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Autore: adrienne riordan    25/03/2021    0 recensioni
[La calaca de azùcar]
La vita a Esqueleto sembra tranquilla ma non lo è affatto. A farne le spese saranno i suoi abitanti, quelli nuovi, quelli vecchi e... quelli antichi.
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Giorno 17 ottobre “fare a pezzi” (slice and dice) e giorno 21 “infestazione”

“είναι όλα σωστά, γιαγιά[1] ? ” vista da fuori, la scena poteva sembrare un po’ bizzarra: una bambina, seduta alla scrivania, fissava un punto vuoto, in attesa, e parlava da sola. Solo dopo alcuni minuti, annuendo come se avesse ricevuto delle istruzioni, tornò a scrivere delle correzioni sul suo quaderno. A completare il quadretto bizzarro, una tarantola sonnecchiava in un angolo del tavolo, tipo animaletto domestico.

“Πώς γράφετε αυτήν τη λέξη[2]?” chiese di nuovo all’aria, ma non fece in tempo ad ascoltare la risposta. D’un tratto, tutta la sua concentrazione parve rivolgersi altrove e la sua espressione, fino a quel momento concentrata, parve oscurarsi, titubante.

“Κάποιος μόλις μπήκε στο νεκροταφείο. Πάντα τον. Θα επιστρέψει σε… um… να την βρει[3]” il disagio si fece palpabile. “Όχι, ας συνεχίσουμε, σε παρακαλώ. Δεν θα σας ενοχλεί ούτως ή άλλως. Νομίζω[4].” proseguì in risposta alla domanda che solo lei poteva sentire. Non le aveva mai dato fastidio l’accesso di Alejandro al cimitero, ma era meglio non averci a che fare quando si trovava… in quello stato.

Represse il brivido sottopelle e si sforzò di allontanare il pensiero di quello che sarebbe nuovamente successo. Riprese i suoi esercizi di grammatica greca, materia che sua nonna aveva insegnato quando era in vita e che si era ritrovata, non senza una certa riluttanza, ad insegnare anche dopo. Avrebbe potuto risparmiarselo, godersi l’eterno riposo se, dopo il trapasso avvenuto un paio d’anni prima, non avesse scelto di raggiungere la sua nipotina scomparsa nel nulla, in occasione del giorno dei morti, uno dei pochi giorni in cui i cancelli erano aperti per loro. Il risultato di tale ricerca fu uno shock, tanto per l’anima della defunta, quanto per Alma. La prima aveva trovato una bambina uguale alla nipote che aveva perso ma, allo stesso tempo, diversa – ora lo poteva riconoscere. La seconda, oltre al dolore per la morte della nonna, aveva compreso che non sarebbe mai uscita nemmeno lei da Esqueleto: la legge “non si poteva uscire dalla città” valeva davvero per tutti. A ferirla di più, tuttavia, era stato il cambiamento nell’atteggiamento dell’anziana: il vincolo d’affetto era stato presto soppiantato dall’antico rispetto che si poteva riservare a una regina, cosa a cui Alma era stata tutt’altro che pronta e che le aveva causato una crisi isterica. Aveva bisogno di sua nonna, non di un suddito. Dubitava di potersi mai abituare alla situazione, fino a che in petto avesse continuato a battere il cuore di una creatura mortale. Da lì l’insistenza nel parlare in greco con lei, anche se la cosa era diventata inutile: Alma poteva comprendere la voce di chiunque, purché fosse trapassato, e i morti non erano più tenuti a subire una barriera che avevano creato i mortali stessi (la moltitudine di linguaggi, dopotutto, altro non era che il frutto dell’intelletto umano). Lo studio della lingua della sua famiglia paterna sarebbe stata inevitabile, se Alma avesse continuato la sua vita fuori da Esqueleto, e la bambina era più che mai risoluta a mantenere quell’appiglio con le radici della sua ultima incarnazione, una piccola illusione di normalità. La defunta aveva accettato, ma Alma aveva capito che non era più l’orgoglio di veder proseguire la storia della famiglia con la nuova generazione a muoverla, bensì come pura e genuina obbedienza a una richiesta che non avrebbe potuto rifiutare.

