Giorno 17 ottobre “fare a
pezzi” (slice and dice) e giorno 21
“infestazione”
“είναι
όλα σωστά,
γιαγιά[1]
? ” vista da fuori, la scena poteva sembrare un po’
bizzarra: una bambina,
seduta alla scrivania, fissava un punto vuoto, in attesa, e parlava da
sola.
Solo dopo alcuni minuti, annuendo come se avesse ricevuto delle
istruzioni,
tornò a scrivere delle correzioni sul suo quaderno. A
completare il quadretto
bizzarro, una tarantola sonnecchiava in un angolo del tavolo, tipo
animaletto
domestico.
“Πώς
γράφετε
αυτήν τη
λέξη[2]?”
chiese di nuovo all’aria, ma non fece in tempo ad ascoltare
la risposta. D’un
tratto, tutta la sua concentrazione parve rivolgersi altrove
e la sua espressione, fino a quel momento concentrata,
parve oscurarsi, titubante.
“Κάποιος
μόλις
μπήκε
στο
νεκροταφείο.
Πάντα τον.
Θα
επιστρέψει
σε… um… να
την
βρει[3]”
il disagio si fece palpabile. “Όχι,
ας
συνεχίσουμε,
σε
παρακαλώ.
Δεν θα
σας
ενοχλεί
ούτως ή
άλλως.
Νομίζω[4].”
proseguì in risposta alla domanda che solo lei poteva
sentire. Non le aveva mai
dato fastidio l’accesso di Alejandro al cimitero, ma era
meglio non averci a
che fare quando si trovava… in quello stato.
Represse
il brivido sottopelle e
si sforzò di allontanare il pensiero di quello che sarebbe
nuovamente successo.
Riprese i suoi esercizi di grammatica greca, materia che sua nonna
aveva
insegnato quando era in vita e che si era ritrovata, non senza una
certa
riluttanza, ad insegnare anche dopo.
Avrebbe
potuto risparmiarselo, godersi l’eterno riposo se, dopo il
trapasso avvenuto un
paio d’anni prima, non avesse scelto di raggiungere la sua
nipotina scomparsa nel
nulla, in occasione del giorno dei morti, uno dei pochi giorni in cui i cancelli erano aperti per loro. Il
risultato di tale ricerca fu uno shock, tanto per l’anima
della defunta, quanto
per Alma. La prima aveva trovato una bambina uguale alla nipote che
aveva perso
ma, allo stesso tempo, diversa – ora
lo poteva riconoscere. La seconda, oltre al dolore per la morte della
nonna, aveva
compreso che non sarebbe mai uscita nemmeno lei da Esqueleto: la legge
“non si
poteva uscire dalla città” valeva davvero per tutti. A ferirla di più,
tuttavia, era stato il cambiamento
nell’atteggiamento dell’anziana: il vincolo
d’affetto era stato presto
soppiantato dall’antico rispetto che si poteva riservare a
una regina, cosa a
cui Alma era stata tutt’altro che pronta e che le aveva
causato una crisi
isterica. Aveva bisogno di sua nonna,
non di un suddito. Dubitava di potersi mai abituare alla situazione,
fino a che
in petto avesse continuato a battere il cuore di una creatura mortale.
Da lì l’insistenza
nel parlare in greco con lei, anche se la cosa era diventata inutile:
Alma poteva
comprendere la voce di chiunque, purché fosse trapassato, e
i morti non erano
più tenuti a subire una barriera che avevano creato i
mortali stessi (la moltitudine
di linguaggi, dopotutto, altro non era che il frutto
dell’intelletto umano).
Lo studio della lingua della sua famiglia paterna sarebbe stata
inevitabile, se
Alma avesse continuato la sua vita fuori da Esqueleto, e la bambina era
più che
mai risoluta a mantenere quell’appiglio con le radici della
sua ultima
incarnazione, una piccola illusione di normalità. La defunta
aveva accettato,
ma Alma aveva capito che non era più l’orgoglio di
veder proseguire la storia
della famiglia con la nuova generazione a muoverla, bensì
come pura e genuina
obbedienza a una richiesta che non avrebbe potuto rifiutare.
