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Autore: IndianaJones25    23/03/2021    2 recensioni
È una luminosa e calda giornata estiva di fine Ottocento quando, in una casa di Princeton, nel New Jersey, nasce l’unico figlio del professor Henry Jones Sr. e di sua moglie Anna.
Nel corso dei venticinque anni successivi, il giovane Junior vivrà esperienze indimenticabili e incontrerà persone straordinarie, in un viaggio di formazione che, tappa dopo tappa, lo porterà a diventare Indiana Jones, l’uomo con frusta e cappello, il più celebre archeologo del mondo…
Genere: Avventura, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Abner Ravenwood, Henry Jones, Sr., Henry Walton Jones Jr., Marion Ravenwood, René Emile Belloq
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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XXIII.
CHICAGO, ILLINOIS, DICEMBRE 1921

   Abner, seduto a capotavola, appariva allegro e sorridente. Per una volta, aveva messo da parte lo sguardo arcigno e i modi bruschi e stava dimostrando un lato di sé che teneva quasi sempre celato. In questo lo stavano aiutando anche i numerosi calici di vino che aveva già provveduto a svuotare.
   Indy si sentiva un po’ imbarazzato con indosso un vestito elegante. Ma non avrebbe mai potuto presentarsi a casa del suo professore, a festeggiare il Natale insieme, con i soliti abiti sciupati, logori e scoloriti che utilizzava quando seguiva le lezioni. Per fortuna René aveva quasi la sua stessa corporatura e aveva acconsentito a prestargli un completo scuro che gli aveva conferito un aspetto davvero signorile, che non avrebbe mai creduto di possedere, sebbene si sentisse un po’ troppo simile a un pinguino. L’unico vero disagio, comunque, era dover sopportare il penetrante profumo di Acqua di Colonia di cui era intriso.
   A parte l’imbarazzo, si sentiva davvero felice. Era proprio come avere di nuovo una famiglia. E poi quell’invito inaspettato era giunto in tempo per sottrarlo alla malinconia dell’ennesimo Natale solitario a cui si stava preparando: Harold aveva infatti fatto ritorno in Gran Bretagna per stare con i parenti, e René avrebbe trascorso le festività nel New Jersey, dove aveva una specie di amante più grande di lui, una ricca e annoiata signora di mezza età che gli pagava gli studi. Marcus Brody, invece, gli aveva scritto che avrebbe passato il Natale insieme a Henry; per non andare incontro a un’atmosfera cupa e funesta, Indy aveva declinato l’invito a unirsi a loro.
   Così, si era già rassegnato a trascorrere un Natale in completa solitudine, gironzolando per Chicago come un cane randagio, quando era arrivata la chiamata di Abner.
   A tavola erano in tre, lui, il professore e Marion. Lei sembrava una vera principessina, nel suo elegante abito bianco con ricami azzurri a fiorellini. Forse a causa dell’età dello sviluppo in cui era appena entrata, la ragazzina non faceva che chiacchierare amabilmente, raccontando di tutto e di più, con un entusiasmo adolescenziale davvero straripante. Quando taceva, poi, lanciava a Indy degli sguardi così intensi da riuscire a metterlo a disagio, al punto che più di una volta il ragazzo dovette voltarsi da un’altra parte, sentendosi arrossire.
   Aveva frequentato e sedotto più donne di quante riuscisse a ricordare, eppure nessuna di loro gli aveva mai fatto lo stesso effetto che gli provocava Marion, pur essendo quasi ancora una bambina; e dire che si sentisse in difficoltà era dire poco. Non aveva mai rivolto un solo pensiero a quella ragazzina, di cui spesso confondeva persino il nome, ma quegli sguardi gli facevano quasi paura; soprattutto, temeva il modo in cui avrebbe potuto reagire Abner se si fosse accorto di quella specie di intesa che, in realtà, non esisteva affatto tra loro. Pur essendo innocente e non avendo fatto assolutamente nulla che gli si potesse imputare come torto, Indy si sentiva inspiegabilmente colpevole ogni volta che si limitava soltanto a guardare Marion.
   E quando, nell’allungare una mano per prendere il bicchiere dal tavolo, aveva involontariamente sfiorato quella piccola e vellutata di Marion, si era sentito attraversare da una specie di scossa elettrica. L’aveva ritratta di scatto e nel farlo aveva rovesciato il calice, spargendo vino rosso su tutta l’immacolata tovaglia di Fiandra.
   Il suono della risata cristallina di lei, che gli era giunto alle orecchie mentre borbottava: «Chiedo scusa, sono proprio un imbranato, spero non resti una macchia…» e tamponava in fretta il liquore con il tovagliolo, lo aveva messo ancora più in difficoltà. In quel momento, avrebbe di gran lunga preferito essere seduto a tu per tu con Henry, oppure alle prese con un serpente schifoso. Anzi, affrontare suo padre con in mano un serpente sarebbe probabilmente stato molto più semplice che non badare a quegli sguardi e a quelle risatine.