***

Alejandro era entrato con riluttanza nell’area del cimitero, e avrebbe preferito regalare a Emanuel un paio di nuovi abitanti graziati dalla sua maledizione piuttosto che dover avere a che fare con lei. Nondimeno, a dispetto della faccia da funerale, si diresse a passo spedito verso un’anonima tomba all’interno di un viale.

“Eccomi, sono di nuovo qui, sarai contenta adesso…” tacque, in ascolto di una voce che solo lui poteva udire. “Sì, è da un po’ che non mi faccio vedere… sai com’è, il locale, e poi è arrivata un po’ di gente nuova…” parlava a voce bassa, troppo bassa per essere udita da qualcuno, a meno che questo non fosse a pochi centimetri da lui… tuttavia non c’era anima viva nei paraggi.

“Sì, lo so che vorresti più attenzioni… mi spiace, lo sai che mi dispiace tanto, sì?” Si torse le mani con malcelato nervosismo. “Però non puoi arrabbiarti così quando non vengo a trovarti… non è il caso che mi segui dappertutto quando non ho tempo, lo sai che non dimentico, sai che non potrei mai farlo… Dopotutto stai ben attenta a non farmelo dimenticare…” il tono, prima sommesso, iniziò ad assumere un tono acido. “Quando finirà questo gioco, eh? Per quanto tempo continuerai a perseguitarmi? Eravamo piccoli, Soledad. Anche a te piaceva da matti scivolare col tappeto giù dalle scale di casa, fare a gara a chi arrivava per primo… era divertente, era bello vederti ridere, così bello… giuro che non l’ho fatto apposta… volevo solo farti prendere più velocità, non avevo visto che non eri ancora seduta bene… e poi sei rimasta in fondo alle scale e non ti sei più mossa… la posizione della tua testa era così strana ma ero convinto ti fossi stancata, che ti fossi addormentata… Quante volte vuoi sentirtelo dire? Dispiacemidispiacemidispiace!” Aveva praticamente gridato le ultime parole, fuse insieme in un lamento. “L’ho detto tante volte alla mamma ma non ci ha mai creduto, non ho più visto un suo sorriso… nemmeno me lo ricordo, il sorriso di mamma, lo ha mai fatto…?” il dubbio aveva prevalso nella voce, ora ridotta a un tremante mormorio. Aveva mai visto sua madre sorridere, dopotutto? Quel dettaglio, inspiegabilmente, provocò ulteriore tensione al giovane. “E tu, perché ora sorridi in quel modo..?” il volume tornò ad aumentare in modo considerevole, nel realizzare che Soledad si stava compiacendo del disagio del fratello “Basta! Devi smetterla di darmi il tormento, mi hai perseguitato anche troppo! Si può sapere cosa vuoi da me!? PARLA! Cosa vuoi sentirti dire, che sono pentito di quello che ho fatto? Ho passato tutta la vita pentirmi, non è abbastanza? Togliti quel cazzo di sorrisino dalla faccia!” gridò esasperato.

“Perché non te ne resti qui e fai la brava, eh?  Non dovresti andartene in giro per Esqueleto, dovresti stare rinchiusa qui!” il pentimento aveva presto lasciato il posto alla rabbia.  I nervi di Aleandro erano stati messi a dura prova e, alla fine, erano stati fatti a pezzi.

“Una sola cosa doveva fare, quella là! Una! Tenere te e gli altri maledetti come te chiusi qui dentro! Lontani dai vivi! Cinquecento anni di umanità l’hanno forse fatta tornare ad essere la nullità che era prima?”. Ormai Alejandro straparlava e non si curava più né del volume della sua voce, né tantomeno della diplomazia.

