che già sapeva da tempo. Era il suo cervello che doveva convincersi.

“Chi è stato?” le chiese con voce profonda, riaprendo gli occhi e posando lo sguardo sull’ematoma.

Non ha importanza chi è stato. È acqua passata.

“Mi fa impazzire il pensiero di non essere riuscito a proteggerti. D’ora in poi, voglio che tu mi riferisca se qualcuno ti fa del male”, delicatamente le sfiorò il livido con il pollice “se vi fa del male. Siete una mia responsabilità” il miele dei suoi occhi ardeva, in attesa della sua risposta.

Eileen sentì un’irrefrenabile voglia di affidarsi a lui e confessargli tutto ciò che avevano passato, compreso l’episodio di Mala. Tuttavia, le aveva promesso di non farne parola con nessuno.

Decise di tacere.

In più, non voleva diventare un ennesimo peso per lui.

L’aveva detto Ziki che sei schifosamente perfetto, gli disse con un sorriso, sperando di sciogliere la tensione.

“Eileen, sono serio. Purtroppo, questa situazione non mi dà la possibilità di essere sempre al vostro fianco, è l’unico modo per proteggervi” non lo aveva mai visto così in ansia, la fronte corrugata. 

Va bene, d’ora in poi, lo farò.

Sembrò rilassarsi leggermente, poi si piegò in avanti, controllandole la ferita alla testa.

Con tutto ciò che era successo, se n’era totalmente dimenticata.

Le dita indugiarono sulla ferita, il dolore era più sopportabile rispetto a prima.

“C’è del sangue raggrumato nei capelli, potrei provare a togliertelo con l’acqua” si alzò senza aspettare una risposta e strappò un lembo di stoffa dal suo maglione. Lo bagnò nel ruscello e ritornò a lei.

Eileen lo guardava compiere ogni movimento. Aveva una grazia e una delicatezza invidiabili. Sarebbe potuta rimanere tutta la vita lì ferma, ad osservarlo.

Si inginocchiò di fronte a lei e iniziò ad operare.

Entrambi rimasero in silenzio.

Non ricordava più da quanto tempo qualcuno non si prendeva cura di lei. Era sempre abituata ad accudire gli altri e le piaceva. Mai come in quel momento si rese conto di quanto le mancasse ricevere quelle attenzioni.

Con la testa rivolta verso il basso, le venne spontaneo appoggiare la fronte sui suoi addominali, godendosi quel contatto. Il solito profumo che lo contraddistingueva le invase le narici, come una droga, cercò di respirarne il più possibile.

La stanchezza accumulata iniziò a pesarle sulle palpebre. Da una parte, la sua presenza le inebriava i sensi, dall’altra, le infondeva una sicurezza tale da poter abbassare le difese.

Una volta terminata la giornata si sarebbe dovuta riposare, i suoi pazienti avevano bisogno che rimanesse in salute.

Il pezzo di maglione strappato aveva lasciato scoperto un lembo della sua pelle color cannella. Non riuscì a resistere e gli sfiorò parte del fianco con i polpastrelli, facendogli venire la pelle d’oca.

Roman non evitò il contatto, ma si irrigidì, come una statua.

Eileen spostò la mano, sorridendo. Stava agendo trasportata dalle sensazioni che provava. Non c’era spazio per la razionalità.

“Stai giocando sporco” le disse, continuando il suo lavoro. Non poteva vedere la sua espressione, ma dal tono di voce, sembrava divertito e teso allo stesso tempo.

“Dimmi se ti faccio male” aggiunse subito dopo.

Era così premuroso che le veniva da piangere. Dopo tutte le peripezie che avevano affrontato, essere lì sola con lui le sembrava un sogno.

“Dovrei aver finito” ritornò a sedersi, riportando i loro visi allo stesso livello. Conservò il pezzo di stoffa in tasca.

“Dopotutto, chi cura il medico? Mi sento tagliato per questo ruolo” disse con un sorriso a trentadue denti. La piccola fossetta fece capolino, rendendolo di colpo dieci anni più giovane.

Aveva una voglia matta di baciarlo.  

Di riflesso, si limitò a sorridergli, sforzandosi di trattenersi.

Dopo aver fatto riferimento alla sua professione, il suo cervello ritornò a macinare e i problemi irruppero prepotentemente in quel piccolo angolo di paradiso.

Roman, devi portarmi nelle prigioni. Lì ci sono persone malate che vanno curate.