***
Alejandro
era entrato con
riluttanza nell’area del cimitero, e avrebbe preferito
regalare a Emanuel un
paio di nuovi abitanti graziati dalla sua maledizione piuttosto che
dover avere
a che fare con lei. Nondimeno, a
dispetto della faccia da funerale, si diresse a passo spedito verso
un’anonima
tomba all’interno di un viale.
“Eccomi,
sono di nuovo qui, sarai
contenta adesso…” tacque, in ascolto di una voce
che solo lui poteva udire. “Sì,
è da un po’ che non mi faccio vedere…
sai com’è, il locale, e poi è arrivata
un
po’ di gente nuova…” parlava a voce
bassa, troppo bassa per essere udita da
qualcuno, a meno che questo non fosse a pochi centimetri da
lui… tuttavia non
c’era anima viva nei
paraggi.
“Sì,
lo so che vorresti più
attenzioni… mi spiace, lo sai che mi dispiace tanto,
sì?” Si torse le mani con
malcelato nervosismo. “Però non puoi arrabbiarti
così quando non vengo a
trovarti… non è il caso che mi segui dappertutto
quando non ho tempo, lo sai
che non dimentico, sai che non potrei mai farlo… Dopotutto
stai ben attenta a
non farmelo dimenticare…” il tono, prima sommesso,
iniziò ad assumere un tono
acido. “Quando finirà questo gioco, eh? Per quanto
tempo continuerai a perseguitarmi?
Eravamo piccoli, Soledad. Anche a te piaceva da matti scivolare col
tappeto giù
dalle scale di casa, fare a gara a chi arrivava per primo…
era divertente, era
bello vederti ridere, così bello… giuro che non
l’ho fatto apposta… volevo solo
farti prendere più velocità, non avevo visto che
non eri ancora seduta bene… e
poi sei rimasta in fondo alle scale e non ti sei più
mossa… la posizione della tua
testa era così strana ma ero convinto ti fossi stancata, che
ti fossi
addormentata… Quante volte vuoi sentirtelo dire? Dispiacemidispiacemidispiace!”
Aveva praticamente gridato le ultime
parole, fuse insieme in un lamento. “L’ho detto
tante volte alla mamma ma non
ci ha mai creduto, non ho più visto un suo
sorriso… nemmeno me lo ricordo, il
sorriso di mamma, lo ha mai fatto…?” il dubbio
aveva prevalso nella voce, ora
ridotta a un tremante mormorio. Aveva mai visto sua madre sorridere,
dopotutto?
Quel dettaglio, inspiegabilmente, provocò ulteriore tensione
al giovane. “E tu,
perché ora sorridi in quel modo..?” il volume
tornò ad aumentare in modo
considerevole, nel realizzare che Soledad si stava compiacendo del
disagio del
fratello “Basta! Devi smetterla di darmi il tormento, mi hai
perseguitato anche
troppo! Si può sapere cosa vuoi da me!? PARLA! Cosa vuoi
sentirti dire, che
sono pentito di quello che ho fatto? Ho passato tutta la vita pentirmi,
non è
abbastanza? Togliti quel cazzo di sorrisino dalla faccia!”
gridò esasperato.
“Perché
non te ne resti qui e fai
la brava, eh? Non
dovresti andartene in
giro per Esqueleto, dovresti stare rinchiusa qui!” il
pentimento aveva presto lasciato
il posto alla rabbia. I
nervi di
Aleandro erano stati messi a dura prova e, alla fine, erano stati fatti
a
pezzi.
“Una
sola cosa doveva fare, quella là!
Una! Tenere te e gli altri
maledetti come te chiusi qui dentro! Lontani dai vivi! Cinquecento anni
di
umanità l’hanno forse fatta tornare ad essere la
nullità che era prima?”. Ormai
Alejandro straparlava e non si curava più né del
volume della sua voce, né
tantomeno della diplomazia.
Tutte
le persone avevano un punto
debole, fossero esse umane o divine, e Alejandro non faceva eccezione.
