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Autore: komova_va    24/03/2021    1 recensioni
Raccolta di one-shot ambientate durante la terza stagione del Daily che vedono come protagonista Stefania e si propongono di ritrarre alcuni missing moments del programma, perlopiù semplici momenti di vita quotidiana, e di esplorare il suo rapporto con Irene e Dora.
Genere: Commedia, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Il primo (fallimentare) non caffè

Ecco che questo romanzo così fittamente intessuto di sensazioni tutt’a un tratto ti si presenta squarciato da voragini senza fondo, come se la pretesa di rendere la pienezza vitale rivelasse il vuoto che c’è sotto. Provi a saltare la lacuna, a riprendere la storia afferrandoti al lembo di prosa che vien dopo, sfrangiato come il margine dei fogli separati dal tagliacarte. Non ti ci ritrovi più. I personaggi sono cambiati, gli ambienti, non capisci di cosa si parla, trovi nomi di persone che non sai chi sono.

 

-Italo Calvino, “Se una notte d'inverno un viaggiatore”

 

Durante il suo primo giorno nella nuova casa, Stefania per poco non fa esplodere la caffettiera in un misero e fallimentare tentativo di fare il caffè.

Nel corso della sua prima notte lì, una miriade di emozioni diverse l'hanno tenuta sveglia quasi fino all'alba: felicità, paura, ansia, gioia, preoccupazione. Guardava le quattro mura attorno a lei, sentiva il respiro di Irene dormire poco distante dal suo letto mentre la sua mente percepiva e registrava tutto ciò che la circondava in maniera... quasi assente. Distaccata, distante. Come se dovesse ancora capacitarsi pienamente del fatto che quella stessa stanza in cui adesso stava riposando insieme alla sua collega sarebbe stato il posto dove avrebbe dovuto vivere per i prossimi mesi, forse anche anni. Come se tutto ciò stesse capitando, ma non a lei. Non veramente. Come se da lì a poco si sarebbe svegliata e la zia Ernesta sarebbe tornata a prenderla per riportarla nella loro casa di Lecco, o forse a Padova da suo papà. Ricordava i pomeriggi passati a fare i compiti nella sua cameretta, a giocare con le bambole e gli animali di pezza o a nascondino nel cortile del suo palazzo con gli altri bambini. Ricordava le cene con la zia, la tovaglia a fiori che usavano o il servizio buono che tiravano fuori ogni volta che avevano ospiti. Stefania si ricorda tutto. È quella casa sua, il posto in cui ha vissuto così tanti momenti fondamentali della sua vita. Quattro mura così tanto piene di significato, di ricordi, persone, voci, emozioni. È lì che Stefania si sente di appartenere. Adattarsi a Milano non era stato facile, ma perlomeno aveva sempre avuto sua zia al proprio fianco, che l'aveva aiutata e sostenuta come sempre aveva fatto. La sua presenza le era stata di grande conforto, soprattutto nei primi tempi, in cui ancora non aveva legato molto con le sue colleghe e si sentiva un po' spaesata.

Adesso invece Stefania è da sola, completamente sola, in una casa che non è la sua e in cui non era nemmeno mai stata fino a pochi giorni prima. Una casa in cui da adesso in poi trascorrerà buona parte delle sue giornate, le domeniche, le mattine, le serate. È contenta, felice, emozionata a riguardo, sa che è la cosa giusta per lei, sa che è quello che vuole, sa che la sua casa di Lecco non andava più bene per lei, che quello non era più l'ambiente giusto. Che stava cambiando, e che con lei era giusto che cambiasse anche ciò che la circondava. Lo sa, razionalmente. Eppure, guardandosi attorno dal caldo del suo nuovo letto quella stanza le era sembrata così vuota. Così spoglia di emozioni, di vita. Semplicemente quattro mura che sembravano sul punto di caderle addosso e inghiottirla nel cuore della notte. Lo sa che è normale, è appena arrivata lì dopotutto, eppure non si è mai sentita così spaesata e disorientata prima d'ora. O per meglio dire, non ha ancora del tutto realizzato ciò che è successo. Il trasferimento era avvenuto così in fretta, e l'ansia e la tristezza di lasciare Federico, le amiche e il suo lavoro l'avevano assorbita così tanto che non aveva neanche avuto materialmente il tempo di chiedersi come stesse vivendo tutti quei cambiamenti, qual era l'impatto emotivo che avrebbero avuto su di lei. È solo ora che è lasciata sola con i suoi pensieri che Stefania si rende pienamente conto della sensazione di vuoto che quel trasloco ha suscitato in lei.