Confuso, la guardò come se avesse parlato in una lingua incomprensibile.

“Vuoi dirmi che le guardie sono malate?” le chiese ingenuamente.

No, nella cella di fronte alla mia e, suppongo in altre, ci sono persone malate. Credo siano state isolate per non contagiare gli altri.

Roman sembrò cadere dalle nuvole: “Non è possibile, una parte delle persone che ha contratto il virus è stata isolata nella foresta.”

Allora andiamoci, così potrai vederlo con i tuoi occhi. 

“Prima ne parlerò con mio padre” affermò, convinto che fosse la cosa giusta da fare.

Con la stessa persona che ha ordinato di segregarle lì?

Sebbene non avesse pronunciato ad alta voce quelle parole, si accorse in ritardo di quanto dovevano suonare dure.
Non fu un caso che Roman si chiuse a riccio e liquidò la questione: “Ti farò sapere.”

Mossa sbagliata. A quanto pare, suo padre era off-limits. Doveva raggiungere il suo obbiettivo in un altro modo. Puntò sul suo senso del dovere.

Se non vengono curate subito, potrebbero morire. Le prigioni sono luoghi umidi e freddi, peggioreranno la loro condizione. 

“Lo so, ricordi che anche io conosco qualche nozione di medicina?” le domandò con sarcasmo.

Non sono qui per dare la colpa a nessuno, ma quelle persone hanno bisogno di aiuto.

Gli afferrò la mano, implorandolo con lo sguardo. Sembrò funzionare.

Roman chiuse gli occhi, toccandosi il ponte del naso con le dita: “Vedrò cosa posso fare. Anche se faccio parte del Consiglio, sarebbe un affronto nei confronti di mio padre se lo accusassi di qualcosa, senza avere uno straccio di prova.”

Lui voleva agire seguendo il protocollo. Se non fosse stata una situazione di emergenza, si sarebbe adattata alla soluzione proposta. Tuttavia, non avevano tempo da perdere.

Come aveva fatto con il suo branco, non era brava ad attenersi alle regole. Se era necessario agire, lo avrebbe fatto, senza ricevere il nullaosta.

La ragazza in cerca di approvazione di una volta, si stava pian piano trasformando in qualcos’altro. Consapevole delle sue abilità, sapeva quante vite era in grado di salvare agendo in tempo.

“Ora dobbiamo tornare, oppure inizieranno a cercarci” affermò con poca convinzione nella voce. Nessuno dei due si mosse, in attesa che fosse l’altro a fare la prima mossa.

Roman incrociò le dita con le sue e rimase a fissarle per qualche secondo, meditando.

“Non riesco a non toccarti. Prima o poi, il branco lo scoprirà, è impossibile tenere nascosto il nostro legame. Riesci a sentirlo?” le chiese conferma nuovamente, come se volesse assicurarsi di non star sognando. Si ricordò di quando le aveva posto la stessa domanda in passato, nella piccola casetta di legno.

Sembrava passata un’eternità.

Eileen annuì lentamente e senza staccare la mano dalla sua, mosse l’altra.

Non posso nasconderti che questa cosa, indicò le loro mani intrecciate, mi spaventa.  

“Il rapporto tra compagni è intenso, non c’è spazio per compromessi. Ti travolge, nel vero senso della parola. Non ti è mai capitato di osservare il comportamento dei tuoi genitori?” le domandò con curiosità.

Ricordava poco della sua vita prima dell’incidente. Aveva pochi ricordi di suo padre, ancora meno dei suoi genitori insieme. Tutto ciò che sapeva di lui lo doveva ai racconti di sua madre. Essendo stato un guerriero, aveva trascorso la maggior parte del suo tempo lontano dalla sua famiglia. Lui, come la mamma di Mala, era morto in missione.

Mio padre è morto in missione. Questo tipo di legame mi è totalmente estraneo, nessuno mi ha mai insegnato come bisogna comportarsi.

“Mi dispiace per la tua perdita” la sincerità impregnava le sue parole. Lui meglio di chiunque altro poteva capire cosa significasse perdere un genitore.

La tristezza nei suoi occhi svanì e l’angolo della sua bocca si curvò, accennando un sorriso. Trovava divertenti le ultime parole che aveva pronunciato.

“Non esiste un copione. Devi sempre fare ciò che senti, segui il tuo istinto e non sbaglierai mai” le sfiorò la nuca con il palmo della mano, avvicinando il viso al suo, dandole una dimostrazione di ciò che intendeva.  