Tormentare a lungo un nervo scoperto, tuttavia, non poteva avere altra
conseguenza che fare a pezzi gli altri, di nervi. Alejandro aveva avuto
cura di
non mostrare mai questo suo nervo scoperto, esibendo, in caso di crisi,
una
poker face da attore da Oscar, soprattutto davanti alle calacas di
Emanuel.
Tutto quello sforzo nel dissimulare, tuttavia, gli impediva di
ragionare
lucidamente: se lo avesse fatto, avrebbe avuto subito la soluzione al
suo
problema di nome Soledad. Almeno
lì,
al cimitero, le uniche orecchie che potevano sentire il suo sfogo, gli
unici
occhi testimoni della sua penosa uscita, appartenevano a coloro che non
potevano più parlare, non coi vivi, almeno, se si faceva
eccezione ai due padroni di casa.
Si rivolse così
all’unica vivente nel perimetro: “Essere la puttana
delle divinità ti fa sedere
sugli allori, Malintzin? Nasconderti qua non ti proteggerà
per sempre, e quando
quel giorno arriverà…” Probabilmente,
lo sproloquio di Alejandro sarebbe andato
avanti ancora a lungo se non fosse stato che…
***
Tecnicamente,
Aleandro non
avrebbe avuto bisogno di urlare per far sentire i suoi anatemi ad Alma
e a Soledad. La bambina sentiva
tutto quello
che accadeva dentro il confine del cimitero ma, quel giorno, si sarebbe
volentieri strappata le orecchie, pur di non sentire. Schizzava da un
angolo
all’altro della stanza, sotto lo sguardo indignato e
preoccupato dell’anima di
sua nonna. Della tarantola, destata dalle grida provenienti
dall’esterno, non
c’era più traccia.
“Ma
che c’entro io adesso? Non
aveva mai fatto così prima!” squittì
spaventata. Poco importava che avesse ripreso a parlare la sua solita
lingua:
era troppo presa a pentirsi sinceramente di aver consentito
l’accesso al
cimitero al ragazzo fuori controllo – e, diavolo, lui l’aveva pure ammonita per
la leggerezza con cui faceva entrare
la gente! Stava valutando se fosse il caso di nascondersi da qualche
parte quando
capì che non ce sarebbe stato bisogno.
“AHI!
Maccheccazz…?! Ma che..?
Fuori dai piedi…oh! OH!E va bene, va bene, me ne vado!
AHIA!!” sentiva le grida
spezzate, sbalordite, di Alejandro che si affievolirono sempre di
più, fino a
sparire.
***
“έχει
φύγει[5]”
mormorò la bambina verso la defunta, ma non smetteva di
tremare. Andò a
guardare fuori dalla finestra, ad accertarsi di quanto era appena
accaduto.
Il
suo cellulare, abbandonato sul
tavolo, iniziò a vibrare. Alma avrebbe preferito non
rispondere ma non era
difficile intuire chi fosse a chiamarla: non era il caso di rifiutare
la
chiamata.
“Pronto…
sì, ci sono” non era in
vena di parlare ma cercò di tenere un certo contegno. Stava
pur sempre parlando
col tizio responsabile il suo sequestro.
“…
Senti, Whisky ha organizzato
un assembramento … sì…
circa…boh… cinquecento? Un migliaio?
Sì, hai mezza corte
riunita davanti a una tomba, tu ne sai qualcosa? Li hai mandati
tu… sì,
immaginavo… Sì, Alejandro ha dato i numeri qui al
camposanto… di nuovo.
Sì, sempre quella
storia! Ero nascosta, sì, mica mi
faccio trovare da lui quando dà di matto! …Certo
che sto bene! No, Whisky è
bugiardo, non avevo paura!... e comunque se volevi che stessi bene mi
avresti
lasciato a casa mia! …
Va bene, non lo
farò entrare più… Non aveva mai fatto
così, prima, di solito si sfogava solo
con Soledad, mi lasciava fuori dai
suoi discorsi. Non sembrava neanche più lui…
Capisco che ti abbia irritato
sentire Alejandro darmi dell’incompetente e di .. beh, altro, ma forse era meglio fare come le
altre volte ed ignorarlo,
erano solo parole... oh… è perché mi
ha insultato che stavolta sei intervenuto…
…Sì,
sono ancora in linea.