Tutte le persone avevano un punto debole, fossero esse umane o divine, e Alejandro non faceva eccezione. Tormentare a lungo un nervo scoperto, tuttavia, non poteva avere altra conseguenza che fare a pezzi gli altri, di nervi. Alejandro aveva avuto cura di non mostrare mai questo suo nervo scoperto, esibendo, in caso di crisi, una poker face da attore da Oscar, soprattutto davanti alle calacas di Emanuel. Tutto quello sforzo nel dissimulare, tuttavia, gli impediva di ragionare lucidamente: se lo avesse fatto, avrebbe avuto subito la soluzione al suo problema di nome Soledad. Almeno lì, al cimitero, le uniche orecchie che potevano sentire il suo sfogo, gli unici occhi testimoni della sua penosa uscita, appartenevano a coloro che non potevano più parlare, non coi vivi, almeno, se si faceva eccezione ai due padroni di casa. Si rivolse così all’unica vivente nel perimetro: “Essere la puttana delle divinità ti fa sedere sugli allori, Malintzin? Nasconderti qua non ti proteggerà per sempre, e quando quel giorno arriverà…” Probabilmente, lo sproloquio di Alejandro sarebbe andato avanti ancora a lungo se non fosse stato che…

***

Tecnicamente, Aleandro non avrebbe avuto bisogno di urlare per far sentire i suoi anatemi ad Alma e a Soledad. La bambina sentiva tutto quello che accadeva dentro il confine del cimitero ma, quel giorno, si sarebbe volentieri strappata le orecchie, pur di non sentire. Schizzava da un angolo all’altro della stanza, sotto lo sguardo indignato e preoccupato dell’anima di sua nonna. Della tarantola, destata dalle grida provenienti dall’esterno, non c’era più traccia.

“Ma che c’entro io adesso? Non aveva mai fatto così prima!”  squittì spaventata. Poco importava che avesse ripreso a parlare la sua solita lingua: era troppo presa a pentirsi sinceramente di aver consentito l’accesso al cimitero al ragazzo fuori controllo – e, diavolo, lui l’aveva pure ammonita per la leggerezza con cui faceva entrare la gente! Stava valutando se fosse il caso di nascondersi da qualche parte quando capì che non ce sarebbe stato bisogno.

“AHI! Maccheccazz…?! Ma che..? Fuori dai piedi…oh! OH!E va bene, va bene, me ne vado! AHIA!!” sentiva le grida spezzate, sbalordite, di Alejandro che si affievolirono sempre di più, fino a sparire.

***

“έχει φύγει[5]” mormorò la bambina verso la defunta, ma non smetteva di tremare. Andò a guardare fuori dalla finestra, ad accertarsi di quanto era appena accaduto.

Il suo cellulare, abbandonato sul tavolo, iniziò a vibrare. Alma avrebbe preferito non rispondere ma non era difficile intuire chi fosse a chiamarla: non era il caso di rifiutare la chiamata.

“Pronto… sì, ci sono” non era in vena di parlare ma cercò di tenere un certo contegno. Stava pur sempre parlando col tizio responsabile il suo sequestro.

“… Senti, Whisky ha organizzato un assembramento … sì… circa…boh… cinquecento? Un migliaio? Sì, hai mezza corte riunita davanti a una tomba, tu ne sai qualcosa? Li hai mandati tu… sì, immaginavo… Sì, Alejandro ha dato i numeri qui al camposanto… di nuovo. Sì, sempre quella storia! Ero nascosta, sì, mica mi faccio trovare da lui quando dà di matto! …Certo che sto bene! No, Whisky è bugiardo, non avevo paura!... e comunque se volevi che stessi bene mi avresti lasciato a casa mia!  … Va bene, non lo farò entrare più… Non aveva mai fatto così, prima, di solito si sfogava solo con Soledad, mi lasciava fuori dai suoi discorsi. Non sembrava neanche più lui… Capisco che ti abbia irritato sentire Alejandro darmi dell’incompetente e di .. beh, altro, ma forse era meglio fare come le altre volte ed ignorarlo, erano solo parole... oh… è perché mi ha insultato che stavolta sei intervenuto…

…Sì, sono ancora in linea. Comunque, ciò che volevo dire era che, dal suo modo di vedere le cose, Alejandro  non ha tutti i torti, no? Da Esqueleto non puoi uscire nemmeno da morto… e visto che vivi e morti non possono stare insieme hai creato questo settore… Sì, tranne i soliti giorni di novembre, come al solito. A festeggiare il dia de los muertos a zonzo per la città, loro, io no eh, senza che gli altri abitanti se ne accorgano. È incredibile, il sistema regge dopo tutto questo tempo! Lo avevi organizzato bene!