Il giorno dopo è domenica e il primo istinto di Stefania quando entra nella cucina vuota è quello di farsi il caffè. Irene sta ancora dormendo quando si alza, e anche se Stefania non ha un orologio a portata di mano sa che è piuttosto tardi. Non ha dormito molto la notte prima, i pensieri e quelle strane sensazioni di malinconia mista a un qualcosa che non sa ancora bene identificare le hanno impedito di prendere sonno fino a tarda notte. Comunque, Stefania non vuole passare la mattina (o perlomeno quel poco che ne rimane) a letto; è una persona mattiniera, le piace la luce del sole, le piace sentirsi produttiva e approfittare dell'energia per combinare quante più cose possibili. Facendo attenzione a non svegliare la sua compagna di stanza, Stefania raggiunge la cucina. Maria e Anna sono entrambe uscite per la funzione domenicale, lo sa perché la sera prima le hanno chiesto se volesse venire con loro, ma lei aveva educatamente declinato, intuendo che probabilmente avrebbe preferito approfittare della giornata per sistemare le proprie cose e ambientarsi un po' nella nuova casa.

Stefania osserva in silenzio il tavolo vuoto, le sedie, i fornelli, il soffitto, il lavandino... le sembrano tutti elementi estrapolati dalla vita di altre persone e in cui lei si era ritrovata per una qualche bizzarra coincidenza della vita. Come se fosse capitata quasi per caso in un romanzo di cui lei in realtà non faceva parte. Si guarda attorno, cerca di riconoscere i pochi elementi che ha a disposizione ma non ci si ritrova più: le dimensioni della cucina sono cambiate, gli oggetti sono diversi, non sa dove cercare quello di cui ha bisogno, dove siano le pentole, le posate, le tovaglie. I suoi occhi però ad un trattano captano qualcosa di familiare, qualcosa che riesce a riconoscere e a cui si aggrappa saldamente nel momento in cui la vede: una caffettiera. L'oggetto metallico si trova su uno dei fornelli, ed è avvitato. Ed è in quel momento che Stefania sente il forte e improvviso impulso di farsi un caffè.

In realtà, quando era a Lecco non lo prendeva quasi mai, solo se si trovava in compagnia o se le veniva offerto, un po' come pretesto per prendere parte ad una circostanza sociale. Sua zia Ernesta per gran parte della sua infanzia non le ha mai permesso di berlo perché diceva che le faceva male, e le poche volte in cui le è stato offerto il sapore che aveva sentito era stato così amaro da non farle venire voglia di riprovarlo. Però poi si era trasferita in casa Cattaneo e lì il caffè lo bevevano molto più spesso: fermarsi alla mattina a fare colazione e sorseggiare una tazzina le dava spesso un'ottima occasione per scambiare qualche chiacchiera con Federico prima di andare al lavoro, quando ancora viveva con loro. A casa Cattaneo il caffè avevo assunto un significato diverso: era sinonimo di momento di ritrovo, di colazione passata in compagnia, di chiacchiere, di famiglia. E così Stefania, aggrappandosi al lembo di quei ricordi ancora così vividi nella sua mente, si avvia verso la caffettiera e incomincia a svitarla, sperando che il sapore della bevanda calda riesca a riportare a galla almeno in parte quella sensazione di felicità e sicurezza di cui ora sente il disperato bisogno.