Comunque, ciò che volevo dire era che, dal suo modo di
vedere le cose,
Alejandro non ha
tutti i torti, no? Da
Esqueleto non puoi uscire nemmeno da morto… e visto che vivi
e morti non possono
stare insieme hai creato questo settore… Sì,
tranne i soliti giorni di
novembre, come al solito. A festeggiare il dia
de los muertos a zonzo per la città, loro,
io no eh, senza che gli altri abitanti se ne accorgano.
È incredibile, il
sistema regge dopo tutto questo tempo! Lo avevi organizzato bene!
…
pronto, ci sei ancora?
…beh
comunque, io non glielo
dico. Tu nemmeno..? All’ospedale non hanno un reparto
dedicato a chi ha un
esaurimento nervoso? Ok, non è un mistero che Huitzilopoctli
non sia stato
proprio felice di aver ammazzato sua sorella, e questo spiega
perché ora
Alejandro smadonna dietro a questo spirito
che, dice lui, lo sta
perseguitando,
eppure solo dal suo nome dovrebbe arrivarci da solo che è
tutto nella sua
testa! SOLEDAD! Pure il fatto che
non
veda altre anime dovrebbe essere un indizio, no? Questa Soledad
l’ha fatta morire in qualche missione di guerra? È
morta di
parto? No? Cioè, io vedo le anime, tu le vedi, lui, al
massimo, qui può vedere
solo la signora Claire che è morta dando alla luce i suoi
gemelli due secoli
fa! Chi glielo dice allora che non esiste
nessuna Soledad?
Angolo delle chiacchiere che non interessano a
nessuno
In
pratica, il riassunto del
capitolo è questo: Alejandro sclera male e Dorian lo invita
gentilmente a
rompere le palle da un’altra parte tramite Wiskey.
Mi
scuso per aver reso Alejandro
sicuramente Out of Character. Volevo rendere (male) l’horror
giocando un po’
con l’argomento allucinazioni in caso di forte stress. Poi,
vabbè, quella
parola volgare rivolta ad Alma. Salterà fuori, prima o poi,
che Malintzin non
era ben vista da tutti, e che l’esser stata amata da due
divinità poteva anche
generare maldicenze. Se Alejandro fosse stato meno sotto stress, non lo
avrei
mai fatto reagire in questo modo nei confronti di una che,
divinità o meno, al
momento è una bimba di 10 anni.
Mi
devo scusare anche perchè esce
un po’ troppo spesso il personaggio di Alma. Se uno sta a
leggere una
fanfiction su La Calaca de Azucar vorrà pur leggere i
personaggi del fumetto, e
ha pure ragione. Per quanto abbia amato crearle un background, in
realtà in
questo capitolo Alma è uscita per un altro motivo. Volevo
parlare del cimitero.
Siccome mi sono fatta delle seghe mentali su quel luogo, non potevo
fare altro
che parlarne attraverso chi conosce bene il posto. Dorian è
ancora troppo un
mistero perché possa azzardarmi a mettergli delle parole in
bocca (anche lui ha
un background frutto del mio neurone fanwriter scemo ma, al momento, me
lo
tengo per me) , quindi la scelta è caduta per forza su Alma
che ci abita. E
dire che la sua doveva essere una comparsata del capitolo
“Cimitero”, che si
trova nell’altra piccola raccolta di fanfic.