… pronto, ci sei ancora?

…beh comunque, io non glielo dico. Tu nemmeno..? All’ospedale non hanno un reparto dedicato a chi ha un esaurimento nervoso? Ok, non è un mistero che Huitzilopoctli non sia stato proprio felice di aver ammazzato sua sorella, e questo spiega perché ora Alejandro smadonna dietro a questo spirito che, dice lui, lo sta perseguitando, eppure solo dal suo nome dovrebbe arrivarci da solo che è tutto nella sua testa! SOLEDAD! Pure il fatto che non veda altre anime dovrebbe essere un indizio, no? Questa Soledad l’ha fatta morire in qualche missione di guerra? È morta di parto? No? Cioè, io vedo le anime, tu le vedi, lui, al massimo, qui può vedere solo la signora Claire che è morta dando alla luce i suoi gemelli due secoli fa! Chi glielo dice allora che non esiste nessuna Soledad?

 

Angolo delle chiacchiere che non interessano a nessuno

In pratica, il riassunto del capitolo è questo: Alejandro sclera male e Dorian lo invita gentilmente a rompere le palle da un’altra parte tramite Wiskey.

Mi scuso per aver reso Alejandro sicuramente Out of Character. Volevo rendere (male) l’horror giocando un po’ con l’argomento allucinazioni in caso di forte stress. Poi, vabbè, quella parola volgare rivolta ad Alma. Salterà fuori, prima o poi, che Malintzin non era ben vista da tutti, e che l’esser stata amata da due divinità poteva anche generare maldicenze. Se Alejandro fosse stato meno sotto stress, non lo avrei mai fatto reagire in questo modo nei confronti di una che, divinità o meno, al momento è una bimba di 10 anni.

Mi devo scusare anche perchè esce un po’ troppo spesso il personaggio di Alma. Se uno sta a leggere una fanfiction su La Calaca de Azucar vorrà pur leggere i personaggi del fumetto, e ha pure ragione. Per quanto abbia amato crearle un background, in realtà in questo capitolo Alma è uscita per un altro motivo. Volevo parlare del cimitero. Siccome mi sono fatta delle seghe mentali su quel luogo, non potevo fare altro che parlarne attraverso chi conosce bene il posto. Dorian è ancora troppo un mistero perché possa azzardarmi a mettergli delle parole in bocca (anche lui ha un background frutto del mio neurone fanwriter scemo ma, al momento, me lo tengo per me) , quindi la scelta è caduta per forza su Alma che ci abita. E dire che la sua doveva essere una comparsata del capitolo “Cimitero”, che si trova nell’altra piccola raccolta di fanfic.