   Abner, per fortuna, non sembrava rendersi conto proprio di nulla. Il professore aveva la testa altrove e, quando Marion ebbe finalmente finito di ridere per la goffaggine di Indy, si decise ad approfittare del momentaneo mutismo della figlia per affrontare il solo argomento che avesse in mente, la vera ragione di quell’invito a pranzo che aveva rivolto al suo studente.
   «L’Arca dell’Alleanza» disse, puntellando con forza i gomiti sul tavolo. «Se voglio avere qualche opportunità di trovarla, devo prima di tutto individuare con precisione la città di Tanis. In base ai miei studi, l’Arca deve essere celata proprio laggiù, in una camera segreta chiamata Pozzo delle Anime. Per questo, la prossima estate comincerò a fare dei rilievi. Partendo dalle scoperte effettuate da Petrie, intendo localizzare con esattezza la città. Non sarà una passeggiata, ma ormai ho abbastanza elementi in mano per potermi dare da fare. A maggio, al termine delle lezioni, partirò di nuovo per l’Egitto. Ho chiesto ad Harold di accompagnarmi, ma…»
   Il suo sguardo, da dietro le lenti dei pince-nez, parve brillare, mentre si chinava verso Indy.
   «Jones, vorrei averti nuovamente con me. In questi ultimi due anni ti ho messo alla prova più e più volte, e ciò che pensavo di te è stato ampiamente confermato dai fatti. Sei tra i migliori studenti che abbia mai avuto, se non addirittura il migliore. Sei uno spostato, e su questo siamo tutti d’accordo, vero?»
   Si voltò verso Marion, quasi a cercare la sua approvazione, e lei, fatto un cenno d’intesa, rivolse a Indy un ampio sorriso che gli fece torcere le budella.
   «Ma sei anche il più dotato di tutti» continuò, annuendo. «L’archeologia per te non è solo una materia di studio. È una vera fede, proprio come lo è per me. E vorrei quindi averti al mio fianco in questa ricerca importantissima, perché il tuo aiuto mi sarebbe fondamentale.»
   Il ragazzo deglutì con una certa fatica. Non era sicuro di stare capendo bene. Che cosa voleva dirgli davvero, Abner?
   «Professore, io…» balbettò, ancora scosso dalla risata e dal sorriso di Marion. «Sono venuto con lei agli scavi, in questi due anni e…»
   Ravenwood gli fece cenno di tacere.
   «Intendo che non ti voglio più soltanto come studente, Jones, bensì come assistente personale. Da quando ti ho conosciuto, ho capito subito che insieme ce l’avremmo fatta. Ti ho insegnato tutto quello che potevo e, ormai, ho fatto di te un vero archeologo. Da solo sarei stato destinato al fallimento. Insieme, invece, ci riusciremo. Me lo sento dentro.»
   Indy trattenne a stento un grido di gioia. Quello era il coronamento di tutte le sue fatiche. Era come se, quel percorso che aveva intrapreso quando lo aveva colpito quello strano e appassionato fuoco interiore nella piramide, tanti anni prima, fosse sul punto di raggiungere la meta. Abner gli aveva già mostrato innumerevoli volte di aver trovato in lui molto più che un semplice studente: glielo aveva già detto a chiare lettere, del resto; si era assunto il ruolo di suo maestro, e lo aveva portato a compimento con dedizione, seppure con i suoi modi bruschi e sgarbati.
   E, a quanto pareva, lui gli aveva dimostrato di aver fatto tesoro dei suoi insegnamenti, altrimenti quella proposta non sarebbe mai arrivata. Assistente del professore. Per fortuna era seduto, perché al solo pensarlo si sentì le gambe molli. Un ruolo del genere era molto più in alto di qualsiasi altra cosa a cui avesse mai aspirato. Tuttavia, adesso, c’era un problema insormontabile.
   «Ne sarei oltremodo lusingato e questa proposta mi riempie di orgoglio, ma purtroppo non posso» confessò, sconsolato.
   «In che senso non puoi?» lo inquisì Abner, fissandolo in cagnesco. «Non sarà mica per quella storia di Eldorado, vero?»
   Il ragazzo fece un sospiro.
   Lui, René e Harold, dopo aver effettuato alcune ricerche, si erano convinti di poter trovare la mitica città perduta dell’Amazzonia che i conquistadores avevano cercato invano per decenni. Era iniziato come uno scherzo durante un’allegra serata al bar, e si era tramutato presto in qualcosa di molto più serio e concreto.