Con il respiro corto, a pochi centimetri di distanza, poteva vedere le sue pupille dilatate. Il color miele dei suoi occhi era quasi scomparso, lasciando il posto ad un’espressione famelica.

“Non ce la faccio” le sussurrò poco prima di avvicinarsi alle sue labbra. A pochi centimetri di distanza, si fermò sul più bello.

Riusciva a percepire il respiro sulle sue labbra. Aspettava che facesse lei la prima mossa, che acconsentisse. Appena arrivò a quella conclusione, catturò le sue labbra, buttandosi a capofitto. L’attesa aveva logorato entrambi, lasciando il posto ad una frenesia incontrollabile.

Affamata, rispose al bacio come se fosse la cosa più naturale del mondo. All’inizio fu un bacio dolce e incerto, poi si trasformò in uno selvaggio e rovente.

Una scarica di adrenalina partì dalla base del collo, dove risiedevano le mani di Roman, fino alle sue labbra. I palmi callosi le circondavano quella zona con una delicatezza tale da commuoverla.

Era il suo primo bacio.

Le sensazioni che provava erano travolgenti, inspiegabili a parole. Per la prima volta, si sentiva lì presente e da nessun’altra parte. Riversò tutti i suoi sentimenti, le sue emozioni, belle e brutte, in quel bacio.

Con agilità, si sporse in avanti, senza staccarsi da lui. Le mani trovarono facilmente la chioma corvina e in pochi secondi, sciolse la sua coda, lasciandoli liberi.

Strinse tra le dita le ciocche morbide e avvicinò ulteriormente il viso al suo. Un gemito uscì dalla bocca di Roman, ma subito venne risucchiato dalla sua. Percepire il suo sapore sulle labbra fece impazzire i suoi sensi.

In un gesto di possessività, mordicchiò il labbro inferiore di Roman e questo sembrò piacergli. Dal collo, le mani scesero, posizionandosi sui suoi fianchi. Con uno scatto avvicinò i loro corpi, facendoli aderire.

Divenne consapevole di ogni parte del suo corpo, in particolare di quelle che erano a stretto contatto con il corpo scultoreo del ragazzo. Come due pezzi di puzzle, si incastravano alla perfezione.

Le mani sui fianchi si spostarono sulla schiena e le sue braccia la circondarono completamente, facendola sentire protetta.
Il cuore batteva all’impazzata, tingendole le guance di rosso. Lo stomaco le si contorse per il piacere.

Alla fine, furono costretti a staccarsi, per riprendere fiato. Prima di ricadere nel tranello, Roman appoggiò la fronte sulla sua spalla, nascondendo il viso accaldato.  

“Sono un disastro, mi dispiace” le accennò, sorridendo, ancora alle prese con l’affanno.

Impegnata a far rallentare i propri battici cardiaci, rispose accarezzandogli i capelli e aggiustandogli alcuni ciuffi ribelli.
Roman rispose avvicinando il naso al suo collo. Inspirò profondamente il suo odore. Chissà se gli piaceva tanto quanto a lei piaceva il suo.

“A quanto pare, non avevo torto. Ti piacciono particolarmente i miei capelli” disse riferendosi alle mani di lei tra i capelli corvini.

Spaccone, segnò, abbandonando a malincuore le morbide ciocche.

“Un lato che emerge solo in tua compagnia” affermò dopo aver sollevato il viso. Le fece l’occhiolino per rafforzare il concetto.

Eileen riuscì a stento a trattenere un sorriso. Le piaceva un sacco sentirsi desiderata. Non aveva mai flirtato con nessuno in vita sua, ma insieme a Roman, tutto ciò che facevano acquistava un senso.

Di nuovo, i loro sguardi di incatenarono e scese il silenzio. Roman si leccò le labbra, assaggiando le ultime tracce del suo sapore. Eileen fu attirata da quel movimento, mentre una strana forza la spingeva nella sua direzione.

Deglutì a malapena, cercando di ritrovare un briciolo di razionalità.

Di scatto, Roman si alzò in piedi, e cominciò a girare in tondo, evitando il suo sguardo.

“Dobbiamo trovare una soluzione, più andremo avanti e peggio sarà. Non riusciremo a fare a meno l’uno dell’altra” riferì ad alta voce, continuando a camminare, aumentando la distanza tra loro.

Eileen seguì il suo esempio e si alzò in piedi. Odiava vederlo così agitato, come se la loro relazione non fosse altro che un problema. Ora che si erano incontrati di nuovo, l’ultima cosa che voleva è che si allontanasse.