Oh, il cimitero di Esqueleto mi incuriosisce un botto. Quando lessi il primo volume di Calaca per la prima volta, non avevo capito perché quel cimitero mi interessasse particolarmente: ok, era un luogo speciale dove non ti trasformavi in animale, un posto abbastanza riservato da consentire a Emanuel di fare cose da villain, il luogo dove era apparso per la prima volta quel personaggio che mi fa sangue ogni volta che compare in una vignetta con o senza pelle (sì, Dorian), eppure qualcosa non mi tornava. Quando avevo partecipato al writing week di Fanwriter.it, l’anno scorso, avevo avuto partita facile nella scelta tra il prompt “cimitero” e il prompt “casa abbandonata” ed, eureka!, avevo capito cosa non mi tornava: di chi diavolo erano tutte quelle tombe? Qual era lo scopo di quel cimitero? Il tasso di mortalità, a Esqueleto, città dove il crimine quasi non esiste (lo dice Murdock nel secondo volume) è così alto da avere tutte quelle tombe nei 18 anni di vita di Emanuel (ammesso che Esqueleto non sia nata prima della nascita di Emanuel stesso…)? E lì la mia fantasia ha fatto voli pindarici che avevano poca attinenza con la trama originale e mi sono fatta una storia sulla natura di quel cimitero. L’idea non è esposta in maniera completa perché, chissà, magari tornerà fuori ancora, ma intanto volevo che si capisse che era un luogo più affollato di quanto sembri, più antico di quello che è. Nello sviluppo iniziale del prompt, l’esistenza Alma non era proprio contemplata. Nel capitolo “Cimitero”, Mordecai doveva vedere un vero e proprio fantasma che, in quanto morto, non poteva restare in mezzo ai vivi. Ho esteso la regola che non poteva uscire da Esqueleto neanche chi moriva lì (o le anime che ci entravano). Ebbene, quel fantasma doveva essere la sorella di Alejandro. Avrei però rischiato un buco di trama se si fosse visto solo un fantasma, se tutte le tombe dovevano essere “abitate”, così accantonai l’idea. Mi dispiaceva tuttavia abbandonarla del tutto, così ho reso Soledad un’allucinazione di un Alejandro che non ha mai elaborato correttamente il lutto e che si è costruito fantasie che avrebbero dovuto “tenere viva” la sorella ma che hanno invece fatto ripetere in tempi recenti il fratricidio commesso nell’antichità à collo “rotto” e caduta dalle scale. Ok, è il dio della guerra, ma si sarebbe autoassolto se avesse ucciso ingiustamente un’altra divinità?

Sì, insomma, mi sono piuttosto fissata sul mito secondo cui Huitzilopoctli aveva ucciso fratelli e sorella per vendicarsi dell’uccisione della madre, ignoro il motivo. Avevo già usato il concetto in un altro capitolo della prima raccolta di fanfic, solo che, in quel caso, Alejandro sembrava pure contento di aver ucciso la sorella Coyolxauhqui. Però girano versioni diverse in internet: in una di queste, la dea è stata uccisa per sbaglio, perché si era messa in mezzo ad aiutare la madre (tipo fuoco amico). Per confortare la madre, Huitzipoloctli aveva scagliato la testa della sorella in cielo affinché potesse vederla sotto forma di luna.

Comunque, sembra che Coyolxauhqui non fosse una tipa tanto carina, visto che nel mito rincorre il sole piuttosto incazzata, e guai se lo raggiunge. Ecco perché lo spirito, nella fanfic, è un tantinello rompicoglioni, dato che insegue il fratello anche nei tempi moderni per dargli il tormento.

Ultimo, doveroso appunto: le frasi in greco sono spudoratamente copiate da google translate, il che non è una garanzia di accuratezza, abbiate pietà. Perché, tra tante nazionalità, ho scelto proprio il greco, di cui non so una cippa (gente del classico, chiedo perdono)? Alma vuol dire anima e, in greco antico, anima è Psiche à guarda caso, una mortale che ha saputo ottenere l’amore di una divinità e che, dopo averne passate di cotte e di crude per esser stata ingiustamente accusata di superbia da un’altra divinità, diviene lei stessa una dea per mezzo di un matrimonio. Che poi Alma sia spagnolo, poco importa: pure una cantante francese si chiama Alma, e la cito solo perché, all’Eurovision Song Contest, aveva cantato una canzone dal titolo REQUIEM. Segni, segni ovunque.

HO. PARLATO. TROPPO.

DI NUOVO.

SCUSATE.



[1] È tutto corretto, nonna?

[2] Come si scrive questa parola?

[3] È solo entrato qualcuno nel cimitero. Sempre lui. Sarà tornato a… uhm… trovare lei

[4] No, continuiamo, per favore. Tanto non darà fastidio. Credo

[5] Se ne è andato

  
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