In realtà, proprio perché abituata a bere soltanto in compagnia, Stefania in passato non si è ritrovata molto spesso a dover preparare il caffè da sola, anzi, praticamente quasi mai. Certo, la zia Ernesta le ha insegnato e sa che non è complicato. In fondo gli ingredienti sono solo due, acqua e caffè. Quando svita la parte superiore della moka, tuttavia, Stefania vede che il caffè in polvere è già presente all'interno del filtro e che quindi non deve metterne altro. Anche sua zia lo faceva molto spesso: preparava la caffettiera già la notte prima, così che la mattina dopo doveva soltanto accendere il fuoco e aspettare che fosse pronto per gustarsi la bevanda calda, per cui le sembra normale. Stefania lì per lì pensa che le ragazze debbano avere fatto lo stesso in quella medesima circostanza: magari hanno pensato che anche lei e Irene ne avrebbero gradito un po' al loro risveglio e avevano già lasciato la moka pronta apposta per loro. Sorridendo al pensiero del gesto carino delle sue coinquiline, Stefania mette sul fuoco la caffettiera e va a sedersi su una sedia, in attesa che la bevanda sia pronta. Sorride e per qualche ragione immediatamente si sente già meglio. Il pensiero che, di fatto, Anna e Maria abbiano semplicemente fatto il caffè per loro stesse e che, nella fretta di uscire per la funzione domenicale, abbiano semplicemente dimenticato la caffettiera sui fornelli, senza prima lavarla, non la sfiora minimamente.

O perlomeno, non subito. Ci vuole un po' di tempo, ma il sospetto inizia piano piano a farsi largo nella mente di Stefania. Il primo campanello d'allarme è quando passa il tempo, fin troppo tempo, ma ancora del caffè non c'è traccia. Ha anche ricontrollato più volte, ma niente, non è venuto su. Stefania sa che di norma ci vuole sempre un po' prima che sia pronto, ma sono passati più di dieci minuti; l'attesa le sembra decisamente eccessiva. Il secondo campanello d'allarme è quando la moka inizia a fare uno strano rumore, un fischio sottile e acuto che indubbiamente non è un buon segno. È evidente che c'è qualcosa che non va. Cosa dovrebbe fare adesso? Andare a svegliare Irene e chiederle se è normale che la caffettiera stia facendo così? No, non vuole disturbarla mentre dorme. La felicità che stava provando fino a poco prima ora è soppressa per lasciare spazio a un senso di sconforto misto ad angoscia: è la sua prima mattinata all'interno di quella casa e la prima cosa che sta facendo si sta rivelando un completo disastro, ed è una cosa che generalmente ogni persona con un minimo di abilità riesce a fare senza problemi. Cosa fare? Dovrebbe continuare ad aspettare di vedere il suo caffè venire su o spegnere tutto e rassegnarsi? Presa dall'agitazione, Stefania spegne la fiamma e decide che la cosa più sensata da fare è svitare la caffettiera e verificare se l'acqua sia stata effettivamente messa oppure no. Ed è una buona cosa che lo abbia fatto, perché pochi secondi dopo la ragazza osserva inerme il manico della caffettiera staccarsi del resto dell'oggetto metallico e cadere sul fornello. Se fosse stato acceso, probabilmente avrebbe preso fuoco.

Il che porta Stefania in uno stato di agitazione ben più accentuato di quello di prima, molto molto vicino al panico, mentre constata con orrore che ha appena rotto la caffettiera di Anna. Ed è solo il suo primo giorno. Tutto quello che desiderava era farsi un caffè e sentirsi di nuovo emotivamente vicina ai giorni trascorsi a casa Cattaneo, alle mattinate passate con la zia e Silvia e Federico. E il risultato è che ha appena rischiato di mandare a fuoco l'intera cucina. Cosa penserà Anna di lei ora? Se la prenderà con lei? Che cosa può fare per riparare al danno? Immediatamente, il viso di Irene si materializza nella sua mente. Ogni volta che nell'arco dei mesi precedenti ha avuto bisogno di qualcuno, Irene è sempre stata lì per lei. L'ha sostenuta in ogni momento, l'ha guidata, l'ha aiutata sul lavoro e nella sua vita privata, le ha rivolto parole di conforto quando ne aveva avuto bisogno, ma allo stesso tempo era stata anche capace di farla riflettere e spingerla a migliorarsi. Anche adesso, il suo primo istinto era stato immediatamente quello di cercare Irene, di rivolgersi a lei. E così, sentendosi disorientata e insicura e in preda al panico al pensiero della reazione di Anna, Stefania decide di farsi coraggio e rientra all'interno della stanza in cui sa di trovare l'amica, ancora addormentata.