Aveva bisogno di conoscerlo, di capire se lui fosse o meno la sua anima gemella. Non avendo la possibilità di trasformarsi in lupo, doveva averne la certezza assoluta. È vero, c’era attrazione tra loro, era innegabile. Ma l’amore tra i compagni non poteva limitarsi a quello.

Doveva testarlo e seguire il suo istinto da essere umano.

Chi poteva trasformarsi dava per scontato la facilità con cui percepiva, sentiva il mondo intorno a sé, quasi come se fosse in possesso di un sesto senso. Senza era come brancolare nel buio con solo una candela in mano.

Quel pensiero la rattristò.

Non ti allontanare da me.

Segnò, non appena riuscì ad attirare la sua attenzione.

Parliamone, troviamo una soluzione insieme. Non mi escludere.

Lo pregò, incoraggiandolo con un sorriso.

Fermo come una statua, riprese a muoversi, riavvicinandosi lentamente a lei.

Una volta al suo fianco, intrecciò le dita alle sue: “Mi dispiace, non volevo escluderti. Ho bisogno di tempo per capire come uscire da questa situazione di ‘segretezza’. Ci sarà una soluzione, ne sono certo” affermò con l’intento di autoconvincersi.

Possiamo lavorare insieme. Non sei l’unico coinvolto, mi sembra chiaro.

“Più chiaro di così” sussurrò, poggiando lo sguardo sulle sue labbra.

Un brivido le risalì su per la schiena, facendole venir voglia di baciarlo di nuovo.

Iniziamo utilizzando delle piante profumate per eliminare l’odore addosso.

Propose Eileen, sperando di distrarre entrambi dall’attrazione palpabile.

“Mi piace come idea” le sorrise, facendo emergere la piccola fossetta di cui era perdutamente innamorata.

Solo di lei, naturalmente.

“In più, potremmo incontrarci di notte per scongiurare qualsiasi pericolo di essere scoperti” le propose, contento della sua stessa proposta.

A proposito, Ziki mi ha detto che la scorsa notte sei venuto a trovarci, ma in realtà, nessuno è entrato nella nostra stanza. Sono rimasta sveglia tutta la notte.

Preso in contropiede, Roman strabuzzò gli occhi e le sue guance iniziarono a tingersi di rosso.

Ancora più incuriosita da quella reazione, si parò di fronte a lui, con le braccia conserte, in attesa di una spiegazione.

Imbarazzato, si grattò la testa: “Ero venuto per parlarti, ma ho perso il coraggio non appena ho sentito i tuoi passi” abbassò la voce, biascicando aggiunse “avevo paura che mi avresti vietato di entrare. Non riuscivo a reggere un rifiuto…”

Vederlo così triste e vulnerabile, le fece venir voglia di abbracciarlo e rassicurarlo. Tuttavia, lo lasciò continuare, era curiosa di conoscere il resto.

“Così ho deciso di dormire lì, nel corridoio. Dopo averti visto in quelle condizioni, il minimo che potevo fare era assicurarmi di persona che fossi al sicuro” lentamente riacquistò sicurezza e la guardò dritta negli occhi, dimostrandole la sua sincerità.

Sapere che aveva dormito per terra, al freddo al gelo, solo per saperla al sicuro, le scioglieva il cuore. Quella rivelazione la ammorbidì all’interno, ma non lo diede a vedere.

È vero, ero molto arrabbiata.

Calcò quelle parole volutamente. Il dolore era ancora lì presente, ma non poteva negare davanti all’evidenza.

Ma ti avrei accettato lo stesso. La prossima volta, bussa e accertatene tu stesso.

L’espressione sul suo volto cambiò completamente, lasciando spazio ad uno sguardo che le fece tremare le gambe. 

Lo farò, le segnò, comunicando nella sua stessa lingua.

Prima che se ne accorgesse, le posò un lieve bacio sulla guancia, facendole mancare un battito. Le labbra calde indugiarono più del previsto, stordendola.

“E’ ora di tornare, questa volta sono serio” aggiunse sorridendo, conscio della reazione che aveva scatenato in lei.

Con difficoltà, si riprese e annuì.

Torniamo alla realtà.






Buon pomeriggio a tutti! 

Ecco la seconda parte del capitolo "Confessioni". Spero tanto vi sia piaciuto, aspetto il vostro feedback ;) 

Helen

 

  
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