   A dire il vero, tutto era partito da Oxley: era stato lui il primo a parlare dei teschi di cristallo e ad associarli alla storia di quel luogo leggendario, che Harold, più correttamente, chiamava Akator. Per tutti e tre era divenuta quasi una specie di ossessione. Per questo motivo avevano fatto un patto: non appena i loro percorsi universitari si fossero conclusi con il conseguimento della laurea, sarebbero partiti per l’Amazzonia alla ricerca della città dell’oro, per svelarne i segreti.
   Abner, quando aveva saputo di questo loro proposito, si era messo a ridere della grossa, schernendoli e asserendo che si trattava solo di una sciocca e inutile perdita di tempo, che non avrebbe condotto a nulla. Un atteggiamento che a Indy aveva ricordato fin troppo quello di Henry quando parlava dell’archeologia e di Ravenwood.
   In ogni caso, non era per quel motivo che non sarebbe potuto andare con Abner in Egitto.
   Scosse il capo.
   «Ho preso accordi con Brody» rivelò. «Sta già raccogliendo dei finanziamenti: in maggio andrò nel Pacifico a fare una ricerca per suo conto. Gli ho dato la mia parola che lo avrei aiutato.»
   Indy lasciò andare un altro sospiro, consapevole di star rinunciando a tanto, tantissimo. Ma era anche tantissimo ciò che Marcus aveva fatto per lui, e non se sarebbe potuto dimenticare per il suo egoismo.
   «Io non penso che sarebbe giusto tirarmi indietro proprio adesso» soggiunse.
   Il professor Ravenwood annuì gravemente, tormentando i baffi con la manona.
   «Non sarebbe giusto, no. Hai dato la tua parola ed è corretto rispettarla. Ma dalla stagione successiva non voglio sentire scuse di alcun genere e non transigo: tu sei mio studente e dovrai fare quello che dico io. E se ho detto che ti voglio come assistente, tu lo farai, Brody o non Brody. Se ti ho fatto diventare uno degli archeologi più brillanti della tua generazione, non l’ho mica fatto perché te ne andassi alla prima occasione buona. A Marcus Brody ti potrai dedicare dopo che ti sarai laureato.»
   Quelle parole confortarono Indy. Non aveva perduto la sua grande occasione. Era soltanto rimandata di un anno. E, chissà, in questo modo aveva forse guadagnato ancora più stima da parte di Ravenwood, che adesso sapeva di avere di fronte a sé non un opportunista, bensì un giovane talentuoso e sempre pronto a prestare fede alla parola data.
   «Dalla stagione di scavi successiva sarò ai suoi ordini, professore» promise.
   «Non ai miei ordini» precisò Abner, fiero. «Al mio fianco, Jones.»

   Più tardi, mentre Abner sonnecchiava sopra una poltrona, con una coperta di lana sulla pancia e i piedi allungati verso il caminetto acceso, Indy e Marion sedettero al tavolo a giocare a carte insieme.
   «Mi dispiace che non sarà dei nostri la prossima estate, signor Jones» disse la ragazzina, fissandolo da sopra le carte aperte a ventaglio. «Mi sarebbe tanto piaciuto visitare Il Cairo in sua compagnia, girare tra i bazar, perderci in quell’incanto da Mille e una notte… sono certa che lei ne avrebbe davvero tante, di cose da mostrarmi e di storie da raccontarmi…»
   Indy incrociò per un momento il suo sguardo. Non aveva mai notato quanto i suoi occhi fossero bellissimi. Due splendidi zaffiri lucenti color del mare. Il disagio gli attanagliò la bocca dello stomaco e tornò in fretta a concentrarsi sulle figure che aveva in mano: due re e un fante, insieme a un quattro di fiori e a un tre di cuori.
   «Non credo che il professore lascerà molto tempo per allontanarsi dal Delta, dove dovrebbe essere ubicata Tanis» borbottò. «In ogni caso, cara Marion, si tratta solamente di rinviare di un anno. Ha sentito anche lei l’imperativo categorico: dalla stagione successiva sarò tutto per voi.»
   Marion sorrise e lasciò cadere sul tavolo una scala di cuori: re, donna e fante.
   «Lo ha promesso, signor Jones: tutto per noi» disse, con tono soave. «Non vorrà far arrabbiare papà…»
   Indy osservò con attenzione quelle tre figure e avvertì uno strano presentimento farsi largo dentro di lui.
   Che cosa gli stava capitando? Perché si sentiva così strano, davanti a quella ragazzina di cui a stento rammentava il nome? Doveva mettersi in testa che era soltanto una bambina, la bambina di Abner.
   La guardò di nuovo, studiando ancora una volta i suoi occhi color del mare - non poteva negare che fossero gli occhi più belli che avesse mai visto - le sue morbide labbra stirate in un ampio sorriso, i suoi dolci e delicati lineamenti e i suoi capelli accuratamente pettinati, e si domandò se anche lei, quel concetto, lo avesse ben chiaro in testa.
   
 
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