-Irene, - la chiama Stefania timidamente, avvicinandosi al suo letto. -Irene, - ritenta di nuovo, sperando di suscitare qualche reazione da parte della sua coinquilina.

-Mmm, - biascica Irene, senza accennare ad aprire gli occhi.

-Irene, scusami se ti disturbo, avrei bisogno del tuo aiuto, puoi venire un attimo in cucina? - Stefania le spiega, il suo tono concitato fa trapelare tutta la sua agitazione, per quanto in realtà si stesse sforzando di mostrare una parvenza di calma e autoconvincersi di avere il controllo della situazione.

-Che ore sono?- mormora Irene con voce impastata.

-Quasi mezzogiorno, - risponde Stefania, dopo aver buttato distrattamente un occhio sulla sveglia riposta sul comodino dell'amica. Cavolo, quasi mezzogiorno. La messa starà quasi per finire. È una buona cosa che il loro appartamento sia un po' distante dalla piazzetta e che comunque le ragazze si debbano fermare al mercato prima di tornare a casa, sicuramente in questo modo Stefania potrà avere un po' di tempo in più per riflettere sul da farsi.

-Mm, - sbuffa Irene, -cos'è successo?

-Ecco, potrei aver inavvertitamente rotto la caffettiera e rischiato di dare fuoco alla nostra cucina... - spiega Stefania. Sa che forse sta drammatizzando eccessivamente, ma ha come la sensazione che se non esagera un po' non riuscirà a far svegliare la sua compagna di stanza. E comunque al momento è ancora un po' scossa sia da quanto successo sia dal pensiero di aver fatto arrabbiare le sue coinquiline durante il loro primo giorno di convivenza, cosa che vuole evitare a tutti i costi, per cui in fondo la sua enfasi può essere più o meno giustificata.

-E adesso non ho la più pallida idea di che cosa fare perché Anna e Maria ritorneranno a breve e quando lo vedranno penseranno che sono una deficiente perché ho fatto il caffè senza prima controllare che ci fosse l'acqua nella moka e non è colpa mia, la zia Ernesta non lasciava mai la moka sui fornelli senza prima averla lavata, però non voglio che si arrabbino con me e non so cosa fare.

E ho bisogno di te.

-E ho bisogno di te, - ammette, sperando vivamente che Irene l'aiuti. È allora che quest'ultima finalmente apre gli occhi e si gira verso di lei con un sospiro.

-Adesso arrivo, - le promette, stiracchiandosi mentre finalmente si alza dal letto con gli occhi ancora socchiusi. -Vediamo che guaio hai combinato.

Stefania sorride, e immediatamente si sente meglio. Si sente più al sicuro. Prende un respiro profondo e conduce Irene in cucina, facendole vedere il manico rotto.

-E adesso cosa faccio? Se spiego ad Anna cosa è successo e le prometto che domani vado a comprarle una caffettiera nuova secondo te mi perdona? Andrei anche adesso ma tutti i negozi saranno sicuramente chiusi, e poi non conosco ancora bene questa zona...

-Stefania, - la chiama Irene, riportandola alla realtà con un sorriso. -Si è solo rotto il manico, non è successo niente di grave. Si può aggiustare.

-Davvero?- le domanda Stefania, con un'insperata dose di ritrovato ottimismo. Era stata così spaventata che non aveva preso in considerazione quella semplice ipotesi nemmeno per un istante. -E come si fa? Tu sei capace?

-No, ma se mi dai dieci minuti per darmi una sistemata vado a bussare al signor Ferraris e gli chiedo se ci da una mano, magari siamo fortunate e ha un manico di riserva da riattaccare.