Oh,
il cimitero di Esqueleto mi
incuriosisce un botto. Quando lessi il primo volume di Calaca per la
prima
volta, non avevo capito perché quel cimitero mi interessasse
particolarmente:
ok, era un luogo speciale dove non ti trasformavi in animale, un posto
abbastanza riservato da consentire a Emanuel di fare cose da villain,
il luogo
dove era apparso per la prima volta quel personaggio che mi fa sangue
ogni
volta che compare in una vignetta con o
senza pelle (sì, Dorian), eppure qualcosa non mi
tornava. Quando avevo
partecipato al writing week di Fanwriter.it, l’anno scorso,
avevo avuto partita
facile nella scelta tra il prompt “cimitero” e il
prompt “casa abbandonata” ed,
eureka!, avevo capito cosa non mi
tornava: di chi diavolo erano tutte
quelle tombe? Qual era lo scopo di quel cimitero? Il tasso di
mortalità, a
Esqueleto, città dove il crimine quasi non esiste (lo dice
Murdock nel secondo
volume) è così alto da avere tutte quelle tombe
nei 18 anni di vita di Emanuel
(ammesso che Esqueleto non sia nata prima
della nascita di Emanuel stesso…)? E lì la mia
fantasia ha fatto voli pindarici
che avevano poca attinenza con la trama originale e mi sono fatta una
storia
sulla natura di quel cimitero. L’idea non è
esposta in maniera completa perché,
chissà, magari tornerà fuori ancora, ma intanto
volevo che si capisse che era
un luogo più affollato
di quanto
sembri, più antico di
quello che è. Nello
sviluppo iniziale del prompt, l’esistenza Alma non era
proprio contemplata. Nel
capitolo “Cimitero”, Mordecai doveva vedere un vero
e proprio fantasma che, in
quanto morto, non poteva restare in mezzo ai vivi. Ho esteso la regola
che non
poteva uscire da Esqueleto neanche chi moriva lì (o le anime
che ci entravano).
Ebbene, quel fantasma doveva essere la sorella di Alejandro. Avrei
però rischiato
un buco di trama se si fosse visto solo un fantasma, se tutte le tombe
dovevano
essere “abitate”, così accantonai
l’idea. Mi dispiaceva tuttavia abbandonarla
del tutto, così ho reso Soledad un’allucinazione
di un Alejandro che non ha mai
elaborato correttamente il lutto e che si è costruito
fantasie che avrebbero
dovuto “tenere viva” la sorella ma che hanno invece
fatto ripetere in tempi
recenti il fratricidio commesso nell’antichità à
collo “rotto” e caduta dalle scale. Ok,
è il dio della guerra, ma si sarebbe
autoassolto se avesse ucciso ingiustamente un’altra
divinità?
Sì,
insomma, mi sono piuttosto
fissata sul mito secondo cui Huitzilopoctli aveva ucciso fratelli e
sorella per
vendicarsi dell’uccisione della madre, ignoro il motivo.
Avevo già usato il
concetto in un altro capitolo della prima raccolta di fanfic, solo che,
in quel
caso, Alejandro sembrava pure contento di aver ucciso la sorella
Coyolxauhqui.
Però girano versioni diverse in internet: in una di queste,
la dea è stata
uccisa per sbaglio, perché si era messa in mezzo ad aiutare
la madre (tipo fuoco amico). Per
confortare la madre,
Huitzipoloctli aveva scagliato la testa della sorella in cielo
affinché potesse
vederla sotto forma di luna.
Comunque,
sembra che Coyolxauhqui
non fosse una tipa tanto carina, visto che nel mito rincorre il sole
piuttosto
incazzata, e guai se lo raggiunge. Ecco perché lo spirito,
nella fanfic, è un
tantinello rompicoglioni, dato che insegue il fratello anche nei tempi
moderni
per dargli il tormento.
Ultimo,
doveroso appunto: le
frasi in greco sono spudoratamente copiate da google translate, il che
non è
una garanzia di accuratezza, abbiate pietà.
Perché, tra tante nazionalità, ho
scelto proprio il greco, di cui non so una cippa (gente del classico,
chiedo
perdono)? Alma vuol dire anima e, in greco antico, anima è
Psiche à guarda caso,
una mortale
che ha saputo ottenere l’amore di una divinità e
che, dopo averne passate di
cotte e di crude per esser stata ingiustamente accusata di superbia da
un’altra
divinità, diviene lei stessa una dea per mezzo di un
matrimonio. Che poi Alma
sia spagnolo, poco importa: pure una cantante francese si chiama Alma,
e la
cito solo perché, all’Eurovision Song Contest,
aveva cantato una canzone dal
titolo REQUIEM. Segni, segni
ovunque.
HO.
PARLATO. TROPPO.
DI
NUOVO.
SCUSATE.