-E se non ce l'ha?- domanda Stefania, alquanto preoccupata dall'eventualità.

-Spieghiamo alle ragazze cosa è successo e ne andiamo a comprare uno nuovo domani, - illustra Irene, con tutta la semplicità del mondo. Vedere il suo approccio pratico, pragmatico e concreto a quel problema calma immediatamente la giovane Venere, che si sente subito rassicurata, ridimensionando la portata del danno che aveva causato e del problema. -E comunque queste cose possono succedere quando la caffettiera è già vecchia di suo, è normale, non ti preoccupare, sarebbe potuto accadere a chiunque, - la rassicura nuovamente Irene.

Stefania sospira e annuisce. -Secondo te Anna ci rimarrà male? Sono qui da meno di un giorno e guarda quanti danni sto già facendo.

-Beh, nessuno dice che lei e Maria lo devono venire a sapere se adesso noi aggiustiamo tutto, - le fa notare Irene, mentre torna in camera per andare a prendere i vestiti e dirigersi in bagno a cambiarsi. -E se invece non si aggiusta mi prenderò io la colpa con loro, sta tranquilla. Dirò che avevo sonno e che non ci ho fatto attenzione, del resto è colpa loro se non l'hanno lavata e l'hanno lasciata sui fornelli, uno giustamente poi si confonde!

Stefania sorride, sentendosi immediatamente meno stupida per il suo errore e più compresa e capita.

-Sei sicura?

-Ma sì, tanto quelle due non vedono l'ora di trovare pretesti per prendersela con me, sono sicura che qualcosa si inventerebbero sicuramente, almeno gli risparmio la fatica.

Stefania accenna a un sospiro divertito. -Grazie. Per farmi perdonare domani mattina ti porto il caffè a letto! - le promette, con un sorriso smagliante dipinto sul viso. Adesso che non è più sola si sente decisamente più rassicurata e tranquilla, e quella traccia fugace di buon umore di prima che aveva provato ripensando al risveglio in casa Cattaneo finalmente ritorna.

-Mi basta che non lo prepari tu e siamo a posto, - scherza Irene, -ah, e ricordati di metterci due cucchiaini di zucchero.

Stefania annuisce, prendendo nota mentalmente della richiesta. Non è sicura se l'amica stia scherzando o se abbia effettivamente deciso di accettare la sua offerta, ma poco le importa, Stefania glielo porterà comunque. È allora che per la prima volta capisce che forse aggrapparsi ai suoi ricordi e cercare di ripristinare gli equilibri familiari perduti di casa Cattaneo non è la strada vincente, non è ciò di cui ha bisogno: forse quello che dovrebbe fare adesso è guardare avanti, e cercare di stabilire nuovi rituali e tradizioni all'interno della sua nuova casa, di ricostruire la nuova se stessa e la sua nuova vita a partire da lì. Ad esempio, adesso sa che è sempre meglio controllare che nella moka ci sia l'acqua e che non deve aspettarsi che la caffettiera alla mattina sia già pronta e preparata la sera prima, soltanto da mettere sul fuoco. Sa che non c'è più sua zia con lei a controllarla in ogni singolo istante, però in compenso ha Irene. Un po' incasinata, un po' disordinata, un po' impulsiva, un po' un disastro a tratti insomma; proprio come lei.


 

Nota dell'autrice

La citazione che ho messo all'inizio è tratta da un libro di Italo Calvino che mi è stato regalato da una mia cara amica e che ho letto in un momento di profonda crisi mistica e mi ha aiutato molto, in qualche strano modo. Vedendo questi episodi del Paradiso ho immediatamente pensato a Stefania e che questo secondo me adesso è esattamente il modo in cui si sente, le cose che sta provando ora, per questo ho voluto rifarmi a quel particolare passaggio. Also mi piace ampliare gli eventi del canon e spiegare meglio cosa stia succedendo, in questo caso il motivo per cui Stefania ha voluto portare il caffè a letto Irene lunedì. Grazie a tutti quelli che si sono presi cinque minuti per leggere!

   
 
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